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Autore: Misaki Starlyght    03/04/2020    0 recensioni
K h a r t h u r || C r o s s O v e r - S t a r T r e k & Guida galattica per autostoppisti || M o v i e V e r s e A U - S c i f i || F l a s h F o r w a r d || W h a t I f ? || L i m e || K h a n ! P o V || A r t h u r ! P o V
Khan dopo gli avvenimenti di In to Darkness, riesce a fuggire nuovamente dalla Federazione.
Solo, con una taglia sulla testa, vaga nell'universo senza meta, finché per caso su un pianeta dal nome impronunciabile incontra Arthur Dent, un normalissimo e banalissimo inglese in viaggio per lo spazio.
Riuscirà ancora una volta Arthur ad uscire dalla sua confort zone?
E Khan riuscirà finalmente a trovare il suo lieto fine dopo tanta rabbia e sofferenza?
Genere: Angst, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, Crack Pairing | Personaggi: Khan Noonien Singh
Note: Cross-over, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Sono passati 10 anni da quando ho lasciato la Terra per viaggiare insieme ai miei compagni. Anche se a conti fatti non so esattamente quanto tempo sia passato sul mio pianeta. Con la Cuore d’Oro che viaggia a propulsione di probabilità infinita, è difficile dirlo. Anche se dalle voci che corrono pare ne siano passati molti, molti di più.

Certe volte, se ci penso, questa cosa mi fa sentire strano. Piccolo. Il pensiero che siano passati cinquanta, cento anni o forse più dall’ultima volta che ho messo piede sul mio pianeta. Gente che una volta conoscevo…ora non esiste più. Mi chiedo se alcuni posti che visitavo siano rimasti intatti o sono cambiati. Se gli inglesi hanno ancora le stesse abitudini o ne hanno create di nuove e diverse.

Al momento l’unico essere umano con cui ho dei contatti è Trillian, l’altra mia compagna di viaggio. Sempre dalle voci sentite in giro, si dice che la Terra negli ultimi anni abbia fatto enormi passi avanti e che abbiano dato vita alla “Federazione dei Pianeti Uniti”. Beh…era ora che si svegliassero, anche se non ho ancora incontrato nessuna delle loro navi o passeggeri. Quando si dice la vastità dell’universo.
In più, vivere tutti i giorni il buio dello spazio profondo, con il tempo, non riesci più a distinguere il giorno dalla notte o a percepire il tempo che scorre. Non è poi così male, quando ti abitui. È un piccolo prezzo da pagare per vedere le meraviglie dell’Universo.

Al momento, siamo fermi su un pianeta dal nome per me impronunciabile, per rilassarci un po’ dal lungo viaggio e fare rifornimento. Siamo arrivati ieri, ma pare che Ford e Zaphod vogliano sostare qui più del solito. Meglio per me. Sono felice di poter stare un po' con i piedi per terra e non sull’astronave con la gravità artificiale.

-Trillian, esco a fare una passeggiata. Non aspettatemi per cena.- la avverto pima di uscire dalla navicella e sento un suo -Ok!- urlato da uno dei corridoi. È strano come cambino i rapporti. Dopo aver lasciato la Terra 2.0 io e Trillian ci siamo messi insieme. È stato bello finché è durato, non lo nego, ma poi, semplicemente è finita. Probabilmente non eravamo fatti per completarci nella vita. Mentre ora, dopo tutto quello che abbiamo passato, quello che ci unisce sono molti bicchieri di alcol (soprattutto da parte sua), una forte amicizia e le nostre vecchie “nottate insonni.”

Inizio a passeggiare per le vie della cittadella senza una meta precisa. L’aria è pregna di suoni e odori diversi. C’è molta gente, di ogni forma, dimensione e colore. Ford mi aveva avvertito della molta affluenza. Pare essere un punto molto quotato per il commercio questo settore.
Cammino finché non sento la mia pancia brontolare per la fame e inizio a cercare un buon posto per cenare. Alla fine trovo questo hotel/pub/qualunque altra cosa sia, chiamato “Mangia che ti Mangio”. Un nome, una garanzia. Non capirò mai questa fissa degli alieni di mischiare più cose insieme senza alcun senso logico. Una volta sono entrato in un negozio convinto di trovare uno cappello nuovo e alla fine sono uscito con un pesciolino alieno da compagnia da portare a passeggio sulla testa. Assurdo!

