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Autore: Relie Diadamat    03/04/2020    2 recensioni
[Modern!AU | Lawlight]
Seattle.
Un serial killer ha avvelenato tre persone, lasciando nelle loro case una mela e un messaggio: "M". Light Yagami, detective della Omicidi, sta indagando al caso quando la polizia richiede l'intervento del più geniale tra i profiler: L.
Il vero obiettivo di L, però, sembra un altro...
[Dal primo capitolo]
«Vuole della cioccolata calda?»
Light ricambiò il gesto per riflesso, rifiutando l'offerta. «Sono più un tipo da caffè».
«Suvvia, detective. Serve un po' di dolcezza, in questa vita».
Light detestava il modo in cui pronunciava quella parola: detective. Riusciva a farlo sentire stupido, a disagio. «Preferisco restare sveglio».
«Capisco».
L bevve un sorso, leccandosi le labbra. Light non osò immaginare quanti altri zuccheri avesse assunto dal colloquio fino a quel momento.
Continuava a fissarlo, rendendolo nervoso. Quel profiler non aveva tutte le rotelle al proprio posto, ma il detective avvertiva dell'altro. Era intelligente abbastanza da leggere un sottotesto, capire che la persona che stava aspettando era lui.
«Lei è Light Yagami, il figlio di Soichiro Yagami, dico bene?»
Genere: Drammatico, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: L, Light/Raito, Tota Matsuda | Coppie: L/Light
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Sugar, please.
 
 
 
 
 
I. More a coffee type
 
 
Anderson, non parlare ad alta voce.
Abbassi il QI di tutta la strada.
Sherlock BBC
 
 
 
 
 
Non tutte le giornate memorabili iniziano con un cielo in tempesta, nemmeno quelle che annunciano guai. 
Quella storia, però, iniziò e terminò come i più classici dei cliché. 
Light teneva le braccia incrociate, guardando le goccioline di pioggia scivolare contro il vetro. La cravatta annodata con cura maniacale cominciava a dargli fastidio. 
C'era un ronzio insistente, nella sua mente, che continuava a torturargli il cervello senza sosta. Una goccia dopo l'altra, i suoi pensieri si rincorrevano frenetici come api in un barattolo. Voleva che si calmassero. Voleva poterli esaminare nel minimo dettaglio, gettare una lente d'ingrandimento su tutti gli elementi che non tornavano e stonavano nel quadro. 
 
La porta si spalancò alle sue spalle, innervosendolo maggiormente. Non ebbe neanche bisogno di gettare un'occhiata fugace alla faccia sbarazzina di Matsuda, per riconoscerlo. 
 
«Yagami. Sarà qui a momenti». 
Light non si trattenne dal sospirare, irritato. Matsuda emanava adrenalina da tutti i pori. Sembrava un bambino in attesa di correre verso un abete colorato e scartare i regali di Natale. Quando posò una tazza di caffè sulla scrivania, Light si chiese come avesse fatto a non versarsi il liquido addosso. 
«Grazie, Matsuda». 
Poteva letteralmente percepire l'entusiasmo fuoriuscire dal suo corpo. «Non lo trovi emozionante? Non avevo mai partecipato a un'indagine supportata da un profiler di questo calibro. Trovo che sia davvero affascinante: entrare nella mente di un criminale, leggere tra le righe-»
Chiuse gli occhi, sfinito. «Sì, non sto più nella pelle». 
Le parole furono più aspre di quanto avesse voluto, nonostante le continue promesse di mantenere un tono neutro. La verità era che quella situazione non gli andava giù. 
Quel caso era roba sua, e il più arguto profiler del secolo stava per rovinargli la festa, rompendo le uova nel paniere. Light era certo di non aver bisogno di aiuto, mai
Non riusciva a sopportare Matsuda e il modo in cui decantava le lodi di quel tipo da strapazzo. La polizia odia l'FBI - era un cliché risaputo da tutti, e un profiler non faceva alcuna differenza. 
Matsuda, invece, con la sua inesperienza sul campo e la sete di novità, pareva immune da quella semplicissima regola. 
«Non devi preoccuparti. Sono sicuro che lo beccheremo», continuò, animato da uno spirito di squadra di cui Yagami avrebbe volentieri fatto a meno. «Grazie a L». 
Lasciò ricadere le mani lungo i fianchi, la schiena dritta e una nuova scintilla negli occhi. Agguantò la tazza come ad accettare una sfida, un prurito fastidioso a impossessarsi della mano libera.
Sì, quel caso l'avrebbe risolto, ma senza l'aiuto di nessuno. 
Sarebbe stata la perfetta chiusura di scena degna da grande schermo, se non fosse stato per la smorfia di disgusto che gli increspò le labbra. 
Light abbassò lo sguardo sul caffè, l'espressione di chi aveva appena bevuto urina di topo. «Lo prendo nero, una di zucchero, di solito». 
Matsuda si batté la mano contro la fronte, proprio sulla frangia che aveva cercato in tutti i modi di pettinare con cura. «Giusto. Non imparo mai». 
Tuttavia, la risata dettata dall'imbarazzo che aleggiò nella stanza, stuzzicò i nervi di Light più del dovuto. 
 






