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Autore: evil 65    04/04/2020    11 recensioni
( Sequel di So Wrong )
Quando vengono assegnati ad una missione congiunta, Peter Parker e Carol Danvers si ritrovano costretti a ad affrontare sentimenti che credevano ormai soppressi da tempo.
A peggiorare ulteriormente la situazione già molto tesa, i problemi per la coppia di Avengers sembrano appena cominciati. Perché ad Harpswell, cittadina natale della stessa Carol, cominciano ad avvenire numerose sparizioni che coinvolgono bambini…
( Crossover Avengers x IT's Stephen King )
Genere: Fantasy, Horror, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Carol Danvers/Captain Marvel, Peter Parker/Spider-Man
Note: AU, Cross-over, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Avengers Assemble'
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Eccovi un nuovo capitolo! Senza perdere tempo in convenevoli, vi auguro una buona lettura.
 


The predator
 
Peter e Carol erano sdraiati nel giardino di casa Danvers, i loro occhi puntati in direzione della volte celeste che si stagliava sopra di loro come una distesa oceanica.
La coppia di Avengers si lasciò cullare dall’odore di erba e salsedine mischiati assieme, dimenticando per un attimo ogni preoccupazione. Non durò a lungo.
Carol prese un respiro profondo, interrompendo la quiete di quel momento apparentemente idillaico. << Quindi, ricapitolando…un’entità maligna che vive da secoli nella mia città si sveglia ogni 27 anni per uccidere bambini >>
<< Già >> rispose Peter, visibilmente stanco.
La donna annuì contemplativa. << E questa…cosa…ha una sorta di controllo mentale esteso su tutti gli abitanti di Harpswell, motivo per cui nessuno si è mai preoccupato di denunciare la situazione >>
<< Praticamente. Se non fosse stato per quella coppia di turisti…beh… >>
La frase “ chissà per quanto altro tempo sarebbe andata avanti questa storia” aleggiò tra loro come un monito silenzioso, facendoli rabbrividire entrambi.
Carol abbaiò una risata incredula.
<< Incredibile >> borbottò quasi a se stessa. << Voglio dire…ho vissuto qui per quasi diciassette anni! Sembrava un posto assolutamente normale. >>
<< Non penso si sia mai svegliato mentre eri qui >> disse Peter, un’affermazione basata su un calcolo approssimativo delle date che Bachman gli aveva fornito durante la loro conversazione.  << Sei stata fortunata >>
<< Oggi mi sento tutt’altro che fortunata >> sospirò stancamente la supereroina.
Il vigilante prese a scrutarla con simpatia.
Carol gli aveva spiegato quello che aveva scoperto durante la sua ispezione della camera di Joe Junior: suo padre aveva avuto una storia segreta con un’altra donna. E, a quanto pare, sua madre ne era sempre stata consapevole.
Internamente, non poteva davvero immaginare come si sentisse dopo una simile rivelazione.
Magari triste e confusa…sicuramente arrabbiata.
<< Hai intenzione di parlarle ? >> chiese dopo qualche attimo di silenzio.
Carol sembrò valutare attentamente quella domanda.
<< Alla fine >> rispose con una scrollata di spalle. << Ma prima dobbiamo occuparci della missione. >>
Detto questo, si alzò da terra con un balzo, venendo rapidamente imitata dal compagno di squadra.
Si voltò verso di lui con un’espressione seria.
<< È evidente che questa creatura possiede capacità di alterazione della realtà piuttosto elevate…ed è praticamente immune ai danni fisici >> continuò con tono di fatto. << Dobbiamo assolutamente chiedere aiuto a Strange. >>
<< Sarà sicuramente più preparato di noi >> confermò Peter, annuendo in accordo.
Era la linea d’azione più sicura. Dopotutto, entità maligne e poteri magici non rientravano certo nella loro area di competenza.
In quel preciso istante, un suono acuto e ritmato cominciò a riecheggiare per tutta la lunghezza del proprietà. Sembrava quasi un allarme antincendio.
