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Autore: Doux_Ange    02/04/2020    1 recensioni
Viste le numerose incongruenze della dodicesima stagione (particolarmente negli ultimi tre episodi), insieme al disastroso finale, io e la mia partner in crime Martina abbiamo pensavo di sviluppare quella che, secondo noi, avrebbe potuto essere l'edizione numero dodici della celebre fiction.
Speriamo vi piaccia!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Anna Olivieri, Marco Nardi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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DON MATTEO 12 - 2.0
 
NON AVRAI ALTRO DIO ALL’INFUORI DI ME
 
 
Marco’s pov
 
È una bella giornata di metà marzo.
Dire che sono felice è poco. Tra poco più di una decina di giorni, finalmente, sposerò la mia Anna.
Il 22, per essere precisi, e io non vedo l’ora.
La nostra storia d’amore va avanti da più di due anni, ormai, e non avrei potuto immaginare di viverla in modo più perfetto di così.
E io l’adoro, Anna. Adoro i nostri giorni insieme, con lei che non ammetterà mai di trovare divertenti le mie battute, a cui però ride sempre, e la sua fissa per l’ordine sotto ogni aspetto.
È l’amore della mia vita. Proprio lei, che inizialmente consideravo esasperante, che mi stava antipatica - ma tanto, eh! - che, col tempo, ho capito essere intelligente, tosta, determinata, sensibile, emotiva, che ha una fiducia sconfinata negli altri, sempre onesta.
Una che, quando ama, ama fino in fondo, e io ho la fortuna di essere l’uomo che ha scelto di avere al suo fianco per il resto della vita.
Chi l’avrebbe mai detto che saremmo arrivati qui, quella mattina in cui il maresciallo, il nostro cupido pasticcione preferito, ci ha presentati... Poco importa, perché la nostra vita, da quel momento, è cambiata.
Ci siamo innamorati, e il nostro percorso in comune ha preso ufficialmente il via.
Ci eravamo ripromessi di cambiare insieme, ed è quello che stiamo facendo. Aveva ragione lei, quella volta... abbiamo intrapreso un viaggio che non sappiamo dove ci porterà, ma il nostro futuro lo sappiamo, da dove inizia: davanti all’altare, con Don Matteo a unirci in matrimonio.
 
A tal proposito, Anna, meticolosa com’è, vorrebbe tenere sotto controllo ogni dettaglio. È una maniaca della precisione, ormai la conosco bene, ed è anche testarda perché non vuole farsi aiutare. Io non mi sono dato per vinto, ovviamente, cercando in ogni modo di darle una mano e facendomi personalmente carico di parte del lavoro. Se non altro, vorrei placare la sua ansia e stemperare la tensione, anche adesso mentre stiamo cercando di incastrare i tavoli per la sala ricevimenti. Un punto su cui ci stiamo beccando in questo momento: zia Carmela. È una sua zia di settantacinque anni, l’ho conosciuta quando Anna mi ha presentato alla sua famiglia per una sorta di rimpatriata, e la simpatica vecchietta si era rivelata l’anima della festa. Inutile dire che io la adoro. Anna insiste per metterla al tavolo con altri parenti, ma io ho un’idea diversa.
 
“No, io, zia Carmela la metterei al tavolo delle cugine, perché è logorroica, racconta le barzellette, mettia-”
“No! Non mi toccare i segnaposti...” Mi stoppa immediatamente la mia futura moglie, prendendomi il bigliettino di mano. “Una donna di settantacinque anni non può stare al tavolo con un ventenne, perché-”
Intervengo di nuovo, cercando di calmarla. “Ma stai serena! È una festa, non è Risiko... Salve!” Saluto Don Matteo, che si è appena avvicinato a noi con un sorriso sul volto. Ringrazio mentalmente il parroco per il suo arrivo, altrimenti la discussione sarebbe continuata, e non è il momento di litigare.
“Allora, come va con la preparazione del matrimonio?”
Io non ho dubbi. “Benissimo!”
“Malissimo!”, è però la risposta di Anna, che mi lancia uno sguardo obliquo.
Io gliele rivolgo uno affettuoso di rimando, nel tentativo di rassicurarla.
“Ma sua madre e il maresciallo potrebbero darvi una mano!” Propone giustamente il parroco.
“Eh, certo, come no! Mia madre vuole che arrivi davanti alla chiesa con un cavallo bianco...!” Replica piccata Anna, in un tono eloquente che mi fa ridere. Ce l’ha a morte con lei per questa storia dei cavalli. Tra l’altro, è un punto di compromesso: Anna ha accettato di invitare zia Carmela a patto che sua madre limitasse le intrusioni nei preparativi. Non è che Anna odi la zia, eh... le dà fastidio il fatto che, pur avendo una nipote che fa il carabiniere, quella adori raccontare barzellette sull’Arma. Certo, Elisa è una persona splendida, per carità, ma lei e Anna non fanno che battibeccare da quando le ha detto che si sarebbe fermata a Spoleto per aiutarla con i preparativi.
L’unica cosa che trattiene la mia fidanzata dallo strozzare la madre (si fa per dire), è che presto arriverà Chiara, per aiutarla anche a gestire la sua invadenza.
Ma tornando a noi...
“A proposito, tua madre e il maresciallo che fine hanno fatto?”
Perché all’appello manca anche quel pazzo.
“Hai ragione! Vorrei saperlo anch’io...” Non fa in tempo a terminare la frase, che la mia futura suocera - oddio, quant’è strano dirlo - esce dal bar di Spartaco insieme a Cecchini. “Eccoli! Mamma, dov’eri?”
“Ero con il maresciallo...”
“Ci siamo presi una bibita...” Rispondono quasi in coro, dopo un cenno di saluto al parroco.
“Sì, ecco, perché noi volevamo dirti...” Inizia Elisa, ma Anna la blocca immediatamente.
“No, mamma, se si tratta del matrimonio non voglio paggetti, cavalli bianchi e carrozze!” Inveisce, alterata. Mi fa morire quando fa così.
“Anna, lascia stare...” Mormoro con tono dolce, accarezzandole la schiena nel tentativo di calmarla. Anna è per le cose semplici e sobrie, e tutta questa roba che sua madre vorrebbe preparare le dà fastidio. La capisco, in realtà. Tutto quello che vogliamo è un matrimonio intimo.
“No, no no no no! Noi volevamo dirti che-”
“Che non ci sono sorprese, e che faremo come dite voi!” Interviene Cecchini, che mi sembra un po’ agitato.
“Ma noi-” La signora è interrotta nuovamente dal cellulare di Anna che squilla. Una chiamata dalla caserma.
“Maresciallo, dobbiamo andare, c’è stata una rissa al mercato. Forse è meglio che venga anche Lei, Don Matteo...”
“Io?” Chiede lui, sconcertato. In effetti...
“Pare che sia coinvolta Natalina.”
Si avvia insieme al maresciallo e al prete verso il mercato, ma non prima di avermi lasciato un leggero bacio sulle labbra.
Adoro questi piccoli momenti tra noi.
 
Nel pomeriggio, io e Anna dobbiamo presentarci all’ultimo incontro per il corso prematrimoniale.
Sono a dir poco euforico: pensavo che non avrei mai più messo piede in una chiesa per sposarmi, dopo il matrimonio saltato con Federica. Anzi, a dirla tutta, pensavo che non avrei mai più amato nessuno e basta.
Ma poi nella mia vita è arrivata Anna, come un arcobaleno a colorare il cielo dopo un violento temporale, con tutto il suo mondo di insicurezze celate dietro un’apparente austerità. Ci siamo curati a vicenda, dopo la batosta terribile delle precedenti relazioni, fino a diventare essenziali l’uno per l’altra.
Mentre attendo che la mia fidanzata arrivi, parlo un po’ con Don Matteo davanti alla chiesa.
“Io e Anna siamo un po’ preoccupati per il maresciallo...” Gli spiego. “Sono passati due anni ormai da quando sua moglie... Vabbè... e lui ha sofferto tantissimo. Però nelle ultime settimane sembrava tornato lui, sereno, scherzava, rideva... Però negli ultimi giorni, Anna dice che lo rivede di nuovo nervoso, è inquieto... ha paura che possa ritornare di nuovo nel tunnel della depressione.”
Caterina Cecchini se n’è andata dopo una breve e dolorosa malattia, scoperta per caso durante un controllo di routine. Il maresciallo ne è uscito devastato: era già stata una mazzata la perdita del piccolo Cosimo poco tempo prima, e la mancanza improvvisa della sua adorata moglie, dopo quella della figlia maggiore anni prima, lo aveva lasciato distrutto.
Il genero Tommasi e la nipote Lia erano venuti a trovarlo, ma avevano naturalmente la propria vita a Roma, e per forza di cose erano dovuti rientrare presto. Da quel momento, eravamo stati io ed Anna a occuparci di lui, per quanto possibile. Dopo avergli dato il tempo di elaborare il lutto, una volta passato il primo periodo, avevamo cercato anche di non lasciarlo mai veramente solo. Lo tenevamo impegnato, un po’ col lavoro, ma anche organizzando domeniche in famiglia, con Elisa e Chiara, e Assuntina quando riusciva a rientrare da Parigi, dove studia. Ce lo siamo portati in giro per l’Umbria, e a volte lo convincevamo ad andare in gita con la madre di Anna e le sue amiche. Era stata una buona intuizione, perché ne era nata una bella amicizia, tra loro.
Io, onestamente, non ho visto Cecchini così strano, anche perché proprio pochi giorni fa ricorreva l’anniversario di morte di Caterina, e la sua inquietudine probabilmente è dovuta a questo. C’è anche da dire che Anna è sempre stata più brava di me a leggere le persone, e con il maresciallo, in questi due anni, ha stretto un legame che è davvero quello tra un padre e una figlia. Anche per questo, Cecchini le aveva promesso che sarebbe stato lui ad accompagnarla all’altare.
“È bello...” Commenta Don Matteo, sottovoce.
“Cosa, che ritorni nel tunnel della depressione? Sto scherzando, ovviamente...”
Don Matteo fa una piccola risata. “È bello che vi preoccupiate del maresciallo, lei ed Anna.”  
La sua osservazione mi fa sorridere. La verità è che non potremmo non preoccuparci. Quel pazzo, con il suo messaggio alla radio, aveva fatto sì che la nostra storia d’amore avesse davvero inizio, dopo i suoi mille tentativi di farci ammettere i nostri sentimenti reciproci. E sappiamo che per noi c’è, e ci sarà sempre. Anche troppo, per certi versi, ma stargli vicino è il minimo che possiamo fare.
In questo momento, però, la mia mente ha un altro pensiero.
“Io non capisco perché Anna non arrivi...”
Sarebbe dovuta arrivare più di quindici minuti fa, e lei non è mai in ritardo.
Chissà che fine ha fatto.
 
