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Autore: MissObrechlin    03/04/2020    2 recensioni
Dove gli eventi a Beacon Hills vanno in maniera un pò diversa, una sorta di La Bella e la Bestia AU, dove Scott non è una tazzina scheggiata e nessuno canta canzoni d'amore.
Traduzione di Dira Sudis (dsudis) su ao3
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: AU, Traduzione, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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The Boy And The Beast

traduzione di dsudis

 

 

 

Fanart di kickingshoes: https://dsudis.tumblr.com/post/47451520109/kickingshoes-commission-for-lynnmonster-for-her

 

 

Capitolo 1.

 

Stiles parcheggiò la sua Jeep poche centinaia di metri dal cartello che indicava la Riserva di Beacon Hills. In quel modo era abbastanza lontana da essere nascosta nel caso suo padre fosse di pattuglia in zona per il suo turno notturno, ma permetteva comunque a Stiles di raggiungere il suo obbiettivo di nascosto, a piedi.

 

 

 

 

 

Come ogni ragazzo di Beacon Hills, conosceva tutti i percorsi nella riserva. Non era nemmeno del tutto buio, con tutte le stelle che illuminavano il cielo e la luna piena che sovrastava gli alberi. Una volta che smise di essere confuso per l’austerità delle ombre – che per un po’ lo avevano terrorizzato, lasciandolo con le ginocchia infangate e le mani sbucciate – non ebbe problemi a trovare la strada.

 

 

 

Gli era stato permesso di giocare solo nei boschi quando era piccolo, appena ebbe l’età giusta per prendere il bus. Scott era l’unico bambino che giocava spontaneamente con Stiles, e Scott aveva l’asma e non gli era permesso correre per i boschi solo con Stiles come compagnia, quindi le avventure di Stiles nella riserva erano state rigorosamente solitarie. Nonostante ciò, non gli era interessato stare per conto suo. Sua madre gli aveva dato le stesse raccomandazioni che probabilmente aveva avuto ogni bambino di Beacon Hills: se si fosse perso nei boschi, sarebbe dovuto andare sulla cima dell’altura più vicina e urlare più forte che poteva, “Mi sono perso! Aiutatemi!”

 

 

 

Se l’avesse fatto, gli disse sua madre, uno degli Hale l’avrebbe sentito. La loro villa era praticamente nella riserva; la loro proprietà si trovava nel bel mezzo, senza staccionate che la separassero dal suolo dei boschi, che apparteneva a tutti. C’erano quasi abbastanza Hale da riempire la grande, vecchia casa in cui vivevano, e qualcuno che l’avrebbe sentito ci sarebbe sicuramente stato, se avesse urlato forte, avuto il sangue freddo, e non fosse andato in panico.

 

 

 

Nessuno viveva più in quella villa; era stata incendiata sei anni fa. Stiles vagò al suo interno tra spazi familiari in mezzo agli alberi piuttosto che seguire il sentiero sporco in qualche luogo tra una viottola e un’autostrada. Mentre si faceva strada nei boschi ricordata tutte le volte che vi era stato da bambino.

 

 

 

Stiles non si era mai perso – o almeno, non aveva mai avuto la consapevolezza di essersi perso prima che ritrovasse la strada. Si era smarrito nella proprietà degli Hale, o aveva inctrociato, nel cammino, uno degli Hale, diverse volte, mentre giocava solo nei boschi. Di solito incontrava il signor e la signora Hale, così come i cugini Hale: Laura e Derek e Heater e Mark. Per qualche motivo sembravano sempre trovarlo prima che lui li vedesse. Gli adulti di solito gli chiedevano se si fosse perso, mentre i cugini perlopiù lo ignoravano.

 

 

 

Quindi si era incuriosito riguardo la grande villa e la grande famiglia, e ogni volta che iniziava a piovere correva nella villa per trovare riparo sotto il porticato. Nonna Hale spesso era lì, entrava dentro per prendere dei biscotti e poi usciva ad osservare la pioggia con lui. Lui le raccontava di tutti i luoghi del bosco che aveva visitato e le cose che aveva fatto, e lei ascoltava pazientemente, proprio come faceva a volte sua madre, quando non era troppo occupata.

 

 

 

Stiles vi tornò diverse volte, e trovava sempre nonna Hale e si sedeva sempre con lui sul porticato prima di rimandarlo fuori a giocare. Non era stato nulla di speciale, solo un’anziana signora che era gentile con lui, come la maggior parte degli adulti d’altronde; tutti conoscevano i suoi genitori, dopotutto. Dopo quell’estate, quando aveva otto o nove anni, cambiò mete da visitare.

 

 

 

Poi ci fu l’incendio, quando Stiles aveva dieci anni. Nonna Hale e la maggior parte degli adulti Hale e Heater e Mark morirono. Derek e Laura si trasferirono, e Peter Hale, che una volta rimproverò Stiles per aver raccolto dei piccoli fiorellini viola, finì in ospedale e non ve ne uscì più. Dopo ciò non c’era più nessuno ad ascoltarti se ti fossi perso nei boschi, solo una casa bruciata che crollava lentamente mentre il giardino circostante diventava pian piano bosco, le erbe che crescevano fino al gambaletto.

 

 

 

Stiles si posò vicino ad un albero e vide ciò che era rimasto della villa, che creava grandi ombre alla luce della luna. Si preparò per ciò per cui era giunto lì.

 

 

 

Meno di una settimana prima, Peter Hale era stato trovato in quei boschi, ucciso da un animale selvatico. Fin dal ritrovamento, suo padre aveva fatto degli extra a lavoro, provando a risolvere la misteriosa morte e contenere tutti i pettegolezzi che essa suscitò.

 

 

 

Da un lato, a quanto pare c’erano i lupi a Beacon Hills: il medico legale dichiarò che Peter Hale era stato attaccato da minimo due di loro, giudicando dalle due ferite inferte. Questo suscitò il panico in tutti i cittadini, che in realtà non era un problema dello sceriffo ma ne era comunque abbastanza infastidito.

 

 

 

Dall’altro lato, per quanto ne sapessero tutti Peter Hale era infermo e su una sedia a rotelle in uno stato comatoso, quindi il fatto che fosse arrivato da solo nel bosco era già da sé un mistero. Quando interrogarono la sua infermiera – che era stata licenziata per aver lasciato che un paziente girovagasse solo – inventò una stranissima storia assurda di come dovesse essere stata Laura Hale ad ucciderlo nei boschi. Persino quando le dissero che erano stati i lupi, lei rispose che era ciò che Laura Hale avrebbe voluto che pensassero.

 

 

 

Il padre di Stiles stava provando a rintracciare Laura – non solo per capire se avesse qualcosa a che fare con l’insana storia dell’infermiera, ma per andare a reclamare il corpo dello zio. Erano passati giorni ormai, ma nonostante tutti i turni extra che stava facendo non aveva avuto la fortuna di avere notizie riguardo Laura, né il fratello Derek. Stava bevendo troppo caffè, non dormiva abbastanza, così Stiles decise di prendere la situazione tra le mani.

 

 

 

Stiles pensò che i boschi fossero il posto più ovvio dove cercarla. Era chiaro che stava accadendo qualcosa di assolutamente assurdo. Non solo Peter Hale era guarito dal suo ricovero, ma era anche arrivato solo nei boschi e poi, che coincidenza, fu ucciso dai lupi, che non avevano nulla a che fare con Beacon Hills? Assurdo, appunto.

 

 

 

Quindi, perché non ascoltare qualcuno che diceva assurdità? Magari nessuno riusciva a trovare Laura nei pressi del suo ultimo indirizzo perché si stava nascondendo nei boschi.

 

 

 

Stiles più o meno se la ricordava. Lei era all’ultimo anno di liceo quando se ne andò dalla città, e Stiles era in quinta elementare, ma Stiles l’aveva vista qualche volta girare nei boschi, e prese persino il suo stesso bus una o due volte, quando entrò in un gruppo di ragazze del liceo. I suoi ricordi erano probabilmente abbastanza nitidi per ricordarla e poi – ehi! Se avesse incontrato una donna dai capelli scuri, molto probabilmente era lei.

 

 

 

Non pensava di avere davvero possibilità di trovarla, tutti gli Hale conoscevano quei boschi meglio di chiunque altro in Beacon Hills, e dubitava Laura li avesse dimenticati, soprattutto se la sua sicurezza e libertà dipendeva dallo stare nascosta. Stiles però pensò fosse giusto almeno provarci. Avrebbe potuto controllare tutti i posti dove sarebbe stato logico per un fuggitivo nascondersi, partendo dai resti della villa degli Hale.

 

 

 

Se avesse potuto trovare Laura – o almeno una buona prova che dimostrasse che Laura era nei boschi – avrebbe reso la vita del padre più semplice. Avrebbe persino attirare l’attenzione della gente a scuola, e Lydia Martin avrebbe scoperto la sua esistenza.

 

 

 

Sicuramente, invece di girovagare nei boschi tutto solo e armato con nulla se non una torcia, avrebbe potuto andare ad un party e gettarsi nella mischia a parlare con le ragazze senza disgustarle completamente.

 

 

 

Stiles si mise in piedi, scrutando sotto gli alberi la carcassa nera della casa in rovina.

 

 

 

Avrebbe voluto Scott con lui. Scott si starebbe lamentando di quanto fosse rischioso, e starebbe elencando tutti i modi in cui sarebbe potuta andare male. Stiles allora discuterebbe con lui, e non se ne starebbe come un piccolo bambino spaventato all’entrata, incerto sull’entrare.

 

 

 

Stiles fece un respiro profondo, e si gettò nel cortile e salì gli scalini del porticato tutto d’un fiato, ma quando si trovò di fronte alla porta non poté fare a meno di esitare nuovamente.

 

 

 

Conosceva tanti ragazzini della sua età o più grandi che in passato quando si erano smarriti erano stati portati a casa Hale. Non aveva mai conosciuto nessuno che vi fosse entrato. Ma tutta la facciata frontale della villa era più che altro intatta, e sarebbe il posto più ovvio dove trovare riparo se fossi una pazza assassina-di-zii – o, per essere corretti, una donna che aveva tutte le ragioni per uccidere suo zio e ora aveva paura di essere presa dalla polizia. Far paura sarebbe una ottima difesa in entrambi i casi.

 

 

 

“E se fossi qui, mi avresti sentito arrivare tipo mezz’ora fa e non saresti più qui, giusto?” Disse Stiles “Non hai bisogno di uccidermi, è solo che non vuoi essere trovata. Quindi te la sei data a gambe, e ora non c’è pericolo. Posso semplicemente entrare e dare un’occhiata”

 

 

 

Stiles rimase lì. Dondolava sui propri piedi. La casa scricchiolò e gli alberi furono mossi dal vento, creando ombre confuse e offuscate nella luce della luna piena.

 

 

 

“Ok,” Stiles disse, e nessuno si sarebbe materializzato accanto a lui, né nessun altro “Ok, andiamo”

 

 

 

Spalancò la porta d’ingresso e accese la sua torcia. Sembrava tipo normale – carbonizzata e impolverata e grande, ma era riconoscibilmente una casa. C’era una rampa di scale allineata alla porta, Uno spiazzo in alto collegava le scale ai due corridoi da entrambi i lati. A questo punto c’era un altro spazio, dove delle porte conducevano al resto del piano terra. Quella zona era ancora coperta dal tetto, quindi la luce della luna proveniva solo dalle finestre sudice.

 

 

 

Non c’era nessun chiaro segno di frequentazione del luogo sulla porta. A Stiles era stato insegnato che, quando si perdeva, doveva salire nel punto più alto che trovava.

 

 

 

Guardò in cima alle scale e pensò ‘i luoghi alti sono sicuri, i luoghi alti ti fanno vedere tutta la situazione’. Se Laura fosse lì, non starebbe ai piani alti, dove potrebbe vedere tutta la situazione?

 

 

 

Stiles si preparò e s’incamminò sulle scale, gradino per gradino con cautela. Le scale scricchiolarono, ma sotto i piedi sembravano molto solide, e prima che se ne accorgesse si trovò al secondo piano. Lì sopra si sentiva come se stesse vedendo dalla cima di un albero – poteva vedere il cielo da alcune delle finestre, e poteva sentire il vento fischiare. Stiles si diresse verso sinistra, dove la luce della notte penetrava da una porta.

 

 

 

Si bloccò di colpo su un’altra soglia: era arrivato in un luogo dove il tetto era sparito, così come il muro laterale. La stanza era chiusa da tre lati, come un palcoscenico, ma era esposta al cielo tre metri dopo la porta e l’intera parete posteriore sembrava scheletrica, stecche di legno carbonizzate appese a intervalli irregolari. Adesso stava guardando attraverso le cime degli alberi scuri. C’erano cumuli di foglie ammassate a gruppi, e sembravano piccole piante che avevano messo radici tra le crepe delle assi del pavimento.

 

 

 

Stiles le illuminò con la sua torcia, e prima che avesse davvero deciso di farlo, stava entrando nella stanza bruciata, facendosi strada in direzione del rametto di verde illuminato dalla sua torcia. Inciampò a metà strada – le foglie fecero un rumore liquido sotto i suoi piedi. Barcollava in avanti e in indietro, agitando le braccia mentre cercava di recuperare l’equilibrio, barcollando e scivolando ancora ed ancora. Alla fine si ritrovò in piedi nello stesso istante in cui si rese conto di trovarsi sul bordo del pavimento, e le sue mani lasciarono cadere giù la torcia per afferrare le piante rampicanti cresciute lungo le pareti.

