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Autore: Allyii    02/04/2020    4 recensioni
[Ambientata in un punto indefinito della QUARTA stagione]
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Dean ha la febbre a causa di una ferita infetta e Sam si prende cura di lui. Vedremo anche perchè Dean ha scelto di scendere dalla Ruota della Tortura, durante la sua gita all'Inferno.
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C’era stato un tempo in cui era Dean a prendersi cura del suo fratellino, un tempo in cui Sammy si rifugiava tra le sue braccia e si lasciava convincere che andava tutto bene – anche quando non era vero.
Dean si sta lentamente rendendo conto che i lunghi capelli scuri, gli arcigni occhi verdi e le ampie spalle dell’uomo che ha davanti non appartengono più a Sammy, ma a Sam.
*
Bromance a vagonate - Tripudio di Hurt/Comfort.
Genere: Angst, Fluff, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dean Winchester, Sam Winchester
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Buonsalve popolo di EFP!

È con grande trepidazione che posto la mia prima fanfiction in questo fandom!

Erano tanti anni che volevo iniziare a guardare Supernatural, poiché contiene tutti gli elementi che più amo nelle serie tv: presenza prevalentemente maschile, bromance in abbondanza, hurt/comfort a vagonate, horror, paranormale, esoterismi, simbologia mistica, leggende… insomma, LA PERFEZIONE.

Purtroppo, scoprii l’esistenza di questa serie solo nel 2014, anno della mia maturità, così decisi di rimandare per evitare di distrarmi troppo, e poi è iniziata l’università e non l’ho più seguita.

Beh… meno male che ho fatto così ahahha in un mese, ho recuperato ben UNDICI stagioni, inizio adesso la dodicesima, ed è per questo motivo che non ho ancora letto quasi nessuna fanfiction in questo fandom… terrore degli spoiler!

Presto, però, recupererò con molto piacere, appena mi metterò in pari!

 

Ok, ora la smetto di tediarvi con tutte queste chiacchiere e vi lascio alla Fanfiction!

 

Partecipa a: H/C Easter Advent Calendar 2020 – Gruppo Facebook Hurt/Comfort Italia – Fanfiction & FanArt

Prompt: Prezzo Da Pagare

Ambientazione: Quarta stagione, prima della fine

Coppie: Sam e Dean – Bromance

 

Lieta di potervi intrattenere con questa mia piccola operetta, vi auguro una Buona Lettura:

 

 

 

 

Tra la Terra e l’Inferno

 

The day between the soil and the sky

An emptiness, a void, a heaviness, a sigh.

But I know you will make through alive

Cause you never said goodbye.

[Courrier – Between]

 

 

 

 

 

Brucia.

Attorno a lui è l’inferno.

Le fiamme divampano, il calore lo soffoca.

Gli arpioni lo tengono legato e sollevato. I demoni lo torturano. Lo sventrano, lo tagliano a piccoli pezzi.

Il sangue sgorga, il dolore è intenso e insopportabile.

Urla Dean, urla più che può. Grida il suo dolore, invoca disperatamente il fratello, sebbene sia consapevole che non potrà correre ad aiutarlo – non quella volta.

Il suo corpo si rigenera.

E ancora, ancora – ancora.

E poi Alastair, di nuovo, arriva e gli propone di scendere dalla Ruota della Tortura e di metterci su qualcun altro.

Il dolore è tanto – troppo. Sono più di dieci anni che Dean è sulla Ruota ed è allo stremo delle forze.

Ma la risposta di Dean è sempre la stessa. «Puoi metterti la tua proposta su per il culo, figlio di puttana!»

Alastair sorride malignamente e se ne va.

I demoni ricominciano a dilaniarlo.

E quello è l’inferno.

 

*

 

«Dean».

Dean riconosce la voce del fratello. Com’è possibile che riesca a udirla, sprofondato in quel dolore infernale?

«Dean, svegliati». La voce di Sam è calma e profonda.