Anna’s pov
 
Sono uscita poco fa dalla caserma diretta in chiesa, per il corso prematrimoniale con Marco.
Ero già in ritardo di mio per un contrattempo in ufficio, ci mancava solo questa chiamata.
“Maggiore La Gumina, come sta?”
“Bene! Allora, ha valutato la mia offerta di lavoro? Che mi dice?”
Sono davanti al Tric Trac, a una delle telefonate più difficili della mia vita.
Mi è stato offerto un posto come caposcorta presso un’ambasciata, poco dopo l’Epifania.
Bella notizia, direte voi, visto che si tratta di un’occasione più unica che rara.
Certo, se non fosse che l’incarico è all’ambasciata di Islamabad, in Pakistan.
“Eh... è una scelta molto importante.”
“Caposcorta all’ambasciata di Islamabad non è una cosa che capita tutti i giorni, è un incarico che potrebbe aprirle grandi possibilità di carriera, signorina.” Mi spiega il Maggiore.
È vero, soprattutto per una donna in un ambiente maschilista come quello dell’Arma, ma solo se accetto. E lui non capisce.
“... Senta, Islamabad è a seimila chilometri da qui, e io mi starei per sposare...” Gli dico, un sorriso che si fa strada da solo sulle mie labbra.
“Il suo futuro marito che dice?”
“... Che non lo sa. Non lo sa, ancora...”
Ed è questa la parte più difficile. Marco non è a conoscenza del fatto. Non ho avuto il coraggio di parlarne con lui. Perché ho il timore che possa tentare di dissuadermi, soprattutto a così pochi giorni dal nostro matrimonio.
“Non potrebbe trasferirsi con Lei?”
“Senta, sarebbe un po’ complicato...”
E io la sto complicando ancora di più, soprattutto perché in questi anni insieme, non ho mai mentito né nascosto alcunché a Marco, e ora invece lo sto facendo su un argomento così importante e delicato come questo.
“Capisco... ma mi serve una risposta. La richiamo stasera.”
Chiude prima che io riesca ad aggiungere altro dandomi un ultimatum, e francamente non avrei saputo cosa dire.
Ci mancava solo questa, come se non fossi già in ansia di mio.
Ho lavorato al matrimonio mio e di Marco per mesi, studiato ogni singolo dettaglio, compresi quelli del corpetto del mio abito da sposa, che finalmente tra pochi giorni indosserò per coronare una storia d’amore iniziata tra i battibecchi più assurdi e con un cupido d’eccezione - Cecchini - e ora rischia di saltare tutto.
Perché se la mia testa una decisione l’avrebbe già presa, il mio cuore non è affatto convinto.
Perché un uomo come Marco non lo si trova tutti i giorni, e io non sono certa di volerlo perdere, perché questo succederebbe se io accettassi il lavoro.
Sto cercando di riordinare i pensieri per recarmi finalmente al corso, in ritardissimo, quando noto mia madre, seduta a uno dei tavolini del bar, intenta a parlare al cellulare. Quello che sento mi lascia sconvolta. Mia... mia madre si vede con un uomo! E... si fa chiamare... biscottino?!
“Ma chi è sto pervertito?” Mormoro tra me, sconcertata. Sono a un passo dall’intervenire, quando i miei propositi vengono interrotti da una voce che adoro.
“Buongiorno all’amore mio!”
Il mio fidanzato sta scendendo le scale dietro di me, per venirmi incontro. Io non riesco a mettere insieme due sillabe, dopo la telefonata di mia madre.
“Marco, Mar-”
“Vieni qua...” Mi interrompe però lui, stringendomi tra le sue braccia per avvicinarmi a sé e baciarmi.
In qualsiasi altro momento mi sarei goduta il suo bacio, ma ho bisogno di dirgli di mia madre. Marco ha evidentemente idee diverse però, perché mi prende per mano con un’espressione divertita in volto.
“Volevo dirti una cosa... ho incontrato il tuo fidanzato, Marco Nardi, non so se lo conosci, che ti stava aspettando, mi ha detto di dirti, al corso fidanzati... da un po’!” Mi informa, con un sorrisetto. Una delle sue battute stupidissime che non dovrebbero far ridere, ma io non mi riesco a trattenere lo stesso.
“Stavo arrivando... stavo arrivando, stavo arrivando, stavo arrivando...” Tento di dirgli, quasi in panico, ma Marco mi rivolge un altro sorriso che mi scioglie, abbracciandomi. Mi sento meglio, così vicina a lui.
“Basta con quest’ansia per preparare il matrimonio, va bene?”
“Okay...”
“Anna... Ci sono io, non mi costa niente, mi diverto,” mi dice, ed è la verità: si è preso carico di tutto, per non mettermi ulteriore pressione. Mi rassicura ancora come solo lui sa fare, col suo tono premuroso che solo al sentirlo il mio cuore fa una doppia capriola. “Tu devi imparare solo una frase: ‘Sì, lo voglio!’. Se lo vuoi, ovviamente, se no...” Io ridacchio alla sua battuta, anche se non devo averlo convinto, perché mi chiede cos’abbia. Svio sul bimbo rapito, che è una mezza verità, prima di seguirlo al corso prematrimoniale.
La mia attenzione è solo parziale.
Penso alla scena di poco fa, sulle scalinate, e mi viene da sorridere.
Quanto mi davano fastidio, le battutine di Marco, all’inizio... adesso non potrei farne a meno. Non riesco a immaginare un giorno senza sentirle.
Sbatto le palpebre davanti a questa considerazione, e le mie apparenti certezze in merito all’incarico vacillano.
Marco è la cosa più bella che mi sia capitata finora, e non potrei desiderare nessun altro di più perfetto al mio fianco. Siamo diversi, vero, ma complementari. Non riesco a immaginarmi davvero lontana da lui. Eppure prima pensavo di essere convinta...
Perché è così difficile?
Marco, evidentemente, si accorge della mia distrazione e mi prende con delicatezza una mano, intrecciando le nostre dita.
Io non so che fare.
 
In serata, dopo il mio rientro in caserma, Zappavigna mi informa dell’arrivo del mio abito da sposa, che mi consegna e che porto nel mio ufficio. L’ho fatto recapitare qui perché non volevo correre il rischio che Marco sbirciasse.
Lo sposo non deve assolutamente vedere l’abito della sposa prima del matrimonio, a certe tradizioni ci tengo anch’io. Lo appoggio sul divanetto nell’angolo, con il cuore come un macigno.
Il matrimonio, la notizia da dare a Marco, e ora si aggiunge pure l’ipotesi orribile che il ‘biscottino’ di mia madre sia Ghisoni, visto la frase che gli ho sentito pronunciare per telefono giusto qualche istante fa... perché tutto in una volta?
Dovrebbe essere il momento più bello della mia vita. Sto per sposare il mio amore, l’abito bianco è finalmente arrivato, e la vita con l’uomo che amo è lì davanti che mi aspetta.
Eppure, in un angolo della mia mente, sento risuonare le parole di mia madre di qualche anno fa. Sul fatto che, per una che fa il carabiniere, sarebbe stato impossibile conciliare amore e lavoro.
E se penso che ha ragione, di nuovo, sento montare una rabbia che fatico a tenere a bada.
In questo momento, però, scelgo di dedicarmi a Ghisoni, e l’unico con cui posso parlarne nell’immediato è Cecchini. Mi deve aiutare lui.
 