 

 

 

Penso ‘ok’, e poi l’erba nella sua mano si ruppe e pensò ‘ok, questo farà decisamente male ’ e poi stava cadendo.

 

 

 

Stiles provava a urlare, ma nessun suono usciva dalla sua bocca. Improvvisamente era tutto buio. Provò a pensare a cosa dovesse fare dopo, cosa sarebbe successo, ma tutto ciò a cui poteva pensare era ‘no, no, no’. Non significava nemmeno nulla, ma era l’unica parola che aveva in testa. ‘No’

 

 

 

Le sue mani erano sotto il suo corpo, ed era steso sull’erba. Era meglio si mettesse in piedi. Il Coach lo avrebbe sgridato vedendolo così, steso a terra. Dov’era Scott? L’erba era bagnata sotto le sue mani, e facevano male, tutto faceva male, ma si alzò. Si alzò a circa un centimetro da terra prima che un dolore che non aveva mai provato prima si facesse largo nella sua testa e nel suo petto. Emise un grido strozzato che si tradusse in un piagnucolio mentre cadeva su un fianco, il polso sinistro premuto sul petto, la testa che pendeva verso terra, come se potesse cadere. Avrebbe voluto farlo; nulla aveva mai fatto così male, mai.

 

 

 

‘No,’ Ansimava, il fiato corto come quello di Scott a fine allenamento. ‘No, oh, cazzo, ahi, posso avere un po’ di-‘

 

 

 

Si fermò di colpo, e realizzò. Sbatté le palpebre, socchiudendo gli occhi, e si rese conto che si trovava di fronte a un muro di pietra.

 

 

 

Era nella villa degli Hale. Era solo nei boschi. E nessuno poteva sentirlo se avesse chiamato aiuto.

 

 

 

Stiles continuò ad avere pensieri confusi riguardo dove si trovasse. Pensava di essere ad un allenamento di Lacrosse, pensava di essere nel suo letto, non sapeva dove fosse ma la situazione era brutta. Ogni volta che provava ad alzarsi, il dolore al polso prendeva il sopravvento, e cedeva.

 

 

 

A un certo punto strizzò gli occhi verso il muro e realizzò di trovarsi nella residenza degli Hale. Il suo polso era rotto, e probabilmente aveva concussioni. E aveva freddo. Aveva molto, molto freddo, e i brividi scuotevano tutto il suo corpo, mandando scosse di dolore attraverso il braccio, la testa e il resto del suo corpo. Sarebbe andato in ipotermia lì da solo.

 

 

 

“No,” Mormorò. Stava commettendo gli stessi errori che fanno nei film. “No. Cellulare.”

 

 

 

Stiles provò a trovare il suo cellulare nella tasca. La sua mano destra stava tremando violentemente e faceva un fottuto male – continuava a fare ridicoli piccoli suoni involontariamente – ma le sue dita riuscirono a raggiungere il suo cellulare e lo tirò fuori.

 

 

 

Non successe nulla quando cliccò il pulsante. Scosse un po’ il cellulare – un po’ per farlo riprendere, un po’ per il tremolio incontrollabile – ma era completamente rotto.

 

 

 

“No” Continuava a ripetere, chiudendo piano gli occhi “No, no, no, no, cazzo”

 

 

 

Qualcuno avrebbe trovato la sua auto di mattina. Avrebbero setacciato i boschi. Avrebbero mandato le unità K-9. Lo avrebbero trovato il giorno dopo. Ma doveva attraversare la notte, e il freddo aumentava, e Stiles era ferito e forse sanguinava. Non riusciva nemmeno a capire la gravità delle sue ferite.

 

 

 

E se aveva torto riguardo Laura, i lupi avevano davvero ucciso Peter Hale, che probabilmente non era senza speranze come lo era lui in quel momento. Se i lupi c’erano davvero, erano in qualche luogo lì fuori, e l’unica cosa che restava a Stiles era pregare.

 

 

 

“Aiuto” Disse, perché non poteva urlare. “Aiutatemi, mi sono perso, ho bisogno di aiuto”

 

 

 

Persino dire ciò lo stancava. Iniziò a zoppicare, il cellulare rotto gli scivolò dalla presa.

 

 

 

C’era un suono dietro di lui – niente di forte, solo probabilmente il vento, a parte per il fatto che sapeva non era quello. Serrò gli occhi, digrignando i denti per il dolore.

 

 

 

Il suono si fece più vicino; non era una persona, una persona a questo punto avrebbe detto qualcosa. Anche se avessero voluto ucciderlo non avrebbero avuto bisogno di avvicinarsi di soppiatto.

 

 

 

Qualcosa fece una sorta di sbuffo da cane, e Stiles non poté fermare un gemito e si aggomitolò in sé stesso. Il suo cuore batteva da far male nel petto e sapeva di dover correre ma sapeva anche di non poter alzarsi. Si contrasse un po’ e il dolore del movimento involontario fu lancinante.

 

 

 

“Oh, Dio. Ci sono davvero i lupi. Cazzo. Ti prego non mangiarmi, ok? Ti prego?”

 

 

 

Sussultò, soffocando un urlo, quando qualcosa gli toccò il lato del collo, proprio sotto l'orecchio. Era freddo e umido, come il naso di un cane, e gli annusò il collo e tutto il lato del viso. All'improvviso Stiles si rese conto che stava piangendo, che l’aveva fatto per un po’ e che aveva tutto il viso bagnato.

 

 

 

Il lupo gli leccò la guancia.

 

 

 

Stiles cercò di girare la testa per guardarlo, il che peggiorò ancora di più il dolore, ma il lupo non lo leccò più. Si spostò verso di lui in modo da poter vedere i suoi occhi - in modo che potesse guardarlo negli occhi. Per solo un secondo, gli occhi del lupo catturarono uno strano riflesso illuminati dalla luce della luna e sembrarono brillare di rosso, e Stiles abbassò lo sguardo mentre si allontanava.

 

 

 

Il lupo emise un altro sibilo e gli annusò la guancia, e quando si ritrasse di nuovo Stiles alzò lo sguardo. Questa volta i suoi occhi erano di un normale colore chiaro, traslucido, e grigi, come ogni cosa al chiaro di luna. Si limitò a fissarlo, e Stiles si guardò indietro, il panico sparì poiché il lupo non sembrava voler sfoggiare i denti o ringhiare o fare qualsiasi tipo di mossa per ucciderlo e mangiarlo.

 

 

 

‘Potrebbe essere un cane’, pensò, tranne per il fatto che non era evidentemente e totalmente vero. Non lo guardava come un cane guarda una persona. Non voleva nulla, né un regalo, né un giocattolo, né la sua tenera carne. Lo stava solo studiando, nel modo in cui una persona può studiare uno sconosciuto che ha appena detto o fatto qualcosa di inaspettato. Allo stesso modo in cui Stiles stava studiando il lupo, in effetti, ma era difficile pensare a cosa diavolo stesse succedendo con quel lupo quando non sentiva nulla se non il dolore lancinante alla testa e al polso e il freddo che si insinuava in tutto il resto del corpo.

 

 

 

Alla fine il lupo sospirò piano e avvicinò la testa, annusando Stiles. Gli diede un colpetto sul petto e poi sulla spalla col muso, e Stiles disse "Oh, scusa, ti sto intralciando la strada?"

 

 

 

Il lupo sollevò di nuovo la testa e lo guardò nuovamente negli occhi. Tutto ciò non aveva alcun senso, ma Stiles aveva appena subito un grave trauma cranico. Probabilmente stava avendo le allucinazioni e il lupo era un medico d’urgenza o un senzatetto o niente di tutto ciò.

 

 

 

Poteva anche parlarli, qualsiasi cosa fosse. “Suppongo sarebbe troppo chiederti di aiutarmi, huh? Non sei proprio il genere di Lassie, o no?”

 

 

 

Il lupo sbuffò a ciò, come se gli stesse rispondendo, e poi girò la testa e abbassò lentamente il muso fino al braccio destro di Stiles. Cercò di allontanarsi, ma senza muoversi, e la sua mano destra si chiuse involontariamente in un pugno.

 

 

 

 

 

Il lupo chiuse delicatamente i denti sulla manica della camicia di Stiles, senza toccargli il braccio. Si sollevò, girando la testa, finché Stiles non sollevò la mano più in alto possibile. Il lupo lasciò la presa sulla camicia e girò la testa dall'altra parte, urtando l'interno del gomito di Stiles in modo che il suo avambraccio si piegasse intorno al collo del lupo e improvvisamente Stiles aveva il braccio che cingeva lupo.

 

 

 

"Cosa," disse Stiles, e il lupo sbuffò e piegò di nuovo la testa con il braccio di Stiles, che era ancora intorno al suo collo; questa volta chiuse i denti sul bordo sbottonato della camicia di Stiles. Si sollevò delicatamente sul lato destro e il solo pensiero di mettersi in piedi fece battere all’impazzata il cuore di Stiles, allontanando un’offuscamento che non aveva notato insinuarsi nella sua mente. "Cosa, vuoi che io--"

 

 

 

E poi il lupo si sdraiò accanto a lui. Il braccio di Stiles lo seguì, appoggiandosi sul collo, e Stiles si rese improvvisamente conto che il lupo era caldo. Indipendentemente da cosa stesse coccolando, che esistesse o meno, non poteva resistere alla presenza di quel calore.

 

 

 

Stiles si premette forte il polso sinistro sul petto mentre cercava di rotolare senza muovere la testa. Riuscì a darsi la spinta, e fece maledettamente male, ma alla fine vi riuscì. Il lupo rimase semplicemente accanto a lui fino a quando Stiles non lo avvolse con il braccio destro e con la gamba destra, seppellendo il viso nella sua pelliccia. Stava ancora tremando, ma il lupo era caldo, morbido e piacevolmente soffice, come l'orsacchiotto con cui Stiles aveva dormito fino a un'età imbarazzante da esplicitare. Forse era quello che stava davvero sognando. Era il suo gigantesco lupo di peluche da coccolare quando era nei guai.

 

 

 

"Sì, così va meglio," mormorò Stiles nella sua pelliccia, sentendo di nuovo la sonnolenza spingerlo ad addormentarsi. "Sei il lupo migliore. Sei molto più figo di Lassie."

 

 

 

Il lupo emise un ringhio basso che Stiles sentì vibrare sul suo viso. Strinse un po’ 'la presa sul lupo, e poi il lupo si mosse sotto di lui, causando una familiare scossa di dolore attraverso la testa e il polso di Stiles, che peggiorò solo quando il lupo si raddrizzò - sembrava di avere le vertigini, suscitandogli quasi una sorta di sensazione gommosa e aveva bisogno di–

 

 

 

"Oh," mormorò Stiles, mentre la sua bocca si riempiva di saliva, "No--" e il resto delle parole si perse mentre vomitava lungo il fianco del lupo.

 

 

 

Il lupo rimase completamente immobile fino a quando non si fermò, e il ragazzo appoggiò la fronte contro quella del lupo borbottando "Mi dispiace, cazzo, faceva proprio schifo, mi dispiace." Il lupo iniziò a camminare, portandolo via dalla pozzanghera e dalla casa di Hale. Lontano da tutto.

 

 

 

Era una strana sensazione, essere trasportato in quel modo, puzzava di vomito e gli faceva male tutto. Stiles non riuscì a pensare a nulla oltre che al dolore, per capire cosa stesse succedendo, dove il lupo lo stava portando o cosa potesse accadere.

 

 

 

Dopo un po’ il lupo si stese di nuovo a terra, ma c’era un sacco a pelo, e Stiles poteva vedere, con la vista sfocata e oscurata, la luce della luna. Stiles si allontanò dal lupo; sentì subito più freddo, ma doveva allontanarsi dall'odore di vomito e doveva rimanere fermo.

 

 

 

Il lupo gli diede dei colpetti un paio di volte e sbuffò, per poi andarsene.

 

 

 

"Grazie," mormorò Stiles, e pensò che sarebbe dovuto entrare nel sacco a pelo.

 

 

 

E invece si rannicchiò, rabbrividendo fino a quando la nebbia nella sua testa non si trasformò in totale vacuità.

 

 

 

Si scosse di scatto quando qualcosa di bagnato gli premette sul viso, procurandogli un'altra esplosione di dolore.

 

 

 

Quello aveva un fetore di cane bagnato, ma era caldo. Stiles si piegò contro di esso, premendogli contro la guancia e gettandogli sopra anche il braccio e la gamba. Emise un ringhio basso, un rombo vibrante, e respirò delicatamente contro la sua fronte, e Stiles emise una sorta di rumore d’assenso e tornò a dormire.

 

 

 

Stiles si svegliò con una sensazione di umido e lo colpì un terribile mal di testa e un sapore ancora peggiore nella sua bocca asciutta.

 

 

 

"Non è giusto, Scott," borbottò. "Postumi della sbornia."

 

 

 

Un tocco bagnato gli sfiorò la guancia e si rese conto che non era un dito. Era una lingua, era-

 

 

 

Stiles aprì gli occhi e lo fissò. O stava ancora avendo allucinazioni o questo stava davvero accadendo, in qualche modo. "Sei ancora un lupo."

