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Autore: Angel TR    01/04/2020    2 recensioni
Raccolta disomogenea | Vari personaggi | Vari rating
#13 Nina - Epilogo.
Vorresti che Steve Fox non esistesse perché così potresti cancellare le tracce del sopruso che ti hanno inflitto.
Storia partecipante alle seguenti Challenge:
'Sfida delle Parole Quasi Intraducibili' indetta da Soly Dea su EFP
“Drabbles, Drabbles e ancora Drabbles” indetta da HarrietStrimell sul forum di Efp
"Just stop for a minute and smile" indetta da Sou_Shine su EFP,
"Things you said" indetta da Juriaka sul forum di Efp
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ultraviolence'
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Nome: Angel Texas Ranger
Fandom: Tekken
Personaggi: JinxHwoa
Titolo: Pegno

Shinrin-yoku: in italiano “trarre giovamento dell’atmosfera della foresta” o “bagno nella foresta”. Indica una speciale terapia del benessere in cui si va alla ricerca di un luogo molto tranquillo tra gli alberi per ritrovare il contatto con la natura.

Partecipa alla sfida indetta da Molang: si chiama “1, 2, 3... stella!”, per ogni stella ci sono tre prompt da sviluppare nella stessa storia!
Prima stella:
- Prompt 1: ON — BTS
- Prompt 2: Lieto fine
- Prompt 3: Presenza di un bacio appassionato


미치지 않으려면 미쳐야 해
~
If you don’t wanna go crazy, you gotta go crazy


Questo non è proprio quello che mi aspettavo dal Torneo del Pugno di Ferro e da uno statunitense di mezz'età, pensò Hwoarang, lanciando un'occhiataccia a un gioioso Paul Phoenix che dava allusive gomitate al suo compagno di giochi Marshall Law.
Insomma, ma non cresceva mai?
«Ricordate, il nostro aitante giovane conterà fino a dieci e poi vi verrà a cercare! Se vi trova, pagate penitenza!» ridacchiò Paul, gli occhi blu scintillanti. Chissà quali penitenze aveva in mente…
Hwoarang pestò un piede. «Possibile mai che dobbiamo veramente giocare a nascondino?» sbottò.
Il sorriso sulle labbra di Paul sfiorì: era una testa calda come lui e ci voleva poco per fargli cambiare completamente umore. La pelle chiara della guance si chiazzò di rosso, come se avesse ingollato una bottiglia di vino. «Siamo bloccati su una fottuta isola, amico! Hai un'idea migliore?» iniziò, scoppiando a ridere, una risata lievemente isterica. Law gli posò una mano sulla spalla.
«Se non vuoi impazzire, devi impazzire.» gli schiacciò l'occhiolino, soffocando ogni polemica sul nascere.
Hwoarang roteò gli occhi.
Il suo problema, in realtà, non era nemmeno tanto il gioco in sé – anche perché, fin quando lo stronzissimo Heihachi Mishima non avesse mandato qualche aereo o nave a recuperarli, sarebbero rimasti bloccati lì stile Robinson Crusoe – ma il prescelto per fare la conta.
Jin Kazama, guance e ponte del naso deliziosamente – no, non "deliziosamente", ridicolmente! – arrossati dal sole, non sembrava esattamente entusiasta all'idea di dare la caccia a una decina di loro ma aveva colto l'antifona e avrebbe cavalcato l'onda, se necessario.
Chi sembrava scalpitare, invece, era la bionda milionaria, pensò Hwoarang, gettandole una veloce occhiata. Era seduta vicino a Kazama femmina e le dava i pizzicotti. Quelle due erano insopportabili. Sbuffò e tornò a rivolgere la sua attenzione a Kazama maschio, "l'Originale" .
