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Autore: Aliasor    02/04/2020    1 recensioni
"Questa la solita storia, eroe contro cattivo, giustizia contro ingiustizia, luce contro ombra... peccato che la vita vera faccia schifo"
Universo Parallelo della mia fanfiction "La farfalla senza occhi".
Endrick si trasferisce per via del suo tutore legale a Parigi, ormai sicura dopo la sconfitta di Le Papillon pochi anni prima.
I fiori fioriscono, i piccioni cinguettano, i kwami svolazzano in giro e i villain ricompaiono.
Certe cose non finiscono mai, semplicemente si evolvono.
Genere: Avventura, Azione, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Altri, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nuovo personaggio, Papillon
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Quando suo zio gli disse del trasferimento lo accettò, nulla di più, non era la prima volta che viaggiavano in qualche altro paese. Era un pezzo che non vedeva nemmeno la sua patria.
Solitamente lo facevano fare scuola a casa o con qualche figlio di diplomatici, una fidanzata una volta forse, ma nulla di più.
Così girava il mondo. Bastava farci l’abitudine.
Ma qualcosa, per una volta, fece cambiare idea al tutore legale. Accennò a come sarebbero rimasti almeno tre anni a Parigi e che non poteva farlo stare per sempre in casa, avrebbe dovuti integrarsi almeno un pochino.
Abbastanza che qualcuno si impegnasse a salvarlo se fosse caduto da una rampa di scale. Cosa abbastanza certa conoscendolo.
Aveva un po’ di paura nell’andare in una scuola pubblica, non era uno di quei figli di papà con la puzza sotto il naso, aveva solo... paura. Il suo aspetto era troppo inusuale per gli standard comuni, sembrava quasi uscito da un fumetto.
Eppure quei capelli bianchi erano sintomi di una malattia: la sindrome di Maria Antonietta. Si dice che la regina ebbe per prima tale sbiancamento quando fu ritrovata durante un tentativo di fuga in carrozza per evitare la gogna.
Il dottore accennò che era già tanto che non soffrisse di disturbo post-traumatico da stress dopo quello che aveva passato. Una giornata pessima quella, davvero pessima.
Appoggiò il bastone da passeggio sulle gambe, non era abituato a muoversi tanto. Aveva già il fiatone dopo pochi chilometri e solo tre rampe di scale.
<< Ce la fai, Endrick? Vuoi una mano?>> Chiese educatamente al docente in cima alla rampa.
<< No, ci riesco.>>
Riuscì ad arrivare in aula con le sue ultime forze, sperava che almeno gli avrebbero fatto saltare le lezioni di ginnastica. Aveva abbastanza giustificazioni per almeno un anno.
La classe era di ampie dimensioni, doveva starci un numero abbastanza ampio di studenti e, a giudicare dal vociare, doveva essere piena.
<< Ah sei arrivato! Avanti, entra!>> Lo chiamò la professoressa che, intanto, lo aveva anticipato di pochi metri.
Salì il gradino e si fermò accanto alla cattedra, posando la punta del bastone per terra. Fece un sorriso, doveva iniziare bene, era il suo primo giorno infondo.
<< Lui è un nuovo studente, si è trasferito oggi. La sua famiglia si è trasferita a Parigi per motivi di lavoro. Sono certa che lo tratterete bene, forza, presentati.>>
<< Sono Enrick Axelle.>> Disse aggiustando gli occhiali da sole che portava sui capelli dall’anormale colore bianco. Quando era in classe gli sembrava maleducazione portarli abbassati. << Piacere di conoscervi.>>
<< Perché porta quel bastone. Cioè, non ha nemmeno uno zaino, solo una borsa da palmare. Parliamo poi degli occhiali?>> Oh ottimo inizio, una lamentela. << Non dovrebbe portarsi dei libri?>>
Una ragazza dai capelli blu avrebbe voluto riprenderla, così come un biondino e la professoressa, anche per il fatto che lei stessa portava degli occhiali da sole in classe, ma furono anticipati dal nuovo arrivato.
<< Hai ragione, volevo portare un libro. È il mio preferito, si intitola: “Come insegnare a leggere un libro a un cieco in quindici comode lezioni”, ma poi ho scoperto che non era in braille. Che sfortuna, eh? Questo succede quando li compri senza leggere la descrizione.>>
Chiuse la bocca immediatamente.
Si dispiacque di aver dovuto rispondere in tal modo, non era nella sua natura essere maleducato con le donne. E dalla voce sembrava anche carina, almeno secondo i suoi standard personali. Le nozioni di bello cambiano quando non hai mai visto ciò che i comuni mortali definiscono tale.
<< Ti serve una mano per raggiungere il posto?>>
<< Basta che mi dica fila e se sono a destra o sinistra. Il resto non è un problema. Ho un bastone e un sonar interno!>> Esclamò soddisfatto, aveva poco di cui vantarsi, ma quel poco di decente valeva.