 
«Devo ammettere di essere sorpreso. Non avevo mai visto una cosa simile, prima d'ora». 
Eccolo lì, il più geniale tra i profiler del secolo. 
Light Yagami osservava quel tipo a debita distanza, indispettito dalla posa assurda che aveva assunto sulla sedia imbottita. Se ne stava con la schiena ricurva, le scarpe abbandonate sul pavimento e il naso immerso nei dolci. 
Il principe azzurro della polizia
Arrivato a destinazione con ben mezz'ora di ritardo. Light si contenne dallo scuotere il capo, ripensandoci, serrando la mano in un pugno. 
Tutti parlavano di Lawliet come di un eroe, mentre la realtà era ben diversa: con gli occhi cerchiati da profonde occhiaie e i capelli in disordine, L sembrava un panda di poche parole e completamente fuori di testa. 
«Riuscite a riconoscere di cosa si tratta?»
Fu proprio la voce del profiler a interrompere le maledizioni mentali di Light, polarizzando l'attenzione dell'intera sala su di sé. 
Gli agenti si scambiarono un'occhiata, incerti, finché uno tra tanti non prese coraggio. Uno dei peggiori. 
«Un omicidio serial-»
«Una ciambella perfettamente dorata con doppia glassatura. Non se ne trovano di così rotonde dalle mie parti. E nemmeno tanto farcite - in tutta onestà». 
L aveva sollevato il dolce all'altezza degli occhi, tenendolo tra il pollice e l'indice come una scimmia da laboratorio. Appariva più interessato alla glassa di cioccolato che agli omicidi, e Light cominciava ad averne abbastanza. 
Quello era il suo primo vero caso degno di nota. Era stato lui a notare i collegamenti tra le vittime, a studiarlo giorno e notte, a controllare le scartoffie e a recarsi sulla scena del crimine. Aveva partecipato agli interrogatori, sopportato i lacrimoni incontrollabili dei familiari delle vittime… Per ritrovarsi di fronte a un soggetto come L, intenzionato ad analizzare una ciambella ricoperta di cioccolato, parlando lentamente e torturandosi il labbro inferiore con le dita. 
Adocchiò un punto impreciso alla sua destra, con la coda dell'occhio, dove un tempo avrebbe ritrovato la figura autoritaria di suo padre. Soichiro Yagami avrebbe serrato la mascella, un'espressione contrariata nascosta dai baffi ben curati, dinanzi al comportamento di L. 
Aveva dedicato tutta la vita al suo lavoro, mosso da un forte senso della giustizia. Era il tipo d'uomo che sarebbe morto per la divisa, per onorare l'impegno preso nei confronti del Paese - come un soldato. 
Le priorità di suo padre erano sempre state le vittime, mai i criminali. Si lasciava coinvolgere, dedicava anima e corpo alle indagini perché era la cosa giusta da fare, perché solo in quel modo poteva affievolire i pianti di una madre. 
Si sarebbe opposto al modo di fare del profiler, alla sua superficialità, alla sua passione per le ciambelle. 
Non si accorse di aver sfiorato la propria cravatta con i polpastrelli, la stoffa contro la pelle. Una vecchia abitudine di famiglia. 
Strano, come certi ricordi potessero tornare a galla dal nulla. 
Tre omicidi. Persone decedute per avvelenamento dopo essere state trasportate d'urgenza in ospedale. Una mela lasciata come firma nelle loro dimore. 
Light era concentrato su quel caso. Su quella tela, su quel puzzle che avrebbe completato con le proprie forze, senza perdere ulteriore tempo prezioso. 
«L'assassino ci sta prendendo in giro. È una sorta di gioco perverso. Uccide le sue vittime avvelenandole, tornando nelle loro case per firmarsi.» 