Quasi contro la sua volontà, Dean si rilassa. Il dolore cessa. Cosa sta succedendo?

Sopraggiungono i brividi e una sgradevole sensazione di freddo bagnato.

«Dean, avanti. Apri gli occhi».

Un tocco grande e leggero sulla sua fronte è tutto quello che Dean riesce a registrare, nella confusione del destarsi e in mezzo a quel freddo innaturale.

Dean si sforza di aprire gli occhi.

La luce del mattino gli sferza le iridi, che gli mostrano un mondo sfocato. Un mondo fatto di capelli scuri e occhi verdissimi.

Li richiude velocemente.

Dean riconoscerebbe quegli occhi – così simili ai suoi – ovunque. E riconosce anche quel tocco così delicato, quasi troppo sproporzionato per quelle dimensioni.

Che ci fa Sam all’inferno?

No, quello non poteva essere l’inferno. Non si sentiva bene, ma era molto meglio di prima. E quel tocco sembrava così reale.

«Dean!» questa volta il tono del fratello è imperioso e con una punta di urgenza. Dean avverte il morbido su cui è posato piegarsi sotto al peso di Sam, che si è seduto accanto a lui.

Finalmente gli sforzi di Dean danno i risultati sperati e lui riesce a mettere a fuoco il mondo – Sam.

Che lo sta osservando con sguardo preoccupato e indagatore.

«Finalmente ti sei svegliato» gli sorride. Un sorriso fugace, che scompare fin troppo presto, per lasciar posto di nuovo all’espressione preoccupata «come ti senti?»

«Come se mi avesse investito un autobus».

«La ferita alla gamba si è infettata. Hai la febbre» gli comunica Sam, spostando lo sguardo sulla sua coscia sinistra nella quale, il giorno prima, un demone gli aveva piantato un grosso coltello arrugginito «gridavi nel sonno, non riuscivo a svegliarti. Cosa stavi sognando?»

«Non me lo ricordo più».

«Dean» gli occhi del suo fratellino tornano a incatenarsi ai suoi. Profondi e penetranti. Dean non riesce a tollerarli e distoglie lo sguardo «non mentirmi».

«Non ti sto mentendo».

Le sopracciglia di Sam si inarcano lievemente «Certo» mugugna, con voce infastidita e le labbra tirate in una smorfia irritata.

Poi si alza ed esce dal campo visivo di Dean.

Quando ritorna, ha entrambe le mani impegnate: in una regge una scatola di Betagen e nell’altra stringe un termometro.

Posa il tutto sul minuscolo comodino che separa i loro letti in quella squallida stanza del motel.

«Togliti i pantaloni».

«Come, prego?» Dean, nonostante il freddo, i brividi e i pensieri confusi, riesce a esprimere con quelle due parole tutto il suo sconcerto.

«Devo medicarti la ferita. Alla farmacia qua sotto mi hanno dato il Betagen, ma non ho trovato nessun antipiretico, mi dispiace».

«Quando l’hai comprata?»

«Questa notte. Per fortuna era una farmacia di turno. Tu gridavi e ti agitavi e non riuscivo a svegliarti e mi sono accorto che avevi la febbre, così sono uscito a cercare qualcosa».

Dean riesce a percepire distintamente il tono preoccupato di Sam, nonostante questi cerchi di mascherarlo con un tono di finta allegria.

«Quindi adesso, niente storie. Via i pantaloni, così posso medicarti il taglio».

«Neanche per sogno!»

«Dean, per favore. Ragiona. Non mi ci vorrebbe niente a costringerti a farlo con la forza, debole come sei. Quindi risparmiamoci questa scena patetica e togliti i pantaloni».

C’era stato un tempo in cui Sammy faceva tutto quello che Dean gli diceva – quasi tutto. Aveva sempre avuto un’indole ribelle, ma tendenzialmente lo ascoltava. C’era stato un tempo in cui era Dean a prendersi cura del suo fratellino, un tempo in cui Sammy si rifugiava tra le sue braccia e si lasciava convincere che andava tutto bene – anche quando non era vero.