Il sole che regnava incontrastato sull'isola giapponese – era giapponese? Hwoarang non avrebbe saputo dirlo – aveva scaldato la pelle di Kazama fino a donarle una sfumatura color miele. A me, invece, pensò amaramente il ragazzo, ha solo scambiato la tinta. Lontano dalla civiltà e vicino al mare dove la bionda pazza si era tuffata – «Gli squali, Oca! Ti mangeranno gli squali!» aveva urlato Kazama femmina, buttandosi tra le onde per trascinare Lili a riva, tra le sue risate soddisfatte. Hwoarang era stato colto dall'impulso di imitarla, giusto per vedere se poi Kazama avrebbe imitato la femmina della sua specie – Kazama sembrava nel suo elemento. Si muoveva con naturalezza tra i massicci tronchi d'albero e aveva allestito un falò in una decina di minuti partendo da zero. Tutti i partecipanti che erano rimasti bloccati sull'isola si erano incantati a guardarlo mentre trafficava indisturbato, isolato come in una bolla che nessuno sguardo altrui poteva bucare. Hwoarang si era sentito più che in diritto di unirsi allo sparuto gruppetto, approfittando del momento per sbrogliare la confusa matassa di sentimenti: era geloso che gli altri guardassero Jin ammirati? Aveva anche lui quegli occhi a pesce lesso? Gli altri se ne erano accorti? Avrebbero percepito l'effetto che Kazama aveva su di lui, una volta che avevano modo di tenerlo d'occhio ventiquattr'ore su ventiquattro? E Jin? Kazama l'aveva intuito?
Proprio mentre ci rifletteva su, preso dall'ansia, Jin aveva sollevato gli occhi accesi dai riflessi del fuoco che scoppiettava e glieli aveva piantati addosso. Hwoarang era sobbalzato, tradito dal suo stesso corpo. Tutti l'avevano guardato; dalle labbra di Lili era uscito un risolino complice.
Oh, sì. Hwoarang era stato scoperto.
E ora devo pure sorbirmi il nascondino. Avrebbe voluto urlare dalla frustrazione.
Concentrò tutto il suo odio sull'imponente figura di Kazama che si apprestava a iniziare la conta. Non ti darò questa soddisfazione. Ci vuole molto di più per mettermi al tappeto.
La voce profonda del ragazzo diede il via al gioco. «Uno…»
Hwoarang corse a nascondersi.

Can’t hold me down 'cause you know I’m a fighter

Pur non volendolo ammettere a sé stesso, Hwoarang si stava divertendo: la scarica di adrenalina che gli vibrava nel corpo al pensiero di essere cacciato dal suo rivale gli faceva pompare il sangue nelle vene più velocemente, molto più velocemente. Ancor di più gli faceva battere forte il cuore il fatto che, qualora – anzi, no "qualora" ma "quando" – quest'ultimo l'avesse trovato, l'avrebbe costretto a pagare pegno.
Sono forse diventato masochista?
Si guardò attorno, affannando – il che era ridicolo – e decise di nascondersi dietro il tronco di un albero. Non il miglior nascondiglio del secolo, d'accordo, purtroppo non c'era una gran scelta data la situazione: le regole parlavano chiaro, non potevano inoltrarsi tra le chiome degli alberi di notte o l'eventualità di perdersi sarebbe stata troppo elevata. Risultato? Kazama l'avrebbe trovato presto e, al solo pensiero, un ghigno gli piegò l'angolo destro delle labbra.
Sì, sono decisamente diventato masochista.
«Dieci. Sto arrivando.» annunciò la voce profonda di Jin. Sbaglio o lo stronzo si sta divertendo? C'era, infatti, una nota spensierata, quasi allegra, nella sua voce che mandava in tilt il cuore di Hwoarang. Quei giorni lontano da ogni contatto con il tram tram della quotidianità gli avevano fatto bene: Kazama respirava serenamente, senza che il suo petto si alzasse troppo, quasi che i polmoni volessero esplodergli o schizzargli fuori dalla pelle, senza che sul suo viso si dipingesse quell'espressione addolorata che gli "regalava" dieci anni in più.
Così giovane e già così vissuto. Dava la nausea.
Lì, invece, tra tutto quel verde, Kazama sembrava essersi riappropriato della sua età: stava addirittura giocando a nascondino e, dalle risate e sbuffi degli altri partecipanti, non si stava risparmiando.
«Chi manca?» chiese, a un certo punto.
Ma come chi manca? Cosa cosa, non sono il primo pensiero che ti viene in mente? Brutto stronzo traditore!, scosse la testa Hwoarang, pestando un piede – che brutta abitudine che aveva preso. Beh, come biasimarlo? La sua testa rosso fuoco iniziava a perdere brillantezza sotto i raggi impietosi del sole e l'acqua salata di mare. Ormai nemmeno più i capelli lo distinguevano dalla massa, rifletté, amareggiato, mettendo il broncio.