<< Che diavolo succede? >> domandò Peter, mentre cercava di capire da dove provenisse quella cacofonia. Non aveva avuto modo di esplorare l’abitazione nel dettaglio, ma era abbastanza sicuro di non aver visto alcun sistema antincendio.
Senza perdere tempo, Carol si lanciò dentro casa e cominciò a seguire il suono, rapidamente affiancata dal vigilante.
La coppia di Avengers salì fino alla camera di Joe Junior, dove trovarono Marie Danvers intenta ad armeggiare con il disco rigido Kree che Carol aveva trovato quella mattina.
<< Mamma? Che diavolo sta succedendo? >> chiese la bionda, attirando l’attenzione del genitore.
Mary ringhiò e sbattè il dispositivo contro il muro della stanza. << È questo dannato aggeggio. Non dovrebbe essere qui! >>
Sia Carol che Peter si guardarono l’un l’altra con espressioni incerte.
<< Io…l’ho trovato nel ripostiglio della camera di Joe >> spiegò la donna. << Penso che fosse di papà… >>
<< Non era suo. Non so nemmeno perché lo tenesse >> borbottò Marie, mentre continuava a sbatterlo contro il muro. << Io…non posso…era un’altra vita… >>
<< Wow, mamma, calmati! >> disse la figlia, avvicinandosi a lei e strappandole il disco dalle mani.
Aprì la finestra della camera. << Ecco, ora ce ne sbarazziamo >>
E, detto questo, lanciò l’oggetto direttamente nel canale che confinava con la proprietà.
Mary rilasciò un sospiro apparentemente sollevato e si appoggiò alla parete, portandosi una mano alla bocca per trattenere un singhiozzo.
La figlia la scrutò attentamente e le posò una mano sulla spalla, nel tentativo di rassicurarla. << Mamma, stai… >>
<< Sto bene >> ribattè l’altra, allontanando il braccio dell’Avenger e fuoriuscendo dalla stanza.
Carol schioccò la lingua e la seguì a ruota, accompagnata da Peter.
<< No, non è vero! >> le urlò dietro. Ma Marie non diede alcun segno di volerla ascoltare e uscì in giardino, camminando fino al bordo del canale.
Carol si fermò accanto a lei.
<< Possiamo parlare di quello che è appena successo? >> chiese dopo qualche attimo di silenzio.
Il genitori si girò a guardarla e passò brevemente gli occhi da lei a Peter.
<< Da sole >> rispose freddamente.
La figlia annuì in accordo e lanciò al compagno supereroe un sorriso imbarazzato.
<< Peter, puoi darci un secondo? >> disse con tono di scusa.
Il vigilante sospirò rassegnato.
<< Certo >> borbottò, per poi allontanarsi dalla coppia e sedersi sul portico dell’abitazione.
Le due donne rimasero in silenzio per quasi un minuto buono, ammirando il sole che cominciava a scomparire dietro l’orizzonte dell’oceano.
Quando quel lasso di tempo giunse al termine, Carol si fece forza e prese un respiro profondo. << Allora.. che cosa ci faceva un disco rigido Kree tra le cose di papà? >>
<< Carol, ciò che voglio dirti non riguarda quell’affare >> rispose Marie, sorprendendo la bionda. << È ora che tu conosca la verità >>
Si voltò verso di lei, dandole la sua più totale attenzione.  << Io e Joe…siamo stati un incidente, più che altro >>
<< Odio gli incidenti >> disse Carol, mentre una sensazione spiacevole cominciò a farsi strada dentro di lei.
Mary arricciò ambe le labbra in un sorriso triste. << Questo lo so, Carol. Ma vedi…anche la cosa migliore che mi sia mai capitata è stata un incidente. >>
TUNG!
Una mano fantasma sembrò avvolgere il cuore della bionda come una morsa.
Mantenne un’espressione impassibile, ma nella sua mente cominciò a infuriare una tempesta di sensazioni. Sorpresa, rabbia, dolore…rassegnazione. Le arrivarono tutte in una volta, come un uragano.