Puntò alla sua faccia, alla faccia del Grande Profiler, stanco di quella sceneggiata. Voleva far capire a quel tizio chi comandava, toglierselo di torno il prima possibile. Lo fissò intensamente, in quei due pozzi neri inespressivi, lanciando il suo messaggio: non aveva bisogno del suo aiuto. 
L non era un genio, ma un povero idiota ossessionato dagli zuccheri, pieno di stranezze e con un pessimo gusto in fatto di vestiti. 
«Lei è uno di quelli svegli, vero detective?» Il volto del profiler non era mutato di una virgola. Nessun sorrisetto si era dipinto sulle labbra, le sopracciglia sottili erano rimaste due linee rette. La ciambella, però, era passata in secondo piano. L aveva accolto il suo sguardo tagliente. Era la prima persona che si scomodava a guardare con vero interesse. «Peccato che abbia commesso un errore». 
Fu la maschera di Light a infrangersi in mille pezzi. 
Rannicchiato con le gambe contro il petto, le ciocche ribelli a nascondere la fronte pallida, L si portò l'indice alla bocca, senza toccarla. «L'assassino lavora a stretto contatto con le persone, conosce i loro indirizzi e sa intrufolarsi nelle loro abitazioni senza lasciare la minima traccia, se non una mela. Si introduce nella dimora della vittima solo dopo essersi appurato della sua morte.
«Non sta semplicemente lasciando una firma, ma un messaggio: ha inciso la lettera M solo sulla mela destinata alla casa dell'ultima vittima. Tutte le altre, sono pulite. Come nel caso di Graham Frederick Young, l'autore del crimine non sembra egocentrico. Non vuole essere temuto, idolatrato. Non uccide per soddisfare fantasie sessuali. L'assassino è impegnato in una missione personale, quasi un esperimento. 
«Le tre vittime hanno una cosa molto importante in comune: un nucleo familiare da cartolina, nessuno conduce una vita solitaria. Nel primo caso si tratta di un padre, nel secondo di un adolescente e nel terzo di una ragazza madre con due bambini a suo carico. Dunque, possiamo supporre che l'assassino lavora in un luogo frequentato abitualmente dalle famiglie». 
«Possiamo escludere che si tratti di un dottore». 
Calò un silenzio surreale nella stanza. Tutte le teste si voltarono in direzione di Matsuda, che con un sorriso impacciato aveva appena riconsiderato il suo intervento. «Insomma, per la faccenda delle mele… »
Light si sentì in imbarazzo per lui. Si chiese cosa suo padre ci avesse visto in quel tipo, perché avesse riposto fiducia e speso tanta energia per sostenere le sue capacità. 
L, per una volta, sembrò in tacito accordo con Yagami, ma ignorò l'intervento mordicchiando la sua adorata ciambella. 
«Cerchiamo una persona con spiccate conoscenze nell'ambito della chimica e della tossicologia. Una persona sola, che ha il tempo di dedicarsi alla sua passione segreta senza destare sospetti», concluse. 
Light ci ragionò su per qualche istante. «Un professore di chimica?». 
«Improbabile», dichiarò sicuro il profiler, masticando con calma. «L'unica vittima che rientrerebbe nel suo ambiente sarebbe la seconda». 
Si morse l'interno labbra, riconoscendo il suo errore. Avrebbe dovuto pensarci prima. 
«Mi dica, detective, cosa sappiamo degli avvelenamenti non riusciti?» L si rivolse solo a lui. Gli altri agenti erano diventati superflui, invisibili, quasi la loro presenza nella stanza fosse un semplice arricchimento dell'arredo. «E in più, cosa crede volesse comunicarci, l'assassino, con quella "M"?»
 