«Hwoarang.»
Hwoarang sobbalzò e si riscosse dalle sue fantasie per trovarsi catapultato direttamente in una reale, proprio lì, altro che sogno a occhi aperti. Deglutì.
Gli occhi ambrati di Jin controllavano a stento lo scintillio divertito. «Mancavi solo tu. Ti ho trovato.» sussurrò, serio. Persino un gioco si trasformava in una battaglia reale se le redini erano affidate a lui.
Hwoarang tentò in tutti i modi di resistere a quello sguardo che sembrava scavargli l'anima e si ritrasse ma la sua nuca sbatté contro il tronco dell'albero: nulla di fatto, era in trappola tra le braccia possenti del ragazzo e un albero secolare che sicuramente si stava prendendo gioco di lui. «Sei stato moscio, Kazama! Mi devi la rivincita! La prossima volta ti cerco io. Ti trovo in un nanosecondo.» fece, sbruffone, giusto per dare aria alla bocca e distrarre Jin dalle inopportune reazioni del suo corpo.
Un mezzo sorriso fiorì sulle labbra piene del suo rivale. «D'accordo. C'è una cosa, però…» alluse, misterioso. Per Hwoarang fu impossibile non roteare gli occhi.
«Cosa c'è, Kazama, cosa? Cos'hai da fare bloccato su quest'isola?» sbottò, spazientito, allargando le braccia e spalancando gli occhi.
Doveva essere davvero divertente perché il sorriso sulla bocca di Jin si allargò, rivelando una chiostra di denti bianchissimi. Qua si gioca sporco, pensò Hwoarang, improvvisamente conscio del suo alito non proprio felice e dei suoi denti che non vedevano uno specialista da una decina di anni.
«Non ho nulla da fare, no.» rispose Jin, il tono ilare.
Hwoarang si insospettì. Ridusse gli occhi a due fessure nella speranza di proteggersi dalla visione del suo rivale. «Cosa vuoi, Kazama?»
No, sul serio, che voleva quel demonio? Perché si stava comportando in quel modo, così amichevole, come se avesse sotterrato l'ascia da guerra senza avvisarlo. "Ehi, Hwoarang, non sono più il tuo peggior nemico. Guardami, sto persino giocando con te!" Che nervi.
«Devi pagare pegno, ricordi?» sussurrò Jin, occhi brillanti come stelle, chiaramente godendosi il momento. Oh, allora non era poi così buono! Hwoarang l'aveva sempre saputo, aveva sempre immaginato che dietro la facciata del bravo ragazzo, serio e maturo, pacato e gentile, si nascondesse un diavolo che provava piacere nello stuzzicare e causare misfatti, crogiolandosi nella miseria altrui. Mi merito una medaglia, detective Hwoarang. Dov'è Lei Wulong quando serve?
«Quale pegno, Kazama? Vuoi che ti incoroni "Eroe Maledetto del Mese" mentre i tuoi sudditi si inchinano ai tuoi piedi? "Il mio sangue è maledetto, oh!"» lo scimmiottò Hwoarang, sottolineando il messaggio con un'espressione esageratamente tragica del viso.
Sperava che Kazama si arrabbiasse e lo piantasse in asso tuttavia, superando ogni sua aspettativa, Jin gli stava ancora sorridendo: se aveva trovato offensiva la sua imitazione, non lo dava a vedere. Era bravo a nascondere le sue emozioni? No, Hwoarang aveva scoperto il trucco: bastava fissarlo negli occhi. Jin sapeva controllarsi ma non era abbastanza subdolo e furbo da dissimulare i propri sentimenti.
E, in quel momento, l'ambra liquida del suo sguardo ardeva. «No, non voglio nessuna incoronazione. Chiudi gli occhi. Vorrei provare una cosa… Fermami se non vuoi.» disse, serio, appena una vena di timidezza nella sua voce all'apparenza decisa.
Hwoarang roteò gli occhi. «Che cazzata, Kazama. Se vuoi colpirmi, fallo mentre mi guardi.» esclamò, anche se quella frase dava luogo a doppi sensi poco affascinanti. Eppure gli piaceva quel gioco, gli piaceva avere un'interazione che non fosse basata su calci e pugni e insulti, gli procurava una dolce vampata di caldo alla base del ventre. Così, chiuse gli occhi. Ogni tanto, nella vita, poteva dare una soddisfazione a Kazama.
