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Autore: Sinden    04/04/2020    0 recensioni
Heloise é una giovane studiosa. Il suo sogno é quello di essere ammessa a Orthanc, la Torre di Isengard, in cui vengono istruiti e formati i futuri Stregoni.
Per farlo, dovrà prima superare una difficilissima prova.
🌺🌺🌺
FF tolkeniana, genere avventuroso, basata anche su film Lo Hobbit - La desolazione di Smaug.
Nuovo personaggio.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Compagnia di Thorin Scudodiquercia, Thorin Scudodiquercia
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Passato un giorno dalla sua fuga da Hobbiville, Heloise era riuscita a fare solo quaranta miglia, prima che quel pigro pony dei campi si arrendesse alla stanchezza.

Erano entrati nel bosco Cet, a nord - est della cittadina di Brea. Mancava poco ad arrivare all'insediamento di Arceto, un altro villaggio che sorgeva tra i suoi alberi. Ma il cavallo non ne volle sapere di fare mezzo metro in più e si immobilizzò proprio vicino a un ruscello. Diverse piante di ficus ornavano le sponde.

Erano quasi le sei di sera, Helli lo capiva dall'ombra degli arbusti sul terreno. Si era fermata un paio d'ore durante il tragitto, per provare a dormire un pochino, ma era riuscita ad assopirsi solo qualche minuto. Le faceva male la testa dal sonno accumulato. Non desiderava altro che trovare una brava anima disposta a darle un letto decente e chissà, magari anche un bel po' di grana per il suo gioiello.

"Avanti, bestiaccia, non fermarti adesso!" comandò al cavallino, che non si mosse. "Voglio arrivare ad Arceto, dalle mappe manca poco."

Ma il pony sembrava risoluto a non procedere. Helli sospirò, e smontò. "Dormirò all'aperto anche stasera." si sorprese a brontolare. " E non c'è neanche una caverna, un riparo... "

Si avvicinò al ruscello, per riempire la sua borraccia d'acqua, ormai vuota. Passando vicino ai ficus, notò uno strano fenomeno: sul terriccio bruno c'era una lunghissima fila di formiche indaffarate. Subito Helli si rannicchiò a terra, affascinata. Adorava osservare gli insetti, in special modo le formiche. Le considerava straordinariamente intelligenti. Una volta ci aveva addirittura provato, a costruire il suo formicaio personale. Un'intera comunità di formiche rosse, che Helli riteneva fossero le più aggressive di tutta la loro specie e che voleva studiare. Aveva costruito con diverse listarelle di legno una sorta di rudimentale recinto in camera sua e di Isa, e l'aveva riempito di terra, e aveva poi raccolto una decina di formiche rosse e le aveva posizionate sulla cima del cumulo, per vedere cosa avrebbero fatto.

Ci avevano messo poco a scavare cuniculi e a dar vita alla loro micro società. Un esperimento che Helli aveva portato avanti con dedizione e attenzione, e che era fallito miseramente quando le formiche, stufe della costrizione in quel recinto, avevano pensato di esplorare l'universo circostante e si erano arrampicate sul letto di Isa nottetempo, per poi infilarsi sotto le coperte. Quello che era successo dopo, facile immaginarlo: sua sorella si era destata bruscamente all'alba con una miriade di punturine rosse su tutto il corpo, e aveva iniziato a gridare e a piangere. La loro madre era corsa in camera con una scopa e aveva gettato tutto il formicaio di Helli in una sacca di juta e, una volta portata in cortile, le aveva dato fuoco. Con essa, anche le lenzuola del letto di Isadora.

Heloise si era domandata perché le formiche avessero preso di mira la sorella e non lei, e aveva trovato la risposta in quell'unguento alla vaniglia di cui Isa si cospargeva dopo il bagno. Attratte dal profumo, avevano invaso il letto.

Naturalmente, la conseguenza immediata era stata una dura sgridata da sua madre, e il divieto di entrare in camera per un mese. Si era rassegnata a dormire sul divano, ma aveva anche scoperto qualcosa in più su quegli insetti così straordinariamente sociali: avevano il senso dell'olfatto.

Quel piccolo esperimento in casa sua, comunque, impallidiva rispetto alla scena che Heloise si trovò ad osservare sulle rive di quel ruscello.