 

 

 

Il lupo emise un basso rumore –più un ringhio che un abbaio. Certo che era così; ovviamente era ancora il lupo.

 

 

 

 

 

"Mi fa ancora male la testa", gli disse Stiles, anche se ricollocava le mani e le gambe contro la sua pelliccia per aumentare il calore, mentre stringeva la presa con il braccio sinistro in modo che il polso non facesse più male del necessario. Sapeva, in qualche modo, quanto tutto ciò fosse folle, ma la sua testa era un oceano di dolore che stava per fuoriuscire dal suo cranio e quasi non sentiva più le dita. "Posso tornare a dormire ora?"

 

 

 

Il lupo sbuffò e rilassò la testa, e Stiles lo considerò come un sì. Nel silenzio che seguì, riuscì a sentire il suono costante della pioggia fuori dalla finestra. Il rumore lo fece dormire.

 

 

 

Si svegliò con un brontolio e si rese conto che era il suo stomaco. Stiles era ancora avvolto intorno al lupo, ma quello aveva sollevato la testa e lo stava osservando con le orecchie dritte, la testa inclinata.

 

 

 

"O vomiterò di nuovo o morirò di fame," mormorò Stiles, chiudendo gli occhi verso la luce grigia del mattino che filtrava nella stanzetta attraverso un'alta finestra insieme al suono della pioggia. Aveva un alito tremendo e riusciva ad odorarsi, o almeno odorava qualcosa che puzzava di sudore rancido, cenere e vomito, e probabilmente era lui.

 

 

 

La sua testa pulsava ancora, così come il suo polso, e non era nemmeno sicuro della situazione delle gambe, dei piedi e del ventre. Provò a fare un respiro profondo e stabilì immediatamente di non farlo mai più.

 

 

 

Il lupo si allontanò da lui e Stiles lo lasciò andare, piegandosi come un piccolo ricciolo sopra il sacco a pelo.

 

 

 

Dopo un po’ aprì gli occhi e si sollevò abbastanza da guardare la porta, perché sapeva che il lupo stava tornando per lui. Molto presto tornò con un mucchio di cose avvolte nella plastica e tenute tra i suoi grandi denti affilati.

 

 

 

Il lupo le lasciò cadere davanti alla faccia di Stiles: una barretta energetica, un pacchetto di Pop Tarts e un bastoncino di carne.

 

 

 

Stiles socchiuse gli occhi. Dio, gli faceva davvero male la testa. "Cosa, devo decidere quale è il cibo-giusto-da-colazione? Se scelgo male, morirò?"

 

 

 

Il lupo si lasciò cadere sul ventre, facendo un lungo respiro, come se fosse esasperato o forse un po’ divertito.

 

 

 

Stiles spostò lo sguardo sul lupo. Era enorme, di un nero matto, con gli occhi che erano di un colore grigio-marrone chiaro, come l'acqua del fiume. Sembrava essere ancora reale, anche se Stiles pensava di essere più o meno davvero sveglio ora, non tutto stonato come subito dopo la sua caduta.

 

 

 

Il lupo lo fissava e aveva dei denti molto grandi e degli artigli davvero lunghi e non emetteva alcun suono quando camminava. E Stiles non pensava seriamente che sarebbe morto, salvo il cibo ‘maledetto’ della colazione, perché il lupo-

 

 

 

Il lupo gli aveva portato la colazione. Il lupo aveva una stanza con un sacco a pelo nel quale farlo dormire. Il lupo si era svegliato di notte per controllarlo.

 

 

 

"Aspetta, stavi controllando che non fossi finito in coma?" Domandò Stiles, poi sussultò e abbassò la voce. "Perché ho una commozione cerebrale? La mamma di Scott lo faceva sempre dopo che lui ebbe una commozione cerebrale durante le prove di Lacrosse dell'anno scorso."

 

 

 

Il lupo lo guardò e basta. Dopo alcuni secondi in cui non gli diede alcun tipo di risposta, spinse leggermente il cibo verso di lui. La bocca di Stiles si riempì di nuovo di saliva e quando il suo stomaco gorgogliò di nuovo capì che era decisamente fame.

 

 

 

"Va bene, va bene, se insisti," disse, e prese le Pop Tarts. Pensò di sedersi a mangiare e poi si ricordò che l'ultima volta che aveva sollevato la testa di oltre due centimetri da terra aveva vomitato per il dolore. Il dolore era il peggiore che avesse mai sentito in vita sua, ma non abbastanza da impedirgli di avere fame. Si portò il pacchetto alla bocca con la mano buona e lo strappò con i denti.

 

 

 

Staccò un pezzo di Pop Tart e se lo infilò in bocca. Mirtillo glassato, ma non avrebbe discusso con un lupo sul miglior sapore di Pop Tart, almeno non con la bocca piena; mangiò il boccone più grande prima che la sua gola diventasse troppo secca per deglutire ancora.

 

 

 

"Acqua?"

 

 

 

Il lupo spalancò la bocca e Stiles tossì e deglutì faticosamente.

 

 

 

"Okay, sì, difficile da trasportare. Non hai un secchio o qualcosa del genere?"

 

 

 

Il lupo sbuffò e inclinò la testa, poi si mosse e chiuse i denti sulla camicia di Stiles - senza mordicchiargli la pelle, solo il tessuto – e la tirò su.

 

 

 

"No, non posso, ricordi cosa è successo l'ultima volta? Ti ho vomitato addosso."

 

 

 

Il solo ricordo di ciò fece rimpiangere a Stiles la Pop Tart che aveva appena mangiato. Il lupo sbuffò ma non lasciò andare la camicia, tirandola ancora pazientemente.

 

 

 

"Questo farà schifo," borbottò Stiles, ma pian piano si tirò su con il braccio buono, tenendo il polso sinistro appoggiato al petto. Aveva di nuovo le vertigini - lo ricordava con improvvisa, terribile reminiscenza della sera prima - ma il lupo si mosse in modo che si potesse appoggiare su esso mentre si alzava in posizione seduta. Riuscì a non rimettere di nuovo, anche se il dolore lo faceva sudare e gli faceva lacrimare gli occhi, e ci vollero un paio di minuti per essere completamente sicuri sul da farsi.

 

 

 

Quando era più o meno riuscito a sedersi, il lupo si alzò e gli tirò il colletto della camicia con i denti.

 

 

 

"Cosa, niente più corse sulle spalle? Super-lupetto? Qualunque cosa sia successa ieri sera?" Anche alle proprie orecchie la voce di Stiles gli risuonava confusa e borbottante.

 

 

 

Il lupo lo tirò di nuovo, ringhiando un po’ questa volta, e Stiles si sollevò fino alle ginocchia con il suo braccio buono posato sulla schiena del lupo. Le vertigini erano tornate, anche peggiori, e poteva sentire se stesso ansimare come se fosse molto lontano.

 

 

 

Ancora una volta il lupo lo aspettò e alla fine Stiles riuscì a mettersi sulle ginocchia, appoggiandosi al lupo o appendendosi ad esso a seconda della direzione verso la quale ondeggiava. Il lupo avanzò pazientemente accanto a lui, guidandolo fuori dalla stanza con il sacco a pelo e in un corridoio buio con il pavimento di pietra.

 

 

 

Stiles non si guardò attorno. Teneva gli occhi fissi sul terreno di fronte a sé, e proprio quando pensava che le sue ginocchia sarebbero venute meno o la sua testa sarebbe esplosa o avrebbe vomitato la maledetta Pop Tart, il lupo lo portò in una stanza nuova.

 

 

 

Stiles fissò stupidamente la scintillante porcellana bianca di fronte a lui: un gabinetto che era all'altezza giusta in modo che ci si gettasse per vomitare e un lavandino all'altezza degli occhi. Avrebbe dovuto tirarsi su per bere qualcosa. Gli si serrò la gola al pensiero dell'acqua così vicina e così lontana, e dagli occhi gli uscirono altre lacrime.

 

 

 

Il lupo gli tirò la camicia con i denti e Stiles alzò la testa in un tremendo dondolio vertiginoso. Il lupo si allontanò dal suo braccio e andò verso l'altro muro, e all'improvviso fuoriusciva acqua da un rubinetto sul muro, delle gocce caddero sul pavimento di piastrelle.

 

 

 

Stiles cadde in avanti sulle sue mani - urlò e tirò indietro il braccio sinistro - e si arrampicò goffamente in avanti fino a quando non collassò sotto il flusso d'acqua. Cadde e si mosse in modo che gli scivolasse l’acqua dritta in bocca, fredda, dal sapore arrugginito e delizioso. Bevve, bevve e bevve finché non iniziò a sentirsi male, e poi si spinse goffamente lontano dal muro.

 

 

 

Il lupo spinse una maniglia con la zampa, chiudendo l'acqua. Era una leva, facile da usare con una zampa o con i denti, ed era a circa otto pollici dal pavimento.

 

 

 

"È per te," Stiles disse, e guardò di nuovo il bagno e collassò di nuovo. "Questo è per gli umani, ma quello ..." tornò a guardare il rubinetto, notò la grondaia sotto di esso che scorreva verso uno scarico, "è per i lupi".

 

 

 

Il lupo sbuffò - sì, ovviamente - e andò fuori dalla stanza.

 

 

 

Stiles guardò con desiderio il gabinetto: ora che aveva avuto un po’ d'acqua doveva fare così tanta pipì che faceva male. Non era sicuro di potersi alzare per sedersi, per non dire altro. Adesso la pioggia contro la finestra lo torturava.

 

 

 

Il lupo rientrò di nuovo, portando ancora una volta la colazione: la barretta energetica, il manzo e la Pop Tart. Il lupo lasciò cadere tutto sullo stomaco di Stiles.

 

 

 

"Non sei davvero un lupo," disse Stiles, fissandolo mentre faceva un passo indietro.

 

 

 

Il lupo aprì la bocca, sfoggiando i suoi grandi denti e tirò fuori la sua lunga lingua da lupo. Si allontanò da lui e girò su sé stesso, tenendo la coda alta e lasciandosi osservare – era un grande, enorme lupo, un ragazzo lupo in effetti - da ogni angolo.

 

 

 

"Sì, okay, sembri un lupo, sei totalmente un lupo, ma non sei solo un lupo," insistette Stiles. La sua testa pulsava e il suo polso gli stava causando dolori lancinanti al braccio e doveva fare pipì e avrebbe potuto vomitare da un momento all'altro, ma valeva la pena concentrarsi su quello. Era sempre stato in grado di concentrarsi su tutto ciò che era sufficientemente interessante. Poteva farlo.

 

 

 

"Non sei solo un lupo," Stiles disse lentamente, ragionando. "Un lupo non mi avrebbe portato qui. Un lupo non farebbe un balletto per dimostrarmi di essere un lupo. Sei una persona. Sei-"

 

 

 

Ricordava la luna della notte prima, enorme, rotonda e splendente.

 

 

 

"Sei un lupo mannaro?"

 

 

 

Il lupo sbuffò di nuovo e si sedette, guardandolo con quegli occhi che sembravano lampeggiare di rosso nella notte.

 

 

 

"Aspetta, ma è il giorno dopo, la luna piena se n'è andata, quindi perché sei ancora- sei bloccato? Sei bloccato in questa forma? Sei-"

 

 

 

E tutto combaciò, clic clic clic clic, un lupo mannaro che è rimasto bloccato, le persone che nessuno è riuscito a trovare. La casa degli Hale. "Sei- non sei Laura, sei un ragazzo lupo. Derek? Derek Hale?"

 

 

 

Il lupo inclinò la testa e fece un piccolo suono. Stiles avrebbe potuto giurare di averlo quasi impressionato. Era un'espressione che Stiles aveva visto molte volte.

 

 

 

"Quindi è un sì. Sei Derek. E Peter è tuo - e i lupi hanno ucciso - tu ..." disse Stiles e il lupo - Derek - ringhiò.

 

 

 

"Giusto, ehm, colazione," disse Stiles in fretta, afferrando l'altra Pop Tart.

 

 

 

Le sue rotelle continuavano a girare mentre masticava: Peter era stato ucciso dai lupi, in particolare da due lupi. Lo sapevano perché avevano notato che uno era più grande dell'altro. Suo padre gli disse che il dottor Deaton pensava che avrebbero potuto essere un maschio e una femmina, per la differenza di dimensioni. Forse una coppia - o forse fratello e sorella, pensò Stiles, osservando Derek, che sedeva lì e lo scrutava.

 

 

 

Stiles tornò di corsa verso il muro e colpì il rubinetto per avere altra acqua su se stesso.

 

 

 

"Quindi tu e Laura siete entrambi lupi, vero? Lupi mannari?" Stiles disse, asciugandosi la faccia bagnata con il braccio buono.

 

 

 

"E questa è la tua casa, questo è il posto in cui sei cresciuto - questo deve essere il seminterrato. Ma non siamo entrati per la porta, vero? Ci deve essere un qualche entrata più facile quando sei un lupo. E questo rubinetto è fatto per un lupo - e tutti voi vivevate qui nel bosco, lontano dalle altre persone. Era così tutta la tua famiglia?"

 

 

 

Derek non emise alcun suono, si voltò e si sdraiò con le spalle verso Stiles.

 

 

 

"Oh," disse Stiles. "Oh. La tua - tutta la tua famiglia. Mi dispiace, Derek, era ... scusa."