Salì la scalinata, un po’ scomodo per lui che fosse un’aula a livelli, più comodo per chi doveva seguire e leggere alla lavagna. Lui si limitava a registrare.
Con un po’ di impegno raggiunse il suo nuovo posto, solitamente gli studenti erano sempre pari quindi erano divisi in banchi da due, ma questa volta si doveva fare un’eccezione alla regola. l’unico senza compagno occupava abbondantemente entrambi i posti.
Sperava di non disturbare, i banchi erano larghi, ma esisteva da sempre il concetto di terzo incomodo. Poggiò bastone accanto al banco e porse la mano per presentarsi, sperando di non averla porta a un muro.
<< Piacere di conoscervi.>>
<< Enrick, giusto? Io sono Nino, lui è Adrien, piacere.>>
<< Salve.>> Si aggiunse il biondino di cui aveva accennato prima.
Le cose stavano migliorando, loro sembravano simpatici e differenza della tizia di prima.
Ottenne diverse informazioni su di lei, si chiamava Chloé Bourgeois, figlia dell’eterno sindaco di Parigi e proprietario dell’hotel più grande della città. Si confermava una figlia di papà che andava sempre in giro con la sua gregaria/lecchina Sabrina Raincomprix. Un classico, se ne trova una in ogni città.
Due se sei sfortunato in modo particolare.
Erano due tipi molto simpatici, erano anche molto gentili a non fare domande inopportune sulla sua vista come invece molti erano propensi a fare. Non era cattiveria, ma il discorso usciva spesso.
Quando fu il momento dell'uscita si alzò per ultimo, non voleva creare molti problemi.
<< Vuoi una mano?>>
<< No, ce la faccio. E poi dalla tua voce sento che sei di fretta, Adrien.>>
<< Eh? Come te ne sei accorto?>>
<< Non lo sanno in molti, ma la voce da molte informazioni. Si può stabilire età, sesso, peso altezza, stato psicologico e di salute. Ci vuole molto allenamento, ma ho avuto otto anni per farlo.>> Commentò con una risatina. Se non prendeva la situazione con ironia allora sarebbe finito male anni prima.
Con attenzione scese scalino dopo scalino sino ad arrivare al fondo. Una volta che avesse imparato a memoria la struttura, tutto sarebbe diventato più semplice.
Lo avete capito, le scale sono la sua nemesi. Il suo arcinemico.
Uscì dall’istituto con tutta la calma e alzò lo sguardo al cielo. Doveva essere davvero bello, almeno così gli dicevano. Era un pezzo che si era scordato quale fosse il suo aspetto.
Gli suonò il telefono all’improvviso facendolo sobbalzare, si era dimenticato di aver attivato la sveglia. Sentire a tutto volume la sigla di boss un videogioco avrebbe fatto trasalire chiunque.
Aveva un breve compito, una cosa di nemmeno dieci minuti.
Mise le cuffie e azionò il navigatore del telefono in modo da non perdersi. A dirla così sembra facile, un po’ meno quando le mappe non sono aggiornate e finisci per ritrovarti davanti a un muro di pietra molto solido.
E a sbatterci il naso.
<< Tu… sei Enrick, giusto? Tutto bene?>>
Si girò verso la voce. << Eh? Uh? Sì, mi sono solo perso. Cercavo la panetteria, ma tu sei…?>>
<< Ah, Marinette. Siamo in classe insieme, prima fila.>>
<< Ah sì, la ragazza di Adrien!>>
<< Chi cosa cosa dove quando perché?!>> Okay, era imbarazzata, non c’era bisogno di tutti i sensi per capirlo.
<< Beh, Nino ti ha definita così.>>
<< E… ecco! Non stanno proprio così le cose! La panetteria sì, la panetteria! Ti ci porto io! Ci abito! Abitò lì! Cioè, abito sopra la panetteria! La panetteria è mia. Cioè dei miei genitori!>>
Registrato, Adrien x Marinette è tabù, ma è lei è palesemente innamorata. Storia classica, finché non finiva alla “Romeo e Giulietta” non era un problema.
Quando arrivarono nel negozio sentì il suono del campanello alla porta, adorava quando qualcuno lo metteva. Era un bel suono.
Ricevette un benvenuto caloroso, due voci. Uomo, alto, abbastanza grosso che con un abbraccio poteva stendere una persona normale. Conosceva il tipo. Donna, bassa, accento orientale, Cina. Toni di entrambi gentili.
