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Autore: BlackHawk    03/04/2020    2 recensioni
Non fece in tempo a capire cosa stesse succedendo che qualcuno arrivò alle sue spalle, le tappò la bocca con una mano e la spinse contro il muro più vicino.
Caitlin provò a urlare, ma non ci riuscì.
Lo sconosciuto era decisamente più forte di lei e le stava facendo chiaramente segno di stare zitta.
-Non voglio farti del male, Caitlin. –le disse sottovoce l’uomo. –Ma devi stare zitta, altrimenti attirerai la loro attenzione.-
Caitlin sgranò gli occhi, sempre più impaurita. Quel tipo conosceva il suo nome.
-Promettimi che non ti metterai a urlare. – disse poi, allentando la presa su di lei.
Caitlin fece quello che avrebbero fatto tutti. Fissò lo sconosciuto negli occhi e annuì.
Lui la osservò per qualche secondo e poi la lasciò andare.
-Non ti muovere da lì.-
Lo vide sporgersi verso il vicolo in cui qualcuno aveva chiaramente usato una pistola e poi ritornare in fretta nel punto in cui si trovava prima.
-Se ne sono andati. – osservò, passandosi una mano nei capelli.
Scosse la testa e poi posò di nuovo il suo sguardo su di lei, fissandola intensamente. -Si può sapere che diavolo ci fai in giro da sola a quest’ora?-
Genere: Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Caitlin lanciò un’occhiata all’orologio, perplessa.
Non erano nemmeno le undici e mezza e lei aveva già riordinato tutta casa, approfittando di quel poco di tempo che aveva a disposizione per rimettere a posto l’enorme casino che chiunque si fosse introdotto a casa sua due giorni prima aveva deciso di lasciare nel suo soggiorno.
Quella mattina, quando Jake l’aveva lasciata sotto il portone di casa sua, Caitlin si era sentita quasi in colpa.
Non era vero che aveva bisogno di passare a casa sua per prendere delle cose. Anzi. Il bagaglio che aveva fatto il giorno prima era stato preparato in maniera rapida ed efficiente, e per quanto assurdo potesse sembrare, Caitlin non si era dimenticata nulla, nemmeno le cose più difficili da ricordare.
Ma non se l’era sentita di andare al mare con lui.
Era ancora molto scossa da quello che stava accadendo nella sua vita e passare del tempo con lui, in una circostanza simile, le era sembrata un’idea ancora più  assurda.
Per questo gli aveva mentito.
Si era inventata che aveva assolutamente bisogno di passare a casa e aveva guadagnato un po’ tempo, tempo che poi aveva impiegato per rimettere in ordine tutto il suo appartamento.
L’idea che qualcuno avesse potuto toccare le sue cose l’aveva mandata fuori di testa, ma poi si era resa conto che paragonata al rischio che qualcuno potesse ucciderla, quella era davvero una sciocchezza.
Quel pensiero però la incupì.
Da quando Thomas era stato ucciso, Caitlin non aveva fatto nessun passo in avanti con le indagini. Anzi. Le era sembrato addirittura di farne uno indietro.
Non aveva scoperto nulla e quella strana sensazione di impotenza che provava tutte le volte che se ne rendeva conto continuava a darle il tormento.
Chi poteva aver ucciso uno degli uomini più buoni e gentili che lei avesse mai conosciuto in vita sua? Chi poteva avercela a tal punto con lui da ammazzarlo in un vicolo buio a pochi passi da casa sua?
Quelle e tantissime altre domande continuavano a rimbombarle nella testa.
Ma che cosa poteva fare lei, se non fidarsi di Jake e sperare che tutto andasse per il meglio?
In quel momento si sentì persa.
Non aveva praticamente nessuno su cui fare affidamento per davvero.
Jake di fatto era un estraneo e suo fratello non doveva rimanere coinvolto in quella storia per nessun motivo.
