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Autore: AleeraRedwoods    03/04/2020    3 recensioni
Dal testo:
“Tu sei nata per una ragione e il tuo cammino non può cambiare.
Ma un destino scritto è anche una maledizione.
Il tuo compito è salvare la Terra di Mezzo,
riunirai i Popoli Liberi e scenderai in battaglia.
Una prova ti attende e dovrai affrontarla per vincere il Male.
Perché la Stella dei Valar si è svegliata.
La Stella dei Valar porterà la pace.
A caro prezzo.”
(Revisionata e corretta)
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Aragorn, Nuovo personaggio, Thranduil
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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-La quiete prima della tempesta-


    Il sole batteva insistentemente su Gondor, incurante della battaglia che si sarebbe consumata sotto di lui da lì a pochi giorni. Le aquile volavano in alto, sparendo a tratti oltre la cresta delle montagne.
    Il rumore delle fucine e il vociare degli uomini si erano fatti meno intensi da quando la Stella dei Valar aveva rivelato il proprio piano e gli eserciti avevano iniziato a spostarsi, sgomberando l’area Est dei vasti campi del Pelennor.
    Ora, il vociare dei soldati si era ridotto a un teso brusio e la Cittadella pareva immersa nel più cupo dei silenzi.
    Lassù, scompostamente seduta sul davanzale della grande finestra della Torre di Ecthelion, Sillen cercava di riposare. Lasciò che il vento le scompigliasse i capelli senza muovere un solo muscolo, la pelle incredibilmente dorata sotto i raggi di mezzodì.
    Glorfindel, seduto dall’altro angolo della finestra, respirava profondamente ad occhi chiusi, la testa appoggiata al marmo bianco. Aveva momentaneamente abbandonato l’armatura, felice di potersi rilassare comodamente anche solo per qualche ora. Solo il lento alzarsi e abbassarsi dei loro petti lasciava intendere che i due fossero creature vive.
    La quiete prima della tempesta.
    Nonostante l’estate fosse ormai alle porte, l’aria era insolitamente fredda e un presentimento sinistro aleggiava sulla terra bruna di Gondor, sollevandosi da essa come un miasma velenoso.
    Un brivido d’inquietudine attraversò Sillen, che spostò lo sguardo dal cielo per posarlo sull’elfo dorato davanti a lei: -Man mathach, mellonamin? (Hai sentito, amico mio?)-
    Lui schiuse appena gli occhi in due fessure lucenti, un accenno di sorriso sulle labbra: -Gerim ad lû, Sillen. (c’è ancora tempo, Sillen)- Lei si raddrizzò lentamente: -Lo so.-
    Glorfindel alzò un sopracciglio: -Allora perché sei così irrequieta? Sei pronta adesso. A noi non resta che aspettare, sai?- La stella si tirò in piedi, stiracchiandosi: -Non è solo la battaglia, ho uno strano presentimento… Presto accadrà qualcosa. Solo, non so ancora cosa.-
    -Cosa intendi dire?-
    -Le voci dei Valar sono scomparse dalla mia mente, da quando sono partita dal Reame Boscoso. Eppure, c’è qualcosa a Ovest, che sembra voler attirare l’attenzione.- Confessò, puntando lo sguardo verso l’Eriador, quasi come potesse vedere davvero quelle terre così lontane. L’eco fastidiosa continuava a punzecchiarle la mente, senza sosta e non aveva idea di ciò che questa volesse comunicarle.
    Era pronta per la battaglia: che altro doveva fare?
    -A guerra conclusa, dovrò indagare.- Mormorò, dopo un lungo sospiro: -Sempre se vinceremo.-
    Il Vanyar annuì, senza contraddirla.
    Dopo poco, egli puntò nuovamente lo sguardo dorato sulla stella. Tormentava le sue dita sottili, le labbra erano martoriate e pallide, vittime dei suoi morsi ansiosi. Doveva calmarsi o sarebbe arrivata alla battaglia già priva di forze.
    Bene, constatò l’elfo: era giusto il caso di cambiare discorso.
    -Posso farti una domanda, senza essere indiscreto?- Lei inclinò la testa curiosa e lo lasciò continuare.
    -Cos’è successo tra te e Thranduil?-
    Gli occhi ametistini di Sillen si fecero duri come gemme.