<< Oh Marinette, hai portato un amico?>>
<< Lui è un mio nuovo compagno di classe, cercava la panetteria e si era perso. È appena arrivato a Parigi da… non lo hai detto.>>
<< Al momento vengo dalla Corea del Sud, abito con mio zio che fa il diplomatico per il nostro paese natale, la Germania, e ci spostiamo spesso.>>
<< Diplomatico...>>
<< Noto un po’ di fastidio. Qualche problema?>> Domandò curioso. c’era qualche problema?
<< No, è che una nostra compagna di classe, Lila, ha la madre diplomatica e non è che siamo proprio amiche.>>
<< … Dimmi che non è Lila Rossi, ti prego.>> Domandò stringendosi la fronte tra pollice ed indice.
<< La conosci?>>
<< Purtroppo sì, ho una mancanza di pazienza per lei. Ammetto di averle fatto spesso lo sgambetto con il bastone e li ho fatti passare per un incidente.>>
Oh un’amicizia nata dall’odio per Lila Rossi. Allora era vero: dal letame nascono i fiori.
Passarono circa dieci minuti a raccontarsi tutte le infamate causate da quella ragazza, a quanto pareva era peggio persino di quella Chloé. Almeno quest'ultima aveva una morale per quanto incasinata e sapeva, più o meno, distinguere tra il bene e il male.
Alla fine comprò anche il pane che desiderava insieme ad alcuni biscotti. Erano di una forma strana, erano quelle di gattini, coccinelle, api, volpi e tartarughine. Ne aveva viste di forme inusitate durante i viaggi, ma mai così.
A quanto gli aveva spiegato erano in onore degli eroi di Parigi, capitanati da Ladybug e Chat Noir, che anni prima sconfissero Papillon e le sue vittime akumizzate e tutt’oggi difendevano la città dai pericoli minori e aiutavano vecchine con la spesa.
Erano piuttosto carini.
Ora si sarebbe dovuto dirigere verso casa, salutare lo zio appena tornato, mangiare qualcosa insieme, farsi una doccia, sedersi alla scrivania e studiare, ma fece qualcos’altro.
Aveva ottenuto l’indirizzo di una vecchia zona della città piena di vecchi capannoni industriali che ormai nessuno usava, erano lasciati a sé stessi e ormai il degrado e l’erba ne facevano da padroni infestando tutto.il suo contatto era un uomo molto sveglio.
Molto più di una persona normale.
Entrò dentro uno dei capannoni e col bastone scacciò gli oggetti più fastidiosi che aveva davanti.
<< Puoi uscire adesso. Siamo da soli.>>
In un lampo viola, una strana creaturina gli apparve davanti uscendo da sotto la sua giacca marrone chiara. Sembrava quasi una fatina seppur in versione superdeformed.
<< Buon… buongiorno, signore.>>
<< Ti ho già detto che non c’è bisogno che mi chiami “signore”.>> Si sedette su una cassa di ferro infilando le mani nella busta di carta che conteneva i prodotti da poco acquistati.
<< Ti piacciono i biscotti, no? Prendine quanti ne vuoi. Li ho presi per te.>>
Si avvicinò svolazzando e ne prese uno con le “zampette”.
<< Lei, signore… cioè…>> Aveva un po’ di paura, aveva ancora con un trauma del suo precedente possessore. << Perché vuole farlo? Non è una persona cattiva.>>
<< Lo sono invece. Molto più di quella Chloé o di Lila. Sono il più cattivo.>> Attese che finisse il biscotto, per fortuna non poteva guardare i suoi piccoli occhi, erano lucidi, come se volesse piangere. << Nooro, per favore, trasformami!>>
La creaturina ritornò da dove era venuta facendolo illuminare tutto il corpo del suo contraente.
La trasformazione con il Kwami stava avvenendo.
Il suo abbigliamento studentesco era scomparso, lasciando che il suo posto venisse preso da un completo violaceo e grigio, il retro della giacca cadeva lunga come se fossero le ali di una farfalla, sembrava quasi uno di quei vestiti tipici dei camerieri. Il volto venne coperto da una maschera che mostrava solo la bocca, gli occhi erano coperti da un motivo nero a farfalla, dopotutto non erano utili.
Con in mano il bastone si abbassò toccando una delle farfalle che vivevano lì selvagge. Le avvolse con un manto violaceo, ma luminoso.
Il suo contatto lo aveva istruito a puntino, sapeva cosa fare col suo nuovo potere. Si sentiva un personaggio stereotipato ed O.P.
<< Vola da lei, mia piccola Tenshi. E ottenebra il suo cuore!>>


 

Il primo capitolo è quasi uguale all'originale, ma ci sono alcune differenze. La prima è che Endrick non è nato cieco, ma lo è diventato otto anni prima. La seconda il suo parere su Chloé è un po' diverso.
Se volete lasciate pure una recensione, potrò rispondervi, ma per motivi di tempo non potrò rispondere a risposte alle mie rispote(che scioglilingua...)

   
 
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