Un tempo Sammy non avrebbe mai cercato di far fare qualcosa a Dean contro la sua volontà.

Dean si sta lentamente rendendo conto che i lunghi capelli scuri, gli arcigni occhi verdi e le ampie spalle dell’uomo che ha davanti non appartengono più a Sammy, ma a Sam.

Scoprire che il piccolo Sammy non esiste più è per Dean una folgorazione. Sammy era cresciuto in quei quattro mesi di solitudine, era diventato Sam, in un modo che Dean, inconsciamente, non riesce ancora ad accettare.

È consapevole che la loro profonda unione è anche il loro punto debole, che non avrebbe potuto proteggere il suo fratellino per sempre – ma non è pronto. Non aveva avuto il tempo di adattarsi. Suo fratello, dal suo punto di vista, era cambiato di colpo.

«Dean, sto aspettando» la voce impaziente, seppur dolce, di Sam gli arriva alle orecchie ovattata, come se provenisse da sott’acqua.

C’era stato anche un tempo in cui era Dean a guardare dall’alto in basso Sammy e ad avvolgerlo tra le sue braccia – ma quelle memorie erano ormai lontane.

«Va bene, hai vinto».

La voce sconsolata di Dean è in perfetto contrasto con l’espressione di trionfo che si dipinge sul volto di Sam.

Dean prova a slacciarsi la cintura dei pantaloni, ma trova i movimenti estremamente difficili da eseguire. Le dita sono intorpidite e non scorrono bene lungo la fibbia.

Dopo un po’ di lotta riesce a liberarsi, ma una sfida più ardua lo attende: il grosso e duro bottone dei pantaloni.

Dean fatica con lui per diversi minuti, prima di allontanare le mani con un gesto stizzito e un verso irritato.

Sam lo guarda divertito.

«Serve una mano?» domanda e, senza aspettare una risposta da parte di Dean, si avvicina a lui e gli slaccia i pantaloni in pochi, fluidi movimenti.

La gamba pulsa e fa un male cane e Sam capisce da solo che dovrà aiutare il fratello a sfilarsi jeans, cosa che fa con in volto un’espressione seria e concentrata, accompagnata da tocchi languidi e delicati.

Quelle poche mosse fanno vedere le stelle a Dean, che si lascia sfuggire un gemito tra le labbra serrate. Sam lo scruta per un attimo aggrottando la fronte, prima di avvicinarsi alla ferita.

È un corto e profondo taglio verticale, lungo quanto la lama del coltello utilizzata. La zona è rossa e gonfia, tranne che per i lembi separati di pelle, che sono pallidi e tirati e da cui stanno iniziando a fuoriuscire goccioline di pus bianco e denso.

«Sì, è decisamente infetta» decreta Sam, ispezionando il taglio «ora ti metto il Betagen – stai giù. Provati la febbre» aggiunge, passandogli il termometro a mercurio.

Dean se lo infila sotto l’ascella, fissando il soffitto, mentre Sam prende il tubetto di medicinale e gli spalma uno spesso strato di crema sulla ferita con meticolosità.

Cinque minuti dopo, il verdetto del termometro. Trentanove.

«Dormi un po’» gli consiglia Sam, a procedura terminata «per oggi direi niente caccia. Vuoi mangiare qualcosa prima?»

«Non ho fame».

«Questo sì che è preoccupante, fratellino» lo prende in giro Sam, mentre gli rimbocca le coperte «tu hai sempre fame».

Dean sprofonda nel sonno prima ancora di riuscire a rispondergli, ma solo dopo aver riflettuto sul fatto che, un tempo, era lui a rimboccare le coperte a Sam tutte le sere prima di andare a dormire.

 

*

 

Dolore.

Dean non riesce a sentire altro. Le carni gli vengono lentamente sollevate, i muscoli dilaniati.

I demoni ridono, eccitati.

Dolore.

E poi compare Alastair, terribile come sempre. In volto il suo solito ghigno mefistofelico.