In quel preciso istante si ritrovò a pensare ai suoi genitori, che di sicuro avrebbero saputo cosa fare.
Quel pensiero, però, se andò dalla sua testa alla stessa velocità con cui era arrivato.
Non si sarebbe messa a piangere come aveva fatto il giorno del funerale di Thomas. Si sarebbe rimboccata le maniche e avrebbe fatto come sempre, facendo leva su stessa e su nessun altro.
La suoneria del suo telefono la riportò alla realtà, strappandola via a quei pensieri.
Andò a recuperare il cellulare dalla borsa e rispose.
-Caitlin?- la chiamò il detective Allen, preoccupato.
-Ciao, Kane.- lo salutò lei, felice di sentire una voce amica.
-Come stai?-
Caitlin si schiarì la voce. –Abbastanza bene.- rispose, mentendo spudoratamente. –Stavo giusto riordinando casa.-
-Ieri sera sono passato, ma non ti ho trovata.- la informò il detective, perplesso. –Eri uscita per caso?-
Caitlin valutò bene la situazione prima di rispondere.
Poteva dire al detective che era uscita a fare una passeggiata per distrarsi un po’ oppure poteva dirgli che era andata da Jake e che sarebbe rimasta lì da lui per qualche giorno.
Ma come avrebbe giustificato la cosa? Agli occhi del detective Allen lei e Jake erano perfetti estranei.
Poi si chiese se invece Jake e il detective si conoscessero.
Possibile che fosse quello il motivo per cui quest’ultimo l’aveva rassicurata con così tanta convinzione sul fatto che Jake non c’entrasse nulla con l’omicidio di suo zio?
Decise di ignorare quell’aspetto in particolare e si schiarì la voce.
Per qualche strano motivo si ritrovò a pensare che dirgli la verità non fosse una buona idea, così mentì. Di nuovo.
-Sì, in effetti, sì.- disse, cercando di sembrare convincente. –Avevo bisogno di una boccata d’aria.-
-Certo, hai fatto bene.- la assecondò il detective. –Solo che mi stavo preoccupando.-
Caitlin si schiarì un’altra volta la voce, a disagio.
Lei odiava mentire, ma in quel momento non aveva altra scelta.
-Tutto apposto.- disse. –Grazie.-
-Bene, allora ci sentiamo presto.-
Caitlin stava per attaccare quando le venne in mente una cosa. –Ci sono novità, Kane?-
Il detective capì al volo di che cosa lei stesse parlando.
-Sai che non posso dirti nulla, Cat.-
Caitlin si rimproverò mentalmente. -Certo...ehm...scusa, non volevo metterti nei guai.-
-Non ti preoccupare.- le disse lui. –In tutti i sensi, dico. Non permetterò a nessuno che qualcuno vi faccia del male.-
Caitlin annuì, anche se sapeva che lui non poteva in alcun modo vederla. –A presto.-
-Ciao, Caitlin.-
Cat riattaccò e poi prese un lungo respiro profondo.
Doveva smetterla di pensare.
Doveva tenersi impegnata e cercare di distrarsi da tutti quei brutti pensieri.
Andò a recuperare un paio di maglie che avrebbero sostenuto la sua bugia per non andare al mare con Jake e poi uscì di casa, richiudendosi attentamente la porta di casa alla spalle.
Non aveva nessuna di intenzione di chiamarlo e dirgli di venirla a prendere.
Voleva fare due passi all’aria aperta e godersi il sole caldo di quei giorni.
Recuperò gli occhiali da sole dalla borsa e poi si avviò a piedi verso il centro.
 
Stava camminando ormai da un’ora quando una voce familiare maschile alle sue spalle la chiamò.
Caitlin si voltò, sorpresa.
Il figlio del detective Allen si stava avvicinando a lei in compagnia di sua moglie Samantha, incinta di parecchie settimane.
-Ciao, Caitlin.- la saluto Mike, con un gran sorriso.