Le formiche stavolta erano nere, e più grandi del normale. C'era tutta un'organizzazione: due lunghissime file univano il formicaio - che Helli individuò sotto a un masso, a tre metri di distanza - a uno dei tronchi dei ficus. Una fila, quella che tornava alla loro tana, era interamente composta da formiche operaie, che reggevano tra le tenaglie piccoli pezzi verdi di foglie. Avvicinandosi, vide che sul tronco e fra i rami ce n'erano molte altre: alcune erano addette al taglio delle foglioline, altre, a terra, raccoglievano i pezzi caduti e li portavano via. Ma l'aspetto più straordinario era la presenza di formiche guardiane: riconoscibili perché sul piccolo capo avevano una striscia grigia. Queste stavano nel mezzo delle due colonne di operaie e controllavano il traffico, e quando si formavano ingorghi per via del movimento continuo, spingevano le operaie e le riportavano in formazione. A un certo punto, una delle formiche fece chissà cosa di sbagliato, e venne obbligate dalle guardiane a uscire dalla fila; venne successivamente fatta a pezzi dalle altre. Le due guardiane poi fecero uscire un'altra operaia e la obbligarono a sotterrare i resti della prima.

Helli non riusciva a crederci. "E' assurdo..." mormorò. Sarebbe rimasta ore ad osservare quella straordinaria macchina industriosa, quando un suono alto e prolungato la fece sussultare. Anche il pony s'innervosì.

Riconobbe quel verso. Era un gallo di bosco, anche detto hocco*. Era strano che ce ne fosse uno così vicino, poichè avevano paura degli uomini e preferivano nascondersi nelle sterpaglie. L'intensità del suo richiamo le suggerì che era vicinissimo. Forse era intrappolato.

Si decise a cercarlo.

Non ci mise molto a trovare lo sfortunato uccello: era in effetti caduto in una trappola, una rete che era stata posizionata fra i rami, e nella quale le sue ali si erano impigliate. Stava anche rischiando di morire strangolato, perché la testa era stretta dalle maglie. Helli aveva con sé un piccolo pugnale, e si avvicinò con l'idea di tagliare la rete, ma l'hocco gridò spaventato. Un grido che avrebbe potuto attrarre qualcuno, magari il cacciatore che aveva messo lì la trappola, e la cosa era rischiosa: trovarsi sola in un bosco con un uomo, all'imbrunire, poteva avere risvolti non proprio gradevoli, per una ragazza. Tentò di calmare l'animale.

"No! Ora sta' buono, eh...sta' buono che ti aiuto..." gli sussurrò, tagliando una delle corde di quella spessa rete. Ma il volatile iniziò ad agitarsi sempre di più e a gridare temendo forse di venire sgozzato, finché il suo peso non fece cadere la rete. Finì a terra, e iniziò subito a dimenarsi.

"Fermo, stai fermo..." disse Helli spazientita, e finalmente riuscì a sciogliere tutta la rete. L'hocco allungò il collo per darle una beccata, e per un soffio non la prese. "Bella gratitudine, amico!"

"Ma si può sapere cosa stai facendo!" sbottò qualcuno, dal fitto del bosco. Helli si guardò intorno spaventata. Era una voce maschile e parecchio burbera. Le venne in mente Dwalin. "La mia cena...la mia ceeeena!" imprecò l'individuo misterioso. "Ci ho messo tre giorni a catturarne uno, razza di stupida!"

"Chi è?! Chi c'è?!" gridò Heloise.

Dai cespugli apparve un Nano.

Più alto e più magro rispetto a Thorin e ai suoi compagni, ma sempre un Nano. E sembrava piuttosto vecchio: non aveva capelli bianchi come Balin, ma rughe profonde solcavano il suo viso. Aveva una lunga barba rossiccia e composta a treccia. Non indossava elmi né corazze, ma si vedeva che era, o era stato, un guerriero.

L'hocco, nel frattempo, scappò via di gran carriera, zompettando sul terreno. Helli immaginò che si fosse rotto un'ala.

"Ecco! Un'altra serata a mangiare radici!" si lamentò di nuovo il Nano. "Chi sei? Perché hai liberato quel gallo?!" disse, rivolto a Heloise.

"Scusatemi, veramente scusatemi...non sapevo." balbettò lei, arretrando un po'. Il Nano era armato di una piccola ascia. "Ho sentito il richiamo, credevo fosse rimasto intrappolato... "

"Ma certo che era intrappolato! Ho messo lì apposta questa rete..." rispose il Nano, raccogliendo da terra quella matassa ingarbugliata. "...e me l'hai anche fatta a pezzi!"

"Io non sapevo fosse la vostra cena, davvero." tentò di scusarsi lei.

"Comunque quella bestia non andrà lontano...si è ferita. E' spacciato. La sua carcassa se la mangerà qualche faina! E io a bocca asciutta! Bah." brontolò il Nano. "Che stupida..."

Heloise non sapeva come rimediare. "Posso fare qualcosa?... cioè...magari posso aiutarvi a raccogliere radici, o frutti. Anche io ho fame. Dovrò dormire qui, stanotte." gli disse. "Sono diretta ad Arceto."

"Arceto? No, non ci andrei se fossi in te." ribatté il Nano.

"Cosa volete dire?" s'informó Helli.

