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Autore: Mahlerlucia    01/04/2020    2 recensioni
C’è un solo viaggio possibile: quello che facciamo nel nostro mondo interiore.
Non credo che si possa viaggiare di più nel nostro pianeta. Così come non credo che si viaggi per tornare.
L’uomo non può tornare mai allo stesso punto da cui è partito, perché, nel frattempo, lui stesso è cambiato.
Da sé stessi non si può fuggire.
(Andrej Tarkovskij)
[BokuAka || AkaUda]
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Altri, Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo
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Manga/Anime: Haikyū!!
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life
Rating: arancione
Personaggi: Keiji Akaashi, Koutarou Bokuto, Tenma Udai
Pairings: #BokuAka, #AkaUda
Tipo di coppiaShonen-ai, Yaoi
Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo

 
 
 
Last request
 
 
 
Nobody knowI just want you closer
Is that alright?
Baby let's get closer tonight...

 
 
Quel sabato pomeriggio Bokuto si era ripromesso di portare Keiji al parco dei divertimenti. In un primo momento la cosa fece sorridere il giovane editore, convinto di dover aderire a progetti ben diversi. Ma la sorpresa fece presto largo ad un senso di placida rassegnazione per quella scelta che avrebbe comunque dovuto tenere in considerazione all’interno del repertorio delle ‘follie’ di Koutarou.
Aveva accettato l’invito di buon grado, a patto che non gli chiedesse di andare sulle montagne russe. Temeva l’alta velocità e non lo avrebbe di certo voluto ammettere in una situazione tanto ludica e, soprattutto, davanti a lui. Mostrargli l’ennesima debolezza poteva rivelarsi ancor più nocivo in una fase delicata come quella che stavano per affrontare insieme. Sarebbe stato meglio risalire un gradino alla volta, con la dovuta prudenza. Ad ogni modo, quella piccola gita fuori porta doveva essere l’occasione prestabilita per affrontare insieme la decisione riguardante il suo futuro lavorativo; Akaashi non avrebbe potuto resistere un giorno di più con quel pensiero ossessivo e martellante che nel corso delle notti precedenti non lo aveva lasciato dormire sereno. L’unica soluzione possibile era quella di affrontare i propri demoni assieme a qualunque possibile reazione di Koutarou, cosa sicuramente di non facile gestione.

“Hey, Keiji! Prendiamo lo zucchero filato prima di salire sulla ruota panoramica?”

“Preferisci gustartelo in alta quota?”

Il sorriso a trentadue denti dell’ace dei Black Jackals illuminò la visuale dell’ex setter, come la prima stella visibile a seguito del passaggio di un serie di nuvole minacciose. Annuì avvicinandosi pericolosamente al compagno, afferrò la sua mano e lo costrinse a seguirlo al chioschetto dei dolciumi. Quasi lo ribaltò, tanta fu la foga con cui chiese all’inserviente di riempire la stecca più grande che avesse a disposizione.

“Koutarou, io prendo solo un-”

“Uno per me e uno uguale per il mio fidanzato, grazie!”

Fi-fidanzato?! Koutarou, sei impazzito del tutto?
La ragazza non si scompose più del dovuto, elargendo un ampio sorriso di cortesia prima allo scalmanato che sarebbe stato capace di mangiarsi tutto quello che in quel momento si trovava davanti ai suoi occhi, poi a quello che aveva compreso essere molto più che un semplice amico. Probabilmente indugiò un po’ troppo sul viso di quest’ultimo, tanto che Bokuto non si trattenne dal decantare quanto fosse fiero dell’aspetto fisico del ragazzo che amava. E, ovviamente, non solo di quello.

“Sì, è proprio bellissimo! Non ho avuto dubbi sin dall’inizio e non lo cederei per niente al mondo. Nemmeno per lo zucchero filato. Quanto ti devo?”