Michael Allen aveva all’incirca un paio di anni più di lei, ma la sua vita era decisamente più stabile e avviata della sua.
Michael lavorava infatti per una grande casa farmaceutica con cui aveva collaborato anche il padre di Caitlin ed era felicemente sposato con Samantha Winston ormai da due anni.
Era un ragazzo alto e ben formato, con un paio di occhi chiari simili a quelli della madre e una matassa di capelli biondi simili a quelli del padre.
Sua moglie Sam invece era una bellissima ragazza asiatica con lunghi capelli scuri e due occhi nocciola dal classico taglio orientale.
In quel momento le stavano sorridendo entrambi, contenti di incontrarla in una delle principali vie dello shopping del paese.
-Ciao, ragazzi.- li salutò Cat, in tono allegro. –Come state?-
Mike sorrise. –Alla grande.- rispose, voltandosi verso sua moglie.
-Quando nasce il bambino?- chiese invece a Samantha, felice per loro.
Samantha si toccò la pancia e poi fece un gran sorriso anche lei. –Se tutto va bene, a giugno.-
Cat si rese conto che ormai mancava poco più di un mese.
-Avete già deciso il nome?- chiese, curiosa.
Mike e Samantha si scambiarono un’occhiata.
-Sì.-
-No.-
Caitlin scoppiò a ridere. –Non siete d’accordo quindi.- osservò, rendendosi conto che avevano risposto contemporaneamente dicendo due cose diverse.
-Non ancora.- disse Samantha, divertita.
Mike alzò gli occhi al cielo. –Ci stiamo lavorando.-
-E il lavoro come va?- gli chiese Caitlin.
-Abbastanza bene, Cat. – rispose. -Stanno testando molti farmaci nuovi in questo periodo. Vediamo come va, insomma.-
Caitlin annuì. –State facendo una passeggiata?-
Li vide annuire e sorridere raggianti. Erano davvero una bella coppia quei due.
-E tu invece?- le chiese Mike. –Come stai?-
Cat esitò.
Per qualche strano motivo si ritrovò a pensare che Michael e sua moglie non sapessero nulla di quello che le era successo negli ultimi giorni, altrimenti avrebbero già tirato fuori l’argomento da un pezzo, e quindi decise di non fare nulla per cambiare le cose.
Li aveva visti così felici ed elettrizzati per l’imminente nascita del bambino che non se la sentiva proprio di rovinargli la giornata.
Si sforzò di sorridere e poi rispose che andava tutto bene e che stava approfittando della bella giornata per farsi una passeggiata all’aria aperta.
Michael annuì, dicendole che in effetti giornate del genere non andavano mai e poi mai sprecate.
-Ci vediamo domani, Cat?- le disse poi, riferendosi al solito pranzo domenicale della famiglia Allen a cui erano invitati sempre anche lei e Matt.
Cat si schiarì la voce. –Matt è fuori città.- iniziò a dire. –Non so se...-
Samantha le toccò un braccio, con fare materno. –Vieni solo tu allora.-
Caitlin disse che ci avrebbe pensato e poi li salutò, tornando alla sua passeggiata.
Non poteva mettersi a pensare anche al pranzo domenicale degli Allen.
Sbuffò lievemente e continuò a camminare, chiedendosi dove diavolo di fine avesse fatto Jake.
Era mezzogiorno e mezza e lui ancora non si era fatto sentire. Che cosa doveva fare di così tanto urgente se fino a poche ore fa voleva andare al mare con lei?
In quel momento pensò che forse si era comportata male.
Avrebbe dovuto accettare la sua offerta e smetterla di pensare sempre alle conseguenze di quello che faceva.
Solo che non era riuscita a farlo quella mattina e la bugia per evitare di stare da sola con lui era uscita dalla sua bocca molto prima che lei riuscisse a rendersene conto.
Non ebbe il tempo di fare ulteriori riflessioni però; il telefono vibrò nella sua borsa all’improvviso.
