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Autore: Luana89    01/04/2020    0 recensioni
«Shùra se ti butti lì dentro e stai almeno un minuto ti darò diecimila dollari, parola di Misha» non piansi sentendo nuovamente quelle parole a distanza di anni, mi feci semplicemente forza sorridendo.
«La tua parola non vale un cazzo, ma voglio fidarmi. Accetto». Scoppiammo a ridere entrambi guardandoci per un lungo istante, fu Misha a riprendere ancora una volta il discorso.
«Quindi adesso temi che la tua anima possa congelarsi?» sorrisi sghembo scrollando le spalle.
«Sono ancora alla ricerca della mia anima, la troverò al quinto soviet probabilmente, mi aspetta rinchiusa in quello specchio da vent’anni ormai. Ah, prima che dimentichi ..sei carino quando sorridi, fallo più spesso». Mi spinse contrariato e imbarazzato.
«Shùra, cosa mi porterai dal tuo viaggio? Mi aspetto almeno un cazzo di regalo». Mi fissò seriamente.
«Non saprei, cosa vorresti?». Scrollai le spalle, nei nostri conti vi erano adesso trenta milioni di dollari, non c’era nulla che non potessi donargli.
«Portami l’orizzonte»
Quando tutto sembrava essersi concluso ecco che le carte tornano a mescolarsi. Shùra e Misha dissero addio alla bratva, ma la bratva aveva davvero detto loro addio?
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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La resa dei conti che entrambi aspettavamo da anni era finalmente arrivata, non mi tirai indietro mentre osservavo la canna della pistola piazzarsi dritta sulla mia traiettoria. Sollevai la mia puntandogliela contro, sorridendo con gli occhi pieni di troppi ricordi. Mi venne in mente il nostro primo incontro su quel vicolo sporco e cieco, simile a quello nella quale mi aveva poi condotto quando la sua mano afferrò la mia. Lo sfarzo della sua casa, le sue mani bonarie sul mio capo sempre così stonate, ricordavano il pallido ricordo di quelle di mio padre. Lo vidi accanto a Sergej per una frazione di secondo, sapevo di averlo deluso milioni di volte ma non questa; come aveva fatto lui anni prima, così adesso anch’io stavo proteggendo le persone che amavo, mio figlio, mia moglie e Misha. Sparammo nel medesimo istante, mirai alla sua testa ma il suo proiettile si conficcò sulla mia spalla facendomi mancare il tiro, beccandolo solo di striscio. Incassai il dolore sentendo il braccio improvvisamente pesante, il suo sorriso non mi coinvolse mentre fissavo Misha con occhi furibondi: perché era ancora lì? Non ebbi neppure il tempo di urlarglielo, una voce fin troppo familiare sgretolò quel momento come le bolle di sapone che tanto piacevano al mio piccolo Eleazar.
«PAPA’.» Sophia camminava a passo sicuro, pistola nella mano, con Irina accanto. Gli occhi dell’altra però erano concentrati su Dima alle prese con Vania e altri uomini.
«Non sei un’assassina, figlia mia, non sparerai.» La sua espressione per un istante sembrò mostrare quell’amore puro e viscerale di cui l’aveva circondata in tutti quegli anni, ma nelle iridi di mia moglie vi era l’aridità più nera.
«Sophia..» pronunciai a malapena il suo nome mentre Sergej riprendeva la mira stavolta con il chiaro intento di andare a segno, ciò che successe dopo l’avrei ricordato per sempre in ogni mio incubo.
«Questo è per il mio bambino mai nato, figlio di puttana.» Sophia sparò con precisione beccandolo al centro esatto della schiena, cadde in ginocchio e con la sola forza di volontà di chi ha passato una vita a vincere sollevò il braccio mirando alla figlia. Il secondo sparo fu quello fatale, non gli diede neppure il tempo di premere il grilletto centrandolo in fronte. Lo vidi stramazzare al suolo fissandomi a occhi sbarrati, la vita ormai lontana da quel corpo simile a un fantoccio.
«Stai bene?» Mi sentii scuotere senza capire, quando mi riscossi la vidi in ginocchio accanto a me, le sue mani sul mio viso a scovare tracce di ferite. Mi pressai quella alla spalla respirando profondamente.
«Quando nostro figlio nascerà, io e te faremo i conti..» trattenni l’urlo di frustrazione che ostruiva la mia gola, il pensiero di averla lì in mezzo a tutto quel caos mi faceva impazzire. Mi alzai con tutta la forza rimastami dopo quei mesi infernali spingendola verso l’uscita secondaria, mi bastò voltarmi per capire che la morte del Vor aveva decretato la fine di quella faida. Dima sparò con precisione verso Vania completando l’opera di Misha nell’agguato di poche settimane prima, uccidendolo. Sporchi e insanguinati ci fissammo senza dire nulla, tutti persi nei nostri pensieri, tutti increduli d’essere usciti vivi da quell’inferno. Tornai a guardare mia moglie, aveva appena ucciso l’uomo che per anni era stato un padre per lei, le afferrai il mento cercando tracce di dolore nei suoi occhi.
«Non ne troverai, Shura.» Si scostò dalla mia presa con espressione seria abbozzando un sorriso addolorato. «Dovevo essere io a chiudere i conti con lui, nessun’altro.» Non risposi limitandomi a circondarla con le mie braccia, un urlo attirò la mia attenzione, mi voltai osservando Irina puntare l’arma contro Dima.
 