Sì, sei un folle. E della peggior specie.
Koutarou pagò l’irrisorio conto senza pretendere il resto. Porse la prima nuvola di zucchero lavorato ad Akaashi, sorridendo come un bambino a seguito di un premio ricevuto per un buon voto ottenuto a scuola. Ogni volta che mostrava tutta la premura che aveva nei suoi riguardi diventava impossibile resistere alle sue richieste, per quanto fossero assurde ed infantili. D’altronde, Keiji sapeva bene che tutto ciò che passava per la sua inarrestabile mente aveva l’unico scopo di renderlo felice il più possibile.
Associare questa consapevolezza a ciò che avrebbe dovuto comunicargli di lì a breve non sarebbe di certo stata una passeggiata di salute.

“Keiji, stanno per far salire le persone in coda. Dai, andiamo anche noi!”

L’ambiente claustrofobico della piccola cabina rossa su cui erano riusciti a salire – correndo ed arrancando tra la folla – sarebbe stato il luogo d’isolamento ideale per poter condividere i loro pareri su quella dannata proposta lavorativa. Nel momento in cui avevano acquisito un minimo di quota dalla terraferma, Keiji si schiarì la voce tenendo tra le dita il bastoncino con lo zucchero rosa; lo aveva a malapena assaggiato a causa dello stomaco in subbuglio per l’ansia inevitabilmente avvertita.

“Koutarou...”

Hey, non ti piace?”

Akaashi realizzò che il compagno si stesse riferendo alla leccornia che gli aveva acquistato solamente quando vide il dito puntato verso quest’ultima. Era talmente assorto dalla sua stessa apprensione da non riuscire a vedere altro. Allungò un braccio nella sua direzione e gli porse la sottile stecca in legno, invitandolo esplicitamente ad approfittarne.

“No, mi piace ma... non ho molto appetito. Prendilo pure tu.”

Il viso dell’ace si tramutò in una maschera di sconcerto e disappunto. Non si fece troppi scrupoli nel cominciare a gustarsi ciò che gli era appena stato restituito, ma di certo avrebbe preferito un maggior apprezzamento per qualcosa che lui stesso aveva deciso di regalare al ragazzo per cui aveva perso la testa.
E se reagisce così per questa sciocchezza...

“È successo qualcosa? Forse sono stato stupido io a non pensare subito agli onigiri...”

Onigiri?! Ah... no, no. Non è questo il problema, sta’ tranquillo.”

“Oh, quindi c’è un problema?”

La loro cabina aveva superato il primo quarto di giro e si apprestava a mostrar loro una delle migliori visuali paesaggistiche della frenetica Tokyo. Peccato che entrambi fossero completamente distratti da quella piccola-grande dinamite che stava per scoppiare all’interno della loro relazione.
Keiji puntò lo sguardo oltre il finestrone, perdendosi ad osservare un paio di corvi che si allontanavano perdendosi tra le nubi. Per un attimo ripensò alla conversazione avuta con Udai qualche sera prima, alla semplicità con cui quel ragazzo era riuscito ad intuire le sue difficoltà emotive di fronte ad una situazione nei confronti della quale non aveva mai avuto esperienza prima di allora. Non avrebbe mai dovuto dimenticarsi di avere solamente ventidue anni, nonostante le sue abitudini di vita lo portassero spesso ad essere equiparato ad un ultratrentenne.

“Bokuto-san... Ti devo parlare.”

Potevo forse introdurre il discorso in maniera meno perentoria? Sicuramente sì.
La stella dei Black Jackals impallidì nel giro di un nanosecondo, lasciando scivolare ai suoi piedi quel che ancora rimaneva dello zucchero filato. Lo raccolse con una lentezza che non gli era mai appartenuta e lo posò sul sedile. Dopodiché poggiò i gomiti alle ginocchia e si mise in attesa di poter comprendere cosa fosse successo di tanto importante ed urgente. Che il suo Keiji fosse parecchio distratto e teso lo aveva notato dal momento in cui erano usciti di casa, anche se in cuor suo aveva continuato a sperare che non si trattasse di nulla di troppo serio.

“È bella?”