<< Decidemmo di essere felici >> riprese la madre. << Di scegliere la vita che volevamo avere…nel bene e nel male >>
<< Hai scelto il male, mamma >>
<< Ho scelto la nostra famiglia >> ribattè Marie, con uno sguardo duro.
Carol strinse le mani in pugni serrati e sibilò: << Non ci avresti perso andandotene, mamma. Hai fatto male a restare >>
<< Ero troppo orgogliosa >> ammise il genitore, ridacchiando amaramente. << Pensavo di poterlo salvare. È difficile da immaginare, ma ci fu un tempo in cui mi sentivo…potente come te, Carol. >>
Ma in quel momento, la figlia non si sentiva molto potente. In realtà, a ogni parola le veniva sempre più difficile respirare.
Non riusciva più a fingere. Dentro di lei stava salendo una grande disperazione, un’onda incontrollabile che minacciava d’inghiottirla. E per un attimo, Carol fu assai tentata di permetterglielo.
Ma non ne ebbe la possibilità.
Uno strano ronzio attirò la sua attenzione. Alzò lo sguardo, rapidamente seguita dalla madre.
Con loro grande sorpresa, gli occhi delle due donna si posarono su quella che  aveva tutta l’aria di essere una sfera argentata fluttuante, poco più grande di un pallone da calcio. Era sospesa a circa cinque metri sopra le loro testa e sembrava quasi che le stesse fissando attraverso un unico occhio fosforescente.
Carol inarcò un sopracciglio.
<< Ma che diavolo… >>
Prima che potesse completare la frase, lo strano oggetto cominciò a illuminarsi di un intenso bagliore azzurro. E il ronzio crebbe con esso.
La bionda ebbe appena il tempo di capire cosa sarebbe successo di lì a poco. Anni di esperienza con questo tipo di situazioni l’avevano resa molto paranoica.
 << Attenta! >> esclamò, afferrando la madre e lanciandosi in volo, mentre dall’occhio della sfera fuoriusciva un raggio color turchese.
Il proiettile di pura energia colpì in pieno il punto in cui Carol e Marie erano state fino ad un secondo prima, proiettando in aria ammassi di terriccio e generando una colonna di fiamme alta diversi metri.
Carol atterrò sul prato di casa, lasciò andare la madre e si voltò in direzione dell’oggetto.
La sfera fluttuò verso di lei, illuminata ancora una volta da quel bagliore azzurro. Tuttavia, poco prima che potesse sparare, qualcosa la colpì a mezz’aria. L’intelligenza artificiale che la controllava reagì all’istante, volgendo la propria attenzione nei confronti della potenziale minaccia.
<< Ehi! Ehi, tu, specie di transformers! >> gridò Peter, che aveva un braccio teso in direzione della macchina e armato con un lancia ragnatele. << Non ti hanno insegnato che non bisognerebbe mai colpire una signora? >>
In tutta risposta, la sfera si limitò a generare un raggio di pura energia che puntò direttamente verso il vigilante. Questi evitò l’attacco con una rapida capriola all’indietro, degna di un campione olimpico.
<< Mancato! >> disse con un sorriso, mentre atterrava con grazia sull’erba del giardino. Tale espressione, però, ebbe vita assai breve.
Dopo aver posato gli occhi sulla sfera, Peter si rese presto conto che ora l’oggetto era affiancato da almeno altri venti corpi fluttuanti tali quali alla macchina che aveva appena tentato di ridurlo ad un croccante.
<< Oh, cavoli >> borbottò il vigilante, mentre le varie sfere cominciarono a illuminarsi di un familiare bagliore azzurro. Per sua fortuna, non ebbero la possibilità di sparare.
Un lampo di luce bianca illuminò il giardino. Appena una frazione di secondi dopo, tre di quegli oggetti esplosero a mezz’aria, riversando cocci di metallo e cavi sul terreno erboso.
Peter si voltò di scatto e il suo sguardo incontrò l’espressione agguerrita di Carol, vestita con la sua uniforme di Capitan Marvel.
