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Autore: MoreUmmagumma    02/04/2020    2 recensioni
Una scatola può contenere molti ricordi: dei semplici bottoni, un biglietto del cinema o del teatro, delle fotografie... ma può contenere anche una storia d'amore.
E Laura lo sa bene, nel momento in cui per caso, all'interno di una soffitta polverosa, trova il tesoro più inestimabile nella vita di ogni essere umano.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Il Novecento
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Capitolo IV

 

Il giorno della festa dai Conti Lanza era finalmente arrivato. 

Aurora aveva speso quei giorni a modificare un vecchio vestito che era rimasto nascosto dentro l’armadio per molto tempo: aveva aggiunto pizzi, sistemato l’orlo e accorciato le maniche. Mancava soltanto qualche gioiello da abbinarci. Finalmente per una sera poteva dire addio a quegli abiti che la facevano sembrare l’adolescente che era.
Quel pomeriggio si ritrovava in camera sua a sistemare gli ultimi bottoni mancanti.

«Se non hai niente da mettere posso prestarti qualcosa di mio. Mi avanza del pizzo, in caso potrei aggiungerlo.»
Gabriella era nella stanza con lei, nascosta dietro un paravento di legno si provava alcuni degli abiti che aveva portato con sé.

«No, mia madre deve aver messo qualcosa di elegante.» le rispose, con una voce non del tutto entusiasta.
«Sei mai stata a un ballo?»  le chiese a quel punto Aurora, con aria sognante.

«Si. Mia madre adora organizzare feste. Ne fa una ogni anno in primavera. Ma da quando sono al collegio non ho avuto occasione di andarci.»

«Io ci andrei tutte le sere se fosse possibile. Anzi, quando avrò una casa tutta mia ne organizzerò una a settimana, e tu sarai l’ospite d’onore.»

Aurora completò la sua opera: anche l’ultimo bottone era stato attaccato, e il vestito era perfetto. Lo stese sul letto e cercò nel baule ai piedi del letto un paio di scarpe da abbinarci, e chiese a Gabriella: «Il mio vestito è finito, tu sei pronta?»

«Dici che mi faranno entrare se vengo vestita così?»

Aurora si voltò verso di lei e si lasciò sfuggire un sussulto.

«Ma che ti sei messa addosso?»

«Perché, non ti piacciono?»

Gabriella sorrideva a braccia aperte, fiera di mostrarle i pantaloni di una taglia decisamente più grande, sostenuti su da un paio di bretelle nere, e una camicia bianca di lino.

«No, sei...» Aurora tentò invano di contenere le risate. «Sei così buffa.»

Gabriella fece finta di togliersi un cappello immaginario e mimò gli sbuffi di una pipa, che fece scoppiare Aurora in una fragorosa risata. Dopodiché si avvicinò al grammofono vicino alla finestra e mise su un disco e in pochi secondi le note del “Sul bel Danubio blu” si librarono nell’aria.
«Signorina» si avvicinò lentamente ad Aurora e le porse la mano in un inchino. «Mi concede l’onore di questo valzer?»
Aurora sorrise e si piegò in un inchino, assecondandola. «L’onore è mio, signore.»

Gabriella l’accompagnò al centro della stanza, le posò una mano sul fianco, e lentamente iniziò a guidarla nel ritmo del valzer. 

«Sei davvero un mare di sorprese.» le confessò Aurora. «Suoni il piano in maniera divina. E in più sei una ballerina eccezionale. Come fai a guidare così bene?»

Gabriella arrossì visibilmente e le sussurrò all’orecchio «È perché sono una pessima dama.»

Il ballo continuò tra risate e piedi calpestati. Aurora non era bravissima a ballare il valzer ma in quel momento poco le importò: quel valzer scoordinato ballato con Gabriella valeva più di qualsiasi ballo con un cavaliere perfetto.

Di colpo la porta si aprì e le due ragazze fecero un balzo per lo spavento.

«Che sta succedendo qua?» Maddalena entrò, incuriosita dalla musica e dalle risate provenienti dalla stanza. Guardò Gabriella e strabuzzò gli occhi.

«Gabriella mi stava insegnando a ballare» rispose timidamente Aurora, nascondendo la braccia dietro la schiena. 

«Beh, dovete sbrigarvi!» le rimproverò l’anziana domestica, ormai esasperata. «I tuoi genitori stanno per andare senza di voi. Forza, su, vestitevi! E tu togliti quei pantaloni! Non vorrai mica andare conciata così?»