«Non voglio colpirti, Hwoarang. Sei tu che vuoi colpire me.» sussurrò Jin in un filo di voce, come se, chiudendo gli occhi, si fosse creata una nuova sensazione di intimità, un'intimità che andava difesa a ogni costo.
«Stronzate…» protestò debolmente Hwoarang, agitandosi. Il cuore pareva essere sul punto di esplodergli nel petto. Che assurdità! Non era la prima volta che si trovava faccia a faccia con Jin, perché proprio ora doveva fare quella figura di merda?
Il silenzio era assordante. Hwoarang strizzò gli occhi, l'attesa lo stava logorando.
Sentì il respiro dolce di Kazama fior di labbra, pericolosamente vicino, un ramoscello spezzarsi sotto le sue sneakers. Sneakers. Erano due ragazzini che giocavano a fare i duri… Hwoarang strinse i pugni.
Una sensazione di calore gli infiammò le guance quando le dita di Kazama gli sfiorarono la pelle per poi afferrargli delicatamente la nuca. Lo sentì trattenere il fiato e scoprì, quasi divertito, che stava aspettando la sua reazione. Che cavaliere, pensò ironicamente. Hwoarang sapeva bene quello che stava per succedere. Il vento frusciava tra le fitte chiome degli alberi, non molto in lontananza sentiva le onde del mare infrangersi sulla battigia, la luna gettava la sua luce fredda e magica sulla terra, il sangue gli scorreva velocemente nelle vene, sentiva le gambe molli, il respiro accelerare.
Kazama gli sfiorò la guancia con le labbra, poi le poggiò. Hwoarang strinse così forte i pugni da sentire le unghie ficcarsi nei palmi. Jin continuò la lenta tortura di leggeri baci lungo la guancia, seguendo un percorso immaginario fino alla curva delle labbra.
E proprio quando Hwoarang si sentiva pronto ad accoglierlo, Jin si fermò.
Ancora.
Il sopracciglio ramato del ragazzo scattò. Senza aprire gli occhi, gli scoccò un ghigno divertito. «Sei sempre il solito moscettone, Kazama. Sto invecchiando a furia di aspettarti.» lo sbeffeggiò, assestandogli per scherzo un pugno sul fianco.
Finalmente, Kazama rispose non con le parole ma con i fatti, catturandogli le labbra. Un mugolio sfuggì dalla sua bocca mentre affondava le dita tra i capelli folti di Jin, aggrappandosi con forza, come se avesse paura che scappasse via, lontano da lui come era solito. Quella volta, Hwoarang non avrebbe lasciato che si ritraesse. Erano nascosti, al riparo da sguardi indiscreti, riparati in un fazzoletto di oscurità. Forse fu quella la ragione per la quale Hwoarang approfondì il bacio, pressando la bocca di Kazama per costringerlo a fargli spazio. Si avventò con una tale foga che i denti cozzarono, infliggendogli appena una scarica di dolore che però acuì la sua voglia di spingersi oltre.
Proprio quando Hwoarang credeva di aver afferrato le redini del gioco e di star dettando le regole del bacio, Jin assunse il controllo. Un rantolo basso, come il boato di un tuono lontano, cominciò a salirgli dalla gola. Le sue dita si infilarono tra i passanti dei pantaloni del coreano e li usarono per spingergli il bacino contro il suo. A Hwoarang si mozzò il fiato e aprì gli occhi di scatto. Lo voleva ed era corrisposto. La pressione delle sue labbra aumentò e il ragazzo si sentì attraversato da una sferzata di adrenalina.
Il bacio si era trasformato in qualcos'altro.
Si ritrovò schiacciato contro il tronco dell'albero, staccandosi dalle labbra di Jin solo per prendere fiato e dedicare attenzione alla vena pulsante sul suo collo, posandovi baci leggeri. Aveva completamente dimenticato che erano nel bel mezzo di un gioco, a pochi metri da una banda di esperti di arti marziali, sperduti su un'isola, in attesa del salvataggio a opera di Heihachi Mishima. Forse quella pausa dai ritmi frenetici e imposti della città gli aveva fatto bene, considerò Hwoarang. Forse avrebbe dovuto approfittarne e mettere le cose in chiaro da subito, prima che i grattacieli di Seoul ingurgitassero tutte le sue buone intenzioni per vomitargliele ridotte a un grumo di rabbia e confusione e tutto sarebbe tornato come prima.