Akaashi non comprese subito il senso di quella domanda, specie a chi fosse riferito l’aggettivo ‘bella’ nello specifico. Si tolse gli occhiali e strabuzzò gli occhi in un moto di mera incredulità; man mano che quell’insolito momento di silenzio proseguiva, Bokuto si sentiva sempre più perso all’interno di un baratro fatto sia d’incertezze che di convinzioni errate.
Non è possibile che tu vada a pensare una cosa del genere!

“È interessante... più che bella!”

“Akaashi! Non puoi farmi una cosa del genere!”

“Si tratta di una proposta di lavoro. Una di quelle che arrivano poche volte nella vita, specie quando si è ancora giovani e poco esperti in materia come me.”

“Ah, beh... se si tratta solo di questo... tu non sei poco esperto, sei un genio! Non puoi rifiutare!”

Keiji inforcò nuovamente le lenti e le sistemò sul setto nasale spingendole lievemente indietro con un solo dito. Sospirò e si prese ancora qualche secondo di tempo prima di tentare di rispondere a quell’affermazione densa di entusiasmo... forse anche troppo. Fino a quando non si fosse deciso ad esplicitare quelli che era stati i dettagli inerenti all’offerta fatta dal signor Yashimoto, Koutarou non avrebbe potuto realizzare pienamente quella che sarebbe stata la portata della sua decisione definitiva. Non restava altro da fare che armarsi di coraggio e tirar fuori tutta la verità, per quanto potesse far male alla loro relazione che ne aveva già viste di cotte e di crude.

“Ne volevo prima parlare con te.”

“Hai fatto bene. E poi ne stiamo parlando proprio nel punto più alto della ruota panoramica. Guarda che spettacolo là sotto!”

“Già, sembra tutto microscopico da quassù!”

“Tu sei stupendo uguale!”

L’editore non riuscì a fare a meno di diventare più rosso della vernice che ricopriva gran parte di quella cabina tondeggiante. Nascose il viso dietro al palmo di una mano ed imprecò mentalmente a causa del nervosismo dilagante. Non poteva permettersi di perdersi ulteriormente in chiacchiere e smancerie, era questione di pochi minuti. Una volta scesi da quell’abitacolo che avrebbe dovuto donare loro solo diletto e spensieratezza, non sarebbero stati più stessi. La sola idea di un’eventuale piega negativa gli avrebbe spezzato il cuore in previsione della sofferenza che avrebbe causato a Koutarou, la persona per lui più importante al mondo.

“Il signor Yashimoto mi ha proposto di trasferirmi nella nuova sede europea della casa editrice, a Londra.”

Le mani di Koutarou rimasero entrambe poggiate fermamente sull’oblò della cabina, come se il tempo per lui si fosse improvvisamente fermato. Era cominciata l’inesorabile discesa e tutto quello che poco prima sembrava minuscolo ed inafferrabile stava riacquistando pian piano la sua realistica dimensione. Sospirò sommessamente prima di voltarsi e tentare di sorridere. Impresa che sembrava davvero impossibile da compiere, specie per un’anima limpida come la sua. Difatti, Bokuto non era mai stato capace in vita sua di camuffare i suoi umori, tanto da essere stato spesso considerato come ‘puerile’ e ‘fuori luogo’ dalla stragrande maggioranza dei suoi amici e delle sue conoscenze. Keiji era riuscito più volte ad andare oltre ciò che poteva essere considerato alla stregua di un limite, ma che per lui non lo era affatto.
Non ci volevano poi lunghi ed approfonditi studi di Psicologia della personalità per comprendere quanto necessitasse semplicemente di affetto sincero e di supporto, come qualsiasi altro essere umano dotato della giusta sensibilità. La differenza stava nel modo esplicito in cui sovente finiva per porre determinate – ed imbarazzanti! – richieste.

“Londra... dove vive la regina più vecchia del mondo?”

“In effetti Queen Elizabeth ha un discreto numero di anni. E li porta pure piuttosto bene.”