    -Sei indiscreto.- Sentenziò, stringendo le labbra e alzando il mento imperiosamente. Lui si abbandonò ulteriormente contro il muro, le braccia conserte e l’espressione serafica: -Re Thranduil è un vecchio amico. Preoccuparsi per un amico non è più lecito?-
    La stella distolse lo sguardo e scosse la testa, lasciando che i lunghi capelli le adombrassero il viso.
    -Non ho voglia di parlare di lui.-
    -Io credo di sì, invece.-
    -Ho chiesto il suo aiuto e lui me l’ha negato, mi pareva fosse chiaro.- Glorfindel respirò profondamente, lasciando correre lo sguardo su di lei: -Ti fai pungente quando si tratta di lui.- Azzardò, conscio di tastare un confine che forse non avrebbe dovuto nemmeno raggiungere.
    Lei tornò a fissarlo e lui sentì l’aria caricarsi di elettricità: -Basta così, Glorfindel.- L’elfo dorato chinò la testa, rispettosamente.
    -Perdonami, Stella dei Valar.-
    Sillen si passò una mano sul viso, tirando indietro i capelli. Non voleva litigare con Glorfindel, non era giusto: non se il motivo era il suo inutile e patetico tentativo di nascondere le proprie emozioni. -Non è colpa tua. Sono solo un po’ tesa.- Liquidò la faccenda. Lui sorrise, per nulla turbato: semplicemente, se l’era cercata, come suo solito.
    Sillen si massaggiò il collo, sorpresa di trovarlo dolorante:
    -Credo di aver bisogno di un vero letto.-
    -Tenna’ tul’re, san’. (a domani, dunque.) Buon riposo.-
    Al tono condiscendente dell’elfo, Sillen stropicciò i lembi della propria camicia bianca, trattenendosi sulla soglia della stanza.
    -Glorfindel?-
    Lui si voltò verso di lei e, nel vedere la sua espressione dispiaciuta, si trattenne dal sorridere.
    -Scusami. Non dovevo trattarti in quel modo.-
    Ecco, si stava scusando con lui. Assurdo.
    L’elfo scosse la testa, rinunciando definitivamente a qualsiasi strana aspettativa si fosse fatto su di lei. Sillen, dopotutto -e nonostante il suo terribile destino macchiato dal sangue-, era una giovane creatura come tante: emotiva, insicura, gentile e piena di dubbi. Non poteva esserne più felice.
    -Se non mi fosse piaciuto il tuo tono, Sillen, lo avresti capito.-
    Si alzò a sua volta e le arrivò accanto, con un sorrisetto sardonico stampato sul viso. -Ho un debole per le donne forti. E poi alzare la voce con me è un privilegio per pochi, sai?- C’era ilarità nel suo sguardo e Sillen gli lanciò un’occhiataccia scocciata.
    Il Vanyar la salutò con un buffetto sulla guancia e si avviò per primo giù per le scale a chiocciola. Sillen alzò gli occhi al cielo ma dentro di sé era sollevata. Da quando Glorfindel l’aveva aiutata, tre giorni prima, i due raramente si separavano. Sillen stessa lo cercava quando non c’era, anche se odiava ammetterlo: ogni volta l’elfo le dava prova di quanto potesse essere arrogante, malizioso ed irritante ma era anche l’unico che potesse capire il suo gravoso peso. Per questo il bisogno di stare con lui superava tutti i suoi fastidiosi difetti. Era lo stesso sentimento che, dopotutto, la legava ad Alatar.
    Dopo aver lanciato un ultimo sguardo al paesaggio davanti a sé, anche Sillen scese dalla torre. L’unica cosa di cui era certa in quel momento, era che aveva bisogno di dormire.

    Nel cortile, poco prima di raggiungere la sua stanza, s’imbatté in Legolas. Era dall’ultima riunione che non lo vedeva e dal modo in cui incedeva, con la testa bassa e il cipiglio corrucciato, Sillen intuì che era notevolmente arrabbiato.
    Quasi le finì addosso: -Sillen.- Non era sorpreso o felice di vederla, solo scocciato. –Legolas, sut naa umien? (come stai?)-
    Lui le lanciò un’occhiata distratta: -Molto bene, Stella dei Valar. Ti ringrazio.- Sillen aggrottò le sopracciglia, confusa. Non di rado Legolas rimaneva assorto nei suoi pensieri ma di certo quel tono formale non era da lui. -Perdonami ma c’è qualcosa che non va?-
    Lui la superò senza tanti convenevoli: -Nulla davvero.-
    La stella sospirò, seguendolo nel cortile. L’elfo brandì il proprio pugnale lucente e se lo rigirò nella mano destra, lanciandolo e riprendendolo come un giocoliere, con tutta l’intenzione di ignorare la stella che gli correva dietro. Sennonché Sillen alzò la voce, tentando di fermarlo: -Se stai cercando di punirmi per la mia assenza, ci stai riuscendo!- L’elfo si arrestò in mezzo al cortile e una lieve contrazione del suo viso confermò a Sillen che era proprio quello il problema.