«Dean» la sua voce dolce fa accapponare ciò che rimane di Dean. Il disgusto lo pervade.

«Dean, Dean, Dean. Sono trascorsi ormai trent’anni… non sei stufo di provare tutto questo dolore? Perché non scendi dalla Ruota della Tortura e ti concedi un po’ di meritato riposo?»

Dean sputa un copioso fiotto di sangue «Sai già dove ti puoi mettere la tua proposta, figlio di puttana!» urla, scosso dai singhiozzi.

Alastair sorride. Dean, forse per la prima volta in quei trent’anni, prova paura.

Paura vera.

«Io non sarei così arrogante, se fossi in te» sussurra, con voce melliflua. Si avvicina a Dean e gli accarezza il viso. Dean prova a voltare la faccia, ma non ha più le forze necessarie «oggi ho in serbo per te una tortura… speciale. Dopo questa, mi pregherai in ginocchio di poter scendere dalla Ruota».

Dean rabbrividisce, il raccapriccio lo assale. Cosa mai poteva esistere di più terribile di quello che stava già vivendo?

Alastair si allontana e fa cenno agli altri demoni di fermarsi. Attende che i pezzi di Dean si ricompongano, gli pulisce il volto dal sangue con gesti quasi dolci.

«Ora, Dean» mormora, provocando a Dean un brivido di terrore che gli si propaga lungo tutta la spina dorsale «Guarda».

Dean non può fare a meno di guardare, come se un incantesimo lo obbligasse a tenere gli occhi spalancati.

Con ogni probabilità, è proprio così.

Alastair gli mostra Sam.

Sono solo piccoli frammenti, ma ognuno di essi è una stilettata nel cuore di Dean e dolgono molto più di qualsiasi smembramento precedente.

Sam che piange disperato sul suo cadavere.

Sam che non ha la forza di seppellirlo e deve farlo Bobby.

Sam che si ubriaca da solo in squallidi motel, che va a letto con orde di ragazze per cercare di scacciare un vuoto incolmabile.

E Dean avverte quel vuoto in prima persona, come se fosse suo. Forse è davvero il suo, perché anche lui, da quando è all’inferno, riesce ad avvertirlo.

Sam che cerca di stringere un patto con un demone dell’incrocio.

E poi con un altro, e un altro ancora.

E tutti rifiutano la sua offerta.

La frustrazione di Sam è la frustrazione di Dean. Il dolore di Sam è il dolore di Dean. La disperazione, la mancata elaborazione del lutto, sono sensazioni che gli appartengono tutte.

Vederlo cacciare da solo è qualcosa di insopportabile.

Gli manca il fiato.

«Basta» geme, quasi contro la sua volontà.

Alastair non commenta, ma si gira a guardalo, maligno.

Sam non sta andando avanti. Sam sopravvive, ma non vive. Sam non gli ha ancora detto addio.

È questo che fa più male a Dean.

Sam sta diventando come lui – morto dentro.

Lui ha letteralmente dato la sua vita per Sam, perché gli voleva bene e perché era fermamente convinto che la vita di Sam valesse più della sua. Lui era solo un guscio vuoto riempito di sarcasmo scadente e una gran faccia di tolla, e nient’altro.

Sam, invece, viveva. Era passionale e dolce e sempre rispettoso dei sentimenti altrui.

Sam meritava di vivere, a differenza sua.

Ma ora si stava lentamente trasformando nel fantasma di sé stesso, Dean poteva sentirlo. Il vuoto lo stava avvolgendo e lui proseguiva per pura inerzia e vendetta.

Dean non può sopportare oltre.

«Basta- fammi scendere» supplica infine Dean, con voce rotta.

Riesce a vedere Alastair sorridere, prima che le lacrime gli offuschino la visuale.

«Come desideri».

 

*

 

Freddo.

Brividi.

Dolore.

Il dolore è sempre stato una costante nella vita di Dean – e anche nella morte.

Un gemito gli sfugge dalle labbra.

Buio.