Marco’s pov
 
Ho quasi finito di riporre le ultime cose negli scatoloni per portarle a casa di Anna.
Cioè, a casa nostra.
Ho venduto la villetta.
Sì, lo so, penserete che siamo pazzi - in procinto di sposarci, con a disposizione una casa più spaziosa che aveva perfino una camera per i bambini - ma una spiegazione c’è.
E ha pure un nome e un cognome: Nino Cecchini.
Non vogliamo lasciarlo solo, non ancora, quindi abbiamo deciso che, per il momento, ci faremo bastare l’appartamento di fronte al suo come nostro nido d’amore.
Sto giusto chiudendo una scatola quando Anna mi chiama.
Dovevamo vederci per portare tutto a casa, ma Don Matteo a quanto pare ha trovato il bambino rapito e quindi mi tocca andare in caserma.
Per fortuna il piccolo sta bene e la questione si è risolta senza incidenti, nonostante il finto rapimento messo in piedi che stiamo cercando di analizzare. Quando usciamo dalla caserma pronti per tornare a casa, però, Anna è sul piede di guerra.
“Dica a Ghisoni di stilare il rapporto, lo voglio entro domani mattina!” Dice inviperita a Cecchini. “E se necessario, ci lavori tutta la notte, è chiaro? Vada!”
“Comandi!” Fa quello, tornando su.
Io la osservo sconcertato. “Ma che t’ha fatto Ghisoni?” Provo a chiederle, ma lei solleva una mano per intimarmi di non fare domande, iniziando a camminare verso la sua macchina. Io non desisto, seguendola. “Cosa t’ha fatto? Oh!”
Prima di tornare al suo appartamento, dove ormai viviamo insieme già da qualche tempo, passiamo dalla mia vecchia casa per prendere le ultime cose che restano, e poi dal supermercato per un po’ di spesa. Io non demordo, continuando a domandarle perché ce l’avesse tanto col suo sottoposto. Non è da lei, fare così. Un po’ mi preoccupa.
 
Quando finalmente arriviamo a casa, lei si arrende. “Ghisoni ci ha provato con mia madre, va bene? Basta, fine della storia!” Esclama in tono irritato, entrando e portandosi dietro il nostro cane. “Vieni qua, Patatino, stai qua...”
“Che?!” Rispondo, trattenendo a stento una risata, quasi senza parole. La seguo dentro, tentando di stemperare il suo nervosismo col miglior metodo di cui dispongo: la comicità. “Mi son visto l’immagine di Ghisoni che bacia tua mamma... bellissima! Ma sai che bello un matrimonio a quattro, io, te, tua mamma e Ghisoni...!”
Lei posa le buste sul tavolo, dandomi un colpo sul braccio per bloccarmi, mentre io me la rido prendendola in giro. “Marco, Marco smettila!!” Fa, con espressione schifata, seppur divertita. Tira fuori alcune cose dalle buste, prima di rivolgersi a me. “Quello?”
“Che?” Chiedo, senza capire. Lei indica un oggetto ai miei piedi.
“Quello è il pouf... lo buttiamo, perché qui...” Mi intima in tono eloquente.
Mi viene da ridere, perché dice sempre che lo detesta per via di quella sera, ma in realtà, in seguito a noi è tornato parecchio utile in certe... situazioni.
“Tu non hai capito... io mi sono innamorato di te per questo, piuttosto leviamo la lavatrice, dai...” Rispondo io, davanti alla sua espressione da non-ci-provare-nemmeno. Decido di punzecchiarla ancora un po’. “Poi, secondo me, quando vengono tua mamma e Ghisoni, possono baciarsi sopra perché è ergonomico, e-...”
Lei torna a ‘picchiarmi’. “Marco, bastaaaaa!” Esclama, non riuscendo però a trattenere una risata. Quanto la amo, quando fa così. E quant’è bella quando ride... Adoro quando battibecchiamo così per poi far pace. Soprattutto far pace. Non vedo l’ora che diventi davvero quotidianità, tutto questo.
“Quando ti arrabbi così è bello, eh!” Le dico io, con un sorriso felice che lei ricambia.
Quanto la amo.
“Vado a prendere gli ultimi scatoloni... io vado a prenderli.” Sottolinea, in tono che non ammette repliche, da donna forte e indipendente qual è. In questo non è cambiata, deve sempre dimostrarmi che ce la può fare da sola. Ma in fondo la amo anche per questo.
Però io avevo altre idee, non volevo interrompere il nostro momento...
“Adesso vai giù?” Le chiedo, quasi in tono di supplica, cercando di trattenerla per il polso.
Lei abbassa lo sguardo, un lieve rossore sulle guance accompagnato da un sorriso timido che mi fa capire che l’intenzione è comune. “Torno subito... torno subito!” Mi rassicura, in un tono sommesso che mi fa fremere.
Ma siccome io sono sempre il solito, rincaro la dose.
“Comunque tua mamma e Ghisoni secondo me sono bene assortiti...”
“Marco!!!” Strilla lei dalla porta. Immagino la sua espressione esasperata, e rido tra me.
“Scusami, io do un’opinione!”
 
Mentre lei è ancora intenta a fare avanti e indietro, il suo cellulare squilla. Noto che la chiamata arriva dal Comando Generale, quindi sarà importante, e quando provo a chiamarla senza successo, decido di rispondere.
“Pronto? No, non sono Anna... può dire a me perché sono suo marito... cioè, futuro marito...” spiego, compiaciuto, al Maggiore all’altro capo del telefono. Quello che però lui mi dice mi raggela. “Come, scusi?”
 
Cercando di mantenere la calma il più possibile, attendo che Anna rientri.
 
Lei si accorge subito che qualcosa non va.
“Cos’è ‘sta storia del lavoro in Pakistan?”
La sua esitazione non mi piace.
Tento di spiegarmi meglio. “Scusami... ho risposto al telefono... io non lo faccio, ma ho visto che era il Comando Generale, ho pensato fosse importante...”
“No, no, sì... Eh... te ne volevo parlare...” Questa conversazione sta iniziando male. Anna non è una che si fa problemi, a dire le cose. La sua incertezza mi mette in subbuglio.
“Praticamente il Comando Generale mi ha offerto un incarico all’ambasciata di Islamabad e... è un lavoro molto importante... Ecco, l’unica cosa è che...”
“Che c’è?”
“Dovremmo rimandare il matrimonio...” La sento appena, per quanto parla piano.
“Rimandare... in che senso, scusami?”
“Ipoteticamente, rimandare...”
“Ipoteticamente cosa significa?”
“Significa che dura tre anni!” Esclama infine.
Una coltellata avrebbe fatto meno male.
Se lei non è cambiata nel suo dover sempre mostrarsi forte, io non ho imparato a gestire meglio la rabbia. Esplodo in una volta.
“Ma tu quant’è che sai ‘sta cosa, scusami?!”
“Due-...”
“Due, cosa? Due giorni? Settimane? Facciamo un indovinello? Quanto?!”
“Mesi! Lo so da due mesi!”
“Due mesi! Ma cosa aspettavi a dirmelo, scusami? Mi mandavi una cartolina, ormai, quand’eri direttamente a Islamabad?! Tanto mica devi parlare con me, sono solo il tuo futuro marito, che te ne frega... sono solo dei dettagli questi, no?” Il fatto che lei non riesca a rispondermi mi manda completamente in bestia. Mi sento tradito. Pugnalato alle spalle.
Non ci riesco, a restare qua un attimo di più. “Se per te è più importante questo lavoro, come mi sembra, allora rimandiamolo, il matrimonio, non c’è problema...”
“Ti prego, ne possiamo un attimo parlare?”
“Ah, adesso ne vuoi parlare, t’è venuta voglia! Allora non lo rimandiamo di quattro anni, ce l’ho io la data: a mai più.” Esco fuori di casa come una furia, sbattendo la porta, mentre sento lei che mi chiama, ma non è la sua voce a fermarmi.
 
“Dove va??”
Sua madre.
“Eh, me ne vado, esco...” Mi limito a dire, con scarsi risultati.
“Resti, resti... volevamo comunicarle qualcosa... ecco, io e il maresciallo...”
Qualsiasi cosa sia, la mia è più importante.
“Vi comunico io una cosa, signora: il matrimonio è rimandato a data da destinarsi perché la signorina se ne va in Pakistan!” Urlo, la voce che trema, prima di fiondarmi giù per le scale.
Rientro tardi su richiesta di Cecchini, che mi ospita da lui.
 
Anna’s pov
 
Marco non è rientrato a casa, dopo la sfuriata di ieri, appoggiandosi da Cecchini.
Non me la sento di biasimarlo. Non mi ha dato il tempo di spiegarmi, ma lo capisco. Ho avuto due mesi per dirglielo, e l’ha dovuto scoprire così.
Dopotutto, è una decisione che non cambia solo la mia, di vita, ma quella di entrambi.
Mi rendo conto che non è stata una grande idea, tenerglielo nascosto. È il mio futuro marito, ne avremmo dovuto parlare.
Spero che abbia sbollito la rabbia abbastanza da poter affrontare il discorso, oggi.
 