<< Mamma, prendi Joe e portalo via di qui >> ordinò freddamente.
Prima che Marie potesse argomentare, la figlia compì un balzo e atterrò affianco a Peter, proprio di fronte allo sciame di sfere.
<< Cosa diavolo sono queste cose? >> domandò il vigilante, imitando la compagna e assumendo una posizione pronta per il combattimento imminente.
Carol gli lanciò un ghignò divertito. << Intendi i transformers in miniatura? >>
<< Ehi, è da un po’ che non invento soprannomi arguti mentre combatto, sono fuori allenamento >> ribattè l’altro, con una giocosa scrollata di spalle.
L’espressione sul volto della bionda si fece molto più seria.
<< Posso solo dirti che il livello di tecnologia è di gran lunga superiore a qualunque cosa che potresti trovare sulla terra >> affermò con tono di fatto.
Al contempo, la mente della donna cominciò a correre come un treno.
Che fosse tecnologia Kree? Una cella ribelle che voleva vendicarsi di colei che aveva fermato la campagna espansionista della loro civiltà? Non era certo la prima volta che Carol aveva a che fare con membri radicali di quella razza. I suoi scontri con Ronan e gli ex membri della sua vecchia squadra erano solo alcuni dei molti nomi che avevano cercato di farla fuori nel corso degli ultimi trent’anni.
<< Droni alieni? Ok, devo ammettere che è molto figo >> disse Peter, interrompendo le sue divagazioni.
E fu in quel momento che le varie sfere cominciarono a sparare in contemporanea.
 << Meno figo! Meno figo! >> urlò il vigilante, mentre faceva del suo meglio per evitare i colpi. Al contempo, Carol iniziò a bersagliare gli oggetti con raggi di energia cosmica.
In pochi secondi, la zona rurale di Harpswell si era trasformata in un vero e proprio campo di battaglia.
Per un attimo, a Peter sembrò di essere tornato indietro nel tempo, durante la contesa finale contro Thanos. Esplosioni, cenere e pezzi di terreno vaganti, fuoco e fiamme. Anche se, a pensarci bene, una simile scaramuccia non era certo paragonabile allo scontro titanico avvenuto circa quattro anni fa.
L’adolescente utilizzò ogni risorsa a propria disposizione per liberarsi delle sfere, lanciando qualunque roccia o oggetto che gli capitasse a tiro, oppure usando le proprie ragnatele per intrappolarle. Dopo quasi due minuti buoni, era riuscito a distruggerne almeno la metà.
A pochi metri da lui, anche Carol se la stava cavando piuttosto bene. Nonostante i raggi emanati dalle sfere fossero potenti, infatti, per una come lei erano poco più che un fastidio.
Ne incassò la maggior parte, convertendoli in energia da riutilizzare contro gli oggetti in veri e propri ritorni di fiamma. La situazione stava volgendo a vantaggio della coppia di Avengers.
All’improvviso, Una sfocatura attraversò il campo visivo della donna.
Inizialmente, Carol pensò che potesse trattarsi di un’altra sfera e si preparò a colpirla. Ma quando alzò le mani…niente. Non c’era assolutamente niente affianco a lei.
L’Avenger abbassò lentamente le mani. Che se lo fosse immaginata?
Poi, l’aria di fronte sembrò prendere vita.
“ Ma che…” fu tutto quello che la bionda riuscì a pensare, mentre “qualcosa” la colpiva direttamente allo stomaco, spedendola contro il muro esterno di Casa Danvers.
Il corpo di Carol attraversò la parete come se fosse carta pesta, riversando schegge e pezzi di calcestruzzo nell’area circostante.
<< Carol! >> esclamò Peter, voltandosi verso di lei e preparandosi a darle man forte.
E fu in quel momento che una grossa figura si materializzò come dal nulla tra il vigilante e il buco appena aperto nell’abitazione.
L’Avenger si bloccò di colpo e fissò il nuovo arrivato con un’espressione scioccata.
La creatura appena apparsa era molto alta e dalla corporatura umanoide.