 

 

Irina POV

 
 
La resa dei conti che avevo atteso per mesi era finalmente arrivata, si stava consumando sotto i miei occhi impotenti mentre cercavo Dima trovandolo intento ad uccidere uomini con espressione implacabile. Misha accanto a lui gli copriva le spalle, mentre il mio cuore tremava nell’ansia di vedere uno dei due cadere a terra privo di vita. Mi ero recata lì spinta dalla furia di Sophia, ma adesso sapevo che quello era il posto nella quale avrei dovuto essere, laddove tutto si sarebbe veramente concluso, evidentemente non era nel mio destino congedarmi in silenzio e fuggire come una ladra. I miei occhi tornarono a Dimitri, osservai la sagoma alle sue spalle e urlai con tutto il fiato che avevo in gola, lo vidi fissarmi e capire voltandosi con rapidità per sparare a Vania colui che per anni era stato come un fratello e che in un secondo era divenuto il peggiore nemico. Ancora una volta avevo nero su bianco la prova di come da quella vita non v’erano vie d’uscita, ma soprattutto di come mio marito non ne volesse.
«Dobbiamo andare via, stanno per dare fuoco a tutto.» La voce di mio fratello mi riscosse, fissai la sua presa sul mio polso e infine il suo viso. «E’ il momento di tornare dalla tua famiglia.»
«Lo so..» sorrisi accarezzandogli il viso. La vita è fatta di scelte, e quelle scelte portano conseguenze. Io la mia l’avevo fatta, avevo scelto consapevolmente di rimanere accanto a Dimitri e adesso stavo scegliendo consapevolmente di lasciarlo lì privandolo del mio amore. Per tutta la vita.
«Dove pensi di andare.» La sua voce lapidaria mi bloccò sul posto, mi voltai osservandolo puntarci l’arma contro, Misha ringhiò di rabbia piazzandosi davanti a me.
«Abbassa l’arma, pezzo di merda.» Dima rise senza gioia scrollando le spalle.
«Non puoi chiedermelo, non quando provi a portarmi via da sotto il naso la mia donna..» mosse un passo in tondo senza abbassare l’arma. Osservai mio fratello, la mia mano scivolò sulla sua, mi fissò confusamente mentre intrecciavo le mie dita alle sue e fu in quel momento che presi possesso della sua pistola sollevandola contro l’uomo che amavo. Ci fissammo fronteggiandoci, sentii le lacrime bagnare le mie guance ma la mia voce non tremò.
«Lo sapevi che questo momento sarebbe arrivato, vuoi davvero che finisca così?» Cercavo un modo per supplicarlo di smetterla, ma conoscevo così bene il suo temperamento da sapere quanto i miei sforzi fossero vani.
«Abbiamo iniziato allo stesso modo, te lo dissi non ricordi? Da me non puoi scappare, Irina.» Premette appena il grilletto e io sentii come distante l’urlo di mio fratello, mandai giù il bolo di saliva tirando su col naso, i suoi occhi mi parlavano anzi mi urlavano e piangevano senza versare una singola lacrima. Capii che voleva questo, lo voleva per lasciarmi andare o forse per dare a me la possibilità di voltarmi senza tornare indietro.
«Non è mai esistita una singola possibilità che lasciassi tutto per me, vero?» Non rispose, eppure nella tempesta dei suoi occhi per la prima volta lessi tutto l’amore che provava per me, chiusi gli occhi stringendoli con ogni minuscola forza che mi era rimasta e quando li riaprii sparai centrandolo all’addome. Sentii un urlo che mi parve distante, non capii bene se fosse stato Shura o Misha, o magari Yuri che vidi correre verso Dima adesso accasciato con la mano a pressare la ferita insanguinata. Mio fratello mi strappò la pistola dalle mani trascinandomi lontano da quel posto, mentre io non riuscivo a staccare gli occhi di dosso all’uomo che era riuscito a entrarmi dentro e che sapevo non ne sarebbe uscito mai più. Compresi come non mi sarei mai rassegnata a quell’addio, lo avrei aspettato per sempre nella speranza che tornasse da me o che io fossi in grado di raggiungerlo. Un giorno. Forse mai.
 