Evidentemente però non è così perché in caserma, quando interroghiamo il cardiochirurgo che afferma di essere innocente perché ama sua moglie, Marco risponde in tono tagliente. “Ah, sì, la ama così tanto che non vi siete nemmeno confrontati su una questione così importante come l’operazione di suo figlio. Bello... strano modo di amare.” Dice, rivolgendomi uno sguardo di ghiaccio. E fa male, malissimo, perché non è la prima volta che gli sento pronunciare una frase del genere. È già capitato una volta, con quella ragazzina che non aveva avuto il coraggio di confessare al suo compagno i suoi sentimenti, e lui aveva appena iniziato a uscire con Chiara.
Io però sono una testona. Va bene, Marco ha avuto ragione ad arrabbiarsi, però potrebbe anche cercare di capire il mio punto di vista, e non mi ha lasciato il tempo di spiegargli nulla. Quella di Islamabad è un’occasione più unica che rara. Essere scelta tra tremila persone non è cosa da poco. Se solo mi facesse parlare, sono sicura che potremmo trovare una soluzione, insieme, come abbiamo sempre fatto.
Finito l’interrogatorio, Cecchini cerca di correre in mio soccorso.
“Ehhh, scusate, devo sistemare delle cose, vi lascio soli...”
Marco però ha altre idee. “Maresciallo, vengo con Lei, aspetti un attimo... Tenetemi aggiornato, va bene?” Dice, senza nemmeno guardarmi, andando via.
 
Cecchini, più tardi, cerca di farmi ragionare, seduto davanti alla scrivania nel suo ufficio.
“Signor Capitano, lei ormai mi conosce, sa che non sono il tipo che mi metto a farmi gli affari degli altri, però ho visto il PM veramente arrabbiato... Ma dove se ne va? Ma perché, non le piace stare qua?” Mi chiede, in tono sconsolato.
“Ma certo che mi piace! Non è questo,” provo a spiegargli. “Il problema è un altro... lo sa tra quante persone mi hanno scelta? Tremila! Hanno scelto me! È un’occasione che capita una volta sola nella vita.”
“Eh, ma lei lo sa quante persone vorrebbero essere al suo posto, qua a fare il capitano nella caserma di Spoleto? Tre miliardi di persone, come minimo! E dove se ne va, nel Pakistan? Che ogni sera al telegiornale... ci sono le guerre mondiali...”
Lo interrompo. “Comunque è una questione tra me e Marco, la risolveremo, è solo un litigio prematrimoniale...”
Cerco di auto-convincermi di questa cosa. Il maresciallo la vede sicuramente come Marco, e come mia madre. Figuriamoci, mia madre ha passato tutta la sera a cercare di farmi cambiare idea. Secondo lei, dovrei pensare a sposarmi, avere figli, e della carriera chi se ne frega.
Ho fatto una vita di sacrifici per arrivare a questo. E ora dovrei rinunciare? Mai!
Però... se avessero ragione?
Forse, se Marco mi lasciasse almeno spiegare, capirebbe.
Anche perché, non voglio rinunciare nemmeno a lui. Soprattutto a lui.
Devo solo aspettare che si calmi.
 
Marco’s pov
 
Rientrando dal maresciallo, vengo a sapere della storia tra lui e la madre di Anna.
Fantastico. A quanto pare tenere i segreti è un vizio di famiglia. Anche se sono felice per entrambi, si meritano un po’ di serenità. Però dimostrare la mia approvazione in questo momento non mi riesco troppo bene, e mentre cercano ancora di spiegarmi il retroscena di questo loro ‘segreto’, a interrompere il tutto arriva Anna, che bussa nonostante la porta sia ancora aperta. Cecchini ed Elisa vanno via con una (pessima) scusa, lasciandoci soli.
“Possiamo parlarne?” Mi chiede infine lei, avvicinandosi con fare incerto.
“Sì, sì sì sì... sarebbe stato meglio parlarne prima, forse, quando t’è arrivato il lavoro, però...”
Non sono più arrabbiato, per lo meno non adesso.
E ci ho pensato anche io, alla questione.
“Mi dispiace... ho sbagliato, mi dispiace.” Mi dice Anna, con voce piccola, ma io non riesco ad alzare lo sguardo su di lei, nemmeno quando mi prende per mano. “Ti prego...” Prova a baciarmi, ma per la prima volta nella mia vita glielo impedisco, per quanto sia doloroso.
“Il problema vero è che tu non volevi discutere con me di quel lavoro, perché appena te l’hanno offerto, il tuo corpo e il tuo cuore avevano già deciso... Il tuo problema vero era solo ‘E adesso come glielo dico, a Marco?’”
Lei abbassa lo sguardo che nel frattempo si è fatto lucido. Lo so, che per lei è una grandissima opportunità, e potremmo anche trovare un compromesso, ma... la verità è che mi sento tradito, perché lei non ha ritenuto importante condividere una questione così seria con me. Amo Anna e il suo modo di essere, ma per una volta avrei voluto che lei non avesse deciso di affrontare tutto da sola. E non avrei voluto nemmeno che il nostro viaggio ci portasse qui, a discutere del nostro futuro a casa Cecchini. Ma ho bisogno di sentirglielo dire, anche se lo so già. “Se mi sbaglio, ti prego, dimmelo adesso...” La imploro. Non ce la faccio nemmeno a tenere la voce ferma. “Se non è così, io ti chiedo scusa e torna tutto come prima... Dimmi, è così?” Lei abbassa di nuovo lo sguardo. “È così?”
“Sì, è così.” Ammette infine, con un filo di voce che mi devasta.
“È così...” Trattengo a stento le lacrime. “Noi, quando ci siamo fidanzati, ci siamo detti che saremmo cambiati insieme, ed è stata la cosa più bella che mi potesse capitare, una figata...” Dico, senza riuscire a celare come mi senta. “Però, evidentemente, anche se fa un male... ci sono delle cose in cui tu vuoi cambiare da sola...”
“No, non-”
“E sono un ostacolo, io, in questo...”
“No, non sei un ostacolo, non è vero...” Cerca di ribattere lei, con il mio stesso tono, ma io so bene che non è così. Anche se ammetterlo mi sta distruggendo. Ma l’unica cosa che voglio, da quando la conosco, è renderla felice. Anche adesso.
“C’è un modo più carino senz’altro di dirlo... Anna, non ci siam mai detti delle balle, non iniziamo ora, va bene? E quindi è giusto che l’ostacolo se ne vada... e... per me va bene così.”
La lascio così, senza riuscire a dire altro.
Non sono mai stato tanto disperato, e combatto contro la voglia di tornare indietro, mandare all’aria tutto e stringerla e implorarla di non andare via. Di non lasciarmi.
Ma non posso. Non posso. È un’occasione unica per lei, e io non voglio impedirle di vivere la sua vita, dopo i sacrifici che ha fatto. E se è quel lavoro che vuole, io sono disposto a farmi da parte.
A lasciarla andare, piuttosto che averla accanto infelice.
 
“Che succede?” Mi blocca nuovamente sui miei passi sua madre, in compagnia di Cecchini. So che stavano cercando di spiare.
E mi trovo a dover dire quello che mai avrei voluto.
“Potete disdire il ristorante, la chiesa, anche il cavallo bianco, signora... Il matrimonio non è rimandato, non si fa proprio più.”
Vado via, perché restare è insopportabile, anche se so di aver fatto la cosa giusta. O almeno, cerco di convincermi che sia così.
 
La via più facile per smettere di pensare è sempre l’alcol. Così mi ritrovo seduto a un bar, a buttare giù un drink dopo l’altro, fino a quando la mia mente è troppo annebbiata per capire, e non so nemmeno più quello che dico, così mi metto a raccontare al barman le mie pene.
“Bello perché la prima fidanzata mi ha tradito, ma col mio migliore amico, un po’ scontato, capito? La seconda è stata più originale perché mi ha fatto cornuto, ma col suo lavoro, capito? Grande Anna! Mi è piaciuto proprio! Io devo controllare su Internet, ma credo di avere il record mondiale degli abbandoni sull’altare!” biascico, un garbuglio di sentimenti che mi scuotono.
“Giornataccia?” Mi giro come posso, e vedo una donna appoggiata al bancone accanto a me.
Che razza di domanda... “Tipo la più brutta della mia vita... però... noi festeggiamo, eh... Puoi dare un drink anche alla mia amica? ... no, scusami, stop, forse non bevi...” Farfuglio.
“No, bevo!”
“Ah! Allora okay, va bene!”
Non so nemmeno quello che succede dopo, non lo capisco. Mi rendo a mala pena conto, fino a un certo punto, che lei mi lascia sfogare. Poi diventa tutto molto sfocato. Non so nemmeno come ci sono arrivato, all’interno di questa villa. L’unica cosa vagamente chiara è il viso di quella donna che si fa tanto, troppo vicino, e poi il buio.
 
Quando mi sveglio, la mattina, sono convinto di aver fatto un sogno orribile. Di Anna che diceva di aver ricevuto un incarico a migliaia di chilometri da qui, e ci lasciavamo.
Ma sono certo che non è vero. Che non appena aprirò gli occhi, la mia Anna sarà addormentata al mio fianco, perché nulla sarà stato se non un incubo, e la potrò svegliare come faccio sempre tutte le mattine, con qualche lieve bacio, accarezzarla, e magari, poi...
Mi alzo di scatto.
Non sono a casa con Anna. Non è il nostro letto, questo, né il nostro appartamento, e quella che dorme accanto a me non è lei...
Mi rendo conto di aver fatto la cazzata più grande della mia vita.
Non aspetto nemmeno che la donna si svegli. Mi rivesto e corro via, nel panico più totale.
 