Entro dentro e prima di sedermi a mangiare, decido di prendere qualcosa da bere al bancone. Lo avessi mai fatto! Purtroppo per me, il cibo umano non è molto quotato nell’universo e quindi quello che mangio non sempre è commestibile o dal sapore gradevole. A quanto pare non passano molti umani da queste parti.

A volte mi mancano le mie abitudini umane. Da quando sono in viaggio cerco di mantenerne qualcuna come posso, ma non è sempre facile. Mi manca il mio tea delle cinque, ad esempio. Non è proprio una passeggiata trovare del perfetto tea inglese ai confini dell’universo. Una volta un alieno pur di farmi comprare la sua merce mi ha convinto che un suo intruglio somigliasse molto al tea della Terra. Stupido io ad avergli creduto. Solo dopo averlo provato ed essere stato male per tre giorni tra stomaco in subbuglio e allucinazioni terrificanti, scoprii che si trattava di una sorta di viagra per una qualche specie aliena, tra le risate infinite di Zaphod ovviamente; che non gli era passato per la testa di avvertirmi prima del pericolo.

Tornando al barista dagli undici tentacoli del “Mangia che ti Mangio”, come c’era da aspettarsi, finisco per litigarci nel tentativo di ordinare qualcosa di bevibile e totalmente innocuo.
-Hei polipone! Dagli un Via Lattea e falla finita!- urla una voce maschile dietro di me. Mi giro a metà tra la sorpresa e lo spavento, e a pochi centimetri da me, mi ritrovo quest’uomo alto, completamente vestito di nero e dallo sguardo severo. -Offro io.- mi dice, questa volta con voce bassa e profonda, tenendo il suo sguardo fisso su di me. -G…Grazie ma…davvero non è necessario.- rispondo nervoso. -Insisto.- risponde di nuovo, tenendo sempre i suoi occhi fissi su di me. Imbarazzato e “leggermente” intimidito non posso fare altro che accettare e mi invita a sedermi ad uno dei tavoli.

Pochi minuti dopo mi raggiunge con due cocktail tra le mani. Si siede sulla sedia di fronte alla mia e mi porge un bicchiere colmo di una sostanza bianca e leggermente luminescente. -Assaggia. Ti piacerà.- mi dice prima di sorseggiare il suo, dal colore molto più scuro e inquietante.
Titubante allungo una mano per prendere il bicchiere e dopo aver dato una annusata di controllo faccio un piccolo sorso. Il liquido bianco e frizzante mi scende giù per la gola, dandomi un brivido lungo la schiena. -È…buono.- ammetto al mio strano compagno di tavolo. -Sapevo lo avresti apprezzato.- Mi lascio sfuggire un sorriso di ringraziamento e solo in quel momento, nel guardarlo seduto a quel tavolo, così vicino a me, mi rendo conto di stare parlando con un altro essere umano. Almeno credo.

-Cosa c’è?- mi chiede lui scrutandomi a sua volta e solo in quel momento mi rendo conto di stare sfoggiando la mia solita faccia da ebete pensieroso. -Ehh…nulla…ecco…Parli molto bene la mia lingua. Se posso chiedere…sei un umano?- gli chiedo tentando di ricompormi. Non mi risponde. E io non so se prenderlo come un muto “ovvimente” oppure “No, non sono affari tuoi.” -Io sono Arthur. Arthur Dent.- gli dico cercando di spezzare il silenzio imbarazzante che è calato fra di noi. - John Harrison- -Piacere di conoscerti...John.- il nome è decisamente umano. Americano direi.