Aveva un fisico muscoloso e indossava una sorta di bizzarra armatura, un mix di tecnologia dall’aria futuristica mischiata con oggetti di natura tribale, di cui spiccava uno strano bracciale collegato al braccio destro e ad una spalliera.
Sul volto poggiava una maschera dalla superficie liscia e levigata, a immagine e somiglianza di un muso tozzo e schiacciato, con un paio di fessure luminose al posto degli occhi.
Mentre il vigilante era impegnato ad analizzare la minaccia, Carol emise un gemito e si alzò da terra. Ebbe appena la possibilità d’inquadrare le fattezze del suo nuovo avversario.
Con un movimento fulmineo, Cetanu alzò il braccio destro e lo puntò verso la donna. Dal bracciale fuoriuscì qualcosa che avvolse interamente la figura di Carol, spedendola contro la parete opposta della stanza a causa del contraccolpo subito.
La supereroina si rese presto conto di essere stata intrappolata da una rete. Una molto resistente, a giudicare dal fatto che non riuscì a romperla con un semplice movimento delle mani.
Al contrario, la gabbia metallica – perché Carol era sicura che fosse realizzata con un qualche tipo di metallo – cominciò a stringersi attorno a lei.
Non che la cosa le provocò dolore. Dopotutto, la sua struttura biologica era abbastanza resistente da permetterle di attraversare lo scafo di una nave aliena da parte a parte senza subire il minimo danno. Tuttavia, si ritrovò comunque incapace di muoversi.
Di fronte a lei, lo Yautja estrasse un cilindro di medie dimensioni dalla cintura che aveva sul fianco e, dopo aver cliccato un pulsante al centro dell’oggetto, questi si protrasse per formare una lancia dalle punti aguzze.
Carol spalancò gli occhi, mentre la creatura issava l’arma a mezz’aria e si preparava a colpirla. Non ne ebbe la possibilità.
Una scrivania si scontrò con la schiena dell’alieno, facendolo incespicare in avanti.
<< Ehi, ragazzone, vuoi ballare? >> chiese Peter con tono di sfida, attirando l’attenzione del mostro.
Questi inclinò appena la testa di lato e lo scrutò attentamente, come se stesse cercando di valutare i suoi punti di forza. Poi, una luce scarlatta partì dalla spalla destra dell’essere e tre puntini rossi si materializzarono sul petto del vigilante. Al contempo, uno strano cilindrò si drizzò dalla spalla della creatura, producendo un sibilo metallico.
<< Vuoi ballare? >> disse all’improvviso lo Yaujta, utilizzando la stessa voce di Peter.
L’adolescente lo fissò sorpreso. << Ehi, l’ho chiesto prima io… >>
Prima che potesse finire la frase, un proiettile di luce azzurra partì dalla bocca del cilindro. Fu solo grazie al suo senso di ragno che Peter riuscì a evitare il colpo.
L’attacco, quale che fosse l’energia di cui era composto, fu però abbastanza forte da generare un esplosione che sbalzò il vigilante dritto contro il muro opposto della stanza.
<< Ouch >> borbottò l’Avenger, mentre tentava di rialzarsi.
Nel mentre, l’alieno camminò verso di lui e lo afferrò per il collo, issandolo al livello del volto e scrutandolo attraverso le lenti trasparenti che aveva al posto degli occhi.
Peter tentò di parlare, ma la presa della creatura era troppo forte e gli impediva di respira. Cercò di calciarlo, ma senza successo. Qualunque cosa fosse quel mostro…era molto resistente, abbastanza da subire senza problemi colpi che avrebbero mandato all’ospedale un uomo normale.
All’improvviso, un’esplosione di luce illuminò gli interni dell’abitazione.
Sia Peter che lo Yautja volsero lo sguardo in direzione del punto da cui era partito il bagliore. Carol Danvers era riuscita a liberarsi dalla rete e ora si ergeva in piedi alte e fiera, avvolta da uno strato di energia cosmica.