Anna’s pov
 
Stanotte Marco non è rientrato nemmeno da Cecchini, stando a quello che ha detto lui. Chissà dove ha passato la notte... Io non ho chiuso occhio.
Accanto a me, appeso all’attaccapanni dell’ufficio, il mio abito da sposa nella sua custodia.
Mi viene da piangere come non ho mai fatto in vita mia. Anzi sì, ieri sera. E stanotte.
Sento la testa esplodere, il cuore dilaniato nel realizzare che davvero quell’abito bianco non lo indosserò mai.
Marco è più testardo di me, per certe cose, e so che non tornerà sui suoi passi. Si sente un ostacolo e niente che io possa dirgli potrebbe fargli cambiare idea. Ma non lo è, non lo è! Come potrebbe? Io lo amo, non potrebbe mai essere un ostacolo, per me...
E se avessi mai avuto dubbi su quanto Marco sostenga la mia carriera e creda in me, credo che questa sia stata la prova definitiva: mi ha lasciata libera di scegliere la divisa all’amore.
Proprio per questo vorrei solo addormentarmi e risvegliarmi indietro di due mesi, dirgli tutto subito...
Avremmo potuto affrontare la questione diversamente, e soprattutto insieme. Sono stata egoista, siamo cambiati e cresciuti uno al fianco dell’altra in questi anni. Abbiamo progettato il nostro futuro insieme senza dargli una precisa collocazione geografica, perché la cosa importante era stare insieme, al resto avremmo ovviato. Restando sempre uniti.
Sì, io quel lavoro lo volevo, e lo vorrei ancora accettare, ma non voglio rinunciare a Marco.
Più ci penso, più ho dubbi.
Ho sempre pensato di essere convinta, ma allora perché fa così tanto male anche la sola idea di non vederlo per poco tempo? Già in queste due notti senza di lui, la casa sembrava così vuota, il letto così freddo...
Mi sono a malapena accorta delle lacrime che hanno ripreso a scendere, quanto i miei pensieri vengono bruscamente interrotti da Cecchini, che spalanca la porta del mio ufficio con un’espressione terrorizzata in volto.
“Signor Capitano, hanno sparato a Don Matteo!”
 
Ci precipitiamo in ospedale, dove per fortuna scopriamo che il crocifisso che il sacerdote portava sotto i paramenti ha fermato il proiettile, salvandogli la vita.
Al rientro in caserma, notiamo Marco seduto a uno dei tavolini del bar. Si tiene la testa fra le mani. Io sento una fitta al cuore.
“Senta... ma perché non gli va a parlare?” Mi propone Cecchini, esitante.
“Abbiamo una donna in coma e un prete ferito da un’arma da fuoco. Pensiamo al lavoro, va bene?” Gli chiedo però, quasi in tono di supplica, le lacrime che tornano a minacciare di scendere. Non voglio pensarci in questo momento.
Non voglio pensarci.
 
Marco’s pov
 
Noto Anna e il maresciallo giungere all’ingresso della caserma, e scendere dall’auto.
Stanno chiaramente parlando di me, visto che si voltano dalla mia parte.
E ora che faccio?
Ieri sera mi sono ubriacato, ho fatto una cazzata terribile, e anche se Anna mi ha ferito nascondendomi dell’incarico, e consapevole del fatto che a questo punto partirà a breve, io la amo, e non voglio lasciarla andare via senza che sappia.
Perché la conosco: prima di andarsene, vorrà di sicuro tentare di risolvere le cose e io, nonostante ciò che ho detto, non sarò in grado di resistere lontano da lei. Se è così decisa a partire, io, sbollita la rabbia, prenderei in ogni caso il primo aereo per Islamabad per starle accanto.
Ma ora? Come reagirà lei? Non bene, ovvio, perché non ci siamo mai raccontati balle, e io con i segreti non vado d’accordo.
Devo dirglielo. Magari non in questo momento, perché la mia testa sta scoppiando, ho bevuto troppo, ma glielo dirò.
Devo.
Mentre lei si avvia verso le scale, Cecchini mi viene incontro.
E ora che faccio? Se gli racconto tutto, lui come reagisce? Mi aiuta? O mi ammazza, cosa più probabile, considerando che per lui Anna è una figlia? Lui nel frattempo mi raggiunge.
“Come sta? Ma dove ha passato tutta la notte? Dalla faccia si vede che ha passato una brutta nottataccia, da solo, sveglio, a soffrire, a pensare al matrimonio, a Anna... “ Snocciola, senza lasciarmi dire nulla. Sempre molto delicato, Cecchini.
“Più o meno, maresciallo, sì...”
“Ma Lei lo sa quante volte io e mia moglie Caterina abbiamo litigato, e sembrava tutto finito, e invece... invece poi le cose si-... Guardi, parlo io con la Capitana, la convinco a non partire. E poi, in fondo, non è successo niente di irreparabile!”
Alla sua proposta, vado ancora più nel panico. Cosa faccio, glielo dico? Forse è meglio di sì, tanto che differenza fa? Il danno l’ho fatto, Anna l’ho lasciata io...
Ti aiuta, oppure ti uccide. Scegli con serenità, Marco.
Mentre sto ancora cercando di decidere cosa fare, le mie paure si materializzano, perché la donna di ieri notte sta procedendo a grandi falcate verso la caserma. E io devo impedirglielo a tutti i costi, non mi importa cosa sta pensando il maresciallo, ormai.
Mi precipito da lei. “Senti...!”
“Ciao!” Mi saluta quella, in tono allegro. Non c’è niente di cui essere felici!
“Ciao ciao ciao ciao... Senti, io non so che cosa pensi, ma tra di noi non può esserci niente, non c’è niente, mai, mai e poi mai.” Cerco di mettere in chiaro. Non importa se io e Anna ci siamo lasciati, io la amo, la amo e l’ho tradita... “Tu non puoi stare in questo posto perché io qui ci lavoro!”
“Anch’io ci lavoro!”
Per poco non mi prende un infarto. “Cosa dici?!”
“Sara Santonastasi, Procuratrice Capo.” Cosa?! “Sono qui per incontrare il Capitano Anna Olivieri.”
No! Anna no!
Okay dire la verità, ma non è il caso di raccontare proprio tutti i dettagli.
Questa donna è il mio capo - non ci posso pensare! -, e se Anna lo scopre nel modo sbagliato, questa storia potrebbe finire male male male.
Io sono nel panico più totale, e lei sembra accorgersene.
“Marco, giusto? Calmati un attimo, non c’è bisogno di agitarsi...” tenta di dirmi, ma io la blocco immediatamente, inventandomi una scusa per non farla salire in ufficio, rinviando l’incontro a dopo che avrò raccontato tutto ad Anna.
“Torno... torno un’altra volta...” accetta lei. “Dammi del tu!” Fa, tentando di afferrarmi il braccio, che io scanso come se mi potesse scottare. “Ci vediamo in tribunale!”
 
Giusto per migliorare le cose, il maresciallo mi raggiunge. “Ma chi è quella?”
“Chi?”
“Chi è quella, che voleva?”
“No, è una turista che s’è persa...” Cerco di fare l’evasivo pure con lui.
“Una turista...?”
“Sì, che-che c’è? è una turista!” Turista che si volta a salutarmi con la mano. “Sì, signorina, deve andare sotto il ponte, poi c’è il mausoleo e lì chiede...”
Cecchini mi osserva di sottecchi, affatto convinto, così decido d’istinto.
“Maresciallo, io... con Anna ho combinato un casino, ho combinato...”
“Vabbè, Anna ha sbagliato, ma Lei l’ha trattata male! Ma non è così grave, potete rimediare, ancora!”
“L’ho tradita.”
Cecchini rimane per la prima volta senza parole. Quando si riprende abbastanza, biascica, “Come... ma così, co-col pensiero...”
“No...”
“Proprio, l’ha... l’ha tradita... coi fatti...” Lo capisco, è sconvolto anche lui.
“Non volevo... io, maresciallo, non volevo... io e Anna ci eravamo appena lasciati perché lei vuole partire per il Pakistan, e io ero arrabbiato... ero disperato, e ho bevuto...”
“Ma quando è successo, scusi? Con chi, poi?”
“Eh, ieri...”
“... è la turista, vero?” intuisce.
“Non è una turista,” mormoro, tanto ormai... “Quello è il mio capo.”
“Ah, il capo!”
Come a dire ‘peggio di così non si poteva’.
Mi prenderei a schiaffi da solo.
Una volta in ufficio, dopo la confessione spontanea del videomaker, mi affretto ad andare via. Non sono pronto a parlare con Anna che cerca di avvicinarmi, soprattutto non col maresciallo nei paraggi. Ignoro anche le sue chiamate, nel tentativo di trovare un modo per raccontarle quanto successo.
 