 

 

 

Qualunque cosa fossero, l'intera famiglia di Derek era morta, e comunque anche suo zio era morto e sua sorella era scomparsa. Se fosse stata una lupa sarebbe stata lì con Derek, no?

 

 

 

Stiles finì la Pop Tart e stette un altro po’ sotto l’acqua per lavarsi prima di spingere il manzo sul pavimento e raggomitolarsi sul suo lato di pavimento bagnato e freddo, cercando di non pensare troppo a quanto dovesse fare pipì.

 

 

 

All'improvviso Derek si avvicinò a lui e diede una gomitata alla carne di manzo che Stiles aveva respinto.

 

 

 

"No, amico, non lo mangio a colazione, mi rimarrà tutto tra i denti e sul serio, non è cibo da colazione."

 

 

 

Derek si avvicinò a Stiles. Mise il muso così vicino alla faccia di Stiles che Stiles trattenne il respiro, poi Derek si spostò lungo il corpo di Stiles, annusandolo, fino a quando non arrivò in cima ai suoi jeans. Quindi diede un colpetto col naso alla vescica di Stiles, facendolo guaire e agitare, e lui cercò di non incazzarsi e anche di contorcersi senza sollevare la testa o spostare il braccio sinistro.

 

 

 

"Cosa", chiese Stiles. "Cosa, sì, devo fare pipì e non posso alzarmi, grazie per esserti interessato."

 

 

 

Derek scosse la testa, poi diede un colpetto sul fianco di Stiles e lo scavalcò. Derek era sulle zampe quasi sopra di lui - non c'era davvero molto spazio. Abbassò lo sguardo su Stiles, poi si diresse verso il muro sollevando una gamba e pisciando nella grondaia lungo il muro.

 

 

 

Derek fece un passo indietro e poi fece un piccolo scatto col muso. Il tuo turno.

 

 

 

"Non stai seriamente-" disse Stiles, e Derek fece di nuovo cenno con il naso verso la pancia di Stiles. Derek gli si avvicinò e si sedette, educatamente rivolto dall’altro lato.

 

 

 

"Okay," disse Stiles, chiudendo gli occhi e raccogliendo le forze. "Okay. Non devo nemmeno sedermi, giusto? Posso semplicemente farla da qui."

 

 

 

Si spinse più vicino al muro, aprì la cerniera dei pantaloni e tirò fuori il cazzo, chiudendo gli occhi in estasi mentre si svuotava contro la grondaia. Gli venne in mente che avrebbe dovuto vedere se ci fosse del sangue, ma per quanto potesse vedere la pipì era di un colore totalmente normale.

 

 

 

Quello che non era di un colore normale, però, era il fianco lungo il quale aveva tirato giù boxer e jeans. Stiles se li scrollò completamente di dosso, spinse i boxer più in basso e si tirò su la camicia, rivelando il perimetro rettangolare del suo telefono sotto forma di un enorme livido gonfio.

 

 

 

"Ow", disse, anche se in realtà non riusciva a percepirlo a causa del dolore alla testa e al polso, la pugnalata intermittente alle costole e il persistente crampo nella parte bassa della pancia per aver trattenuto troppo a lungo la pipì. Colpì il livido per curiosità e - ow, ow, ow - sì. Anche quello faceva male.

 

 

 

Stiles tirò di nuovo su boxer e jeans e poi rimase disteso a fissare il muro. Probabilmente c'era qualcosa che avrebbe dovuto fare dopo, ma tutto ciò che riusciva a pensare era che avrebbe dovuto strisciare di nuovo nell'altra stanza prima che lì diventasse troppo freddo, e questo era più di quanto potesse immaginare di fare in quel momento.

 

 

 

Derek gli diede una gomitata, annusandogli la spalla. Stiles gli si accasciò lentamente sulla schiena e lo guardò. Derek inclinò la testa e Stiles lo guardò senza muoversi e vide che era andato a prendere il sacco a pelo. Era posizionato tra il gabinetto e il lavandino, dove il pavimento era ancora asciutto.

 

 

 

Stiles chiuse gli occhi per un momento e iniziò ad avvicinarsi al sacco a pelo. Quando ci riuscì, Derek si sdraiò di nuovo accanto a lui, e Stiles non esitò nemmeno prima di avvolgerlo con braccia e gambe. Era asciutto, caldo e in generale fantastico, e Stiles non lo avrebbe lasciato andare molto facilmente.

 

 

 

"Seriamente, il migliore" mormorò Stiles, con il viso premuto sulla pelliccia della spalla di Derek.

 

 

 

Ci fu un movimento giù, sulla gamba di Stiles: un tonfo molto morbido e peloso. Stiles si era quasi addormentato, quando si rese conto che quella doveva essere stata la coda di Derek che si scuoteva, solo una volta, mentre Stiles non stava guardando.

 

 

 

Stiles si appisolò e si spense, ma alla fine non riuscì a ignorare il terribile pulsare incessante del suo polso rotto. Tutta la sua mano sinistra stava iniziando a sembrargli strana, e anche nonostante il continuo mal di testa poteva pensare abbastanza lucidamente per rendersi conto che quello era decisamente un brutto segno. Si allontanò da Derek e sollevò la mano sinistra per guardarlo, sbottonando con cautela il polsino della camicia per la prima volta.

 

 

 

"Ohhhh, cazzo," gemette Stiles. Tutto il suo polso era pieno di lividi e così gonfio da sembrare una parte di ricambio non corrispondente. Poteva vedere le cuciture della sua camicia premute sulla sua pelle viola-nera in piccole linee ordinate.

 

 

 

Derek emise un suono sommesso, annusando l'aria attorno al polso di Stiles, ma senza mai toccarlo. Si alzò e si diresse verso la toilette, abbassando il muso. Stiles pensò che stesse bevendo, ma poi si raddrizzò, sbuffò e tornò da Stiles per serrare i denti sul risvolto della camicia. In realtà non la strattonò, si limitò a chiudere i denti e tornare nuovamente in bagno e fece un gesto come ad inserirvi la testa dentro.

 

 

 

"Vuoi che metta il mio polso rotto in una toilette?" Domandò Stiles.

 

 

 

Derek lo fissò per un secondo, poi indicò di nuovo la toilette con il naso e guardò di nuovo Stiles. Vibrò delicatamente dappertutto, come se stesse tremando, anche se Stiles non pensava che i lupi rabbrividissero, e Derek sicuramente-

 

 

 

"Fa freddo?" Stiles disse, riconoscendo finalmente la farsa che stava recitando Derek. "È quello che mi stai dicendo? L'acqua lì dentro è fredda, quindi è come ghiacciarmi il polso?"

 

 

 

Derek annuì.

 

 

 

"E’ ANCHE UNA CAZZO DI TOILETTE!", urlò Stiles, e poi se ne pentì, perché la sua voce echeggiò orribilmente nel piccolo spazio della superficie del bagno, procurandogli di nuovo un mal di testa.

 

 

 

Derek fece una smorfia e poi tornò da Stiles. Sbatté il naso verso il polso di Stiles e poi inclinò la testa.

 

 

 

"No, ok, no, non ho idee migliori," mormorò Stiles, e si trascinò con cautela verso il bagno. Toccò la porcellana esterna della ciotola e poi infilò la mano: Derek aveva ragione, era davvero fredda. Probabilmente abbastanza fredda da uccidere i germi, come un frigorifero.

 

 

 

Stiles cercò di non pensare alle cose che aveva scoperto crescere nel loro frigorifero quando lui e suo padre si erano dimenticati di buttare via gli avanzi.

 

 

 

"Ad ogni modo, credo che siano passati sei anni da quando qualcuno l'ha usato, giusto?"

 

 

 

Derek sbuffò, stavolta sembrava divertito, e Stiles decise di credere che fosse così. Derek si sporse e sollevò la tavolozza con il naso. Stiles si tirò su per sporgersi contro di essa, sussultando in attesa del freddo e della grossolanità. Chiuse gli occhi e immerse la mano nell'acqua fino in fondo.

 

 

 

In realtà non aveva guardato prima di infilare la mano, ma lo shock del freddo gli fece aprire gli occhi. L'acqua era totalmente limpida, sebbene la tazza del water fosse circondata da strati di macchie arrugginite. Stiles aveva le dita fino in fondo nel canale sul fondo della tazza, cercando di non flettere il polso. L'acqua era fredda, ma sulla sua pelle era piacevole.

 

 

 

Per circa cinque secondi.

 

 

 

"Oh, cazzo, cazzo, è davvero fredda, merda ..." Stiles cercò di tirare indietro il braccio e Derek fu subito lì, appoggiandosi sulla sua schiena, chiudendo delicatamente i denti sulla parte posteriore del braccio di Stiles.

 

 

 

Stiles si bloccò. Poteva sentire i denti di Derek, piccoli punti di pressione attraverso la maglietta. Poteva sentire il respiro caldo di Derek attraverso il tessuto. Era molto consapevole di non potersi muovere con Derek lì, l'enorme corpo di lupo che lo premeva in quel posto. Rabbrividì leggermente.

 

 

 

"Ok," disse Stiles tremante. "Ok, so che è per il mio bene e tutto il resto, lo so. ‘Assicurati di tenerlo in acqua abbastanza a lungo perché faccia effetto’, giusto?"

 

 

 

Derek lasciò andare il braccio di Stiles; quest’ultimo riuscì solo a far oscillare un po’ il polso, facendo sgocciolare l'acqua nel water. Derek posò il muso sulla spalla sinistra di Stiles, spingendo il naso contro la sua gola e il suo orecchio in quella che Stiles pensava potesse essere una scusa.

 

 

 

"Sì," Stiles disse, "No, ehi, non avevo paura, mi hai spaventato, ragazzone. Ho solo-"

 

 

 

Derek gli sbuffò nell'orecchio e Stiles si chinò sul water.

 

 

 

"Ok! Sì, mi hai spaventato, e ho ancora maledettamente freddo."

 

 

 

Derek ringhiò piano e rimase pressato vicino a Stiles, tenendolo fermo senza usare i denti. Stiles allungò indietro la mano destra e la seppellì nella pelliccia dell'anca di Derek. Il contrasto tra il calore secco, peloso e il freddo fantastico e umido era quasi surreale.

 

 

 

Stiles chiuse gli occhi e si disse che non sarebbe caduto, non importa quanto si sentisse stordito. Non c'era molto spazio per cadere, e comunque Derek non gli avrebbe permesso di spostarsi.

 

 

 

Stiles non era sicuro di quanto tempo fosse passato quando Derek gli tirò il colletto della camicia, ma gli ci vollero alcuni secondi per rendersi conto che ora poteva muoversi. Quando distolse con cautela il braccio sinistro dal gabinetto, il suo polso era incredibilmente più piccolo - non di aspetto normale, e ancora tutto nero, viola e rosso, ma non così grottesco come lo aveva visto prima. Derek lo tirò di nuovo, e Stiles si spostò all'indietro verso il sacco a pelo e si accasciò con il braccio pressato rigorosamente sul petto. Attese pazientemente Derek, che però si allontanò, uscendo dalla stanza, lasciando Stiles a fissare la porta con gli occhi socchiusi.

 

 

 

Era seriamente ingiusto quanto velocemente il torpore svanisse e il suo polso ricominciasse a pulsare, sentendo calore per il dolore mentre allo stesso tempo il resto del corpo sentiva freddo l'acqua. Quando Derek riapparve, portava di nuovo un sacco di cose in bocca. Le lasciò cadere vicino alla testa di Stiles e Stiles batté le palpebre, cercando di scrutarle senza muoversi troppo.

 

 

 

Derek raccolse due bastoncini e li lasciò cadere più vicino a Stiles.

 

 

 

"Cosa," borbottò Stiles, "ora vuoi giocare a rincorrere l’osso?"

 

 

 

Derek ringhiò, forte e aspro, e Stiles sobbalzò e si sollevò sul suo gomito buono, poi abbassò di nuovo lo sguardo sui bastoncini. Erano piccole stecche piatte. Le estremità di entrambi erano scheggiate e spezzate. Stiles si guardò intorno per vedere cos'altro aveva portato Derek e si rese conto che si trattava di jeans strappati.

 

 

 

"Una stecca", realizzò Stiles. "Mi hai portato una stecca."

 

 

 

Derek si sedette e inclinò la testa in segno di approvazione, e Stiles trascinò tutta la roba verso di sè e rotolò sulla schiena, sollevando il polso sinistro. Tirò con cura la manica della camicia sul polso gonfio prima di pressare la stecca sul braccio. Teneva il braccio sinistro teso in modo che la stecca vi aderisse sopra, almeno per alcuni secondi, ma poi dovette sollevare l'altro per l'altro lato, e quindi non aveva più mani libere, quindi-

 

 

 

Derek emise un suono sommesso e si mosse. Lentamente aprì le mascelle e incontrò gli occhi di Stiles mentre avvicinava i suoi lunghi denti aguzzi al polso rotto di Stiles.

 

 

 

"Ok," disse Stiles, con la voce tremante. Poteva sentire il suo cuore battere, pulsare nella sua testa e nel suo polso, ma in realtà sapeva che non c'era altro modo. Derek non aveva fatto altro che aiutarlo finora, dopotutto. Derek sapeva quanto gli facesse male il polso. "Ok, solo - stai attento."