Il respiro si fa affannoso, la testa pesante.

«Dean».

Gli pare di udire la voce di Sam, che gli giunge alle orecchie distorta come un’eco.

Sam?

Luce.

La luce esplode, gialla, dietro alle sue palpebre serrate. Riesce a ferirgli comunque gli occhi.

«Dean, svegliati».

La mano di Sam sulla sua spalla è calda e rassicurante e Dean apre gli occhi.

Il volto preoccupato di suo fratello è la prima cosa che vede. Incatenarsi in quegli occhi verdi come suoi è la prima cosa che fa.

«Sam» cerca di articolare, ma trova la sua bocca arida come il deserto e la voce gli esce bassa e gutturale.

Senza bisogno di ulteriori segnali, Sam riempie un bicchiere d’acqua e glielo porge. Dean si puntella sui gomiti per mettersi seduto e berlo.

O meglio, cerca di puntellarsi sui gomiti e mettersi seduto – ma ben presto si rende conto di non avere le forze necessarie. Ricade pesantemente tra le soffici coperte che lo avvolgevano – ma che non riescono comunque ad annientare quel senso di freddo perenne che gli scorre sotto la pelle.

Con una rapida occhiata, Dean nota che sul letto di suo fratello c’è solo il lenzuolo, e che a coprirlo ci sono due coperte.

Un rapido flashback lo assale e gli fa sovvenire alla mentre quella volta in cui era stato Sam a essere ferito durante una battuta di caccia e lui era rimasto a vegliarlo tutta la notte, donandogli le sue coperte. Era avvenuto almeno dodici anni prima.

«Aggrappati a me» la voce profonda di Sam è come un balsamo per le orecchie di Dean, che osserva il fratello piegarsi verso di lui e abbracciarlo per metterlo seduto contro la testata del letto.

Seppur Dean partecipi solo passivamente alla cosa, nota che Sam non fa alcuna fatica a maneggiarlo come se fosse un bambolotto.

Poi Sam gli porge il bicchiere «Ecco, bevi» gli intima.

«Grazie».

L’acqua gli restituisce un minimo di energie, nutrendo le sue membra aride. Dean ne beve tre bicchieri prima di ritenersi soddisfatto.

Nel momento in cui posa il bicchiere vuoto sul comodino, Sam gli allunga il termometro.

«Mi sembri più caldo di prima, riprovati la febbre» gli mormora, con gli occhi fissi sulla sua gamba ferita «intanto io controllo il taglio».

Dean si infila il termometro sotto alla maglietta, mentre Sam scopre le sue gambe per poter osservare la zona interessata.

Considerando il fatto che Dean era rimasto in mutande dopo che Sam gli aveva applicato la pomata antibatterica – rimettere su un qualsiasi tipo di pantalone sarebbe stato solo inutile e doloroso – quel gesto investe Dean di violenti brividi di freddo.

Inizia a battere i denti.

Sam gli rivolge un’occhiata allarmata, ma Dean cerca di contenersi e scuote lievemente il capo. Inizia a fargli male anche la testa.

Mentre osserva il fratello sollevare le garze per ispezionare la ferita, Dean non può fare a meno di notare lo scintillio negli occhi del suo fratellino- anche se fratellino ormai più non era.

Uno scintillio che dimostra che c’è vita in quel corpo, c’è vita in Sam. Una vita che Dean, quando era all’inferno, non aveva più visto.

Ma era tornata. Era tornata insieme a lui.

Ciò rende tutto maledettamente difficile: sono un punto debole per i demoni, e per gli angeli, e per i lupi mannari, vampiri e tutte le altre schifezze di questo fottuto mondo.

Ma non sono semplicemente in grado di stare l’uno senza l’altro. Specialmente Dean- ci avevano provato più e più volte.

Dean vuole troppo bene a quel fratellino così lamentoso e ribelle che si ritrova, non può immaginare la sua vita senza di lui – non era riuscito a sopportare nemmeno la morte senza di lui.