L’alieno non ebbe nemmeno il tempo di reagire. La bionda balzò in avanti e lo investì con la forza di un treno in corsa, mandandolo fuori dalla casa e facendolo rotolare per diversi metri sul giardino dell’abitazione.
Fatto questo, Carol atterrò sopra di lui con forza, sollevando una densa nube di polveri e detriti.
<< Non so chi tu sia…ma hai appena commesso l’errore più grande della tua vita! >> ringhiò a denti stretti, mentre alzava il braccio destro e si preparava a colpire l’avversario con un raggio di energia.
Purtroppo, l’alieno non aveva alcuna intenzione di subire senza combattere. Il piccolo cannone che aveva sulla spalla puntò verso la testa della supereroina e sparò un colpo.
La bionda incespicò all’indietro con un sibilo, provata dall’attacco inaspettato ma per lo più indenne.
Nello stesso istante, Cetanu si alzò da terra con un balzo e ruggì verso la donna, mentre un paio di lame affilate fuoriuscivano dal bracciale che aveva attaccato al polso.
Entrambi i combattenti si squadrarono a vicenda. La tensione nell’aria era così fitta da poter essere quasi tagliata con un coltello, interrotta solo occasionalmente dai bizzarri ticchetti dell’alieno.
E dopo quello che sembrò un tempo interminabile…sia l’Avenger che lo Yautja caricarono in avanti.
L’extraterrestre menò un rapido fendente della mano, tentando d’infilzare l’avversaria. Carol fu però rapida ad evitare il colpo e affondò un pugno nel suo stomaco, facendolo indietreggiare.
Tentò un secondo affondo, ma questa volta Cetanu riuscì ad afferrare la mano a mezz’aria. Tirò la supereroina verso di sé e la colpì con un poderoso calcio al fianco, mandandola a finire contro un albero confinante con il giardino.
Il tronco della pianta venne sradicato da terra ed esplose in una miriade di schegge, mentre il corpo di Carol rotolò per diversi metri.
La bionda si alzò subito in piedi, appena in tempo per evitare le lame dell’avversario.
Compiendo una rotazione su se stessa, colpì l’alieno alla testa, poi di nuovo allo stomaco. Questi rispose di conseguenza, abbassandosi per evitare un terzo pugno e afferrando la donna per i fianchi.
Fatto questo, la sollevò in aria e la sbattè violentemente a terra, per poi calpestarla.
Carol ringhiò per il fastidio e sparò un raggio di energia cosmica che mancò di pochi centimetri la figura dell’alieno. Il calore derivato dal colpo, tuttavia, fu comunque abbastanza intenso da costringere lo Yautja ad allontanarsi di alcuni passi per impedirgli di rimanere ustionato.
Approfittando di quell’apertura, Carol fece pressione sulle gambe e scattò in avanti, investendo in pieno l’avversario.
Entrambi i combattenti caddero a terra e continuarono a menarsi colpi, sollevando polveri e detriti nell’area circostante.
Alla fine, lo Yautja si ritrovò sopra Carol e alzò la mano destra, pronto ad affondare le lame nel petto della donna. Prima che potesse farlo, tuttavia, una sfocatura familiare invase il suo campo visivo.
Peter afferrò l’alieno per la spalla e fece appello a tutta la sua forza per scaraventarlo lontano dalla collega.
<< Pensi davvero che basti questo per mettermi al tappeto? >> disse con tono beffardo, mentre si metteva di fronte a lei con fare protettivo. La reazione dello Yautja fu rapida e perfettamente fedele al suo personaggio.
Il cannone che aveva sulla spalla si drizzò di colpo e puntò ancora una volta verso il vigilante.
Questi deglutì nervosamente. << Ehm…parlè? >>
BOOM!
Senza degnarlo di una risposta, l’alieno cominciò a bersagliarlo con proiettili di pura energia, come se ormai non avesse più voglia di fare altro.
Peter cercò di evitare il maggior numero di colpi possibili, ma dopo quasi un minuto iniziò a sentire le proprie forze che lo abbandonavano.  A peggiorare ulteriormente la situazione, le sfere rimaste si unirono alla cacofonia dello scontro per dare man forte al loro padrone.