Sara’s pov
 
Ieri Marco Nardi - mio collega, come ho scoperto l’altra sera - mi ha impedito di raggiungere Anna e conoscerla.
Ho capito benissimo qual era il suo problema, ma non mi ha lasciato spiegare.
È stato un bene, che l’altra notte non sia successo nulla.
Anch’io avevo bevuto, ed eravamo stati vicini a far danno, ma ci eravamo fermati in tempo.
Anche perché, una volta intuito del perché lui avesse bevuto, ho impedito io che accadesse.
Nel suo lungo monologo alcolico, Marco non aveva fatto altro che parlare della sua fidanzata, Anna, conosciuta sul lavoro, e di come lei gli avesse cambiato la vita.
Ero ancora abbastanza lucida da aver capito chi fosse la donna in questione - Anna Olivieri, Capitano della caserma dei Carabinieri di Spoleto.
Una collega, insomma.
Da quel che ho capito, si sarebbero dovuti sposare, ma lei aveva ricevuto una proposta di lavoro in Pakistan e aveva deciso di accettare, per cui si erano lasciati.
Ho provato a dire a Marco come stanno le cose, ma non mi ha lasciato parlare. Anche stamattina in tribunale, ma lui ha continuato a sviare ed evitarmi, in panico.
Non voglio essere messa in mezzo ai loro problemi, e voglio iniziare questo rapporto di lavoro in maniera pulita. Quindi, se lui non vuole ascoltarmi, proverò con lei.
Solo che vorrei capire se sia la soluzione migliore, perché se lui non le ha detto nulla, io rischio di peggiorare la situazione facendo venire allo scoperto un niente di fatto inutile.
Per il momento, decido di glissare, quando finalmente faccio la sua conoscenza, sperando di poter parlare con Marco prima.
Per cui, dopo aver discusso del caso, in un’aria di estrema tensione, vado via.
Anna comunque sembra simpatica, una con cui potrei andare d’accordo. Chissà, magari potremmo anche diventare amiche.
Una volta in piazza, però, Marco mi raggiunge di corsa per ringraziarmi di non aver detto niente.
Approfitto per tentare di spiegare, ma lui non mi lascia parlare, di nuovo, disperato com’è. Certo che è testardo! Sta blaterando qualcosa circa il volerle dire la verità senza però rivelarle che è successo con me, se io prometto di non parlare.
Ancora una volta, tento di rettificare, ma va via prima che ci riesca.
Se continua così, dovrò davvero dirlo a lei.
Perché Marco vuole raccontarle la sua versione, ma in realtà non è successo nulla.
E nonostante li conosca appena, nel clima teso di prima in ufficio, che si amino da morire, e non è certo un sentimento che cambierà dall’oggi al domani..
Non voglio che buttino alle ortiche un sentimento così, qualcosa che può essere recuperato, per un malinteso.
Un tradimento è una cosa terribile, e io ne so qualcosa... ma per il momento non voglio pensarci.
Il loro rapporto merita di essere salvato.
 
Marco’s pov
 
Basta tergiversare, Marco! Devi dirle la verità!
Ecco che il mio personalissimo grillo parlante che mi abita nella testa torna a farsi sentire dopo un sacco di tempo.
E fa benissimo.
Sara è ormai parte della nostra quotidianità, e Anna la verità deve saperla da me. Sarebbe peggio se lo scoprisse per errore in altro modo.
Per cui eccomi qui, a bussare alla porta di casa, sperando che lei apra, come quella sera in cui le ho confessato di amarla.
Solo che stavolta sono sobrio, per quanto mi riguarda non voglio più vedere alcol per un bel po’, ho già fatto fin troppi danni.
Anna finalmente apre, gli occhi lucidi e arrossati, le guance umide.
Ha pianto.
Sulle labbra ancora tracce di cioccolato, l’antidepressivo per eccellenza quando si parla d’amore.
Il suo viso smunto si illumina non appena mi vede.
“... Marco!”
Si sposta per lasciarmi entrare, e io mi sento anche peggio.
Perché lei è felice di vedermi, e io sto per dirle una cosa che mai avrei pensato di fare.
Ammettere di averla tradita, diventando come mio padre.
Non ho mai parlato molto di lui, ma ha fatto la stessa cosa, per anni, con mia madre, e io mi ero ripromesso che non avrei mai commesso i suoi stessi errori, e invece...
“Marco...”
Anna fa per parlare, ma io la interrompo prima che possa dire qualsiasi cosa.
Solo che la mia bocca e il mio cervello non si sono consultati, perché non potrei scegliere modo peggiore, ammesso che ce ne sia uno.
“Ti ho tradita.”
L’espressione di lei muta sotto i miei occhi, passando dall’incredulo al deluso, a una confusione di sentimenti. Vedo il suo cuore spezzarsi, come il mio.
“È... è stato la sera che ci siamo lasciati...” tento di spiegarle. “Pensavo che tra noi fosse finita, e  non sapevo che fare... Ho... ho bevuto, ero arrabbiato perché mi avevi mentito, ero-”
“Stai dicendo che è colpa mia?!” mi interrompe lei, un bagliore di rabbia nello sguardo colmo di lacrime.
“No, amore, non è mai colpa tua, è colpa mia, e-”
Qualsiasi cosa io volessi ancora cercare di dire è inutile, perché Anna mi spinge fuori di casa, il respiro affannato nel tentativo di non darmi la soddisfazione di vederla piangere, mettendo a tacere ogni tentativo di chiederle perdono.
Mi sbatte la porta in faccia con un colpo secco.
Me lo merito.
Sono stato un idiota. Di più. Non so se esista un termine che basti a contenere tutto quello che sono.
Il dolore al petto più forte di ogni altra cosa.
Il cuore in frantumi.
 
Anna’s pov
 
Non è possibile.
No.
Ditemi che è un incubo...
Marco non può avermi tradita davvero, non-
Come ha potuto?!
Un... un mezzo litigio e ha buttato tutto! Ha rovinato tutto!
Avevo deciso di rinunciare al lavoro in Pakistan per restare con lui, e lui...
Ho passato le ultime notti insonni a pensare a noi due, alla mia carriera che in fondo non era così importante, se paragonata alla nostra storia, mentre lui mi ha tradita... per nulla.
Magari, se fossi riuscita a dirgli che non partivo più, nemmeno me l’avrebbe detto. Mi avrebbe pure sposata, mentendomi.
Come ha potuto?
 
Passo l’ennesima notte senza chiudere occhio, la gola che fa male per aver singhiozzato tutto il tempo.
Il giorno dopo, scopro che Cecchini sa già tutto.
Il traditore è pure ospite a casa sua, naturalmente.
Il maresciallo tenta di parlarmi, ma io non lo voglio ascoltare. Di sicuro partirebbe con una delle sue solite storielle su un evento simile che gli è capitano con la moglie all’inizio della loro storia, e io non ho voglia di sentire.
Come se non bastasse, in caserma scopro Ghisoni a parlare di nuovo al telefono con la sua biscottina, prima di uscire e andare al bar di Spartaco. Io gli corro dietro, perché già sono furiosa di mio e ne ho abbastanza dei loro giochini, e al Tric Trac trovo ovviamente mia madre. Cerco di farla confessare, ma quello che scopro è anche peggio delle mie supposizioni errate. Cecchini! Mia madre si vede con Cecchini!
Vado via furiosa. Mi hanno presa in giro, tutto quel tempo a tenermi nascosta una cosa del genere pure loro! Sono a dir poco furibonda.
Vado via senza lasciarli spiegare.
So solo che mi sembra di essere circondata da gente che mi mente soltanto.
Torno di corsa in ufficio.
Mi sento malissimo.
Che cosa ho fatto per meritarmi un trattamento simile?
Sul divanetto nel mio ufficio vedo appoggiata la custodia con all’interno il mio abito da sposa.
Lo afferro, intenzionata a distruggerlo, se non fosse che arriva Chiara a impedirmelo, entrando a grandi falcate in caserma.
L’ho chiamata ieri sera, dopo aver saputo cosa aveva fatto Marco, e lei ha anticipato il suo arrivo, già previsto per il matrimonio, e che non aveva cancellato nonostante le nozze annullate.
E meno male, perché ho bisogno di lei, di una spalla su cui piangere.
“È un idiota!” esclama lei in mezzo al corridoio facendo sobbalzare tutti, che non sono ovviamente al corrente dell’accaduto, ma poco importa.
Noto solo adesso che in mano ha una vaschetta di gelato: cioccolato e panna, ovviamente.
“Tu sei matta, lo sai?” mormoro con voce incerta.
“Certo, ed è per questo che sono la sorella migliore del mondo.”
Abbasso le tendine del mio ufficio, sedendomi con lei sul divanetto. Metto da parte il caso per un po’, perché ho un disperato bisogno di parlare con lei ora.
Gran parte del tempo lo passa a ‘insultare’ Marco, nel tentativo di farmi stare meglio, anche se sa benissimo che serve a poco.
Perché lui mi ha ferita, tanto, e una parte di me lo odia per ciò che ha fatto, ma trovare qualcosa di concreto su cui parlar male di lui mi risulta difficile, e anche a Chiara. Nemmeno lei si capacita di come sia stato possibile.
Proprio Marco, quello che entrambe abbiamo imparato a conoscere!
Non c’è niente di sensato che possa spiegare il suo gesto.
Chiara cambia discorso nel tentativo di distrarmi, quando qualcuno bussa alla porta.
Sara.
 