Quello era un bel problema.

«Il pus è diminuito. La zona è ancora gonfia e infiammata, ma la suppurazione sembra essere sotto controllo» diagnostica Sam, toccando con mano gentile la pelle offesa.

Dean soffoca un altro gemito e chiude gli occhi.

«Ti metto dell’altra crema».

«Ti prego, no. Ho troppo freddo, fammi rimettere sotto alle coperte».

«Dean, resisti solo un momento, prometto che sarò velocissimo».

Dean deve ammettere che Sam ha mantenuto le sue parole e ci ha messo davvero meno di un minuto a spalmargli la pomata sulla coscia, ma il freddo che prova gli fa sentire il tempo come dilatato- come quando era all’inferno.

Quei cinquanta secondi scarsi impiegati da Sam per prendere il tubetto, aprirlo, estrarre una generosa quantità di crema, spalmargliela sulla ferita e rimettere a posto le garze gli erano sembrate cinquanta ore.

«Ecco fatto» gli comunica Sam, con voce dolce «vieni, ti aiuto a rimettersi sotto alle coperte».

Una volta che Dean è di nuovo al calduccio – calduccio che non scalfiva minimamente il freddo gelido che stava provando – Sam gli scosta di poco la maglietta, insinuandosi sotto ad essa per estrarre il termometro.

Dean, per la pima volta quel giorno, finalmente sentì caldo, lì dove lo aveva appena toccato Sam.

Il viso di Sam si rabbuia appena.

«Quant’è?»

«Quaranta» bofonchia il fratello, digrignando i denti «Senti- vado nel paese vicino, magari in farmacia trovo un antipiretico».

«No, Sam» Dean ode la sua voce sorprendentemente ferma e autoritaria, seppur flebile «non andartene, rimani con me».

«Ma hai la febbre a quaranta».

«Si, me ne sono accorto, grazie. Hai detto che la pomata sta facendo effetto. Bene. Significa che l’infezione sta rientrando e tra qualche ora la febbre scenderà da sola. Non uscire».

«Dean-»

«Ti prego, Sam. Non farmelo ripetere».

Dean riesce a vedere sul volto di suo fratello l’indecisione e la tentazione di uscire comunque, ma già sa che non lo farà.

E infatti «D’accordo, ma se domani mattina la febbre non sarà scesa, andrò a cercarti delle medicine».

«Va bene. Che ore sono?»

«Le sei di sera».

«Ho dormito tutto il giorno? Eppure mi sento così stanco».

«Allora cerca di riposare un altro po’. È una gran brutta infezione».

«Ho sopportato ferite ben peggiori di queste, Sam».

«Sì, lo so, ma ehi- sei appena tornato dall’inferno. E stai invecchiando. Ogni tanto succede di accusare il colpo» il tono di Sam è scherzoso, ma la preoccupazione non abbandona i suoi occhi contratti.

«Aspetta fratellino, ci arriverai anche tu» la voce di Dean sembra uscire a scatti dalla sua gola, spezzata dai violenti brividi di freddo che gli stanno attraversando il corpo. Si rannicchia in posizione fetale sotto alle coperte, cercando un po’ di calore e tentando – invano – di addormentarsi.

Si sente stanco, stremato, nonostante abbia dormito per più di dodici ore di fila, anela un po’ di perdita di coscienza, ma i forti brividi non glielo consentono e lo lasciano solo confuso e sospeso tra la realtà e- qualcos’altro.

Sam non smette un attimo di osservare il fratello, gli posa una mano sulla fronte e la trova calda e sudata.

Sentendosi impotente e irritato, Sam tenta di riportare alla mente quelle volte in cui, da bambini, era stato lui a essere malato e Dean lo aveva curato con quello che avevano in casa – da soli, senza papà, a caccia chissà dove.

Così va in bagno, prende un asciugamano e lo passa sotto l’acqua fredda. Lo strizza per bene e torna nella stanza attigua.