-Allora…che tu sappia come sta la Terra?- -Perché me lo chiedi?- -Non la vedo da tanto, e in pochi sanno darmi delle notizie affidabili. Mi sono perso molto?- mi guarda di nuovo, con uno sguardo che non so bene come identificare. Sospettoso credo. -Dipende. Quando è stata l’ultima volta?- mi chiede serio aumentando la presa sul suo bicchiere. Non sembra più rilassato come prima. -Sinceramente non saprei. L’ultima volta gli umani non sapevano nulla della vita su altri pianeti.- rispondo sincero -Allora, ti sei perso molto.- mi dice, rilassando nuovamente la mano e lo sguardo su di me. La mia risposta sembra essergli piaciuta. -Allora le voci erano vere. Ho sentito dire che hanno fondato questa “Federazione dei Pianeti Uniti”. Credo si chiami così.- -Sì. Un branco di imbecilli alla guida di astronavi che non sanno gestire e con un ego grosso quanto lo spazio stesso.- -Oh…capisco.- non mi spettavo una riposta così letale. Di nuovo il silenzio imbarazzante cala su di noi e io non so cosa dire o fare.

Cerco di trovare una scusa per andarmene ma non mi viene in mente nulla e prima che possa dire qualcosa, ci raggiunge una cameriera dalla pelle blu chiedendo se vogliamo ordinare. Sono tentato di dire di no e andarmene. John, se questo è davvero il suo nome, è stato molto gentile ad aiutarmi prima ma, non sono del tutto certo di potermi fidare di lui. A parte il resto, rimane comunque uno sconosciuto, vestito di nero e dallo sguardo inquietante.

Peccato che proprio quando sto per dire di no, il mio stomaco decide di tradirmi, facendo sentire la sua disapprovazione sull’essere vuoto e affamato. Grandioso! Neanche mezzo secondo e John risponde per entrambi. -Sì.- dice prendendo in mano il menù e dopo avergli dato una veloce occhiata, ordina due piatti per entrambi. -Sono certo, apprezzerai anche questa mia seconda scelta.- mi dice con la sua voce profonda e lo sguardo penetrante.

Alla fine scopro che la sua ordinazione va più che bene per il mio organismo e il sapore è decisamente accettabile. Finiamo per chiacchierare durante tutta la cena. O per meglio dire, io, ho chiacchierato molto per tutta la sera, facendo domande sui progressi della Terra e raccontando aneddoti, con tutta probabilità stupidi e noiosi sulle mie avventure nello spazio profondo.

È così che scopro senza molta difficoltà che John non è un uomo di molte parole. Ma nonostante questo non sembra per nulla annoiato dai miei discorsi. Risponde alle mie domande con poche esaustive parole ma mai con scortesia o seccatura. E incredibile ma vero, sembra davvero interessato ad ascoltare le mie assurde quanto imbarazzanti vicissitudini spaziali.

Concludiamo la cena sul tardi. La serata e la compagnia si sono rivelate più piacevoli e interessanti di quanto credessi. Anche se la sua strana reazione alla mia domanda di prima, continua a tormentarmi il cervello. Paga lui, di nuovo, anche se insisto per fare a metà. Non ricordo l’ultima volta che ho visto della galanteria umana. È strano (soprattutto perché sono un uomo) ma piacevole. -Grazie per la cena e le chiacchere. È stato bello parlare con un altro essere umano che non viaggiasse con me. Spero di non averti annoiato troppo con le mie chiacchere.- gli dico un po’ imbarazzato -No, affatto.- mi risponde lui rassicurandomi.

-Beh…allora io vado. Grazie ancora per la cena.- gli dico prima di voltarmi e andarmene. -Spero di rivederti.- Mi giro sinceramente sorpreso dalle sue parole. -Sul serio?- Non credevo di aver fatto tanta bella figura da meritarmi addirittura un secondo incontro. Cosa potevo mai avere di così interessante per un tipo come lui? -Sì. Sarò qui anche domani e avrei piacere di rivederti. Sempre che tu non debba ripartire.- -No, non devo.- -Allora accetti?- -Hemm…sì…certo.- -Domani pomeriggio. Qui davanti?- -Va bene.- -Allora a domani. Arthur.- -A…a domani.- rispondo con un sorriso sperando di sembrare il meno imbarazzato possibile. Ci salutiamo così per poi avviarci ognuno nella propria direzione.
Non so cosa pensare della serata. Il che è tutto dire visto che ne ho viste di cose strane nell’Universo. Se ripenso a quello strano uomo mi sento ancora il suo sguardo sulla pelle. Mi vengono i brividi solo immaginandoli. Arrivato a casa mi butto a letto e lascio che il sonno e l’alcol (spaziale) facciano il loro effetto.

John Herrison…
  
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