Jake le aveva mandato un messaggio. Ci vediamo alle tre sotto casa tua.
Caitlin scosse la testa. Che aspettava ad avvertirla?
Infilò il telefono in borsa e poi sbuffò un’altra volta.
Non aveva proprio voglia di tornare a casa e pranzare da sola.
Che poteva fare allora?
Poi le venne in mente un’idea.
Per un attimo si chiese se fosse buona o cattiva.
Alla fine si limitò ad alzare gli occhi al cielo ed alzare le spalle. Chissenefrega.
Inforcò gli occhiali da sole e si avviò a passo svelto nella direzione in cui doveva andare.
 
Caitlin arrivò a destinazione dopo mezzora.
Il locale in cui aveva lavorato per tre anni era aperto da già mezzora, ma, a differenza di quanto lei immaginasse, era più vuoto del solito.
Cat riconobbe il ragazzo che serviva sempre al turno del pranzo e gli chiese dove potesse sedersi.
Daniel alzò le spalle, come se la sua domanda fosse assurda. –Dove vuoi, Cat.- le disse, alludendo al fatto che la maggior parte dei tavoli fosse disponibile.
Caitlin si andò a sedere in un tavolo più in disparte, uno dei pochi ad avere maggior spazio intorno.
Non ebbe bisogno di leggere il menu.
Lei quel menu lo conosceva a memoria e sapeva anche che le cose buone che c’erano sopra si potevano contare sulle dita di una mano.
Ma lei non era lì per il cibo.
In realtà non lo sapeva nemmeno lei perché fosse lì.
Forse sperava solo che passare del tempo in quel posto potesse aiutarla a capire cosa fosse successo al proprietario.
Daniel si avvicinò a lei per prendere la sua ordinazione.
Caitlin ordinò un hamburger con un po’ di insalata e  poi si guardò intorno, curiosa.
Non c’era quasi nessuno quel giorno.
C’erano un paio di coppie che qualche volta aveva visto anche a cena e un signore di mezza età che mangiava da solo.
Esclusi loro, il locale era vuoto.
Caitlin si chiese se la morte di Thomas c’entrasse qualcosa. Poi capì che probabilmente era quello il motivo principale per cui Daniel aveva poco lavoro quel giorno.
Cat aspettò che arrivasse la sua ordinazione e poi mangiò con calma, godendosi il sapore della carne e il silenzio che regnava sovrano in quel posto.
Quando ebbe finito rimase là seduta per un po’.
Non aveva nessuna fretta di tornare a casa e l’appuntamento con Jake non sarebbe stato prima di un’ora.
Aveva appena tirato fuori il telefono dalla borsa quando la moglie di Thomas entrò nel locale.
Cat si concesse un momento per osservarla, consapevole che lei non l’aveva ancora vista.
Aveva un aspetto decisamente migliore rispetto al giorno del funerale, ma continuava avere lo stesso sguardo spento e triste che le aveva visto addosso quel giorno.
Era vestita in modo semplice e i suoi capelli erano raccolti in una bella coda alta.
Cat la vide andare a parlare prima con Daniel e poi con la ragazza che stava in cassa.
Probabilmente stava chiedendo loro come stessero andando i ricavi di quel giorno.
Poi si accorse di lei.
Cat le sorrise.
Stella ricambiò il sorriso e poi si avvicinò al suo tavolo.
-Posso?- le chiese, accennando al posto libero di fronte al suo.
-Certo.-
La vide togliersi la giacca e poi sedersi. –Come stai, Cat?-
-Abbastanza bene.- rispose Caitlin. –E tu?-
-Si va avanti.-
Cat annuì. –Oggi avevo voglia di venire qui.-
Stella accennò un sorriso. –Hai fatto bene a venire.- annuì. –Se me lo dicevi magari passavo prima e ti facevo compagnia a pranzo.-
-Ho deciso all’ultimo.- spiegò Cat, imbarazzata. –Senti, come vanno le cose?-
Stella abbassò lo sguardo. –Mi manca.- rispose, malinconica. –Ma non posso farci niente.-
Caitlin annuì.