 
Dopo il colloquio col profiler, Light s'inchiodò alla scrivania, bevendo la seconda tazza bollente di caffè della giornata, immergendosi nelle foto sparse nel fascicolo. Contemplò quella maledetta mela, quella M incisa sul frutto con la punta di un coltellino, scervellandosi. 
L'assassino stava comunicando con loro. Non stava reclamando i suoi cinque minuti di gloria, ma stava mandando un messaggio. 
«Ehi partner». 
La voce di Matsuda lo distrasse dalle incessanti riflessioni. Si costrinse a sorridere amichevolmente, lasciando che l'altro gli si avvicinasse. «Farai le ore piccole anche oggi, o torni a casa?»
Light controllò l'orologio da polso, rendendosi conto di quante ore avesse speso seduto a far nulla. Controllando documenti su documenti, fissando quella mela. «Il tempo vola». 
Matsuda gli sorrise di rimando, con autentica gentilezza. Era una caratteristica tipica delle persone come lui: gli ingenui sono estranei alla malizia e, per qualche assurda ragione, tendono a credere che tutti gli altri siano sinceri. «È stato interessante, oggi. Anche se non credo che L abbia apprezzato il mio intervento». 
Light avrebbe voluto dirgli che quell'incontro non aveva portato a nulla, che servivano più dati, più informazioni, e che L non era stato l'unico a non aver apprezzato la sua freddura, ma si tenne tutto per sé. Allargò le labbra come un vecchio compagno di banco, iniziando a riordinare la scrivania. «L è decisamente… un tipo fuori dalla norma». 
«È il migliore, nel suo campo». 
Rimase infastidito da quella constatazione, ma tentò di nascondere il proprio disappunto. D'altro canto, doveva ammettere che L non era l'idiota che credeva. Lo aveva zittito, lasciandolo in mezzo agli altri agenti a boccheggiare come un ebete e, per quanto la cosa lo irritasse, una parte di lui n'era quasi soddisfatta. Si sentiva stuzzicato.
«Ad ogni modo, Anderson e gli altri hanno deciso di prendersi una birra.» Matsuda si grattò la tempia con un dito, prima di avanzare la richiesta. «Sei dei nostri?»
Dio, no. 
«Mi piacerebbe molto», gli disse, «ma se devo essere sincero sono stanco. Non vedo l'ora di riabbracciare il mio letto». 
Il suo partner annuì. «Ti capisco. Sarà per la prossima volta». 
Neanche morto. 
«Puoi contarci». 
Quando finalmente Matsuda lo salutò, sparendo dal suo campo visivo, Light rilassò tutti i muscoli del corpo. Mentire non era un problema, non era estenuante, ma c'erano volte in cui necessitava di essere sé stesso. 