 

 

 

Ci fu un lieve schiocco quando i denti di Derek entrarono in contatto con il legno su entrambi i lati dell'avambraccio di Stiles; Stiles fece una smorfia, ma non provava dolore. Derek teneva le stecche contro il braccio di Stiles ma delicatamente.

 

 

 

Stiles staccò una striscia di stoffa e la mise all'estremità del legno nel palmo della mano, piegando faticosamente le dita per tenerlo lì. Ci vollero un paio di tentativi per capire come far sì che i cerchi trattenessero l'estremità, e quando fece scorrere una striscia sotto la base del pollice, sopra l'inizio del polso, emise un rumore involontario per quanto lo strinse forte.

 

 

 

Derek allontanò un po’ i denti in modo che Stiles potesse continuare ad avvolgere. Stiles digrignò i denti e continuò ad andare avanti, stringendo ogni giro stretto mentre le sue mani tremavano e la sua vista si offuscava. Quando Derek non ebbe più bisogno di tenere le stecche contro il polso di Stiles, spinse la testa nell'ascella destra di Stiles, aiutandolo a tenere il braccio sollevato mentre avvolgeva.

 

 

 

Dovette sbattere le palpebre con chiarezza quando si rese conto di aver quasi terminato, così che potesse fare un nodo. L’estremità del denim gli scivolò due volte dalle dita, e quando fece davvero il nodo singhiozzava mentre imprecava. Alla fine vi riuscì  e Derek gli lasciò abbassare il braccio e si sdraiò accanto a lui, in modo che Stiles potesse rotolare e appoggiare il polso storto sulla schiena di Derek.

 

 

 

Stiles non dormiva, restava solo completamente immobile e insicuro se sarebbe mai stato in grado di muoversi di nuovo, quando Derek si sporse in avanti e gli leccò le guance. Lacrime pungenti continuavano a fuoriuscire dagli occhi di Stiles, ma Derek continuava a lavarle via finché Stiles non nascose la sua faccia contro il collo di Derek.

 

 

 

Stiles ebbe un incubo: che Derek gli facesse togliere la stecca e immergere di nuovo il polso nell’acqua. Era ancora raggomitolato attorno alla toilette con il braccio in fondo al gabinetto, appoggiando la testa sull'altro braccio, sul bordo, quando si rese conto di essere sveglio.

 

 

 

Sollevò la testa troppo in fretta per cercare Derek, e si stordì talmente tanto che ondeggiò violentemente e batté il polso rotto contro l'interno del water. Soffocò il suo grido a metà strada e Derek si precipitò verso di lui e gli ringhiò contro, entrando per afferrarlo di nuovo.

 

 

 

"No, fottiti," urlò Stiles, la sua voce tremante, anche mentre si aggrappava al gabinetto per trovare l'equilibrio, il dolore alla testa come un tuono e un fulmine tutto in una volta. "Non è stato fottutamente giusto, farmi fare questo mentre dormivo."

 

 

 

Derek sbuffò e agitò la testa in una specie di gesto sbalordito, e Stiles non ci pensò nemmeno. Tolse la mano destra dalla presa sul bordo del water e afferrò il muso di Derek.

 

 

 

"No", scattò, nello stesso momento in cui capì che le sue dita non erano molto lontane dalla mascella di Derek. "Lupo cattivo!"

 

 

 

Per un secondo rimasero entrambi completamente immobili, poi gli occhi di Derek si illuminarono di rosso e un ringhio gli rimbombò nel petto come un terremoto. Stiles lo sentì vibrare nelle ossa delle dita, in tutto il braccio destro, e non riuscì a distogliere lo sguardo dagli occhi rossi di Derek. Il suo stomaco tremava come la gelatina meno buona di sempre. Si rese conto che stava traballando, con nient'altro per mantenerlo che la sua presa su Derek, e poi si rese conto che aveva bisogno di lasciarsi cadere.

 

 

 

Stiles tirò indietro la mano, lasciando il braccio sospeso in aria tra lui e Derek, come se avesse qualche speranza di proteggersi se Derek avesse deciso di fare un passo avanti e morderlo. Ma Derek, dopo un altro lungo secondo di fissazione e un ringhio, si voltò e uscì dalla stanza.

 

 

 

L'adrenalina abbandonò Stiles e all'improvviso gli scoppiò la testa e fu più vertiginoso che mai. Riuscì a cadere sul water invece di cadere sul pavimento. Si lamentava un po’ ad ogni respiro, ma teneva il polso rotto in acqua.

 

 

 

Dopo un po’ iniziò a contare, solo per fare qualcosa, qualcosa su cui potesse concentrarsi invece del dolore e della paura. Rimase fermo e contò fino a cento. Cinquecento. Un migliaio.

 

 

 

La sua voce si stoppò dopo mille e dodici - in qualche modo non riuscì a dire tredici - e gli venne in mente che questo significava che aveva tenuto la mano in acqua per ... molti minuti.

 

 

 

La estrasse lentamente e la guardò; sembrava di nuovo meno gonfia, e le sue dita e il suo palmo erano pallidi, rugosi e dall'aspetto morto. Le sue dita, quando le fletteva, si muovevano rigidamente. Stiles non riusciva a sentirle.

 

 

 

Stiles sollevò cautamente la testa e guardò verso il sacco a pelo. La stecca giaceva lì, la stoffa ancora arrotolata attorno. Stiles si avvicinò con cautela e scoprì che poteva far scivolare il braccio all'interno e doveva solo riannodare i passanti di stoffa da solo. Ci riuscì, prima che l'intorpidimento si fosse completamente esaurito.

 

 

 

 

 

Quando ebbe finito, riuscì a entrare nel sacco a pelo, ma non era affatto caldo come quando aveva Derek con sé. Stiles voleva chiamarlo, ma allo stesso momento aveva paura che tornasse.

 

 

 

Avrebbe lasciato decidere a Derek. Derek doveva tornare, giusto? Non avrebbe trascorso tutto questo tempo a occuparsi di Stiles solo per poi lasciarlo lì da solo a congelare o a morire di fame o a morire in qualche modo, intrappolato in solitudine nel seminterrato sotto la casa degli Hale.

 

 

 

Steso lì da solo, Stiles pensò per la prima volta se riuscisse ad uscire da solo. Sulla scia di quel pensiero seguì quello di essere tornato nella sua stanza, di suo padre-

 

 

 

Oh Dio, suo padre probabilmente lo stava cercando. Stiles alzò lo sguardo verso la finestra e si rese conto che la luce stava già svanendo; doveva essere almeno a metà pomeriggio e Stiles era scomparso ormai da tutta la notte e da quasi tutto il giorno. Aveva piovuto per ore, quindi i cani avrebbero potuto non essere in grado di trovare il suo odore. Sarebbero andati a cercarlo, non trovando nulla - la sua Jeep e forse ciò che restava del suo telefono - ma non lui. Non lo avrebbero trovato qui. Non lo avrebbero mai trovato.

 

 

 

No, pensò Stiles, anche se il suo respiro cominciò ad affievolirsi, no, no, no, non ora. Si irrigidì a causa del dolore ancor prima che arrivasse, mentre si sforzava di inspirare, e emise un forte suono che era quasi un fischio col tentativo di respirare. Sapeva che c'erano cose che avrebbe dovuto fare e pensieri che avrebbe dovuto pensare e tutto ciò che poteva effettivamente pensare era no, no, per favore, no, poiché l'attacco di panico lo inghiottì.

 

 

 

Aprì gli occhi e, oh sì, scintille nere dappertutto. Questa era una brutta cosa, era davvero brutta. Avrebbe potuto morire per questo, per paura. Avrebbe potuto letteralmente spaventarsi a morte, di tutte le fottute cose stupide per cui morire.

 

 

 

Derek emise un suono brusco mentre entrava nell’ottica di Stiles. Spinse il naso contro il petto di Stiles un paio di volte e Stiles si accigliò. Stupido lupo, avrebbe respirato se potesse avesse potuto fottutamente respirare; dirgli di respirare non sarebbe stato d'aiuto. Quindi Derek spinse la testa all'interno del sacco a pelo e prima che Stiles si rendesse conto di cosa stesse succedendo, la mascella di Derek si stava chiudendo attorno al suo polso destro, i denti premuti sulla sua pelle in piccoli punti quasi doloranti.

 

 

 

"No!" Stiles urlò e alla fine riuscì a respirare.

 

 

 

Derek indietreggiò rapidamente e si sdraiò proprio di fronte a Stiles, con la testa sulle zampe. I suoi occhi non brillavano e non stava ringhiando. Stiles fece alcuni respiri profondi e regolati e poi si allungò per toccare la zampa di Derek con la mano buona, quella che Derek aveva quasi morso.

 

 

 

"Immagino che siamo pari?" Sussurrò Stiles, con la gola ancora stretta e graffiata, le vertigini di adrenalina, anche se il dolore lo fece svenire per pochi secondi.

 

 

 

Derek sbuffò, ma fece schioccare la lingua per leccare il dorso della mano di Stiles. Stiles voleva discutere -infondo l'intero attacco di panico era stato comunque colpa di Derek - ma il terrore era estenuante praticamente da quando Derek lo aveva trovato. Stiles chiuse gli occhi con la mano ancora sulla zampa di Derek, assicurandosi che non andasse da nessuna parte.

 

 

 

Stiles si svegliò di nuovo con Derek che gli dava una zampata sul naso. Stiles gli disse un paio di volte di andare via, ma Derek continuò a farlo finché Stiles non aprì davvero gli occhi, a quel punto si rese conto che la luce stava svanendo. La stanza era già in ombra, i colori si affievolivano dappertutto. Gli occhi di Derek erano solo grigi, adesso.

 

 

 

Stiles riuscì semplicemente a distinguere gli oggetti sul pavimento di fronte a lui: carne di manzo e più Pop Tarts. Derek li spinse più vicino e poi si appoggiò al muro. Stiles sospirò e annuì con cautela. Mangiava obbedientemente, morso per morso. Dovette strisciare verso il rubinetto per bere quando era a metà della carne di manzo.

 

 

 

Mentre era ancora raggomitolato sul pavimento in prossimità del rubinetto, trattenendo il respiro prima di iniziare a mangiare la Pop Tart, chiese "Posso andarmene?"

 

 

 

Derek giaceva proprio accanto al corpo di Stiles e Stiles lo sentì sussultare alla domanda. Inclinò la testa, poi si alzò, indietreggiò e sollevò il muso un paio di volte. In piedi.

 

 

 

Stiles in realtà ci provò, più per ostinata determinazione ad affrontare la sfida di Derek che per qualsiasi illusione che potesse farcela. Allungò la mano buona e afferrò il rubinetto, e questo lo aiutò ad arrivare al punto di sedersi contro il muro, con le vertigini e con la testa che sentiva si sarebbe spaccata da un momento all'altro, ma cupamente determinato a continuare. Riuscì a sollevarsi sulle ginocchia, il che gli fece ribaltare lo stomaco e la testa sembrava piena di martelli e calabroni arrabbiati mentre il suo senso di su e giù andava letteralmente in tutte le direzioni.

 

 

 

Fanculo, ce l’avrebbe totalmente fatta. Abbassò un piede, più o meno - la sua caviglia si contorse un po’ e il piede scivolò nella grondaia, ma si sollevò nello stesso momento in cui stava cadendo, il che lo fece solo girare la testa.

 

 

 

Si appoggiò sulla schiena di Derek, il respiro gli usciva a stento. Derek rimase completamente immobile mentre Stiles era sospeso lì, e alla fine Stiles riuscì a mettersi in ginocchio e nascondere il viso nella pelliccia di Derek mentre aspettava che tutto smettesse di girare e far così tanto male.

 

 

 

Non si fermò, ma si abituò abbastanza da scivolare fino in fondo sul pavimento, con la testa appoggiata sul fianco di Derek. Derek rimase fermo finché Stiles non si arrese e afferrò la Pop Tart, poi Derek emise un lieve suono burbero e si raggomitolò sotto la testa di Stiles.

 

 

 

"Ok," Stiles disse, quando la sua bocca era piena di zuccherata pasta semicotta e si sentì come se avessero acconsentito a dimenticare quel totalmente umiliante spettacolo, "ma posso andarmene?"

 

 

 

Derek sbuffò e si raggomitolò più stretto attorno a Stiles in un modo che lo fece smettere di masticare. Era troppo simile al modo in cui Derek lo aveva pressato contro il gabinetto, e anche se fosse stato per il suo bene-

 

 

 

"Derek," disse Stiles, con la voce tremante, e prima che potesse ribattere Derek sbuffò e si allontanò, lasciando Stiles a chinarsi contro il muro. Stava diventando più difficile da vedere, ma Derek scosse la testa su e giù in un grande, esagerato cenno del capo, tranne che per il fatto che era anche rigorosamente fuori dalla portata di Stiles, con la coda che sporgeva dritta dietro di lui.

 

 

 

"Derek," ripeté Stiles, "puoi ... potresti andare a chiamare qualcuno? Potresti chiamare mio-"

 

 

 

Padre? La parola gli morì in gola e non riuscì a dirlo. Non riusciva nemmeno a pensare così tanto, perché avrebbe pianto o sarebbe tornato l’attacco di panico o - prese un altro boccone di Pop Tart e si concentrò su Derek.