Sara’s pov
 
Sono arrivata in caserma per parlare con Anna.
Ho incontrato Marco in tribunale, e dalla sua faccia ho capito che deve aver vuotato il sacco.
Non so se le abbia raccontato proprio tutto - naturalmente la sua verità - ma io voglio essere onesta con lei, per questo sono qui.
Dopo aver bussato, sento la sua voce invitarmi a entrare.
Trovo con lei anche una ragazza che le somiglia, dovrebbe essere sua sorella. Se non ricordo male, Marco nel suo monologo vi ha fatto riferimento.
Comunque adesso non sono qui per questo.
“Avrei bisogno di parlarti... in privato, se possibile. Non si tratta del caso.” chiedo ad Anna.
Sua sorella fa per alzarsi, ma lei la ferma.
“Va bene... qualsiasi cosa sia, mia sorella può restare. Non ho segreti con lei, non c’è niente che lei non possa sapere.”
“Come preferisci...” accetto, probabilmente glielo avrebbe comunque raccontato, e forse è meglio che abbia un sostegno accanto.
Mi invita a sedermi, così faccio un respiro profondo prima di iniziare.
“So quello che è successo con Marco, e... mi dispiace molto.”
Lei fa un’espressione sorpresa. Si starà chiedendo come mai io ne sia al corrente.
“Ah... ehm, grazie ma... non capisco cosa c’entri con noi due.”
Capisco che lui ha omesso il mio nome, quindi riformulo il discorso che mi ero preparata.
“Il fatto è che... l’ho incontrato al bar, un paio di sere fa.”
Vedo il suo sguardo cambiare in una frazione di secondo: ha già capito, ma prima che possa muovere accuse contro di me, continuo.
“Aspetta, lasciami finire, per favore.”
Lei annuisce.
“Dicevo, ho incontrato Marco al bar. Aveva chiaramente bevuto troppo, e inizialmente ammetto di aver pensato di poterne approfittare. Ma ho desistito subito. Perché dopo avermi offerto un drink, non ha fatto altro che parlarmi della donna per cui si era ridotto in quello stato.”
Chiara, sua sorella, le fa un sorrisetto consapevole, lasciando intendere che fosse convinta ci fosse una spiegazione valida sotto, e che non fosse successo nulla. Spero lo pensi anche Anna, sebbene dalla sua espressione corrente non mi dà modo di capire. Imperturbabile. Proseguo.
“Dopo un po’, in base al suo discorso, ho iniziato a capire di chi stesse parlando. Mi ero informata sui nuovi collaboratori che avrei avuto qui a Spoleto, e la descrizione che lui aveva fatto calzava a pennello con ciò che sapevo di te. E allora mi sono detta che avrei fatto di tutto per non fargli commettere errori. Non volevo compromettere il rapporto di lavoro con un collega diretto come lo è lui, e nemmeno con te, se decidessi di non partire per il Pakistan, perché immagino che a questo punto potresti averci ripensato, in un senso o nell’altro. E sì, ho portato Marco a casa mia, ma solo per impedirgli di far succedere quello che con me non sarebbe capitato, un gesto di cui si sarebbe certamente pentito. Volevo solo fargli passare la sbornia e spiegargli tutto la mattina, ma è sparito prima che mi svegliassi. Ho capito che è un testone, visto che ho tentato mille volte di raccontargli come sono andate le cose, ma non me l’ha lasciato fare,” commento, ottenendo un sorriso da parte sua, e mi sento un po’ più sollevata. “Non so se l’avrebbe fatto davvero, quello che è convinto di aver combinato, ma ti assicuro che tra noi non è successo nulla, e spero davvero che tu mi creda, perché vorrei poter creare con te un buon sodalizio lavorativo e, perché no, magari anche diventare amiche. Ritenevo fosse giusto che tu lo sapessi, e spero che possiate risolvere i vostri problemi, tu e Marco. È pazzo di te.”
 
Anna’s pov
 
Sara mi ha appena confessato di sapere tutto della sera del tradimento, che a quanto pare non c’è stato.
Ciò non toglie che Marco ci sia andato vicino, e se non si fosse trovato davanti lei, sarebbe successo. Su questo non ho intenzione di passarci sopra facilmente.
Però apprezzo la sincerità di Sara. Non mi sono sbagliata, alla prima impressione che ho avuto sul suo conto: è una bella persona, a tratti sembra perfino somigliarmi parecchio, e forse ha ragione, col tempo potremmo anche diventare amiche, chi lo sa.
Decido che è arrivato il momento di parlare.
Finora non ho aperto bocca, lasciando che fosse lei a dire tutto. Con la coda dell’occhio noto Chiara sorridere nella mia direzione. So cosa sta pensando: che ci aveva visto giusto, Marco non mi avrebbe mai davvero potuta tradire, non coscientemente, soprattutto visto il suo passato.
Come ho detto, ci è comunque andato vicino, volente o nolente, ma devo ammettere che è stato onesto. Avrebbe potuto starsene zitto, lasciarmi partire per il Pakistan senza dirmi nulla, perché non l’avrei mai saputo, ma non l’ha fatto.
Non ci siam mai detti delle balle, non iniziamo ora.
“... Grazie, davvero. Non penso che in molte avrebbero fatto quello che hai fatto tu. E... spero anch’io che possiamo andare d’accordo.”
Ci scambiamo una stretta di mano, a chiudere quello che è (o meglio, non è) successo, prima che lei si congedi e vada via.
Chiara non perde tempo, chiedendomi cosa io abbia intenzione di fare adesso che so come sono andate le cose.
Sinceramente, non lo so.
Sono arrabbiata con Marco, ma sono davvero pronta a partire per il Pakistan? A lasciare tutto così? A non tentare, come avevo deciso, di riparare al danno che la mia bugia aveva provocato?
Mia sorella mi dice di rifletterci, portandosi dietro il mio abito da sposa, per incontrare mia madre.
A questa notizia, scoppio a ridere.
“Che hai?” mi chiede lei, sconcertata dal cambiamento repentino del mio umore.
“Fatti raccontare da mamma perché ultimamente è venuta così spesso a Spoleto. E non farti fregare, non è per il matrimonio.” le dico soltanto, lasciandola più confusa di prima.
Oh, ci sarà da ridere, non appena anche lei verrà a sapere della storia tra mamma e il maresciallo.
 
Nonostante il sollievo, la sera a casa da sola, non va meglio.
Mia madre è passata per dirmi che lei e il maresciallo hanno deciso di non continuare la loro ‘amicizia’, cosa che mi fa stare anche peggio perché ho esagerato con la mia reazione.
Decido di tentare di affogare di nuovo le mie pene nel cioccolato, per cui mi armo di barattolo di Nutella e cucchiaio, e mi siedo sul divano.
Con il mio abito da sposa in grembo.
Mi fa male vederlo, eppure non riesco a staccarmici.
Sarò anche arrabbiata con Marco, ma in realtà non ha fatto niente, anche se lui crede di sì.
Testone che non è altro, non si è fatto dire la verità nemmeno da Sara - tralasciando di dirmi che era lei, l’altra.
Beh, se l’obbiettivo della sua sincerità era di avere la possibilità di riconquistarmi, dovrà sudarselo, il mio perdono!
Sempre che io non decida di partire per il Pakistan.
Il Pakistan... tutto per colpa del lavoro, un’altra volta.
Se ci penso, il mio dolore per la fine della storia con Giovanni era niente, appena un pizzicotto in confronto a questo, nonostante i cinque anni insieme.
Come in quell’occasione, ero tornata a scegliere il lavoro, e sento ripiombare addosso le accuse del mio ex in merito. Ma non è come allora... In quel caso, non ci ho prestato attenzione più di tanto, optando per la carriera senza voltarmi indietro.
Stavolta, invece, non sono mai stata realmente convinta.
Io amo Marco... come non ho mai amato nessuno prima, come non avrei mai pensato di poter fare. È stato l’unico a riuscire a vedere la vera Anna, quella dietro la corazza e la divisa e a innamorarsene.
Mi viene da sorridere perché Marco è la parte più casinista della mia vita, quella che ero convinta non avrei mai sopportato perché impossibile da gestire. Ora invece, nonostante sia l’uomo più impossibile che conosca, non riesco a immaginare in nessun modo la mia vita senza di lui.
Senza i suoi baci e le sue coccole, la mattina appena svegli.
Le sue battute e il suo voler scherzare per forza in ogni situazione.
Il suo essere terribilmente disordinato, con tutte le cose che lascia in giro e che mi esasperano.
I nostri battibecchi per niente.
I suoi goffi tentativi di far pace dopo una lite.
Le cene bruciacchiate perché troppo impegnati ad amarci.
La casa tutta per noi, un futuro da progettare insieme, tutto da creare...
Il mio sguardo ricade nuovamente sull’abito che ho in grembo.
Decido di chiuderlo nell’armadio: non lo voglio più vedere, fa troppo male, a prescindere da tutto.
Ancora una volta, a interrompere i miei pensieri ci pensa qualcuno che bussa alla porta.
Sbatto l’anta dell’armadio, imprecando dopo essermi quasi chiusa dentro una mano nella fretta di nasconderlo. Patatino mi osserva, confuso.
Vado ad aprire, infastidita, e ti pareva chi poteva essere... Cecchini.
Ci mancava solo lui.
“Maresciallo, scusi ma non è il momento miglio-” dico, ma lui insiste per entrare.
 