Akaashi vide con la coda dell’occhio che giusto mezza dozzina di cabine davanti a loro stavano già effettuando il ‘cambio’ clientela. Erano a pochi metri dal suolo e non si erano ancora detti tutto quello che c’era da condividere per poter sopravvivere. Di primo acchito Koutarou sembrava averla presa positivamente, soprattutto con l’estrapolazione di quel commento semi-ironico sulla longevità di Elisabetta seconda. Ma era solo un modo per camuffare quel turbine di emozioni che si stavano ravvivando in lui con l’intento di ledere quelle che erano le poche certezze che gli erano ancora rimaste. Fra queste, Keiji Akaashi rientrava senza ombra di dubbio tra le più limpide ed indispensabili in assoluto.

“Quindi ogni tanto dovrai andare a controllare se tutto procede per il meglio da quelle parti?”

“Koutarou, se dovessi accettare, mi dovrei trasferire in Gran Bretagna per un tempo non ben precisato. Si tratterà perlomeno di mesi...”

“Interi?”

“... Sì!”

“I tuoi genitori cosa ne pensano?”

Una domanda che colpì il ragazzo nel profondo, riportandogli alla mente le innumerevoli occasioni in cui, in passato, aveva cercato di dimostrare quanto valesse a suo padre; ma da parte sua aveva sempre ottenuto dei riscontri più che deludenti. Al contrario, quando aveva parlato apertamente in famiglia della sua opportunità formativa, aveva avuto modo di ammirare il primo sorriso veramente sincero che Akaashi-san gli avesse offerto dai primi anni delle scuole medie in avanti. Un dettaglio che non aveva di certo lasciato indifferente il cuore di un figlio che desiderava essere considerato all’altezza del suo stesso cognome da tempo immemore.

“Sono entrambi entusiasti dell’opportunità che mi è stata data.”

“Hanno pienamente ragione.”

Mancavano solamente due cabine prima del compimento del loro giro. Keiji si avvicinò al compagno per prenderlo sottobraccio. Non gli ci era voluto poi molto a notare il pallore che si era prostrato sul suo viso non appena aveva realizzato quale sarebbe stata per lui l’entità del danno emotivo che quella nuova scoperta avrebbe apportato nella sua esistenza. Lo aveva accompagnato fuori come avrebbe fatto una qualunque badante in servizio; d’altronde Koutarou si era talmente intristito da non avere nemmeno più la forza di camminare con la schiena ben dritta. Per quanto Akaashi tentasse di ribadirglielo, Bokuto sembrava non riuscire ad ascoltarlo, totalmente assorto dall’ansia di poter perdere per sempre il bene per lui più prezioso.
A discapito di qualche individuo bigotto che li aveva guardati di sottecchi con fare altezzoso, erano riusciti ad arrivare sino ad una panchina sulla quale l’ace si era stravaccato nascondendo la parte superiore del viso con l’intero avambraccio. Non era chiaro se stesse realmente piangendo o se fosse in preda a qualche crisi ancor più particolare delle sue. Stava di fatto che Keiji non era per niente tranquillo, perfettamente conscio di essere la causa del suo umore nero.

“Bokuto-san...”

“Quando mi chiami Bokuto-san mi fai arrabbiare. Io sono Koutarou, non uno che passa di qua per caso.”

“Tu sei nervoso a prescindere da come io ti possa aver chiamato.”

“Cosa vuol dire ‘a prescindere’?”

“Che non dipende da quello.”

Una felice famigliola catturò la vostra attenzione a causa delle urla del minore dei due figli. Il piccolo si stava lamentando di non aver potuto vedere la nuova Casa dei Mostri perché erano arrivati troppo tardi e, di conseguenza, avevano trovato una folla inaspettata al suo ingresso. A quanto pare sua madre aveva preferito dar la precedenza ai desideri della sorella maggiore, portandola al centro commerciale per acquistare qualche diavoleria che andava tanto di moda tra le preadolescenti in piena fase ormonale. Insomma, un bambino che anche nei momenti di piena crisi isterica parlava come se non ci fosse un domani.

“Vedi, Koutarou. Quel bambino è persino più loquace di Kuroo-san, ma almeno dice apertamente quello che gli passa per la testa. Fa comprendere ai suoi genitori quale sia il problema e quale sia stato il loro errore nei suoi confronti. Perché per quanto loro siano i suoi adulti di riferimento, sono indubbiamente dalla parte del torto.”