 

 

 

Derek sbuffò e si scosse tutto, poi uscì dalla stanza senza guardarsi indietro. Per un secondo Stiles pensò che fosse finita, che Derek fosse andato a chiamare aiuto, ma poi Derek rientrò.

 

 

 

Stiles socchiuse gli occhi. Sapeva che era Derek, ma tutto ciò che riusciva a vedere era un’ombra stranamente simile a un cane, con la coda alta e scodinzolante, irradiando un'aria di gentilezza canina. E poi Derek si lasciò cadere, si scagliò leggermente di lato in basso; Stiles distolse lo sguardo automaticamente, verso la finestra, da dove proveniva probabilmente il colpo.

 

 

 

Ma non c'era stato uno sparo - nessun suono di vetri rotti, nessun suono di petardi - e quando Stiles si guardò indietro, Derek sollevò la testa e fece un suono aspro e irritato.

 

 

 

"Tu-" Stiles ci pensò su. "Anche se ti presentassi come un simpatico cane da cartone animato, ti sparerebbero. Perché pensano - perché - i lupi."

 

 

 

Perché i lupi hanno ucciso Peter Hale, che era lo zio di Derek, che era stato bruciato gravemente dal fuoco che aveva lasciato orfani Derek e Laura. Perché Derek e Laura, dopo tutti questi anni, erano tornati a Beacon Hills e avevano assunto la forma da lupo e avevano ucciso lo zio, e ora Derek era bloccato in quel modo. Ora chiunque avesse visto Derek avrebbe pensato che non fosse altro che un animale.

 

 

 

"Non glielo permetterò," disse Stiles e Derek guardò verso di lui. Non riusciva a vedere gli occhi di Derek, ma scommetteva che Derek poteva vederlo bene. La sua presa sulla sua Pop Tart si rafforzò, per mancanza di altro a cui aggrapparsi.

 

 

 

"Non permetterò a nessuno di farti del male," ripeté Stiles.

 

 

 

Era una cosa stupida da dire dal momento che Stiles non poteva nemmeno alzarsi in piedi e aveva un solo braccio funzionante e Derek era un gigantesco lupo mannaro. Ovviamente era stupido, ma era comunque vero. Derek lo aveva salvato e continuava a prendersi cura di lui, e qualunque cosa fosse successa con Peter Hale, Stiles sapeva che Derek non era cattivo. Non poteva esserlo. Se Stiles avesse dovuto restare fermo fino a quando non fosse riuscito a uscire da solo, se fosse stato ciò che serviva per impedire che Derek venisse sparato da un sovraeccitato vicesceriffo, d'accordo. Stiles avrebbe fatto la sua parte.

 

 

 

Gli occhi di Derek s’illuminarono, rossi come un falò. Stiles non riuscì a indietreggiare, ma si premette contro il muro e rimase immobile. Derek non ringhiava; non sembrava arrabbiato. Erano solo i suoi occhi rossi che brillavano all'improvviso. Stiles chiuse gli occhi quando quei fari rossi si avvicinarono troppo, ma Derek spinse semplicemente la faccia contro quella di Stiles. Si strofinò contro la sua guancia destra e poi fece lo stesso dall'altra parte.

 

 

 

Stiles vi si appoggiò dopo un secondo che era restato immobile, sfregando la guancia contro la mascella pelosa di Derek. Derek si tirò un po’ indietro e leccò la fronte di Stiles, facendolo ridere.

 

 

 

"Ok, quindi va bene, non permetterai a nessuno di farmi del male, eh? Quindi adesso siamo decisamente pari?"

 

 

 

Derek emise una specie di risata e un piccolo scuotimento di tutto il corpo che probabilmente significava No, ovviamente no. Abbassò la testa e diede una zampata alla mano di Stiles, e Stiles obbedientemente tornò a mangiare la sua Pop Tart.

 

 

 

Derek non lo fece di nuovo, ma Stiles inzuppava il polso ogni volta che iniziava a fare troppo male. Una volta che fu completamente buio, non riusciva più a rimettere la stecca, ma finché rimase per lo più immobile non gli sembrava importare troppo. Per le - ore? minuti? - volte in cui è riuscì a dormire tra un viaggio e l'altro verso il gabinetto per inzupparvi il polso, appoggiò il braccio lungo la schiena di Derek e mise il viso contro la sua spalla e provò a dormire.

 

 

 

La seconda o la terza volta, un po’ di luce lunare filtrava dalla finestra e Stiles stava pensando troppo per riuscire ad addormentarsi prima che l'intorpidimento svanisse. Stiles si ritrovò a chiedersi di nuovo come Derek fosse rimasto bloccato nella forma di lupo; deve essersi trasformato diversi giorni prima della luna piena per aver morso Peter con i denti da lupo ed dev’essere rimasto così anche durante il giorno. Ora la luna doveva star per calare, ma eccolo lì.

 

 

 

E poi il cervello di Stiles, come sempre, saltava delle tappe, e non riuscì a ricordare la domanda che in realtà era l'unica che avrebbe dovuto porre. Lui era quello che lo aveva portato lì, dopo tutto.

 

 

 

"Derek," disse Stiles, girando la testa quanto bastava per dirlo senza mangiare il pelo del lupo, "dov'è Laura?"

 

 

 

Derek cercò di allontanarsi, ma Stiles serrò la presa. "No, scusa, scusa, non importa, non-"

 

 

 

Derek fece un cenno sulla guancia di Stiles, spingendolo in modo leggermente scocciato- ma senza denti, senza ringhiare - finché Stiles non premette il viso sulla pelliccia di Derek. Stiles sentì la pressione del muso di Derek contro la parte posteriore della sua testa. Si girò quanto bastava per assicurarsi di poter respirare.

 

 

 

Non doveva nemmeno chiedersi cosa intendesse Derek. Fu abbastanza facile da capire. Sta’ zitto. Non voglio parlarne.

 

 

 

Stiles fece scivolare le dita nella pelliccia di Derek, in segno di tacite scuse, e poi si concentrò sul rilassarsi, anche se sapeva che non sarebbe stato in grado di dormire affatto.

 

 

 

Stiles si svegliò con la luce del sole, da solo, e si sentì come se fosse completamente sveglio per la prima volta da molto tempo. Aveva ancora la testa che gli batteva forte, e sentiva il suo polso essere troppo gonfio, come se avesse carboni roventi dove avrebbero dovuto trovarsi le ossa, ma in realtà aveva la testa più leggera, abbastanza da rendersi conto di quanto fosse stato obnubilato prima.

 

 

 

Fissò il soffitto sopra di lui: travi e assi, nere per l’essere state bruciate, con alcuni tubi e fili che attraversavano le crepe. Non l'aveva mai visto prima, e non sapeva se la sua vista fosse stata sfocata o se non gli fosse mai venuto in mente di guardare qualcosa che non fosse Derek. La finestra era striata d'acqua, ma la luce era splendente, quindi la pioggia si era fermata.

 

 

 

Stiles abbassò lo sguardo e si guardò attorno nel piccolo bagno. Derek non era lì. Ancor prima che potesse davvero provare a preoccuparsi di dove fosse Derek - o se la sua confusione per la commozione cerebrale si fosse tradotta nell’allucinazione di tutto ciò - vide il pacchetto di Pop Tarts pronto per lui accanto a una barretta energetica.

 

 

 

"Grazie per la colazione, Derek," disse Stiles, senza alzare la voce. Le orecchie dei lupi dovevano essere almeno efficienti come quelle dei cani, e probabilmente anche migliori; Derek sarebbe dovuto essere in grado di sentirlo se fosse stato nelle vicinanze, e se non fosse stato nelle vicinanze non avrebbe avuto senso urlare.

 

 

 

Stiles tenne il polso sinistro pressato contro il petto sporgendosi per prendere il cibo. Era già arrivato a met delle sue Pop Tarts prima di rendersi conto che era seduto e non stava per vomitare o cadere. Si alzò in ginocchio e si diresse spedito verso il rubinetto per dell’acqua, poi si sedette di nuovo per finire la colazione.

 

 

 

Derek non si era ancora fatto vedere quando Stiles ebbe finito, quindi immerse ancora un po’ il polso, cercando di non pensare a tutti i germi a cui probabilmente si era già esposto. Riusciva anche ad alzare la testa mentre lo faceva - gli faceva ancora un dannato male, ma essere a pochi metri da terra non era più dolorosamente paralizzante o disorientante.

 

 

 

Si arrese dopo pochi minuti e il suo polso sembrava più o meno lo stesso di quando l'aveva immerso, anche se la sua pelle era superficialmente insensibile. Trovò la stecca e la rimise a posto, e lo fece sentire stranamente protetto.

 

 

 

Non c'era ancora traccia di Derek. Stiles guardò la porta per un pò, prese in considerazione le sue opzioni e poi provò a dirigersi verso la porta. Si appoggiò contro di essa e lentamente, con cautela, si alzò in piedi. Ebbe le vertigini e la sua testa stava per scoppiare - dovette chiudere gli occhi e aggrapparsi al muro con la sua mano funzionante - ma dopo un po’ potette aprire gli occhi e contemplare l’idea di muoversi, forse. Fece un passo cauto nel corridoio con la mano buona ancora aggrappata alla pietra irregolare del muro.

 

 

 

Derek era in piedi a circa un metro di distanza. Stiles si fermò di colpo, ondeggiò e si appoggiò al muro. Non distolse gli occhi dal lupo gigante in piedi nel seminterrato poco illuminato nemmeno per un secondo.

 

 

 

"Merda," disse debolmente Stiles. "Sei fottutamente enorme, amico."

 

 

 

Derek inclinò semplicemente la testa e sbuffò impazientemente.

 

 

 

"No, voglio dire, lo sapevo già" concordò Stiles mentre Derek si avvicinava a lui. "Solo – pensavo fosse la forzata prospettiva o il modo in cui il cervello fa sembrare la luna più grande quando è all'orizzonte, capisci? Ti ho sempre visto da terra, ma Gesù Cristo, in realtà sei- "

 

 

 

Derek rimase lì, avvicinandosi all'anca di Stiles come se non fosse un grosso problema. "Sei come un piccolo pony. I bambini potrebbero cavalcarti."

 

 

 

Derek alzò gli occhi su Stiles e ringhiò, e Stiles agitò piano la sua mano ferita, per poi fermarsi quando gli fece assurdamente male.

 

 

 

"Va bene," disse debolmente, "ok, voglio dire, ovviamente nessun bambino piccolo proverà a cavalcarti. Sarebbe folle."

 

 

 

Derek sbuffò di nuovo e si avvicinò, spingendo Stiles lontano dal muro, così che appoggiasse la mano sana sulle spalle di Derek. Stiles si trascinò lentamente lungo il corridoio, con il polso ferito appoggiato sulla spalla opposta e la testa bassa, osservando i propri piedi. Doveva concentrarsi sul camminare e tutto faceva malissimo, ma ci riusciva, il che significava che stava migliorando. Era quasi guarito, era--

 

 

 

Si voltarono verso un’altra porta e Stiles dovette appoggiarsi pesantemente a Derek mentre avanzava per un paio di passi. Quella stanza era buia, ma una volta che Derek lo guidò fino ai gradini, si allontanò e tornò con una candela e dei fiammiferi. Stiles si sedette sul gradino per accendere i fiammiferi - Derek tenne la candela in bocca finché Stiles non la accese - e poi Stiles la sollevò e rivelò la piccola stanza ombrosa.

 

 

 

C'era una forma scura sul pavimento sporco, e c'era anche un buco.

 

 

 

Questo era tutto ciò che Stiles riuscì a distinguere per alcuni secondi, poi tra un battito di ciglia e l'altro, mise a fuoco la situazione: c'era un lupo nero steso a terra e c'era una tomba. Stiles si alzò a stento; Derek lo sostenne, sebbene Stiles già sapesse che avrebbe dovuto fare il contrario, anche senza guardare da vicino. Inciampò sul lupo, cadendo in ginocchio con un tonfo sordo.

 

 

 

Stiles sollevò la candela e le ombre cambiarono radicalmente mentre la sua mano tremava. Quella era una ragazza lupo ed era molto, molto morta.

 

 

 

"Laura?" Stiles disse, la sua voce già tremante.

 

 

 

Derek era lì, tra Laura e la tomba che doveva aver scavato. Era rotonda e disordinata, coi bordi storti, ma un lupo non poteva usare una pala. L'aveva scavata con le proprie mani - zampe - per lei.

 

 

 

"Tu--" disse Stiles, poi alzò lo sguardo e incontrò gli occhi spalancati di Derek.

 

 

 

Si morse il labbro e pensò accuratamente prima di dire altro; Derek distolse lo sguardo per primo, girandosi e saltando nel buco. Ci fu un suono scavante, ma soprattutto Stiles era solo lì con - con Laura.

 

 

 

Stiles si piegò per sedersi, guardandola. C'erano altre ferite piene di sporcizia sul suo corpo, oltre a quella enorme che doveva averle strappato gran parte del fegato. Aveva avuto uno scontro ed era morta. E aveva contribuito ad uccidere Peter, il che significava-- doveva significare-- che stava combattendo Peter e Peter l'aveva uccisa. Peter era stato trovato nel bosco, ma Laura era lì. Per quanto ne sapesse Stiles, non avevano detto nulla sul fatto che il corpo di Peter fosse stato spostato da dove era stato ucciso, quindi probabilmente era successo dove era stato trovato. Ma Derek aveva riportato Laura lì e stava scavando la sua tomba.