“Io devo parlare con Lei, però.”
Che mi deve dire di così importante? Mia madre mi ha già detto che hanno chiuso, e di sicuro non voglio parlare di Marco.
Mi chiede se ci possiamo sedere sul divano. Io lo accontento, confusa, abbassando l’ascia di guerra davanti al suo tono pacato.
“Le volevo dire che io a sua madre non ci rinuncio. Non lo so se quello che c’è tra me e sua madre si possa chiamare amore, però... io con lei sto bene. Mi piace parlare, mi piace chiacchierare, mi piace passeggiare, andare a comprare il gelato, andare a ballare... è follia? Del resto, l’amore è follia, come dice un mio amico, e io a questa follia non ci voglio rinunciare. È da stupidi, perdere una cosa così bella.” Mi dice, con una sincerità che mi stupisce.
“Non la facevo così... romantico, e profondo.”
Lui fa spallucce, poi si alza in piedi. “Comunque, se la cosa Le crea problemi, io mi faccio trasferire... a Orvieto o a Foligno...”
Gli concedo una piccola risata. “No, non mi crea problemi... Lei e mia madre non avete bisogno del mio consenso...” E, in realtà, non mi dispiace, che lui e mamma si frequentino. Cecchini ormai è un padre, per me, e la loro relazione mi fa piacere. Mi alzo in piedi anch’io, stringendo i denti per non piangere di nuovo. “Mi dispiace per quello che ho detto... ero nervosa...” mi scuso, riferendomi alla scenata che ho fatto al Tric Trac, abbracciandolo stretto.
Ho bisogno del suo affetto in questo momento, disperatamente. Ma una piccola minaccia non gliela toglie nessuno.
“Se la fa soffrire, la degrado.”
 
Va via poco dopo, lasciandomi di nuovo sola.
Le sue parole mi fanno riflettere, riprendendo il filo ingarbugliato dei pensieri che mi scorrevamo in mente prima del suo arrivo.
Torno al mio vasetto di crema alla nocciola, soffermandomi ad osservarlo.
Avrei preferito il gelato al cioccolato con le nocciole tritate sopra, ma quello lo prendo sempre con Marco, durante le nostre lunghe passeggiate dopo il lavoro. Come in quelle volte in cui non voleva nemmeno rientrare a casa per cambiarci, portandomi con sé ancora in divisa in giro per Spoleto. Oppure quando non vedevamo l’ora di tornare di corsa in appartamento, perché avevamo trascorso troppe ore divisi e avevamo solo voglia di stare insieme, di recuperare il tempo passato lontani nel modo più dolce possibile.
Le serate passate a cucinare insieme. I suoi abbracci improvvisi. I baci rubati.
All’improvviso, mi rendo conto di ciò di cui ho realmente bisogno.
Che stupida sono, ad aver pensato di poter fare a meno di Marco, del mio amato Marco.
Cecchini ha ragione: a volte bisogna davvero essere folli, come folle e rocambolesca è stata la nostra vita insieme fino a questo momento.
Ed io non voglio niente di più di questo nostro folle amore.
Questo non significa che lo perdonerò facilmente, però magari tutto questo è successo per un motivo.
E poi a Spoleto non sto male, anzi, c’è tutta la mia famiglia, qui. E se prima ero convinta che il mio futuro potesse essere a Islamabad, il fatto che per capire davvero cosa voglio mi ci è voluto di nuovo l’aiuto di Cecchini, Chiara, e anche Sara, mi fa decidere che per la promozione c’è tempo.
Che ho ancora bisogno di pratica per imparare a volare davvero, e che solo quando sarò in grado di farlo nel pieno delle mie capacità, allora deciderò se varrà la pena cambiare cielo, ma non da sola.
 
La mattina dopo, in caserma, riusciamo a risolvere il caso.
Il mio cellulare squilla, ed è il maggiore La Gumina, che mi chiede qual è la mia decisione in merito all’incarico. Ho rinviato più volte questo momento, ma adesso è giunto, e so cosa voglio fare.
Rispondo soltanto che devo rifiutare l’offerta, seppur orgogliosa di essere stata presa in considerazione, e che resterò a Spoleto.
Una volta chiusa la chiamata, mi accorgo di sentirmi più leggera, come se mi fossi tolta un peso enorme dalle spalle.
Una preoccupazione in meno.
Oltre il vetro, noto Marco avvicinarsi alla porta del mio ufficio, tentativamente.
“Ehi... Possiamo... possiamo parlare, per favore?” mi supplica, l’espressione di chi non dorme da giorni.
“Va bene,” rispondo, secca, dopo averlo osservato per qualche istante.
Sono ancora arrabbiata con lui, ma il suo tono disperato, come sempre, riesce a far breccia.
 
Marco’s pov
 
Da quando Anna mi ha cacciato di casa, non sono più riuscito a parlarle.
Me lo ha impedito in tutti i modi.
Persino per il caso, comunicava tramite Cecchini, o addirittura attraverso Sara.
Lei, per fortuna, ha desistito nell’intento di parlarmi, e di questo sono sollevato.
Il caso l’abbiamo chiuso, ma so che Anna deve ancora farci sapere cosa ha scelto di fare, se restare o partire per il Pakistan.
So che aspettava la chiamata per questa mattina, ma nessuno di noi è al corrente di quale risposta abbia dato.
Anche se so di aver rovinato tutto, voglio ancora tentare di risolvere le cose, prima che lei parta. O per lo meno, implorarla di non tagliarmi completamente fuori dalla sua vita. Forse è stato il mio tono disperato a convincerla a lasciarmi parlare.
“Anna, io... lo so che non ho giustificazioni, e io per primo non mi perdonerò mai, mai, per quello che ti ho fatto. Ho sbagliato, ho fatto una cazzata gigantesca, la Las Vegas delle cazzate, ma ti giuro che non volevo... è stato un errore, non ha significato niente... Non basteranno tutte le scuse del mondo, ma... Vorrei soltanto che mi dessi una seconda possibilità...per dimostrarti che posso essere un uomo migliore, un fidanzato migliore. Ero venuto per chiederti una nuova possibilità come amico, ma non... non posso farlo.Perché ii amo, e lo so che non basta, ma se vuoi andare, non sarò io a fermarti... ma ci spero ancora, nel tuo perdono.”
Lei però resta impassibile di fronte alle mie parole, chiaro segno che ho buttato via tutto.
Abbasso la testa.
Ci ho provato, ma non è servito.
Avevo sperato almeno di poterla salutare sapendo che non mi odiasse, ma mi rendo conto io stesso che fosse una speranza vana. Sapevo già che Anna non è una che perdona facilmente gli errori in generale, figuriamoci questo.
Mi alzo, e sono quasi fuori dalla porta quando la sua voce mi ferma.
“Marco, aspetta.”
Mi volto, incerto su cosa potrebbe mai volermi dire a questo punto.
“Sara mi ha detto della sera del bar,” afferma, e io mi sento gelare. È questo il motivo per cui non ha più tentato di aprire il discorso con me, perché ha raccontato tutto a lei! Faccio per rispondere, ma lei continua, anticipandomi. “A quanto pare, non avete fatto niente. Ti sei addormentato e basta.”
Io spalanco gli occhi.
Come, niente...? Vuoi vedere che... era questo che ha tentato di dirmi Sara per tutto questo tempo? E io, da cretino quale sono, non l’ho lasciata parlare!
Ma quindi, Anna...
Frena l’entusiasmo, idiota, e ascolta!
“Ho rifiutato l’incarico a Islamabad. Ma sono lo stesso furiosa con te, e il fatto che sia rimasta a Spoleto invece di andarmene a seimila chilometri di distanza, tra noi non cambia niente. Tu eri convinto di avermi tradita, ti sei sabotato da solo, e comunque se al posto di Sara ci fosse stata un’altra meno comprensiva, probabilmente non ti saresti fermato. Il fato è stato clemente con te, ma io non sono il fato. Ed è per questo che non ho intenzione di perdonarti tanto facilmente.”
Detto ciò, va via, lasciandomi da solo nel suo ufficio.
 
Eccoci qua!
Io e Martina vi avevamo promesso un ‘Don Matteo 12 - 2.0’, e finalmente l’avventura è cominciata!
Come avete già letto, i cambiamenti ci sono stati fin da subito.
In primis, il ritorno di Chiara, perché non potevamo lasciarla fuori, almeno non noi.
Assurdo averla eliminata dalla stagione, considerando il rapporto strettissimo tra le due sorelle, in una situazione come quella che ci hanno presentato, per cui... eccola! La vedremo spesso, non vi preoccupate, e non solo lei...
Marco non ha tradito Anna ma, convinto com’era, glielo ha detto comunque, facendo scoppiare il putiferio.
E Anna, giustamente, è arrabbiata.
Lo scenario è tutto da vedere, adesso...
Secondo voi, cosa succederà?
Ci piacerebbe tanto leggere i vostri commenti in merito.
Piccolo appunto: dopo esserci scervellate a lungo per capire in che accidenti di periodo dell’anno fossimo (o meglio dire, capire in che giorno di marzo fossimo, visto che la signora Cecchini risulta morta il 4 marzo 2018) - per essere più precise possibili sulle date - abbiamo capito che teoricamente la serie è ambientata nel 2020, però loro seguono il calendario del 2019. Il messaggio che Sofia riceve sul cellulare riporta la data di ‘Lunedì 18 marzo’. Il 18 cadeva di lunedì nel 2019, appunto. Noi faremo finta di essere comunque nel 2020, quindi il 22 - la data del matrimonio - è di domenica, come detto anche durante il primo episodio ufficiale.
Discorso un po’ intricato, ma spero si sia capito lo stesso... Tutto questo per dire che le date non saranno casuali, nella nostra versione dei fatti, quindi prestate attenzione! (Perdonateci eventuali sviste, un minimo di margine è tollerabile, ma i periodi saranno scanditi regolarmente.)
Detto ciò, speriamo la partenza vi sia piaciuta!
A prestissimo con il secondo episodio!
 
Mari
 
   
 
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