“Perché mi stai facendo questo discorso contorto?”

Keiji si voltò verso di lui e lo guardò dritto negli occhi. Sorrise, con l’unico intento di tirargli su il morale in quel frangente di possibilità di chiarimento. Quando ci si metteva, Koutarou sapeva essere anche più insistente e testardo di quel ragazzino che aveva voluto far sapere a tutti di essere stato considerato come una ruota di scorta rispetto a quella sorella che aveva avuto l’unico privilegio di essere nata qualche anno prima di lui.
Prese le mani tra le sue, facendo aderire armoniosamente le loro dita sproporzionate com’erano spesso abituati a fare nella loro calda intimità domestica.

“Perché mi devi dire cosa pensi veramente della proposta che mi è stata fatta. Se tu non vuoi che io vada a Londra, basta dirlo.”

“Io non voglio che tu vada fin lì... e per così tanto tempo! Ma... ma come mi hai detto tu stesso un po’ di tempo fa, non posso impedire alle stelle di brillare. Giusto?”

Il giovane editore spalancò i suoi grandi occhi verde smeraldo per lo stupore procurato dalla bellezza di quelle parole. Non era confutabile che fossero parole partorite dalla sua stessa mente, ma il fatto che Koutarou se le fosse ricordate a menadito, in un momento del genere e dando a loro la più giusta e profonda valenza, lo aveva colpito sino al punto di farlo commuovere. Si tolse frettolosamente gli occhiali per impedire alle lenti di appannarsi per l’umidità dovuta alle forti emozioni che si stavano bellamente prendendo gioco di lui in quella situazione tutt’altro che semplice da tenere sotto controllo.

“Koutarou, non puoi paragonare le due cose.”

“E invece sì. Sono sicuro che tu e Udai-san troverete nuova ispirazione per i prossimi capitoli del manga.”

Le lacrime di Keiji fecero largo alla più inaspettata delle reazioni: non aveva tenuto minimamente in considerazione il lavoro che aveva svolto fino a quel momento con Tenma. O meglio, ci aveva pensato e ne aveva anche discusso con il diretto interessato, ma... in fin dei conti, che ne sarebbe davvero stato della sinergia che si era creata tra loro negli ultimi mesi? Udai Sarebbe riuscito a continuare il suo brillante lavoro sotto l’ala protettrice di un nuovo editore dotato di un curriculum vita più ricco d’esperienze pregresse? Ci sperava e ci credeva tantissimo, per quanto si sentisse in colpa anche nei suoi riguardi.

“Udai-san non verrà con me.”

“Ah no?”

“No.”

“Come mai?”

Il viso del più giovane si rabbuiò di colpo all’idea di dover lasciare momentaneamente la ‘costruzione’ di un progetto tanto importante per cercare di sponsorizzarlo anche oltre il paese del Sol Levante. Certo, per quanto l’obiettivo comune fosse quello di aiutarlo nella diffusione dei suoi lavori, i ruoli sarebbero stati molto diversi. Ed il marketing non era mai stato il punto di forza per una persona introversa e poco loquace come lo era lui.

“La sua storia è ambientata interamente nel nostro paese. Non avrebbe alcun senso per lui cercare ispirazione in terra straniera, soprattutto in un paese in cui si vive prevalentemente di football.”

“Capisco...”

“Koutarou, come sei messo con l’inglese?”

My English is perfect like my boyfriend!”