Si siede sul letto e fruga tra le coperte per far spuntare la testa castana di suo fratello, che si è raggomitolato in una posizione praticamente sferica e geme proteste per quel lieve spostamento d’aria.

«Dean, avanti, sposta un po’ la testa».

«Mhmm-».

«Okok, lo farò io per te, ma tu lasciati guidare».

Così Sam mette una mano tra la guancia di suo fratello e il materasso, cercando di far aprire un poco quel corpo serrato.

Non senza brontolii, Dean si lascia quasi cullare da quelle grandi mani così sproporzionatamente delicate.

Poi arriva di nuovo il freddo, questa volta circoscritto solo al suo viso. È un freddo umido, che gli dà sollievo e lo infastidisce contemporaneamente.

«Sam- che diavolo…?»

«Shh…» gli sussurra Sam in modo confortante «tranquillo, è solo acqua. Vorrei provare ad abbassarti la febbre».

«Mi dà fastidio».

«Sì lo so, resisti solo un minuto- per favore».

E così Dean prova a resistere. In tutto questo, non ha ancora aperto gli occhi. L’oscurità è una manna dal cielo per le sue iridi che adesso mal sopportano la luce, attanagliati dal mal di testa martellante che gli sta crescendo dietro agli occhi.

Solo che non ci riesce per molto tempo. Per quanto la frescura sulla fronte gli stia alleviando un po’ il fuoco che gli brucia la faccia, il resto del suo corpo pare non gradire quelle attenzioni e si ribella mandandogli ondate sempre più intense di gelo.

È quando Dean inizia a battere i denti in un tictictic leggero e disperato che Sam si arrende e posa sul comodino l’asciugamano bagnato, sconfitto.

  «Sam!» grida improvvisamente Dean facendo sobbalzare il fratello «Sam! Cosa stai facendo? Non ho venduto l’anima al diavolo per questo! Reagisci, porca puttana!»

«Dean- Dean! Calmati! Stai sognando!» Sam prova a calmare il fratello in tutti i modi, ma quello urla e si dimena, in preda ai deliri febbrili.

Alla fine, non riesce a pensare ad altro che a stringerlo a sé. Sfidando l’agitazione che pervade il corpo del fratello, Sam si china su di lui e lo avvolge in un caldo abbraccio, di quelli che, un tempo, Dean era così bravo a dargli e di cui lui aveva sempre provato imbarazzo misto a- famiglia.

E, contro ogni sua aspettativa, questo gesto sembra calmare Dean, che si rilassa sotto al suo tocco, tremando ancora dalla testa ai piedi.

Sam ricorda quando quella volta - quando aveva sette anni e aveva preso gli orecchioni e suo padre non era a casa e Dean non sapeva più come scaldarlo – in cui Dean gli era rimasto per tutto il tempo accanto, sul letto di Sam, stringendolo forte nel tentativo di donargli un po’ del suo calore.

La cosa aveva funzionato alla grande – se non ché il giorno dopo anche Dean si era risvegliato con una bella parotite.

Ma questa volta non era una malattia, era una ferita infetta. Non c’erano germi da trasmettere – e, anche se ci fossero stati, a Sam non sarebbe importato un accidente.

Prende una decisione, Sam. Alza con un gesto veloce tutte le coperte che fasciano Dean e, prima che questi abbia il tempo di mugugnare delle sorde proteste, si infila sotto e riavvolge i plaid attorno a entrambi.

«Sam- cosa?» bofonchia Dean, convinto di star sognando. Anche se - presuppone lui - immaginare la pesantezza del corpo massiccio del fratello contro al suo sia troppo persino per la sua mente arroventata.

«Sam. Sam. Sam. Ultimamente mi chiami sempre Sam. Che fine ha fatto Sammy?» gli domanda Sam e, dal tono bonario che sta usando, Dean potrebbe scommettere che sta sorridendo.

«Sammy è cresciuto» sospira Dean, quasi soffocandosi nelle sue stesse parole «e poi non ti è mai piaciuto essere chiamato Sammy».