«Kazama» riuscì a dire tra gli ansiti. «Non fare che poi sparisci perché ti prendo a calci in culo, eh?»
Gli occhi di Jin incontrarono i suoi. Ancora ansimante, la luce della luna che lo bagnava d'argento – una fottuta scultura di marmo – e con le labbra gonfie per i baci schiuse, Jin tentò di prendere parola. «Non preoccuparti, Hwoarang.» lo rassicurò ma gli uscì malissimo perché la frase si ruppe in più punti.
Questo stronzo potrebbe anche uccidermi in questo momento e io lo ringrazierei, dannazione. Per questo, Hwoarang non poté far altro che annuire e allacciare le braccia attorno al collo di Jin per una maggiore stabilità.
Nonostante una forte folata di vento improvvisa gli stesse scompigliando i capelli già pericolanti, Hwoarang continuò imperterrito la sua santa missione. Jin non sembrava contraddirlo.
Andava tutto bene.
No?
«È Mishima! Finalmente sloggiamo da questa foresta! Law, ho capito una cosa importante!» sentì urlare da Paul Phoenix, la voce così alta da sovrastare persino il rumore assordante delle pale dell'elicottero.
«Cosa, Paul?» urlò di rimando il povero amico.
«Che "L'isola dei Famosi" non fa per me!» rivelò Paul.
Law gli mollò uno scappellotto. «Tu non sei famoso, Paul!» lo rimbrottò.
Purtroppo, la baraonda li aveva interrotti, stracciando l'atmosfera magica che li aveva avvolti. Jin si era staccato dalla sua bocca ma non aveva interrotto il contatto: le sue mani erano ancora attorno alla sua vita e le braccia di Hwoarang erano ancora attorno al suo collo.
Colti sul fatto.
Ti prego, fa' che si concentrino sul cappotto tigrato di Heihachi Mishima, pregò Hwoarang ma, ovviamente, perché qualche dio avrebbe proprio dovuto considerarlo in quel momento dopo che gli era stata concessa la grazia di baciare Jin Kazama?
Paul Phoenix fu il primo a notarli. Spalancò la bocca e produsse un risucchio orribile. «Oh my God!» gracchiò.
Ecco, appunto.
«Jin Kazama è un essere umano, allora!» esclamò Paul.
«Paul!» lo richiamò Law, assestandogli una bella gomitata. «Lasciali stare…»
«Comunque la coppia più bella restiamo io e te, Asuka!» cinguettò Lili, battendo le mani. Kazama femmina fece una brutta smorfia ma Hwoarang riconobbe l'accenno di un sorriso sulle sue labbra.
Riportò quasi timidamente la sua attenzione su Jin. Come suo solito, le parole altrui non lo scuotevano minimamente: fissava attento Mishima, tenendo d'occhio ogni sua mossa. «Vuoi che lo faccia cadere dall'elicottero?» propose Hwoarang, per scuoterlo un po'.
Jin si riprese. Gli scoccò un'occhiata divertita. «Avrei un'idea ma no. Lasciamolo perdere.»
Lasciamolo. Voce del verbo lasciare, modo imperativo, prima persona plurale, noi. Noi lasciamolo. Noi, io e te. Quel "noi" gli piacque molto di più di quanto fosse lecito e sembrò sancire un tipo di unione diversa da quell'unica che Hwoarang aveva ritenuto possibile e che aveva cercato di costruire negli anni. Noi.
«Agli ordini, Kazama-san.» fece Hwoarang, mimando un saluto militare.
Jin scosse la testa ma c'era l'ombra di un sorriso sul suo volto.
Andiamo davvero d'accordo, pensò Hwoarang, vagamente sorpreso. Le sue sneakers, così come quelle di Jin, erano sporche d'erba e terriccio. L'immagine lo fece sorridere. Andrà tutto bene.

제 발로 들어온 아름다운 감옥
Find me and I’m gonna live with ya
~
It’s a beautiful prison that I’ve walked into
Find me and I’m gonna live with ya
BTS - ON

  
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