Il vigilante arrivò ad un’inevitabile conclusione: non sarebbe resistito ancora a lungo.
Per sua fortuna, la salvezza arrivò sotto forma di una potente ondata di energia cosmica che spedì lo Yautja direttamente contro un’aiuola a dieci metri di distanza, sollevando una nuvola di terriccio.
Carol atterrò di fronte all’alieno, assumendo ancora una volta una posizione da combattimento. Cetanu si rialzò da terra e fece lo stesso.
Un membro normale della sua razza non sarebbe mai stato in grado di affrontare un individuo del calibro di quella donna, per quanto fossero forti rispetto a molte altre specie. Ma Cetnau era diverso: lui era stato specificatamente addestrato e migliorato geneticamente per dare la caccia all’essere noto come Capitan Marvel, un nome che per decenni era riecheggiato nell’universo, giungendo anche al suo pianeta. Una preda come mai se ne erano mai viste in tutti gli annali che la razza Yautja aveva speso a vagare per le galassie in cerca di avversari degni.
Poiché questo era ciò per cui viveva la il popolo di Cetanu: cacciare e uccidere. Erano gli apex-predator dell’universo, e lui avrebbe combattuto quella battaglia fino alla morte.
I leader della sua razza lo avevano dotato di miglioramenti biologici che altri Yautja avrebbero potuto solo sognare, estrapolando il materiale genetico delle migliori specie dell’universo. E per questo motivo…non li avrebbe mai disonorati.
Ruggì in segno di sfida e allargò ambe le braccia.
Di fronte a lui, la donna strinse gli occhi e si preparò all’attacco imminente. Ma in quel momento…
<< Carol, lascia che ti aiuti >>
Una voce familiare costrinse Carol a fermarsi, prima ancora che potesse compiere anche solo un passo in direzione del bersaglio.
Si girò di scatto. << Mamma! Non puoi stare qui fuori, devi… >>
Le parole le si bloccarono in gola.
Gli occhi della bionda si posarono sulla figura della madre, aspettandosi di trovare una donna vestita con i classici abiti provinciali tipici del Maine. Invece, con grande sorpresa dell’Avenger, Marie Danvers indossava un’armatura da battaglia Kree completa di rivestimento placcato verde scuro: lo stesso modello che Carol aveva usato quando era sotto il comando di Yog Rogg.
<< Ti sbagli, Carol >> disse la donna, il volto adornato da un’espressione seria. << Io POSSO aiutarti. >>
La supereroina sentì la terra aprirsi sotto i suoi piedi.  Aprì e chiuse la bocca un paio di volte, incapace di emettere un qualunque tipo di suono.
Tentò di calmarsi e prese un respiro profondo. << Mamma…ma cosa… >>
<< Te lo spiegherò dopo, giuro. Ma ora dobbiamo occuparci di quest’ospite non invitato >> ribattè il genitore, puntando lo sguardo in direzione di Cetanu. << Quello è uno Yautja, un cacciatore di senzienti. Vagano per lo spazio alla ricerca di prede degne da combattere e uccidere. >>
Carol deglutì a fatica. << Ma sei…sei un… >>
<< Un soldato Kree >> rispose Marie, affiancandosi a lei e assumendo un’inconfondibile posizione da battaglia.
L’Avenger sentì il cuore mancarle un battito. Non poteva crederci. Non VOLEVA crederci. << Allora…allora io sono… >>
<< Sei Car-Ell, figlia di Mari-Ell >> riprese il genitore. << Primo capitano del supremo protettorato, paladina dell’Impero Kree, figlia di Hala per diritto di sangue e di stelle… >>
<< Non è possibile >> sussurrò Carol, mentre il mondo attorno a lei cominciò a girare. << Tu…mi hai fatto le lasagne solo l’altro ieri… >>
<< Sta giù! >>
Senza darle il tempo di completare la frase, Mary si lanciò sulla figlia appena un secondo prima che uno strano disco rotante le tagliasse la testa. L’arma si conficcò nel muro di casa Danvers, trapassando la parete in legno da parte a parte e tornando nelle mani dello Yautja come una sorta di Boomerang.