Koutarou afferrò il viso del compagno da entrambi i lati e lo sorprese con un bacio a stampo che fece bisbigliare qualche passante. Infastidito a sua volta da quel brusio, invitò Keiji a seguirlo in un angolo del parco ben più appartato strattonandolo per un braccio. Quando si ritrovarono con l’unica compagnia di qualche albero secolare, la stella dei Black Jackals non perse tempo nel frugare sotto gli abiti leggeri dell’altro. Lo fece indietreggiare sino a far sì che la sua schiena potesse aderire perfettamente al tronco di una vecchia quercia. Lo baciò di nuovo, ma questa volta con maggior profondità ed ardore.
Keiji sentì il fiato venirgli meno, così come la forza portante delle sue ginocchia che si stava sgretolando sotto i colpi decisi della sua eccitazione crescente. Fece appena in tempo a cingere le proprie braccia intorno alle spalle del più possente, prima di perdere la poca staticità che ancora gli era rimasta. Bokuto si premurò di togliergli gli occhiali e di riporli nella tasca del suo soprabito color senape, prima di aprire la zip dei suoi jeans scuri e infilargli una mano nei boxer aderenti senza alcun preavviso. Akaashi gemette sommessamente più volte, prima di trovare l’unico modo plausibile per evitare di essere udito dai numerosi minorenni che passeggiavano a poche decine di metri da loro: mordere a più riprese la pelle tesa del collo del compagno.
Quella piacevole tortura andò oltre, sfociando in una fellatio che raggiunse il suo culmine in pochissimo tempo. Nel momento in cui venne, Keiji ricadde sul compagno già chinato e lo abbracciò in maniera tanto affettuosa da farlo quasi commuovere per la tanta generosità donata. Perché quando voleva, Koutarou sapeva andare anche oltre l’irruenza, dato che ogni sua azione aveva sempre una buona motivazione dietro la quale poter costruire il proprio senso d’esistere. Esattamente come gli istinti primordiali che scappavano dai propri nascondigli abituali per farsi largo tra la rabbia e l’insicurezza.

“Questa era la tua piccola vendetta personale?”

“Certo! Prima della tua partenza finisco di mangiarti per bene.”

“Cannibale!”

Oh, yes! I love you so much!”

Me too, idiot!”
 
***
 
Tenma guardava il telefono che, stranamente, quel giorno non emetteva segnali di ricerca nei suoi confronti come nel corso delle giornate precedenti. Certo, di sabato molti suoi colleghi erano perlopiù impegnati nelle loro faccende personali, ma Akaashi era solito scrivergli anche nel week-end, soprattutto quando si avvicinava l’ennesima scadenza a cui entrambi dovevano sottostare. Non erano mancate nemmeno le occasioni in cui erano arrivati ad usare programmi di videochiamate per condividere il lavoro prodotto e per poterlo modificare in tempo reale. Una sinergia con la quale entrambi avevano imparato a vivere e a sopravvivere, per quanto non ne avessero mai parlato troppo apertamente, se non sporadicamente nelle ultime settimane.
Quel pomeriggio era riuscito a realizzare solamente la cornice generale di una delle prime tavole del nuovo capitolo. Mancavano ben quattro giorni alla nuova scadenza, ma non aveva alcuna intenzione di ridursi all’ultimo momento come gli era spesso capitato in passato. Le sue intenzioni erano quelle di consegnare il tutto al suo editore almeno con qualche ora di vantaggio rispetto al termine, in modo da evitargli ulteriori grane con le tempistiche.
Ma in quel frangente l’ispirazione latitava totalmente; o sarebbe meglio specificare che la testa, assieme alla sua capacità di concentrazione, erano parcheggiate su tutt’altri lidi.

Lasciò la sua postazione creativa per andare a recuperare il telefono. Scrisse un messaggio su WhatsApp all’unica persona che avrebbe voluto al suo fianco in quell’istante e lo inviò senza neanche soffermarsi a rileggere. Eventuali errori di battitura sarebbero stati utili a sottolineare ulteriormente il momento di nervosismo percepito.
Di consuetudine le sue risposte giungevano nel giro di un paio di minuti al massimo, ma non fu quello il caso. Dopo oltre mezz’ora, le due spunte non erano ancora diventate blu.
Era con Bokuto, non aveva più alcun dubbio.

Bevve del succo d’arancia rossa per cercare di riacquistare le energie necessarie tramite le vitamine contenute in quel cartonato donatogli proprio dalla persona a cui stava dedicando ogni suo singolo pensiero. ‘Ti aiuterà a rimetterti in forze ed è ottimo per la memoria’, diceva.