    –Sono stata indelicata, hai ragione. Non dovevo sparire così e non mi sono presentata agli allenamenti senza alcuna giustificazione. Ma cerca di capire, Legolas: stiamo per affrontare una battaglia e, per quel che ne sappiamo, potremmo perderla e morire senza la possibilità di vederne altre. Non mi rende certo le cose facili, sai?- Lo interrogò con lo sguardo, incrociando le braccia. Legolas distolse lo sguardo ma il pugnale, incredibilmente, quasi gli cadde di mano.
    Per un po’ stette in silenzio, poi storse la bocca: -Ora parli come lui, sai?- Calcò l’ultima parola, così tipica di Glorfindel e Sillen alzò un sopracciglio: -Non l’ho certo fatto apposta.-
    -Allora è anche peggio, vuol dire che stai troppo tempo insieme a lui. Quello lì fa sempre come vuole. È da quando sono piccolo che si diverte a irritarmi. Inoltre, è davvero una compagnia discutibile, Sillen.-
    Non era né e il momento né il luogo per affrontare un argomento simile ma la stella, suo malgrado, sorrise.
    –Non credevo che il Principe Legolas potesse essere così geloso.- Lui abbandonò il gioco con il pugnale per voltarsi velocemente verso di lei, irritato: -Geloso? Credimi, non sono arrabbiato con te perché preferisci la sua compagnia alla mia, non sei il centro del mio mondo. Sono di mal umore per ben altri motivi.- Il suo tono era quasi meno credibile della sua espressione ferita e lo sguardo della stella si fece dolce. –Sono felice che tu tenga tanto a me, amico mio. Anch’io tengo a te, scusami se non sono stata molto brava a dimostrarlo.-
    Lui sospirò, riprendendo a far volteggiare il pugnale: -Non importa. Non è una novità che i miei sentimenti non vengano ricambiati.-
    Solo in quel momento Sillen capì di aver completamente sbagliato strada. Non era stata solo la sua assenza a incupire Legolas, semmai era stata la goccia che aveva fatto traboccare un vaso già pieno: -Che sia successo qualcosa con Gimli?-
    Legolas schiuse le labbra in un moto di sorpresa. La guardò a lungo, senza sapere come affrontare un argomento simile.
    –Cosa accade, non vuoi parlarne?- Si preoccupò, la stella.
    Lui strinse le labbra: -Non… Non è una cosa semplice, Sillen.-
    L’altra scrollò le spalle, inconsapevole del significato che quelle parole esprimevano davvero: -Con le faccende di cuore non è mai semplice, questo l’ho imparato, credo.-
    Lui sollevò le sopracciglia, poi sorrise, scuotendo la testa: -A volte dimentico che sei nata solo poche settimane orsono. Sei una delle persone più ingenue che io abbia mai incontrato. E solo per questo ti perdono per avermi ignorato per ben tre giorni.- Lei sorrise, ma lo lasciò continuare: -Per quanto riguarda il resto, non intendo discutere oltre, mi dispiace. Tu non dovresti nemmeno saperlo! Nessuno dovrebbe saperlo… Ma grazie per essertene preoccupata.-
    A Sillen bastò e Legolas la guardò con più dolcezza: -Mi prometti che terrai Glorfindel alla larga un po’ più spesso?-
    Lei alzò le spalle, con fare distratto. -Mi capisce. Tutto qui. La sua presenza mi aiuta a ricordare perché sono qui e qual è il mio compito.- Legolas le posò una mano sulla spalla sottile, invitandola a guardarlo negli occhi: -Puoi provare a parlarmene. Ti ascolterei con il cuore, Sillen.- La stella annuì grata, stringendo la mano dell’elfo. Rimasero fermi nel cortile, felici di essersi riappacificati e fu Legolas a interrompere il silenzio, qualche minuto dopo: -Sillen, quando parlavi di… cuore, cosa intendevi quando hai detto che “hai imparato”?-
    Lei non si scompose: -Beh, che mi sono innamorata anche io.-
    Lui la guardò di sottecchi, giocando con la lama del pugnale.