"Quella cittadina è in un gran brutto momento, sono in carestia. Non troverai niente lì, solo gente disperata." borbottò il Nano. "Ci sono passato ieri."

Lei sospirò. "Accidenti, speravo di fermarmi da loro almeno un giorno." disse. "...perdonate, non mi sono presentata: mi chiamo Heloise Foley."

"E che diavolo mi importa?" rispose il Nano.

L'umana rimase interdetta. "Beh, credo sia almeno cortese presentarsi. Ma dimenticavo che voi Nani non siete avvezzi alle cortesie."

"Per ora tu sei solo quella che mi ha fatto perdere un gallo bello grasso ...che sarebbe finito arrosto. Dopo tre giorni in cui mi sto cibando solo di cicoria come un coniglio! Ah!" il Nano sentì lo stomaco brontolare. "...magari trovassi un coniglio, o una lepre!"

"Vi ho detto che sono dispiaciuta. E comunque uccidere un hocco è un gran peccato. Un crimine, quasi." disse la ragazza.

"Cosa? E perché?" chiese il Nano, preparandosi ad accendere un falò. "...e farai meglio almeno a procurarmi dei rami secchi, se altro non sai fare, donna."

Heloise tenne a bada il nervosismo. Aveva appena scaricato tredici Nani sgarbati ed era incappata in un altro, forse ancora più antipatico.

"...perché gli hocco, o galli di bosco, sono animali molto utili, e rari. Sapete che se un hocco viene catturato e messo in un pollaio, diventa subito il protettore del pollaio? L'ho letto su un libro. Proprio così: si mette a sorvegliare le galline, riesce a contare quante sono e quando una di loro scappa la rincorre e la obbliga e tornare nel recinto. Non solo: quando vede un rapace in cielo, un aquila o un falco, fa nascondere tutte le galline e lo affronta da solo. Non abbandona mai più il pollaio. E voi stavate per arrostire una bestia così straordinaria!" raccontò Helli. "...liberarlo era il minimo."

"Tanto quello è già a terra agonizzante, con un'ala rotta, probabilmente. Il tuo intervento è stato inutile." la gelò il Nano. "Farin."

"Come?!" chiese lei.

"Mi chiamo Farin**. Molto poco lieto di conoscerti, cara." disse lui.

🌺🌺🌺

Farin si dimostrò comunque più generoso di quanto Helli si sarebbe aspettata. Le permise di accovacciarsi accanto al fuoco e di consumare quel po' di frutta che aveva recuperato nei giorni precedenti.

Una cosa che la donna stava imparando sui Nani, era che erano ostici e ruvidi nei modi, ma erano onesti e avevano un animo tutto sommato buono. Però, era strano vedere un Nano vivere in solitudine. Come popolo, erano molto uniti ai ceppi famigliari e alle loro comunità.

Decise di approfondire.

"Perché sei qui, cioè qui solo in questo bosco?" chiese, dandogli del tu.

"Non vivo qui. Sono di passaggio. Vengo dal Dunland." rispose Farin, ingurgitando una mela quasi intera. "Un territorio vicino alle Montagne Nebbiose."

"La tua gente vive lì?" chiese lei. La serata era fredda, ma il fuoco della brace riscaldava entrambi. Helli aveva già le guance rosse, anche perché Farin le aveva offerto un po' della sua birra, e si sentiva vagamente brilla.

"No. La mia gente, quello che ne resta, vive sui Monti Azzurri. Solo io e il mio Re siamo scappati nel Dunland. Ed ora è sparito anche lui." raccontò il Nano.

Helli si ricordò di Thorin. "Vuoi dire che anche tu vieni da Erebor?" chiese.

Farin si girò a guardarla sorpreso. "Che significa anche tu? Chi altro hai incontrato?"

Heloise non sapeva se dirgli dei Nani incontrati a casa Baggins. Erano in missione segreta, così le avevano spiegato, e raccontare a Farin del loro incontro poteva essere sbagliato. Si era già cacciata in una situazione potenzialmente pericolosa e ne era uscita per il rotto della cuffia.

Optò per una sana menzogna.

"...beh io vengo dal Minhirath. Qualche Nano è passato dalle nostre parti, per acquistare prodotti della terra. Hanno raccontato alla mia gente la vostra storia. Ho saputo che c'è stato un grande esodo dalla Montagna Solitaria." disse lei.

"Menti." rispose Farin, guardandola storto. "La stirpe di Durin si è interamente spostata a Nord Ovest, Thorin Scudodiquercia incluso. Il figlio di Re Thrain."

Helli ripetè. "No, è vero... so che un Drago ha invaso la vostra patria. E che ha combinato un sacco di guai lì dentro."

Farin si alzò in piedi. "Un sacco...di guai? La mia gente è morta. Io ero lì. Per caso non venni investito dalle sue fiamme. Mia moglie non fu altrettanto fortunata."