Le due ragazze scoppiarono a ridere non appena Maddalena se ne andò, sbattendosi la porta alle spalle. 

«Dai, vestiamoci, altrimenti faremo tardi.»

 

♦♦♦

 

Due ore più tardi la carrozza si fermò di fronte al castello dei Conti Lanza. 

Le due ragazze scesero dalla carrozza in estasi: una folla di gente elegante si accingeva ad entrare, l’acqua delle fontane danzava in un delizioso scroscio e il vialetto che accompagna all’ingresso era adorno di lumi accesi. 

Emma ed il marito Giuseppe si tenevano sottobraccio ed annuivano sorridenti ai conoscenti che li salutavano. Dietro di loro Aurora e Gabriella camminavano fianco a fianco, scortate da un elegantissimo Tommaso in frac che cercava di stare il più vicino possibile a Gabriella.

«Giuseppe! Emma! Che piacere vedervi qui stasera.» i Conti Lanza accoglievano i loro ospiti alla porta, che piano piano si affollava di gente.
«Il piacere è nostro.» rispose fiero Giuseppe. «Vi ringraziamo immensamente dell’invito. Vorrei presentarvi i miei due figli: Tommaso e Aurora.»

I due giovani si inchinarono e il Conte strinse la mano a Tommaso.

«Tommaso, so che sei un bersagliere. È un onore conoscere un vero eroe della patria.»

Tommaso abbozzò un sorriso timido e lo ringraziò. 

In quel momento una terza persona si unì, aggiustandosi velocemente la giacca. «Vogliate scusare il ritardo, la duchessa Aldovrandi mi ha tenuto a parlare con lei per mezz’ora dei suoi acciacchi.»

La contessa gli sorrise e si rivolse ai suoi invitati. «Vorrei presentarvi mio figlio Rodolfo. Vogliate scusarci, andiamo a salutare gli altri ospiti. Rodolfo, caro, fai tu gli onori di casa. Compermesso»

Rodolfo posò gli occhi su Aurora e dal suo sguardo si capì subito che ne rimase incantato. Le prese la mano e gliela sfiorò leggermente con le labbra, senza staccare gli occhi dai suoi.

Aurora arrossì. Non tanto per l’emozione quanto per l’imbarazzo. 

Gabriella invece era nervosa. Ma la percezione della mano di Tommaso che cercava la sua non l’aiutò a liberarsi di quella sensazione.

«È una vera gioia fare la conoscenza di una tale bellezza.»

Aurora non potè fare a meno di ricambiare lo sguardo azzurro del giovane conte. Si girò, notando con sorpresa che i suoi genitori si erano appena distratti a salutare altri invitati di loro conoscenza. L’unica che comprendeva il suo disagio era Gabriella, che la osservava preoccupata. 

«Il piacere è mio.» rispose con cortesia, cercando un modo per dileguarsi. «Perdonatemi, credo che i miei genitori ci stiano aspettando.»

E con gesto della testa si allontanò da lui, che la osservava mentre il trio si mischiava nella folla. 

Non appena la festa ebbe inizio i musicisti iniziarono a suonare il valzer. Nella sala principale si formò subito una cerchia di gente, mentre al suo interno alcune coppie aprirono le danze. 

Tommaso invitò Gabriella a danzare con lui che accettò con estrema riluttanza, per non risultare sgarbata. 

Aurora, rimasta sola, fece il giro della sala, facendosi spazio tra la gente che, con un calice di champagne in mano, osservava le danze. Cercava i suoi genitori ma non riuscì a trovarli. Si sedette su un divanetto, sperando di essere notata il meno possibile.

Tuttavia le sue preghiere non furono ascoltate, poiché dinanzi a lei, con passo sicuro di sé, arrivò nientedimeno che Rodolfo, che si mise a sedere accanto a lei.

«È un tale peccato vedervi qui tutta sola.»

Aurora non seppe cosa rispondere. Accettò un canapè offerto da un cameriere e disse «La mia amica sta ballando.»

«Allora non sarebbe del tutto fuori luogo se vi invitassi a ballare.»

Aurora si arrese. Sapeva che se non avesse accettato sarebbe stato difficile liberarsi di lui. 