    -Posso sapere…- Lei si scostò i capelli neri dal viso, sospirando rumorosamente. Il fantasma di Thranduil proprio non voleva lasciarla andare. -Ma si può sapere che cosa avete tutti, oggi? E se non volessi proprio parlarne?-
    Legolas non capì a cosa lei si stesse riferendo, ovviamente, ma dal suo sguardo Sillen colse che si aspettava una risposta.
    Era giusto dargliela?
    Certo, l’elfo davanti a lei era forse la persona più affidabile che avesse mai conosciuto e, inoltre, la faccenda lo coinvolgeva dal principio. La stella si perse a contemplare il cielo, arrendendosi.
    -Di tuo padre. Credo di essermi innamorata di tuo padre.- Non aggiunse altro ma, a quelle parole, il pugnale di Legolas finì a terra. L’elfo si chinò in fretta a raccoglierlo e sentì le parole di Glorfindel rimbombare nella propria testa: “Qualsiasi cosa sia successa tra loro, deve averlo persuaso ad allontanarla.”
    Dunque era successo questo.
    Legolas conosceva suo padre meglio di chiunque altro e subito sentì un groppo in gola al pensiero di quale trattamento doveva aver riservato ai puri sentimenti della stella. Forse lei si era dichiarata e lui l’aveva cacciata senza troppe remore.
    Mentre l’elfo si crucciava, lo sguardo di Sillen si velò di tristezza e lei ripensò agli ultimi attimi con il Re degli Elfi.
    Da tempo si era arresa all’idea di provare qualcosa nei confronti di Thranduil, così come aveva già fatto i conti con i propri terribili errori e con il fatto che lui non avrebbe mai più voluto sapere nulla di lei.
    Meglio così: qualsiasi cosa fosse successa fino al compiersi del suo destino, Sillen doveva rimanere concentrata, non poteva permettersi una distrazione come l’amore. Che fosse amore o meno poi, non poteva saperlo con certezza: cos’erano i sentimenti per lei, stella del firmamento, se non un illogico scontrarsi di pensieri ed emozioni? Era chiaro solo il fatto che essi fossero sempre, costantemente rivolti a lui.
    Era frustrante.
    Legolas, dal canto suo, non fece altre domande. Nonostante avesse conosciuto la sua storia e avesse avuto il tempo di apprezzare la sua compagnia, la stella rimaneva un mistero per lui: già all’apparenza era diversa da qualsiasi cosa avesse mai visto, e a questo si era abituato, ma era soprattutto il suo modo di fare a essere del tutto incomprensibile. Dapprima, Sillen sembrava innocente e ingenua come una bambina, poi forte e caparbia come un’antica dama del suo popolo. Certe volte lo stizziva, altre lo intimoriva. Era da sempre stato certo solo del fatto che tra suo padre e quella donna vi fosse un rapporto profondo e solo ora ne aveva compreso la natura.
    –Credo che andrò a dormire.- Annunciò lei, dopo un po’.
    Legolas annuì, rifuggendo discretamente il suo sguardo violetto. Dopo quelle parole, Sillen sapeva che Legolas l’avrebbe guardata con occhi diversi. Chissà cosa stava pensando, quali domande si stava ponendo. Era felice? Disgustato?
    Non ebbe il coraggio di chiederglielo, non adesso.
    Così lo salutò e arrivò di fretta in camera sua, finalmente da sola. Chiuse la porta e tirò le tende, lasciando che la penombra riposasse i suoi occhi stanchi. Scalciò via gli stivali e tolse il corsetto di cuoio, rannicchiandosi sul materasso morbido. Aveva così sonno, eppure faticava sempre molto ad addormentarsi.
    Si rigirò per un po’, fino a quando l’immagine di Bosco Atro non s’impose prepotentemente sulle sue preoccupazioni, rilassandola all’istante. Finì per addormentarsi, cadendo in un sonno profondo come non lo era da molto tempo.


    -Sillen…- La stella digrignò i denti, furiosa per essere stata svegliata, e aprì gli occhi. Si guardò brevemente attorno e non impiegò molto a individuare l’artefice di quell’indesiderato risveglio: Miniel la fissava dall’angolo più buio della stanza, con lo sguardo terrorizzato e il viso bagnato di lacrime.