 

two months later ;
 
 
Le sue dita artigliarono i miei capelli ferocemente, sbuffò digrignando i denti per poi urlare come se la stessero scuoiando viva.
«Spingi amore, ancora un ultimo sforzo è quasi nata..» Sophia mi guardò con uno scintillio omicida negli occhi, tirando con più forza i miei capelli, sentii quasi il mio scalpo chiedere pietà.
«E’ tutta colpa tua, brutto bastardo.. SEI TU AD AVERMI FATTO QUESTO.» Ancora un urlo e una spinta prima di sentire il suono di un pianto che tolse a entrambi ogni forza, rigenerandone una nuova. Guardai il suo corpicino appiccicoso e arrossato, aveva i capelli scurissimi e le guance arrossate.
«Avete già pensato a un nome?» Ci fissammo per un secondo con un sorriso complice, annuendo.
 

 

Mikhail POV

 
«Auguri paparino.» La sua voce mi strappò un sorrisino divertito mentre fissavo dal vetro le mie due nuove ragioni di vita. Si, due. Aleksandr era decisamente quello più rumoroso e rompicoglioni, vedevo già di che pasta era fatto. La mia, purtroppo.
«Due gemelli. Due fottutissimi gemelli, Shura.» Mi guardò con commiserazione mista a divertimento, lo odiavo quando faceva così perché sembrava perennemente prendermi per il culo. Gli diedi una botta secca con la spalla tornando a guardare le due culle, accanto alla loro mia nipote dormiva placidamente. Tre bambini, nati nello stesso giorno a distanza di pochi minuti l’uno dall’altro, in quanti altri modi Dio avrebbe dovuto dimostrarmi quanto i nostri destini fossero indissolubilmente legati?
«Come sta Nadja?» Sbuffai sedendomi stancamente.
«Sta benissimo, pure troppo, non fa altro che comandarmi dicendo che è il minimo dopo avermi dato due gemelli. Ma fatemi capire, questi fottuti marmocchi sono solo miei?» Scoppiò a ridere accasciandosi accanto a me.
«Consolati, quantomeno lei non ha strappato metà dei tuoi capelli.» Lo fissai pensando a Sophia preda di urla isteriche, potevano essere peggiori di quelle che aveva giornalmente? Mediamente due, se andava male pure quattro. Pensandola mi tornò in mente mia sorella, era andata a casa a riposare e cambiarsi dopo aver messo le tende praticamente in ospedale, pensavo a lei che aveva lasciato Dimitri ferito in quel capannone senza più parlarne. E io non avevo il coraggio di spezzare quel silenzio, forse perché mi sentivo responsabile di quel sacrificio, eppure continuavo a essere convinto d’aver preso la decisione giusta.
«Pensi avrei dovuto lasciarla con Dimitri?» Evitai di guardarlo, temevo la risposta contenuta nei suoi occhi.
«Pensi quindi l’abbia lasciato a causa tua?» Stavolta mi venne impossibile non sollevare il viso e guardarlo, mi fissava con un sopracciglio inarcato e l’espressione tranquilla. Aggrottai la fronte restando in silenzio, e lui sospirò. «Irina ha fatto una scelta, sapeva che tipo di vita avrebbe potuto offrirle Dimitri, e non l’ha accettata. Tu sei stato semplicemente il tassello finale che l’ha spinta a compiere l’estrema decisione Misha.» Rimuginai in silenzio su quelle parole, sorridendo stancamente.
«Non tutte le storie d’amore hanno un lieto fine, giusto?» Quando ci guardammo seppi con certezza che entrambi pensavamo alla medesima donna, in fondo era stata lei il nostro seme della discordia per anni.
«E a volte sei così fortunato da trovare altro, qualcosa di migliore per la tua vita.» Risi in silenzio annuendo, il viso di Nadja mi piombò alla mente come un uragano, un po’ com’era entrata nella mia esistenza. «Magari capiterà anche a lei.» Nessuno di noi due disse altro, eppure sapevo che condividevamo lo stesso identico timore. E se non capitasse?
«Ho chiesto a Nadja di sposarmi.» Si voltò a occhi sgranati fissandomi come se avessi delle antenne di merda sopra la testa.
«Quante sberle ti ha dato mentre partoriva?» Scoppiò a ridere schivando il mio calcio, storsi le labbra in una smorfia rassegnata.
«Tantissime. La proposta di matrimonio è stata la mia salvezza, vedessi come si è calmata.» Stavolta scoppiammo a ridere entrambi senza riuscire a frenarci, mentre l’alba sorgeva dalle finestre poco distante dandoci un nuovo buongiorno. Un nuovo orizzonte.
 