«Vero. Ma tu eri l’unico che aveva il permesso di farlo. Mi piaceva quando mi chiamavi così» gli confessa Sam, stringendolo a sé «mi facevi sentire a casa».

«Casa. L’abbiamo sempre desiderata, ma non siamo mai riusciti ad averne una» mormora Dean, sconsolato – finalmente mettendosi comodo contro al fratello.

«Ssh, adesso prova a dormire» gli sussurra Sam, avvolgendolo completamente in un ampio abbraccio.

L’ultima volta che Dean è stato abbracciato così… Dean non lo ricorda nemmeno più. Era stato tantissimi anni prima, quando era ancora figlio unico e sua madre era ancora viva e tutta per lui.

Il gesto di Sam fa il suo effetto: Dean sente distintamente il suo corpo calmarsi, la sua mente farsi più limpida, il freddo abbandonarlo. La testa gli fa ancora un male cane, ma adesso sente che può sopportarlo.

Dean non desidera altro che una famiglia. Quella famiglia che gli era stata brutalmente strappata via senza un motivo – o meglio, il motivo c’era, ma non riusciva ad accettarlo. Suo fratello gli voleva bene, ma era sempre stato sofferente alla loro famiglia così disfunzionale.

Appena ne aveva l’occasione, Sam preferiva scappare e abbandonarli.

Ma non stavolta. Stavolta era lì, per lui.

Dean a dire il vero se ne vergogna un po’. È lui il maggiore, lui che deve proteggere il suo fratellino da ogni cosa. Spesso si lamenta che proteggere Sam è quasi un lavoro, ma lui lo fa volentieri, lo fa perché semplicemente non può farne a meno, così come non può fare a meno di respirare.

Lo fa perché gli vuole bene.

Ma non è più un bambino, non è giusto che ogni cellula del suo corpo goda nel sentire il calore di quell’abbraccio tutto muscoli, che la sua mente si liquefi al pensiero di avere suo fratello lì per lui.

Ma è così, e Dean non può e non vuole altro- non in quel momento.

Per la prima volta sente di essere esattamente dove vuole essere. Con suo fratello, a volersi bene. Con la sua famiglia, senza nessuno ad inseguirli e pronto a ucciderli.

Lentamente, i brividi scompaiono del tutto e la sua mente si svuota completamente.

Dean si sta quasi per addormentare tra le braccia di Sam, che ancora lo tiene ben avvolto in una morsa rassicurante, quando un ultimo pensiero fugace gli sovviene.

Era forse quello il prezzo da pagare? Aveva sacrificato prima la sua vita terrena per Sam, e poi la sua anima, quando non era riuscito a sopportare di vedere come Sam si stesse disintegrando senza di lui. Aveva torturato delle anime innocenti e ci aveva goduto.

Dean era morto nel corpo e nell’anima, spezzato in tutti i modi in cui una persona può essere spezzata, e poi era tornato, ferito, ma sempre lui.

Era tornato e Sam si era ripreso e adesso gli stava concedendo uno di quegli sprazzi di vita famigliare, gli stessi che Dean aveva provato a regalargli quando erano bambini.

Il prezzo da pagare per un momento di pura felicità è quello di essere completamente annientati e dilaniati dal dolore?

A Dean sta bene. Dean pensa che sì, che ne vale la pena.

Che tutto vale la pena, se poi la ricompensa è quella grossa mano posata malamente sulla sua nuca in un gesto di protezione; se poi la ricompensa è il solido petto su cui è ora adagiata la sua testa, che adesso non fa nemmeno più così male.

«Buonanotte, Dean».

«Buonanotte, Sammy».

 

 

 

 

Il giorno tra la terra e il cielo

Un vuoto, una mancanza, un peso, un singhiozzo.

Ma io so che tu lo attraverserai ancora vivo

Perché non mi hai mai detto addio.

[Between – Traduzione]

NdA

Bene, se siete arrivati a leggere fino a qui, vi ringrazio dal profondo del mio cuoricino :3

 

 

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