 




Un distretto di polizia è il luogo più rumoroso del mondo. Una costante sarabanda di passi, di telefoni squillanti e odore di caffè. 
Light riusciva ad alienarsi nella sua bolla di concentrazione, ma quella giornata gli pesava sulle spalle come poche altre. Odiava non conoscere le risposte, seppur adorasse i rompicapo. 
Arrivato nell'atrio, gli sembrò di poter respirare di nuovo. Si riempì i polmoni d'aria, bloccandosi alla vista di un paio di scarpe da ginnastica abbandonate accanto a una sedia. Una scena piuttosto familiare, per i suoi gusti. 
Aggrottò la fronte, scandagliando il perimetro circostante, ritrovando la silhouette snella e ricurva del profiler accanto al distributore automatico. L teneva un bicchiere tra le dita, il fumo ad accarezzargli il volto assente. Guardava verso le porte scorrevoli la pioggia abbattersi sui marciapiedi, sulle teste sprovviste di ombrello e le automobili. 
Si chiese cosa ci facesse ancora lì, perché non fosse già tornato da dov'era venuto, finché una strana sensazione cominciò ad annidarsi nella mente. 
«Allergico all'acqua?» 
L girò il capo nella sua direzione. Si portò il piede nudo contro la gamba, strofinandolo con lentezza sui jeans fin troppo larghi. «Il mio cellulare è morto». 
«Le mie condoglianze più sentite». 
Era una scusa. La peggiore che potesse inventarsi. L stava perdendo tempo, per qualche ragione. Stava aspettando qualcuno. 
«La ringrazio», il profiler rispose al sarcasmo di Light con assurda serietà - o forse stava semplicemente continuando il suo gioco. «Sarebbe così gentile da prestarmi il suo?»
Light avrebbe voluto roteare gli occhi al cielo, stampare quella faccia patetica contro il vetro del distributore. Portò una mano nelle tasche della giacca, recuperando il cellulare. Sbloccò lo schermo prima di avvicinarsi e porgerlo a L. «Ma certo». 
«Grazie».
Lo vide digitare velocemente qualcosa utilizzando la mano libera, prima di sollevare gli occhi scuri su di lui e stiracchiare appena l'angolo della bocca in un tentativo di sorriso. «Vuole della cioccolata calda?»
Light ricambiò il gesto per riflesso, rifiutando l'offerta. «Sono più un tipo da caffè». 
«Suvvia, detective. Serve un po' di dolcezza, in questa vita». 
Light detestava il modo in cui pronunciava quella parola: detective. Riusciva a farlo sentire stupido, a disagio. «Preferisco restare sveglio». 
«Capisco». 
L bevve un sorso, leccandosi le labbra. Light non osò immaginare quanti altri zuccheri avesse assunto dal colloquio fino a quel momento. 
Continuava a fissarlo, rendendolo nervoso. Quel profiler non aveva tutte le rotelle al proprio posto, ma il detective avvertiva dell'altro. Era intelligente abbastanza da leggere un sottotesto, capire che la persona che stava aspettando era lui. 
«Lei è Light Yagami, il figlio di Soichiro Yagami, dico bene?»
Diventò di pietra. 
Il cuore parve paralizzarsi nel petto, il sangue divenire gelido nelle vene. Era bastato sentire il suo nome e il passato rinverdì in un istante. 
«Sì.» Deglutì, spostando il peso da un piede all'altro, drizzando la schiena. «Conosceva mio padre?». 
Gli occhi di L scrutavano ogni minimo movimento del suo corpo. Lo stava studiando. «Conosco il suo caso». 
Il silenzio tra loro pesò come un macigno. I rumori si fecero ovattati, la gola secca, il polso accelerato. Per la prima volta, Light vide L sotto una luce differente. Non si trattava più di un panda pazzoide ghiotto di ciambelle al cioccolato. Era molto di più e dopo tanti mesi Light provò paura. Si sentì esposto, faccia a faccia col pericolo.
«Si fermerà molto qui a Seattle?»
«Perché?»
Una goccia, due gocce, e poi altre venti. Light si appellò a tutto il coraggio di cui era capace. Distese le labbra in un ghigno divertito, senza diminuire la distanza che li separava. «So dove potrebbe trovare delle ciambelle perfettamente dorate con doppia glassatura». 






 
Buon salve.
Piccole premesse: ero indecisa se pubblicare o meno questa storia. Diciamo ch è scritta abbastanza male, che amo i gialli ma non so scriverne, che sono troppo pigra per documentarmi bene.
In tutti i romanzi/serie tv crime, l'FBI è sempre odiata dai poliziotti. Dunque...
Facciamo finta che per il momento serva solo un profiler e non un agente federale. 

Graham Frederick Young è stato un serial killer britannico, conosciuto come l'avvelenatore di tè. Trovo la sua storia molto interessante... e la sua faccia molto inquietante. Se vi va, wiki is your best friend.

La storia dovrebbe nascere da un prompt di Midnight Sunflower, solo che sono un genio e... l'ho sbagliato. Rimedierò, prima o poi, perché era davvero bellissimo: "Light è a capo di una task force federale. L, il miglior profiler di serial killer sulla piazza, si autoinvita alla prima riunione della squadra. E tra i due son subito scintille".

Grazie comunque a chi ha letto. A chi deciderà di seguire 'sta roba. 
 
   
 
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