Anche a lei era successa la stessa cosa quando erano morti i genitori.
Aveva sentito subito la loro mancanza, ma non aveva potuto farci proprio un bel niente e così era stato per molto tempo.
-Se solo avessi saputo che avremmo avuto così poco tempo insieme, io...-
Cat le prese una mano. –Nessuno si sarebbe mai immaginato una cosa del genere.-
Stella fece un sorriso amaro. –Già.- disse. –E poi proprio ora che avevamo trovato finalmente un farmaco efficace...-
La vide scuotere la testa e trattenere a stento le lacrime.
Cat esitò. Di che stava parlando Stella?
Le strinse la mano con più forza, come quel gesto potesse darle una mano ad affrontare quei discorsi dolorosi.
-Che farmaco, Stella?- chiese, non capendo a che cosa si stesse riferendo.
Stella tirò su col naso e poi la guardò negli occhi.
-Un anno fa Thomas ha scoperto di avere il cancro.- iniziò a dire, scuotendo la testa. –È stato devastante per noi, un fulmine a ciel sereno.-
Cat trattenne il respiro. Non aveva mai saputo niente di quella storia.
-I medici dicevano che non c’era nulla che potesse farlo guarire veramente, solo medicine che alleviassero un po’ la sofferenza.-
-Cosa?- chiese Cat, sconvolta.
Stella annuì. –Poi però un medico gli ha prescritto un farmaco di ultima generazione che nessuno aveva mai preso in considerazione fino a quel momento e le cose hanno cominciato a migliorare.-
-Stava funzionando quindi?-
Stella fece una risata amara. –Già.-
Cat sospirò.
Thomas era morto proprio quando la medicina cominciava finalmente a vincere la sua battaglia contro il cancro.
-Non ne sapevo nulla.- mormorò Caitlin, sincera. –Non..-
-Lo so, non l’ha mai detto a nessuno.-
-Non mi sono mai accorta che stesse male..-
-Diciamo che era un combattente nato, lui.- disse Stella, sospirando.
Caitlin prese un sorso d’acqua. Poi le fece la domanda che più le premeva. –La polizia ha qualche pista da seguire?-
Stella alzò le spalle. –Non mi dicono niente.-
Cat pensò a Jake, ma non disse nulla.
Non poteva darle false speranze e soprattutto non doveva intromettersi in cose che non la riguardavano.
-Che cosa pensi tu?-
Stella la fissò per qualche secondo. –Vuoi sapere la verità?-
Cat annuì con decisione.
-Io non lo so, Caitlin.- disse Stella, arrabbiata. –Non so cosa pensare. So che fino a qualche giorno fa ero felice con mio marito e che nel giro di un attimo lui è stato ucciso. È un vuoto rimarrà per sempre, Caitlin.-
-Vedrai che con il tempo...-
-No.- la fermò subito Stella. –Non passerà. Io lo amavo. Più di qualsiasi altra cosa al mondo. E nessuno me lo ridarà più indietro. Nessuno.-
-Ma chi può essere stato?- chiese Caitlin. -Devi esserti fatta qualche idea.-
Stella scosse la testa. –Forse una rapina?-
-Ma voi non abitate in quella zona, Stella. Che ci faceva lì Thomas a quell’ora?-
Stella sospirò. –Non lo so.-
Cat capì che era giunto il momento di fermarsi.
Aveva fatto fin troppe domande e parlare di quelle cose avrebbe fatto male sia a lei che a Stella.
-Però so che ultimamente era più strano del solito.- le disse a un certo punto Stella, come se si fosse ricordata un particolare importante da raccontarle a tutti i costi.
-In che senso?-
-Era più irascibile del solito e non voleva partecipare a nessun evento di famiglia o altro.-
-E perché, secondo te?- chiese Cat, curiosa.