Così si fece trasportare da Rodolfo sulla pista da ballo. Gabriella la notò e i loro sguardi si incrociarono, supplicando l’una all’altra di portarla via da quel supplizio. Non essendo una gran ballerina, Aurora faceva fatica a seguire i passi di Rodolfo, il quale tuttavia non sembrava turbarsene. 

Un altro ballo passò e un altro ancora.

Quando finalmente le due ragazze riuscirono a liberarsi dei rispettivi cavalieri si incontrarono alla porta e uscirono nel giardino.

L’aria era calda e profumava delle rose sparse qua e là. Si sedettero su una panchina, di fronte alla fontana principale.

«Certo che tuo fratello non si arrende davanti a nulla.»

«Dici così perché non sei stata notata dal conte Lanza.» Aurora enfatizzò la parola “notata” con una nota di disgusto nella voce.

«Questo tipo non mi piace per niente.» 

La voce di Gabriella era ferma, solida. Poi si voltò verso Aurora.

«Non mi piace come ti guarda, come ti tocca… Non credo abbia delle intenzioni genuine nei tuoi confronti. Dovresti dirlo ai tuoi genitori.»

«Stai scherzando?! Non aspettano altro che vedermi sposata a un nobile.» 

Aurora posò la testa sulla spalla di Gabriella, la musica della festa riecheggiava fino al giardino ma le due ragazze ascoltavano il silenzio intorno a loro. 

«Me ne voglio andare da qui. E non intendo solo questa stupida festa.»

Aurora alzò la testa. I loro visi non si erano mai trovati così vicini prima d’ora. Il battito dei loro cuori era più forte del valzer che si udiva da lontano. Le loro labbra non fecero in tempo a sfiorarsi che si udì il fruscio dei cespugli, dai quali uscì una coppietta la cui dama aveva bevuto qualche champagne di troppo, sorretta tra sghignazzi e gridolini dal compagno che cercava di portarla via. 

«Forse dovremmo rientrare, la tua famiglia ci starà cercando.»

Rientrarono nella sala da ballo, giusto in tempo per vedere il momento in cui Rodolfo spegneva le venticinque candeline su un’immensa torta a tre strati. 

Tra gli applausi e un commovente discorso su quanto il festeggiato fosse onorato di avere così tanti amici ad elogiarlo, Tommaso prese da parte Gabriella. Aurora li vide allontanarsi, per parlare indisturbati vicino alla grande porta-finestra che dava sul terrazzo. Non riuscì a capire cosa si stessero dicendo ma vide che Gabriella ascoltava attentamente il ragazzo a braccia conserte, annuendo di tanto in tanto.

Il discorso del Conte Lanza finì tra gli applausi generali degli ospiti. Era ormai notte fonda, l’orchestra suonava gli ultimi valzer, poche coppie erano rimasti tanto sobri da riuscire ancora a ballare. 

 «Di che parlavate voi due?»

«Niente di importante, non ti preoccupare.»

«Dimmelo, ti prego!»

«Ma niente… mi ha chiesto di andare a fare una passeggiata domani.»

Aurora non sapeva se crederle. Gabriella sapeva mentire se voleva, ma sapeva anche che questo a lei non lo avrebbe mai fatto.

Le due ragazze vennero presto richiamate da Emma e Giuseppe, la serata stava finendo, e la carrozza era pronta per riportarli a casa. Li avrebbero aspettati quarantacinque minuti di viaggio, era meglio sbrigarsi.

Si congedarono dai Conti, ringraziandoli per la piacevole serata. Rodolfo baciò di nuovo la mano di Aurora, strappandole la promessa che si sarebbero rivisti molto presto. 

Nella carrozza calò un silenzio di tomba, un po’ per la stanchezza, un po’ per la tensione che si era creata tra i tre giovani, che cercavano in tutti i modi di non darlo a vedere.

Aurora cercò disperatamente lo sguardo di Gabriella.
Con delusione si rese conto però che durante quel breve tragitto gli sguardi dell’amica, stavolta, non erano rivolti a lei. 



 

Note dell'autrice: bene, ritorno su questa storia dopo quasi due anni. Approfitto di questa quarantena per stargli un po' più dietro, ché tra lavoro, amici e mancanza di ispirazione *coffcoff* l'ho trascurata molto. Per chi già in precedenza la seguiva spero tanto che continui ad ispirarvi, per chi è nuovo, beh... spero tanto vi piaccia. Suggerimenti e pareri sono ben graditi, anche negativi purché costruttivi. 
A presto!

 
  
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