D’accordo che ho qualche Natale in più rispetto di te, caro Akaashi-san... ma non ho cinquant’anni per gamba!
La risposta al suo messaggio arrivò verso l’ora di cena, quando oramai aveva perso ogni speranza. La tavola era rimasta perfettamente intonsa nel suo riquadro ancora vuoto e silenzioso. Era riuscito giusto ad abbozzare qualche sequenza figurativa per non ritrovarsi con le solite remore legate alla credibilità espressiva dei suoi personaggi.
Aprì la chat e vide l’emoji con le mani sul viso e l’espressione sconvolta. Un messaggio appena successivo recitava con una semplicità disarmante.

‘Posso fare qualcosa per aiutarti?’

Sì... non partire, ad esempio.
Ma non avrebbe mai avuto il coraggio di scriverglielo.
 
 
 
… Grant my last request
And just let me hold you
Don't shrug your shoulders
Lay down beside me
Sure I can accept that we're going nowhere
But one last time, let's go there
Lay down beside me...










 

 Angolo dell’autrice


Ringrazio in anticipo tutti coloro che avranno voglia di leggere e recensire questa mia mini-long! :)

Dopo le mie più o meno brevi parentesi SemiShira e IwaOi, torno alle ‘origini’ con i miei BokuAka. Questa sarà una mini-long di 3 (molto probabilmente 4) capitoli che vedrà come protagonisti i due ex pallavolisti della Fukurōdani catapultati nel loro contesto ‘futuro’, quello in cui ci ha portato Furudate con gli ultimi capitoli del manga. E così, Bokuto è un giocatore di punta dei Black Jackals, Akaashi è l’editore di una casa editrice che si occupa della pubblicazione settimanale di manga e Tenma Udai – il nostro meraviglioso ‘terzo incomodo’ – è il sensei di cui si occupa Akaashi. Non mancheranno brevi apparizioni degli altri giocatori dei Jackals che conosciamo, di Kenma, Kuroo e cenni alle rispettive famiglie (così come le avevo intese nella precedente raccolta dedicata alla BokuAka dal titolo ‘A mano a mano’). Spero che l’esperimento possa essere di vostro gradimento! :)

Capitolo 2 – Last request
Eccoci alla ‘resa dei conti’, se così la vogliamo chiamare. Un sabato pomeriggio finalmente libero per entrambi i nostri piccioncini che decidono di andare a divertirsi al parco divertimenti (ovviamente l’idea non poteva che essere di Bokuto). Tra zucchero filato e giri sulla ruota panoramica, Keiji decide di rivelare al suo compagno la proposta di lavoro che gli è appena stata propinata dal suo capoufficio. La reazione dell’ace dei Black Jackals non si fa attendere e, tralasciando un momento di sconforto iniziale, quest’ultimo si lascia andare a considerazioni ben più mature rispetto a quello che lo stesso Akaashi poteva prevedere e concludendo poi il tutto con quello sfogo ‘primordiale’ che non guasta mai.
Nella seconda parte abbiamo un Tenma sempre più angosciato dalla partenza del suo editore, tanto da non riuscire nemmeno a trovare l’ispirazione necessaria per poter proseguire con la realizzazione del capitolo del suo manga. Non può neanche fare a meno di farlo sapere a quello che per lui, oltre che un editore, è diventato oramai un ‘mentore’... e forse anche qualcosa di più.
Casotti in arrivo nel prossimo capitolo? Dico solo che al 99% non sarà quello conclusivo come avevo preventivato nelle precedenti note. C’è ancora troppo da dire su questi tre! Stay tuned! ;)

Il titolo generale della mini-long riprende quello della canzone degli Oasis ‘Don’t go Away’ .
Il titolo del primo capitolo riprende quello della canzone di Paolo Nutini ‘Last request’ (della quale riporto il ponte e il ritornello, rispettivamente all’inizio e alla fine del testo).
Il testo è scritto in terza persona e al tempo passato.

Grazie a tutti coloro che passeranno di qua! **

A presto,

Mahlerlucia

 
   
 
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