Helli si dispiacque. "E' terribile, lo so." Pensò al gioiello che teneva nella sacca. L'oggetto che aveva dato inizio a quello sterminio.

"Ma che vuoi saperne, tu?" sbottò Farin. "Io ero il più valoroso dei guerrieri di re Thrain. Il più coraggioso. Ma non riuscii a far niente di fronte a quel mostro. Non esiste maledizione, in nanico, elfico, o lingua comune che io possa usare per quel...Smaug." disse, stringendo i denti dalla rabbia. "Morirò senza rivedere la Montagna libera. Lo so."

La ragazza non osò dirgli del piano di Thorin e degli altri. Provò comunque a consolarlo. "Beh, questo non è detto. Forse il Drago non è più nemmeno in vita. Io credo che Eru non possa permettere un simile abominio. Cioè, gli dèi troveranno il modo di ridarvi la vostra casa."

Farin sorrise, con una punta di amarezza. "Non ci spero più, cara ragazza. Il mondo sta per cadere in mano agli Uomini. E gli Uomini hanno dimostrato già una volta la loro debolezza. La tua gente consegnerà il mondo a Sauron, che si servirà dei Draghi, fino a quando tutto non sarà ridotto in cenere. Allora avrà vinto."

"Ma perché dici questo..." disse Helli, tremando un po'.

"Sto andando a Nord. Sto andando verso le Montagne Grigie. Dicono che un'altra bestia viva lì. Anche più feroce di Smaug. Devo ucciderla prima che possa venire usata per fare altro male. Anche se sono vecchio, anche se non ho più l'energia di un tempo. Ma se devo morire, morirò provando a difendere questo mondo." rivelò Farin. "Con la morte di mia moglie, comunque, nulla mi tiene più ancorato a questa vita."

Heloise rimase a bocca aperta. "Vorresti uccidere un Drago enorme da solo? Non mi sembra...possibile...ecco..."

"Sì, un modo c'è. Bisogna colpirlo al cuore. Un colpo profondo, che riesca a oltrepassare le sue scaglie. Ne basta uno." disse Farin, infervorandosi. "E io ero il più bravo nel combattimento ravvicinato. Il più letale, nel maneggiare una lancia."

L'umana osò obiettare. "Ma, ciò presuppone che tu debba avvicinarti. Come pensi di fare?"

Il Nano non aveva sentito, perso nelle sue fantasie di vendetta. "Non una di quelle bestie rimarrà viva..." mormorò fra sè.

"...come pensi di avvicinarti?" chiese di nuovo lei.

Farin si risvegliò dal sogno a occhi aperti. "Eh? Non lo so." rispose semplicemente.

"Non lo sai?" ripetè Helli. Dopo aver combinato quasi niente nella sua breve vita, aveva pensato delle volte di essere nient'altro che una sconclusionata, come diceva Isa. Ma quel Farin la batteva alla grande.  Andare da solo a uccidere un Drago. Roba da matti.   "Senti...perché non ci mettiamo a dormire?" propose.

"E tu dove sei diretta, se posso sapere? Non me l'hai detto." indagò il Nano, per niente in vena di dormire.

"A Isengard. Voglio diventare una scienziata, un' esperta di pozioni e..." iniziò a spiegare, ma Farin scoppiò in un riso forsennato.

Helli si zittì, offesa.

"Una cheee?!!" riuscì a dire fra le risate. "Non ti basterà intenderti di galli di bosco e di formiche per entrare nel circolo di Saruman! Quel vecchio stregone vede le donne come fumo negli occhi, si dice!"

"Non ho intenzione di subire il tuo sarcasmo. Ho sonno. Domattina ci saluteremo. Ora vorrei dormire, scusa." tagliò corto Helli, sistemando la sua sacca a mo' di cuscino e stendendosi. Il mantello le servì da coperta. "Posso fidarmi di te, spero."

"Fidarti in che senso?" chiese Farin, asciugandosi una lacrima sgorgata per il troppo ridere.

"Non mi salterai addosso mentre dormo, vero?" rispose lei. Ma sapeva che era una domanda inutile, quel Nano sembrava un tipo corretto.

"Ti piacerebbe." ribattè lui, divertito. "Dormi tranquilla, umana. Ho chiuso con certi sollazzi."

"Va' all'inferno." sussurrò lei sottovoce. Si girò su un fianco, e poi lasciò che la notte l'avvolgesse come un abbraccio.

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*Questo capitolo è in parte ispirato dal romanzo Papillon di Henri Charrière (es. descrizione formicaio, e incontro con un gallo di bosco)
** Il personaggio di Farin, in origine, è il nonno di Balin, Dwalin, Oin, Gloin. Nella mia storia questa parentela non c'é.

 

   
 
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