 

Dimitri POV

 
 
Slacciai il bottone della mia giacca scendendo le scale diretto verso la mia auto, alle mie spalle il club aperto ormai un anno prima spiccava nella sua eccessiva opulenza. Yuri mi aprì la portiera sbarrandomi la strada con un braccio, lo fissai sbuffando.
«Mi stai diventando pesante, lo sai vero?» Glielo ripetevo da anni, mediamente due volte al giorno ma non sembrava decidersi a cambiare.
«Anastasia Ivanova ti aspetta a cena stasera, lo sai vero?» Sporsi le labbra in un broncio pensieroso annuendo appena, la figlia di Oleg come tanti era stata richiamata dall’odore del potere, tutti miravano a conquistare la benevolenza del nuovo Vor: me.
«Mi auguro non venga con il padre, non potrei portarmela in camera a fine serata.» Lo vidi roteare gli occhi con fare scocciato a quella battuta mettendo su un sorrisetto affettato.
«Ah quindi il cazzo ti funziona ancora? Pensavo t’avesse sparato ai coglioni e non al fianco, quella stronza.» Carezzai l’interno della guancia con la punta della lingua e per la prima volta nessuna risposta arguta mi sovvenne a togliermi dall’impiccio in maniera vincente. Erano passati due mesi dal suo addio, due mesi che pesavano come anni per intensità e mancanza. Eppure la mia vita sembrava proseguire, ogni giorno sempre più fitta e impegnata ma mai abbastanza da cancellare i suoi occhi di ghiaccio dal mio cuore e dai miei pensieri. Diedi una botta secca e dolorosa al suo braccio fissandolo malevolo.
«Se vuoi continuare a essere il mio braccio destro piazza il tuo culo su quel sedile e guida, cristo santo.» Mi sedetti sbattendo la portiera sollevando il vetro divisorio per non guardare quella sua faccia di cazzo e la sua espressione soddisfatta come ogni volta che sapeva di fare centro. Chiusi gli occhi affossandomi contro i sedili, ripercorrendo quella giornata infernale che ci aveva visti protagonisti, le sue lacrime, le sue labbra che non pronunciavano alcun ‘’ti amo’’ ma che sembravano averlo urlato con una forza spaventosa. Ne sentivo ancora l’eco nelle pareti sorde del mio cuore, un cuore che non aveva mai battuto come in quel momento. Eppure continuavo la mia strada, senza di lei. Avevo voluto e ottenuto quell’addio doloroso e insanguinato, l’unico modo affinché almeno Irina riuscisse a mettere una pietra sopra la nostra storia, sopra il nostro matrimonio. Accarezzai l’anello al mio dito sinistro, non l’avevo ancora tolto e ogni giorno aspettavo di veder comparire qualcuno con le carte del divorzio tra le mani, e quando questo non succedeva tornavo a respirare e iniziava un nuovo giorno. Incastrato in quel loop infernale per tutta la vita. Forse era proprio questa la mia punizione, la condanna per ogni vita strappata, per ogni guizzo di pietà mai provato, per aver voluto e avuto Lei oltre ogni logica, per averla fatta mia e aver provato a trattenerla in quella spirale tossica che era la mia esistenza. Voltai il capo con espressione sofferente, era l’unico momento in cui potevo permettermi di mostrarla e fu in quel momento che la vidi. Sbattei le palpebre cercando di capire se stessi sognando e fosse l’ennesima proiezione della mia mente malata, ma lei era lì davvero intenta a guardare il cellulare con espressione concentrata e quasi divertita. La mia parte egoista suppurò nel saperla ‘’felice’’. Alle sue spalle l’ospedale, era lì per se stessa? Ricordai Nadja e Sophia prossime al parto, magari per loro? Bussai due volte sul vetro, il segnale convenuto per far fermare l’auto, abbassai il finestrino lasciando che la brezza primaverile inondasse l’abitacolo. Indossava un vestito dei suoi, con quei colori pastello che avevo sempre preso in giro, le gambe scoperte erano ancora uno spettacolo per pochi. I miei occhi richiamarono i suoi, e quando li posò sul mio viso vidi tutta la nostra storia passare attraverso i suoi lineamenti. Irina era stata la mia condanna e tale sarebbe rimasta finché l’ultimo alito di vita non avrebbe abbandonato il mio corpo. La vidi muovere un passo malfermo nella mia direzione, probabilmente si domandava come stessi dopo il suo regalo d’addio, se la pensassi mai, se come me anche lei era diventata la disperazione delle mie notti, provai a fissarla cercando di rispondere a quelle domande silenziose e quando i passi divennero due e poi tre bussai nuovamente al vetro e l’auto partì senza esitazione.
Non ci sarebbe mai stato un addio per noi due, mai. Prima o poi la vita ci avrebbe ricongiunti e stavolta per sempre, non oggi, non domani, ma un giorno si. Irina era il mio destino e da quello non potevi mai scappare.
 