    Subito, la rabbia lasciò spazio alla preoccupazione.
    -Cosa succede, Miniel?- La Principessa tremava e sembrava sul punto di urlare: -Aiutaci… Aiutami!- Farfugliò.
    -Che sta succedendo?- Sillen si tirò a sedere velocemente e solo allora si accorse che i piedi di Miniel non toccavano il suolo.
    Non era sola.
    Dietro di lei, una figura indefinita la teneva appesa per i capelli e le puntava un coltello nella schiena minuta.
    Il sangue si ghiacciò nelle vene della stella: -Lasciala.- Sentì la propria voce squarciare il buio, calma e perentoria, ma non era sicura di aver pronunciato davvero quelle parole.
    La figura scura non parlò, semplicemente si mosse: la lama argentea fendette l’ombra, tanto veloce che Sillen quasi non la vide. Fu questione di un momento.
    Gli occhi di Miniel si spalancarono e la sua bocca si aprì e si chiuse senza emettere alcun suono, prima di sputare un fiotto di liquido rosso cremisi. Sul bianco collo della principessa si era aperto un taglio netto e sottile, da cui ora zampillava prepotentemente troppo sangue.
    La sagoma scura lanciò via Miniel come una bambola di pezza, la stella sentì così chiaramente lo schianto del corpo senza vita contro il muro che temette di svenire. Sentiva lo stomaco rivoltarsi, le mani tremare, la testa ronzare.
    Il corpo di Miniel non finì sul pavimento ma cadde su un ammasso scomposto e maleodorante.
    Sillen si avvicinò, scossa da spasmi incontrollati e cadde in ginocchio: erano corpi, sventrati e mutilati, derubati degli occhi.
    La stella cercò di urlare ma non aveva respiro a sufficienza. Elessar, Legolas, Glorfindel, Thranduil, Arwen, Emlinel, erano tutti loro. Tendevano le mani rigide e fredde verso di lei.
    In alto, appollaiato su un nero trespolo, un falco dalla testa scura osservava pacatamente la scena e la stella si specchiò nei suoi occhi brillanti. Una voce dentro di lei, lontana come un ricordo, recitò: -Il futuro ci è stato svelato e mostra il Falco blu che artiglia la Stella.- Non era possibile, non era reale.
    La figura nera, artefice di quel massacro, s’inginocchiò accanto alla stella e tese una mano su di lei, incombendo minacciosamente. Sillen sentì la propria disperazione divenire rabbia violenta, cocente, atroce e si voltò verso quel mostro avvolta dal proprio potere fiammeggiante, lucente e distruttivo come non era mai stato.
    Vendetta, esigeva vendetta.
    Ma le sue mani si fermarono a mezz’aria quando, infine, incontrò il volto del mostro. Era Alatar.
    No, non poteva essere lui.
    Lo stregone la guardava con aria tranquilla, serena e Sillen sentì il proprio corpo accartocciarsi, schiacciato da un profondo ed insopportabile dolore. No, non lui. Non era vero, non era reale.
    Lui allungò le dita verso il suo volto e le carezzò una guancia.
    Prese una lacrima della stella sul polpastrello e la guardò con dolcezza. Poi, Sillen espirò sconvolta quando, dal nulla, il collo dello stregone si piegò con uno schiocco secco. Gli occhi grigi di Alatar presero improvvisamente a muoversi, svincolati l’uno dall’altro, roteando senza freno, mentre il rumore delle ossa del viso che si spezzavano per cambiare forma e dimensione le dava la nausea.
    La stella cadde all’indietro e cercò di strisciare lontano da lui facendo leva sui piedi e sui gomiti.
    Le labbra di Alatar si deformavano, i suoi capelli si allungavano e cambiavano colore.
    Ora, quell’essere non somigliava più ad Alatar e Sillen riuscì per un attimo a vedere la metamorfosi compiuta.
    –Stella dei Valar… che piacere conoscerti.-
    Nell’arrancare, sbatté la testa contro il muro dietro di lei e tutto si fece nero.



   
 

N.D.A

I problemi si moltiplicano e i personaggi acquistano nuove sfaccettature tutte da approfondire *-* Sono contenta di essere arrivata fino a qui ma c’è tanto ancora da raccontare. Che dite, siete curiosi di sapere cosa succederà adesso? Fatemi sapere cosa ne pensate!
Ai prossimi capitoli,
Aleera
 


   
 
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