Con un’agilità impressionante per un qualunque essere umano della sua età, Marie si rimise in piedi con un balzo e partì spedita verso l’alieno, colpendolo con un poderoso pugno alla maschera.
La creatura indietreggiò di un passo e tentò di contrattaccare, ma la donna fu lesta nell’evitare l’assalto e rispose con un calcio rotante dritto alla testa.
Lo Yautja incespicò all’indietro, ma riuscì a evitare un altro pugno. Afferrò il gomito dell’avversaria e calò le lame su di lei con tutta l’intenzione di eliminare quel nuovo fastidio,
Prima che potesse completare l’opera, tuttavia, qualcuno lo trattenne per il braccio.
Sorpreso, Cetanu girò la testa e incontrò gli occhi furiosi di Carol Danvers.
<< Stai lontano da mio madre >> ringhiò la donna, mentre colpiva l’alieno con un pugno allo stomaco. Mary seguì subito dopo, tirando una ginocchiata nel fianco della creatura.
Le due donne cominciarono a bersagliare il guerriero con una freddezza implacabile, senza mai dargli il tempo di recuperare. Pugno, calcio, pugno, gomitata, ginocchiata…la creatura si ritrovò incapace di contrastare la raffica di colpi.
Era forte, certo…ma non abbastanza da combattere in contemporanea due avversari di quel calibro.
Ad un certo punto, Marie afferrò lo Yautja per le spalle e, dando prova di una forza pari almeno a quella di Spider-Man, sollevò la creatura e la lanciò in aria.
<< Ora! >> ordinò, rivolta verso Carol
Dopo un momento di esitazione, la figlia capì all’istante le intenzioni della donna.
Alzò le mani e sparò un’ondata di energia cosmica contro l’avversario, che venne scaraventato lontano dall’abitazione e finì dritto nel canale confinante con la proprietà.
Entrambe le donne rimasero ferme e inattesa, aspettando un eventuale ritorno di fiamma del nemico. Ma la superficie del lago rimase completamente immobile. Dello Yautja…nessuna traccia.
Peter – che nel mentre era riuscito a distruggere le ultime sfere rimaste - le raggiunse subito dopo e volse a Mary un’espressione visibilmente sorpresa.
<< Non mi avevi mai detto che anche tua madre avesse i superpoteri >> commentò con un sorriso eccitato.
Ma Carol non gli rispose e si limitò a inviare una fredda occhiata nei confronti del genitore.
Marie cominciò a dondolarsi sulla punta dei talloni e distolse lo sguardo, apparentemente imbarazzata. Inutile dire che Carol non si lasciò certo incantare dalla reazione della donna.
<< Ora… >> cominciò impassibile, << Hai molte cose da spiegare. >>





BOOM!
Ebbene sì, signore e signori, Marie Danvers era una Kree. Non è una cosa campata per aria, bensì un fatto preso direttamente dai fumetti. Il tutto verrà spiegato meglio nel prossimo capitolo, non preoccupatevi.
Ah, e Cetanu non è certo morto!
Parlando proprio di lui, spero che abbiate apprezzato come ho deciso di renderlo in questa fic. E spero anche che vi sia piaciuto lo scontro in generale che lo vede coinvolto.
Ovviamente un Predator normale non sarebbe mai stato in grado di combattere contro Carol, motivo per cui ho scelto di utilizzare l’espediente narrativo inserito nell’ultimo film della saga, ovvero che gli Yautja si potenziano con il DNA delle razze più pericolose e potente dell’universo ( e in quello Marvel ne hanno di opzioni tra cui scegliere ).
Nel prossimo capitolo, oltre ad esplorare il passato di Marie, avremo il ritorno dei Sinistri Sei e di IT. Le cose si faranno sempre più pesanti per la famiglia Danvers e Peter, ve lo assicuro…

 
  
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