 

Irina pov

 
 
Quei due mesi erano stati talmente intensi da non avermi lasciato il tempo nemmeno di respirare correttamente, eppure la notte nel buio della mia camera toglievo la maschera e mi permettevo di soffrire come volevo. Quando fissavo il cielo e la luna mi convincevo che anche lui guardava il mio stesso panorama, e questo ci rendeva più vicini di quanto non fossimo mai stati. Ero diventata zia e ben due volte, la notizia dei due gemelli aveva scioccato tutti soprattutto Misha che già era abbastanza traumatizzato dall’idea di divenire padre una volta, figuriamoci due. Abbozzai un sorriso a quel ricordo scuotendo il capo, il cellulare squillò in quel momento, lo estrassi leggendo il messaggio di Shura che mi chiedeva dove diamine fossi, probabilmente si era stancato di star dietro le lagne di mio fratello. In quel preciso momento il vento sembrò cambiare intensità, divenne più caldo portando con se un odore nascosto nell’angolo più remoto della mia mente, quando sollevai il viso lui era lì a un passo da me. Fermo con l’auto accanto al marciapiede, quella bellezza perennemente dannata e violenta che non mutava mai, e quegli occhi incandescenti che avevano da sempre il potere di cambiare la velocità del mio flusso sanguigno. La mia decisione ultima mi piombò tra capo e collo violentemente, come delle percosse brutali che non riuscivo a schivare. Mi sembrò tutto vano, il mio sparo, il mio addio, il mio stringere la mano di mio fratello uscendo da quel capannone, il mio non voltarmi indietro nemmeno una volta per guardarlo lì ferito e sanguinante, il mio aver continuato a vivere sopprimendo la voglia di porre fine a tutto compresa me stessa. Mossi un passo verso di lui, era così vicino che mi sembrava bastasse allungare il braccio per toccarlo, mancava ancora poco. Pochissimo. E sarei stata a un respiro da lui. Quando stavo quasi per riuscirci la sua auto partì lasciandomi lì da sola preda della mia disperazione.
 

«Hai ideato questo nuovo giochetto sadico per punirmi?» aumentò la stretta al mio ennesimo scatto rabbioso.
«Pensavo ti piacessero i giochetti sadici.» Gli sorrisi nella penombra, non c’era ilarità però nei miei occhi mentre lentamente lasciavo andare il rompighiaccio che rotolò silenziosamente giù dal letto con un tonfo sordo finale. «Hai avuto paura di perdermi?»
«E se dicessi si?» Allentò la presa mentre sentivo il rigore abbandonare appena il mio corpo, si chinò su di me poggiando la fronte contro il mio petto. Sentì il mio cuore battere talmente forte da assordarci e allora sorrise. «Non l’avresti fatto, puoi mentire con le parole ma il cuore non può farlo.» Provai a spingerlo e rifiutarlo ma non me lo permise scivolando lateralmente e ingabbiandomi con braccia e gambe finché non smisi di dibattermi acquietandomi. Anche in quel caso continuò a stringermi.
«Anche tu sei incapace di mentire, Dimitri.» La mia voce giunse attutita, restò in silenzio ascoltando il ticchettio dell’orologio 
mentre la me vittoriosa ascoltava quello del suo cuore. Scacco matto.

Il vento sferzò nuovamente i miei capelli, era tornato nuovamente freddo e riempiva gli spifferi del mio cuore in maniera dolorosa. Quando il cellulare suonò nuovamente riaprii gli occhi fissando il numero, ricordando nuovamente chi fossi e cosa dovessi fare. Eppure mentre salivo le scale dell’ospedale il mio passo era cambiato, più risoluto e deciso, forse perché avevo preso consapevolezza di dover abbracciare il mio destino. Ovunque esso fosse..  ma con Dimitri Cernenko, il mio unico e grande amore odiato.
 
 
  
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