 

 

 

Stiles posò la candela.

 

 

 

Derek non aveva ucciso sua sorella. Non poteva averlo fatto. Peter l'aveva uccisa, e lei aveva ucciso Peter, o forse non ci era riuscita, e Derek aveva dovuto finire il lavoro. Forse Derek li aveva trovati a combattere ed era saltato dentro per difenderla, o forse--

 

 

 

Poteva essere successa qualsiasi cosa. Ma Derek non aveva fatto nulla di male. Stiles ne era sicuro.

 

 

 

Derek balzò fuori dal buco e rimase lì di fronte a Stiles. Stiles lo guardò e tornò a guardare Laura. La teneva d'occhio, cercando di memorizzare il suo viso, cercando di vedere Laura e non solo un lupo, un animale. Avrebbe voluto ricordare meglio quella ragazza del liceo dai capelli scuri.

 

 

 

Disse quasi con fermezza "Era tutto quello che avevi, vero? Dopo l'incendio - lei e - e tuo zio - erano gli unici rimasti. E ora sei solo tu."

 

 

 

Derek si avvicinò, spingendo la testa contro il petto di Stiles e Stiles si raggomitolò intorno a lui, premendo il viso tra le orecchie di Derek. Poteva sentire il respiro di Derek contro il suo petto. Non era davvero sicuro che abbracciarlo andasse bene, ma dopo un secondo capì che Derek sarebbe riuscito a scappare abbastanza facilmente se non lo volesse. Appoggiò con cautela le braccia sul collo di Derek.

 

 

 

"Mi dispiace", bisbigliò, e ciò lo colpì con improvviso dolore perché la gente gli aveva detto quelle parole inutili e stupide tante volte dopo la morte di sua madre. Non c'era nient'altro da dire. E le parole erano dieci volte più stupide e inutili da dire a Derek, perché era sua sorella, suo zio e tutta la sua famiglia e ora era solo, bloccato come lupo e nascosto in quel seminterrato.

 

 

 

Stiles tenne gli occhi socchiusi. "Derek, mi dispiace, mi dispiace così tanto."

 

 

 

Derek si ritrasse lentamente e delicatamente, leccò la faccia di Stiles mentre questo sbatté le palpebre, cercando di fermare le lacrime. All'improvviso si sentì sopraffatto dall'assenza di sua madre, nello stesso momento in cui realizzò che questa era anche l'assenza della madre di Derek, del padre di Derek, di tutta la famiglia di Derek.

 

 

 

Per un minuto non riuscì a capire come Derek potesse sembrare così calmo, come i suoi occhi grigio-marrone potessero ancora essere asciutti, e poi si rese conto.

 

 

 

I lupi non potevano piangere.

 

 

 

Sembrava essere anche peggio in qualche modo, che Derek non potesse nemmeno farlo. Stiles singhiozzò e Derek sbuffò e si premette di nuovo vicino all’umano. Stiles nascose il viso per tutto il tempo in cui Derek rimase lì, ma poi Derek si staccò, questa volta fino in fondo.

 

 

 

Si avvicinò a Laura e annusò lungo il suo corpo in modo lento e deliberato. Stiles non riusciva davvero a sentire un odore peggiore di sé stesso: c'era un vago odore di fogna, ma soprattutto di terra. Non pensava che Derek la stesse proprio annusando. La stava salutando.

 

 

 

Stiles allungò la mano buona verso di lei, e Derek sollevò la testa e lo guardò, poi abbassò di nuovo la testa. Stiles posò con cura la mano sulla pelliccia del viso di Laura.

 

 

 

Sembrava Derek, ma lei era fredda e immobile. Stiles fu improvvisamente, visceralmente felice di non aver mai toccato sua madre, dopo essere morta. Guardarla era già stato abbastanza brutto.

 

 

 

"Addio", disse Stiles, perché era l'unico a poterlo dire. La sua voce tremò, ma deglutì e continuò a farlo. "Addio, Laura Hale. Riposa in pace."

 

 

 

Stiles guardò Derek, che lo stava osservando, e cercò di capire se ci fosse altro che Derek voleva che dicesse.

 

 

 

"Eri una brava sorella," provò Stiles, e Derek fece un leggero trama che sembrava un accordo. "E Derek ti amava, ed eri davvero coraggiosa. Devi essere stata così fottutamente coraggiosa. E Peter Hale è morto, quindi tu –sei stata vendicata, Laura, e Derek starà bene. Mi assicurerò che stia bene, proprio come lui si è preso cura di me. Non sarà mai solo, lo prometto. "

 

 

 

Derek sbuffò piano e Stiles strinse i denti per smettere di parlare. Derek emise alcuni suoni bassi, quasi come stesse parlando. Poi inclinò la testa all'indietro e emise un suono lugubre che avrebbe dovuto essere un ululato. In quella piccola stanza buia e sotterranea, era quasi come un cantare, e tutti i peli sul corpo di Stiles erano dritti.

 

 

 

Quando Derek ebbe finito, sorpassò Laura ed si mise in un angolo della stanza vicino alla porta, tornando poi con una grande tela ruvida piegata. La lasciò cadere a terra tra Laura e la tomba, e Stiles lo aiutò a distenderla, poi tenne dritto il bordo mentre Derek trascinava Laura su di esso. Stiles si morse il labbro e lasciò che le lacrime gli scendessero sul viso mentre aiutava Derek a coprirla con il panno.

 

 

 

Derek si prese un altro momento in piedi accanto a Laura, poi gemette in gola, abbassò la testa e la spinse goffamente nella tomba. Atterrò con un tonfo che avrebbe dovuto essere un po’ divertente, ma fece solo dolorosamente mozzare il respiro di Stiles nel petto. Quando Derek saltò dopo di lei, Stiles si sentì terribilmente solo come non mai. Afferrò la candela e si sporse, sporgendosi oltre il bordo per guardare Derek che sistemava la stoffa attorno a Laura.

 

 

 

Dopo un po’ si rese conto che Derek era semplicemente lì, a spingere il naso contro la stoffa senza muovere nulla. Ricordò il modo in cui suo padre era rimasto accanto alla bara fino all'ultimo minuto, non lasciandoli chiuderla finché non le aveva sistemato i capelli dietro l’orecchio ancora una volta. Poi di nuovo. E di nuovo.

 

 

 

"Derek," Stiles disse piano, perché nessun altro lo avrebbe fatto e questa volta non poteva semplicemente stare lì davanti con Scott e guardarsi i suoi piedi. "Dai, vieni fuori di lì."

 

 

 

Derek alzò gli occhi e ringhiò, i suoi occhi lampeggiarono di rosso, ma Stiles strinse la sua candela e mantenne la posizione.

 

 

 

"Per favore," Stiles disse piano. "Dai."

 

 

 

Derek abbassò lo sguardo, ringhiando come un motore al minimo, poi si preparò e saltò, arrampicandosi e uscendo dalla parte opposta rispetto a Stiles. C'era un grande mucchio di terra lì, e Derek iniziò a allungare il naso e a spingerla, facendola cadere nella tomba, su Laura.

 

 

 

Stiles posò la candela a terra a fianco alla tomba e poi andò verso il punto in cui si trovava Derek, usando la sua mano buona per spingere la terra giù. Si sfinì quasi immediatamente, respirava affannosamente per il dolore alle costole e il dolore alla testa aumentava, ma continuò a farlo perché anche Derek stava continuando. Doveva essere fatto, e la mano di Stiles era migliore della zampa o del naso di Derek.

 

 

 

La tomba era stata riempita a metà - Laura era completamente coperta - quando Stiles iniziò ad avere le vertigini spingendo e quasi vi cadde dentro. Derek lo afferrò, ovviamente, le sue mascelle che si serrarono attorno al braccio di Stiles e lo tirarono indietro. Stiles non ebbe nemmeno il tempo per spaventarsi - merda, avrebbe fatto male - quando Derek gli lasciò andare il braccio e lo spinse via dal buco, premendo tutta la testa contro il petto di Stiles.

 

 

 

Derek si fermò accanto a lui, premendoglisi contro. "Ok, ok, ok, rimarrò tranquillo, starò semplicemente seduto qui a guardarti mentre fai tutto il lavoro sporco e non cercherò di aiutare nemmeno un pò, lupaccio prepotente."

 

 

 

Stiles si aspettava un ringhio di risposta, ma Derek gemette. Sollevò la testa abbastanza da toccare la gola di Stiles, e poi il suo braccio, dove Derek lo aveva afferrato, dove si sentiva vagamente contuso ma non faceva davvero male.

 

 

 

"Cosa," disse Stiles, mettendo la sua mano buona sulla spalla di Derek. "Cosa, ehi, va bene. Sto bene, amico. Sto bene. Sono solo stanco. Immagino di non essere ancora pronto al lavoro manuale."

 

 

 

Derek sbuffò. Si precipitò a toccare col lato del muso la guancia di Stiles e poi si voltò. Tornò a spingere la terra nel buco, sollevando un nuvolone di polvere e diventando ancora più sporco di quanto non fosse già.

 

 

 

Stiles voleva guardare - rimanere con Derek in quel momento difficile, anche se non poteva davvero aiutare - ma a un certo punto sbatté le palpebre e improvvisamente la candela fu quasi terminata, e Derek non stava spingendo così tanta terra nella tomba.

 

 

 

"Ehi," Stiles disse, e Derek si fermò e lo guardò.

 

 

 

"Derek, devo..."

 

 

 

In realtà non poteva dirlo, non con Derek in piedi sulla tomba di sua sorella. Gli si serrò la gola e strizzò gli occhi di nuovo, pensando al funerale di sua madre, a tutta la famiglia di Derek e alla casa bruciata sopra di loro. Derek fece un paio di passi avanti, ma nella sua postura c'era qualcosa di diffidente. Non si avvicinò abbastanza da toccarlo. Sapeva cosa avrebbe detto Stiles.

 

 

 

"L’ho promesso," riuscì Stiles. "L’ho promesso a Laura e l'ho promesso a te e dico davvero. Non ti lascerò mai solo e non permetterò mai a nessuno di farti del male, ma, Derek, io --Devo. Mio padre è--"

 

 

 

Derek si avvicinò troppo in fretta perché l'occhio di Stiles potesse seguire il suo spostamento, e improvvisamente si raggomitolò attorno a Stiles, il naso contro la parte inferiore del suo collo mentre Stiles appoggiò la fronte contro la spalla di Derek.

 

 

 

"È tutto ciò che ho, Derek. E io sono tutto ciò che lui ha. E dev’essere così spaventato in questo momento, manco da due giorni e non riesce a trovarmi. So che mi sta cercando, so che ci sta provando con tutte le sue forze, e non mi trova e non sa il perché. Non sa che mi hai portato qui per tenermi al sicuro. È --ha davvero paura-- "

 

 

 

Stiles non poteva dire altro. Sentì il respiro di Derek sulla nuca e sapeva che i denti di Derek erano proprio lì, ma sapeva di essere al sicuro con Derek. Non sapeva se Derek lo avrebbe lasciato andare.

 

 

 

"Tornerò," sussurrò Stiles. "Lo farò. Non ti lascerò solo qui fuori. E non dirò nulla su di te. Ma devo andare a casa, Derek. Devo vedere mio padre e probabilmente anche in ospedale per un po’, e poi io-- prometto che tornerò, devi credermi ".

 

 

 

Derek ringhiò e Stiles rise un po 'istericamente.

 

 

 

"Ok, sì, non è necessario, ma te lo prometto, Derek. Tornerò. Solo --proprio ora, ora che posso camminare, devo andare, ok?"

 

 

 

Derek indietreggiò e sollevò il muso, lo stesso gesto di ieri. In piedi. Provalo.

 

 

 

Stiles rimase seduto per alcuni secondi, preparandosi, poi appoggiò la mano buona contro il muro e si sporse in avanti mentre si alzava in piedi. Derek fece un passo indietro, ma Stiles si rifiutò di essere aiutato, rimanendo fermo fino a quando le vertigini e il dolore non passarono. Quando fu pronto fece un passo cauto in avanti e Derek fece un altro passo indietro.

 

 

 

Derek lo condusse fino alle scale in quel modo. Stiles tornò a guardare la candela accesa e lo sporco tumulo che segnava la tomba di Laura.

 

 

 

"Ehi," disse piano. "Tornerò. Chiedi a mia mamma, faccio visita, non sono uno di quei bambini da cui non hai più notizie."

 

 

 

Stiles distolse lo sguardo dalla tomba di Laura non appena ebbe finito di parlare; non c'era mai una risposta, e nulla da guadagnare nel sentirsi come se ne stessi aspettando una. Derek lo attese sul gradino più alto, e rimase lì abbastanza a lungo da permettere a Stiles di appoggiarli una mano sulle spalle e mentre saliva i due gradini nel corridoio.

 

 

 

Derek gli passò accanto, allontanandolo dal bagno in cui si era accampato. Oltrepassarono un'altra porta, qualche gradino più in là, e Stiles riconobbe la finestrella alta e si rese conto che era dove Derek l'aveva portato per la prima volta. Il suo epico viaggio in bagno, ieri, era stato di circa quattro metri.