-Non saprei.- ammise Stella. –Ma voleva passare più tempo possibile insieme a me. Diceva che ero la cosa più preziosa che aveva e che se fosse tornato indietro nel tempo avrebbe rifatto tutto daccapo, insieme a me.-
-Ti amava molto.- osservò Caitlin, credendo fermamente alle sue parole. –Però, perché dici che era strano? A me sembra bello quello che ti diceva.-
Stella esitò. –Infatti. –concordò con lei. –Ma era come se avesse paura che potesse succedere qualcosa da un momento all’altro.-
-E cosa?-
-Forse aveva paura che il farmaco che gli avevano dato smettesse di funzionare e che la sua vita potesse finire da un momento all’altro.- disse Stella, alzando le spalle. -Chi lo sa.-
Caitlin annuì. Forse era davvero così.
Forse Thomas aveva paura di perdere tutto quello che aveva e quella paura lo rendeva più irascibile e apatico del dovuto.
-Ora devo proprio andare.- le disse a un certo punto Stella, alzandosi. –Mi ha fatto piacere parlare con te.-
-Quando vuoi, io sono qua.-
Stella sorrise.
La vide infilarsi la giacca e poi recuperare la borsa.
-A presto, Caitlin.- la salutò.
-A presto, Stella.-
La moglie di Thomas sorrise un’altra volta e poi se ne andò, lasciandola da sola.
Caitlin si fece portare il conto e poi uscì dal locale.
Era molto confusa in quel momento.
Non aveva mai saputo che Thomas stesse male e il pensiero che lui fosse morto prima ancora di vincere la sua battaglia contro quella terribile malattia le metteva un’enorme tristezza addosso.
Com’era possibile che lei non se n’era mai accorta?
Era così bravo a fingere che andasse tutto bene da non far mai trapelare nulla sul stato di salute?
Con quelle domande in testa si avviò a passi decisi verso casa.
 
Arrivò venti minuti dopo, accaldata ma contenta di aver fatto altri due passi.
Jake la stava aspettando sotto al portone, esattamente come le aveva detto per messaggio.
Caitlin prese un respiro profondo e poi lo affrontò.
-Ciao.- disse, accennando un sorriso.
Lui la salutò freddamente.
Probabilmente era ancora offeso del fatto che lei non fosse voluta andare al mare con lui quella mattina.
-Sei arrabbiato.- osservò Caitlin, fissandolo.
Lo vide alzare le spalle e poi distogliere lo sguardo.
Cat si avvicinò a lui e poi gli prese un braccio, costringendolo a guardarla.
-Perché?- gli chiese, mollando la presa.
Jake posò il suo sguardo su di lei. –Ti sbagli.-
-E allora cos’era quello?-
-Cosa?-
-Quel saluto freddo e distaccato.-
Jake scosse la testa. –Perché pensi che il mondo ruoti sempre intorno a te, Cat?-
Caitlin sussultò. Perché la stava trattando in quel modo Jake?
-Io...-
-Tu cosa?- l’aggredì lui, guardandola negli occhi. –Pensi davvero che ce li hai solo tu i problemi al mondo?-
-Io non ho mai...-
Jake la fulminò con lo sguardo.
Caitlin non gli permise di trattarla ancora in quel modo.
Senza dire una parola recuperò le chiavi di casa ed entrò nel palazzo.
Non aveva la minima idea del motivo per cui lui si stesse comportando in quel modo e, francamente non gliene importava nemmeno più di tanto, ma non sarebbe rimasta lì impalata a farsi trattare in quel modo da lui.
Che diritto aveva di dirle quelle cose? Nessuno, e sarebbe sempre stato.
Stava salendo per le scale quando qualcuno alle sue spalle le afferrò un braccio.
Caitlin non aveva la minima intenzione di voltarsi. Sapeva che era lui.
Si liberò dalla sua stretta e continuò a salire, fino a quando non si ritrovò davanti alla porta di casa sua.
A quel punto infilò la chiave nella toppa ed aprì.
Stava per richiudersi la porta alle spalle quando Jake la bloccò con un braccio per entrare dentro casa sua.
-Che diavolo vuoi?- gli chiese, arrabbiata.
Jake chiuse la porta e poi si passò una mano nei capelli.
-Scusa.- disse, guardandola negli occhi. –Non volevo...-
-Cosa?- lo interruppe lei bruscamente.
Jake scosse la testa. –Mi dispiace.-
-E a me sai cosa dispiace?- gli chiese Caitlin, profondamente delusa dal suo atteggiamento. -Di averti dato retta.-
Vide Jake sussultare. –Non dire così..-
-Io non ti conosco.- disse Cat. –Pensavo che volessi aiutarmi e invece..-
Jake si avvicinò a lei fino quando non si ritrovarono a pochi centimetri di distanza l’una dall’altro.
-Io voglio aiutarti.- affermò Jake, prendendole il viso dolcemente. –Anzi, io voglio proteggerti.-
-Ma perché?- gli chiese, scuotendo la testa.
In effetti se lo era sempre chiesto. Perché lui la voleva aiutare a tutti i costi?
Caitlin non ci credeva più alla storia del poliziotto altruista che le voleva dare una mano.
Lui aveva insistito a tutti i costi per farla andare a casa sua, dicendole che andare dal detective Allen avrebbe significato mettere a repentaglio la vita di tutto loro.
E poi le aveva chiesto di andare al mare insieme a lui, come se quella fosse una sorta di vacanza invece che una forma di protezione.
Adesso questo.
Quelle frasi cattive che le aveva detto, in un tono che gli aveva sentito usare solo quella mattina con la persona con cui stava parlando a telefono.
Perché la stava trattando in quel modo?
Jake sospirò e poi fece un passo indietro.
-È mio dovere proteggerti.-
-Non dirmi stronzate.- disse Cat, arrabbiata. –Non c’era bisogno di tutto questo ardore. Avresti potuto aiutarmi a montare le inferriate a casa, assicurarti che stessi bene e andartene. E invece no. Mi hai chiesto di venire da te per stare più al sicuro e poi mi hai detto quelle cose brutte. Perché, Jake?-
-Mi dispiace.-
-Che significa mi dispiace?-
-Significa che sono stato uno stronzo.-
Cat esitò. Sembravano scuse sincere.
-Perché?-
-Perché sono teso.-
-Per via del caso?-
Jake annuì. –Anche.-
-Ci sono novità?-
Lo vide sorridere. –Anche se ci fossero, non potrei dirtele.-
Poi a Cat venne in mente una cosa. –Tu sapevi che tuo zio era malato?-
Jake si irrigidì. –Perché?-
Caitlin sospirò. Lui rispondeva alle sue domande sempre con altre domande. Mai una volta che le desse le risposte che cercava.
-Oggi sono andata a mangiare al locale.-
Jake la fissò.
-Tu sei sparito tutto il giorno praticamente.- si giustificò Cat, anche se non doveva. –Non volevo pranzare da sola.-
-Mi dispiace.- si scusò un’altra volta Jake. –È saltato fuori un imprevisto.-
Caitlin si chiese se il suo imprevisto avesse a che fare con la sua telefonata di quella mattina.
Poi si rese conto che probabilmente era così.
-Comunque ho parlato con Stella e mi ha detto che tuo zio era malato. Tu lo sapevi?-
Jake scosse la testa, ma evitò il suo sguardo.
Qualcosa le disse che lui stava mentendo.
-Sei pronta?- le chiese poi lui, cambiando totalmente argomento.
Caitlin fece finta di niente e poi recuperò la busta di plastica in cui aveva messo le cose che si sarebbe portata.
Mentre uscivano di casa, si disse che la malattia di Thomas era il suo nuovo punto di partenza.
 
   
 
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