 

 

 

"Voglio una medaglia," mormorò Stiles, guardando Derek, le cui orecchie guizzarono in segno d’ascolto. "La più prestigiosa

 

 

 

Derek sbuffò e lo condusse più avanti nel corridoio o nel tunnel, o qualunque cosa fosse. Diventava sempre più scuro e lungo; alla fine Stiles si rese conto che aveva attraversato tutto il seminterrato. Infilò le dita nella pelliccia di Derek e Derek si fermò e annusò la coscia di Stiles, emettendo alcuni suoni bassi, come una rassicurazione.

 

 

 

"Sì," disse Stiles, facendo un respiro lungo e profondo e sussultando per il dolore alle costole. "Sì, sto bene, sto solo -- sto bene. Andiamo."

 

 

 

Derek sbuffò e si allontanò di nuovo, ma camminava più lentamente, mentre Stiles si trascinava. Chiuse gli occhi e si fidò di Derek e si disse che le pareti non si stavano sicuramente chiudendo, il che funzionò fino a quando Derek non lasciò la presa.

 

 

 

Stiles aprì gli occhi e finalmente riusciva a vedere le pareti e in realtà erano abbastanza larghe da permettergli di camminare liberamente. Inoltre, c'erano delle scale che in salita di fronte a lui. Molte scale.

 

 

 

C'era luce in alto, però. La luce doveva significare che era un’uscita, dove suo padre – o comunque il dipartimento dello sceriffo e i cani da ricerca e qualunque volontario suo padre avesse mobilitato - poteva trovarlo.

 

 

 

"Che schifo di situazione," disse Stiles.

 

 

 

Allungò la buona mano contro un muro, il gomito contro l'altro, e alzò il piede sul primo gradino. Derek indietreggiò, spingendolo delicatamente da dietro, e Stiles sapeva che ciò significava che non sarebbe potuto cadere. Teneva gli occhi sull’obbiettivo, quella luce che filtrava da sopra, appoggiandosi alla parete sinistra quando dovette fermarsi per riprendere fiato. Si sentiva come se stesse portando un migliaio di chili sulle spalle, la zavorra della stanchezza che gli stringeva i polmoni e faticava ad ogni passo, ma non riusciva a rinunciare a causa di Derek che lo spingeva.

 

 

 

Cadde in ginocchio quando raggiunse la cima, il che fece male - il pavimento era di pietra. Derek gli passò accanto e lo sovrastò, bloccando momentaneamente la luce, e poi Stiles dovette abbassare la mano e strisciare in avanti in una piccola apertura con una stretta uscita all'aria aperta, circondata da piante. Stiles si rialzò in piedi e ci provò, ma Derek non lo seguì.

 

 

 

Stiles si voltò a guardare, solo per scoprire che Derek stava facendo pipì su nell'ingresso che avevano appena attraversato.

 

 

 

"Marchi il tuo territorio, eh?" disse Stiles.

 

 

 

Derek sollevò lo sguardo, tutto il suo corpo si piegò leggermente in una posizione stranamente diffidente. Stiles si rese conto che era la cosa più animalesca che avesse mai visto fare a Derek.

 

 

 

Fece un sorriso strano scherzando. "Stai per fare bau-bau?"

 

 

 

Derek ringhiò di nuovo ma si rialzò quando tornò di fianco a Stiles. Si fece strada attraverso la fessura nella roccia, oltre il groviglio di rami e fuori nella grigia luce solare invernale. Il terreno esterno s’irradiava verso il fiume e Stiles si bloccò. Sapeva esattamente dove si trovava. Proprio così, non era più perso.

 

 

 

"Sono -- lo sai, riesci a sentirli? C'è qualcuno nelle vicinanze? Cani?"

 

 

 

Derek scosse la testa su e giù, guardando verso il fiume. Stiles si scagliò su Derek, avvolgendolo con entrambe le braccia.

 

 

 

"Grazie," sussurrò Stiles. "Tornerò appena posso."

 

 

 

Derek emise un suono impaziente, spingendo via Stiles con il naso e Stiles si rialzò goffamente in piedi e si guardò attorno. Si mosse attorno al tumulo di rocce muschiose che proteggevano l'ingresso della caverna – dove Derek aveva fatto pipì - e si diresse verso un’altura facilmente arrampicabile. Si stancò più velocemente senza Derek lì a spingerlo avanti; quando si guardò indietro, Derek era lì seduto a guardarlo.

 

 

 

Stiles si voltò e fece qualche passo più avanti, finché non raggiunse un albero contro il quale poteva appoggiarsi.

 

 

 

Chiuse gli occhi, circondò con il braccio buono le costole e poi si fermò a fissare il lupo.

 

 

 

"Oh, sarebbe un peccato", disse, guardando di nuovo Derek. "Non potrei mai farlo da solo, nemmeno iniziare la strada."

 

 

 

Derek rimase lì seduto ad aspettare.

 

 

 

Stiles sbuffò e aprì la fasciatura, facendo cadere la stecca. Mise il polso rotto sul petto, fece un respiro profondo e iniziò a fischiare.

 

 

 

Metà dei cani poliziotti nella Contea di Beacon erano stati a casa Stilinski almeno una volta, e praticamente tutti avevano usato la stanza di Stiles come allenamento per annusare la droga (non che, ovviamente, ci fosse qualcosa di illegale nella sua stanza, ma era stato posizionato lì affinchè i cani potessero esercitarsi; se avesse mai avuto la minima idea di nascondere qualcosa lì, beh, ci sarebbe stato un cane da ricerca che controllava il posto, in media, ogni due settimane da quando aveva dieci anni). Tutti i cani lo conoscevano. Probabilmente non avevano nemmeno avuto bisogno di un oggetto con il suo odore, solo un Vai a trovare Stiles.

 

 

 

E Stiles aveva da tempo imparato il più importante fischio-comando. Il lavoro ormai era fatto. Non dovette aspettare di essere trovato se qualcuno dei cani fosse stato abbastanza vicino da sentirlo; sarebbero andati da lui grazie a quel fischio.

 

 

 

Derek, nel frattempo, era in piedi, con la testa inclinata. Dopo alcuni secondi si voltò e corse leggermente giù per il pendio, tuffandosi dritto nel fiume e risalendo in superficie quasi fuori dall’ottica. Aveva appena fatto splash quando Stiles sentì abbaiare, e si voltò verso di quel suono, appoggiandosi ancora all'albero.

 

 

 

"Ehi, bello, sì, vieni qui, vieni qui", chiamò Stiles. "Chi sei tu, Arnie? Bruce? Dai, belli, venite qui, venite a prendermi”

 

 

 

L'abbaiare divenne sempre più forte e Stiles pensò di poter sentire delle urla di sottofondo. Ciò fu straziante per un secondo, ascoltare altre voci umane dopo due giorni da solo con Derek. Intravide i cani che arrivavano tra gli alberi. Arnie era in testa con Bruce, Heidi e Leroy vicini, e Stiles scivolò per terra sedendosi e lasciandoli scondinzolargli attorno. Li abbracciò e lasciò che tutti lo punzellassero, stringendo i denti per il dolore, perché aveva bisogno di essere visto coperto di peli di cane prima che qualcuno si chiedesse perché fossero su tutti i suoi vestiti.

 

 

 

Le urla si interruppero pochi secondi dopo, e tutti i cani si allontanarono da lui, ricordando improvvisamente che erano in servizio e non era proprio il momento di giocare come facevano nel cortile degli Stilinski. Stiles alzò lo sguardo dietro i cani e vide alcuni vice-sceriffi correre verso di lui a tutta velocità e - oh, Dio - e suo padre, in jeans e felpa, era raro indossasse vestiti-fuori-servizio. Aveva il viso arrossato e correva più veloce di chiunque altro.

 

 

 

"Oh Dio, per favore, non avere un infarto proprio ora," mormorò Stiles. Cercò di alzarsi ma non ce la fece. Si sistemò per alzare la mano destra con il pollice in su.

 

 

 

Ciò non rallentò affatto suo padre, sebbene Stiles fosse vagamente consapevole che i vice-sceriffi rallentarono, parlando con urgenza l'uno con l'altro. Suo padre gli si inginocchiò accanto, le mani tremanti che si allungavano verso di lui senza entrare in contatto. Affannava troppo per parlare, gli occhi lucidi.

 

 

 

Stiles lasciò cadere la sua mano col pollice alzato e mise il braccio attorno al collo di suo padre, appoggiandosi al suo petto. "Sto bene, papà."

 

 

 

"Ok," ripeté suo padre con un sussulto, le braccia che avvolgevano Stiles con cautela e poi si stringevano. "Va bene. Va bene, dice, dopo due giorni di--"

 

 

 

Suo padre si interruppe bruscamente, premendo il viso nella parte superiore della testa di Stiles, il che peggiorò il suo mal di testa ma a Stiles non sarebbe potuto importare di meno.

 

 

 

"Sto bene adesso", chiarì Stiles, nella felpa di suo padre. Puzzava di casa, di biancheria fresca e di sudore, un fine settimana trascorso a fare le faccende di casa. Stiles avrebbe dovuto portare fuori la spazzatura quando sarebbe tornato a casa; domani era lunedì e il camion della spazzatura sarebbe arrivato prima del bus per la scuola.

 

 

 

"Va tutto bene," ripeté Stiles e chiuse gli occhi.

 

 

 

Suo padre disse il suo nome e in un certo senso lo scosse. Non era che Stiles non avrebbe potuto rispondere, ma era davvero stanco: tutte quelle scale, i passi e il seppellire Laura, lasciando Derek, e tutto il resto. Non voleva ancora alzarsi. Voleva solo restare lì per qualche altro minuto. Sapeva che suo padre sarebbe andato a prendersi un caffè e sarebbe tornato a dirgli quando era davvero il momento di alzarsi, quindi andava tutto bene.

 

 

 

Solo allora sentì Scott urlare il suo nome, e Stiles si destò di scatto provando a cercarlo.

 

 

 

"Stiles," sentì dire a uno Scott senza fiato, lanciandosi nel campo visivo di Stiles, apparentemente sudato e paonazzo.

 

 

 

"Inalatore", disse Stiles automaticamente. Almeno se Scott non fosse riuscito a correre, c'erano i vice pronti a soccorrerlo.

 

 

 

Ma poi arrivò Allison, appoggiata alla spalla di Scott e porgendogli il suo inalatore. Scott le sorrise con un sorriso di gratitudine - quello che faceva a Stiles quando sapeva dove si trovava il suo inalatore - e fece un paio di veloci boccate.

 

 

 

Mentre Scott inalava, Allison abbassò lo sguardo su Stiles, rivolgendogli un sorriso smorfioso: sono contenta che tu sia vivo ma mi dispiace che tu sia legato ad una barella rovinando del tutto il mio fine settimana. Ma a quanto pare il primo appuntamento era andato bene.

 

 

 

"Eravamo così preoccupati", disse, quasi seriamente, come avrebbe fatto Scott. "Abbiamo aiutato la polizia a cercarti. Sono così felice che tu stia bene!"

 

 

 

Scott annuì freneticamente, l'inalatore ancora in bocca. Stiles disse "Scott, hai finito un intero inalatore negli ultimi due giorni che correvate per i boschi?"

 

 

 

Scott abbassò l'inalatore, infilandolo frettolosamente in tasca mentre diceva "No, ma aspetta. Amico, dov'eri? Sembri messo male. Abbiamo trovato la Jeep e poi hanno trovato il tuo telefono e la tua torcia vicino alla casa degli Hale, ma con tutta la pioggia i cani non sono riusciti a rintracciarti. "

 

 

 

"Sono caduto", disse Stiles, perché era ovvio, e poi iniziò con il resto della storia. Doveva solo attenersi il più possibile alla verità senza menzionare però Derek. "Ero al secondo piano della casa degli Hale e sono caduto. Immagino di aver avuto una brutta commozione cerebrale perché non avevo idea di dove fossi andato, sapevo solo che dovevo trovare un posto dove ci fosse caldo e non piovesse. Sono arrivato in piccola grotta o qualcosa del genere, e sono rimasto lì. Ma oggi sono riuscito a svegliarmi e a ragionare, e ho capito che dovevo uscire e farmi trovare da qualcuno. "

 

 

 

Scott sembrava non avere problemi con quella storia; Allison si accigliò un pò. Fortunatamente il padre di Stiles strinse lasua mano e disse "Okay, siamo pronti per andare".

 

 

 

Scott e Allison se ne andarono e alcuni vice si posizionarono, sollevando Stiles e - oh, ehi, su un'ambulanza. Suo padre rimase proprio accanto a lui, tenendogli la mano, e Stiles pensò che per un po’ sarebbe stato giusto chiudere di nuovo gli occhi.

 

 

 

 

 

 

 

Note della traduttrice:

 

*rullo di tamburi* I’M BACK BITCHES!

Proprio così, la quarantena ha fatto qualcosa di utile: farmi riavvicinare alla Sterek e al fantastico mondo che è Efp, che per me è stato per anni un rifugio sicuro, e ne sono grata. Sono tornata dopo ben quattro anni, non posso credere sia passato così tanto tempo! Mentre recupero tutte le ff arretrate, ho trovato sui consigliati di The Sterek Library su tumblr questa meraviglia dolcissima, che volevo condividere con voi. In accordo con l’autrice mi sono cimentata nel tradurla, e traducendola me ne sono follemente innamorata, spero sia lo stesso per voi! Nella speranza di alleggerirvi e addolcirvi la quarantena con un po’ di sano fluff<3

   
 
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