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Autore: time_wings    04/04/2020    4 recensioni
Alla 1-A viene data l'opportunità di passare un'estate in un resort di lusso. Sembra forse esserci un modo migliore di combattere il caldo e i duri allenamenti al chiuso?
Purtroppo, però, sogni così inverosimili, si sa, finiscono sempre per schiantarsi al suolo ed i ragazzi scopriranno presto, a loro spese, che non è tutto oro quello che luccica e che, come ogni eroe che si rispetti, anche a loro toccherà guadagnarsi la fortuna che tanto desiderano.
Riusciranno i nostri futuri eroi a trovare il modo di godersi l'estate nonostante imprevisti ed incidenti di percorso?
Piccole avventure e brevi sconfitte riempiranno i capitoli con il fascino travolgente dei personaggi che abbiamo amato.
Una storia di amicizia e di paura, che mostra il percorso di adolescenti in cerca di loro stessi, alle prese con timori da superare e amori da conquistare.
[KiriBaku, KamiJirou, Tododeku]
Genere: Comico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Kirishima Eijirou, Mina Ashido
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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EOSOPHOBIA

paura dell'alba

 
 

Fear doesn't shut you down, it wakes you up.
Veronica Roth


 


Il sole, quella mattina, sorse filtrando pigro tra i rami dei pini. Sembrava esitare anche lui, sembrava volersi godere gli ultimi scroscianti attimi della notte prima di una giornata di fatiche.
Uraraka alzò lo sguardo e un raggio giallo e caldo le colpì un occhio, come a voler superare tutte quelle barriere solo per imporre la sua presenza.
Alzò un braccio a coprire la luce per liberarsi la visuale. Poi sospirò stanca, mentre un ciuffo di capelli si alzava con la forza del suo soffio, tornando un attimo dopo a poggiarsi sul suo viso: “Ci siamo.” Annunciò, trafiggendo il terreno umido di mattina con la punta della pala, per poi poggiarci stancamente una mano sopra, a sorreggere il suo peso.
“Ci siamo, cra.” Le fece eco Tsuyu, ripulendosi le mani sul pantalone del pigiama.
“E adesso?” Intervenne Momo, ancora accovacciata, alzando lo sguardo sulle ragazze. Un sorriso accennato le illuminava il viso.
“Adesso aspettiamo che si realizzino.” Si limitò a rispondere Ashido.
Un mucchio di terreno nudo, troppo geometrico per risultare naturale, era circondato da fili d’erba umidi di sera. Sotto, al buio, riposava la scatola che aveva evocato Momo la sera prima e, proprio all’interno, erano stati stipati i progetti futuri delle ragazze della 1-A.
Jiro deglutì, imprecando mentalmente. Quell’idea era semplice, infantile e stupidamente romantica, ma adesso, col sole dell’ultimo giorno che filtrava calmo tra i rami dei pini, le sembrava improvvisamente coinvolgente ed emozionante.
Gettò un’occhiata in direzione di Ashido e la ragazza le fece un cenno col capo, un angolo della bocca alzato in un sorriso compiaciuto. Jiro alzò gli occhi al cielo e rise, dandole tacitamente ragione: in fondo era stata una grande idea.
 
Todoroki si sedette a gambe incociate e in religioso silenzio sulla spiaggia dorata del Lotus Resort. Osservò il mare per qualche minuto. Un bagliore caldo si rifletteva sulla superficie vagamente increspata, allargandosi di minuto in minuto, al tempo del sole che si faceva lentamente valere sulla notte. Inspirò a fondo, sentendo la brezza marina solleticargli la gola, poi rabbrividì e si sporse lentamente in avanti, sfiorando l’acqua con due dita e portandosele lentamente alle labbra. Non era molto salata, lo sapeva bene, fin troppo bene e il ricordo di lui e Midoriya che camminavano su una sottile lastra di ghiaccio gli invase la mente, mentre un sorriso appena accennato gli piegava le labbra.
“Ma che cazzo fai?”
Una voce che cozzava in maniera quasi strabiliante con l’atmosfera distolse Todoroki dai suoi pensieri. Si voltò con un sopracciglio alzato e occhieggiò la figura già arrabbiata che lo osservava qualche metro più indietro, coprendosi gli occhi con una mano per schermare la debole luce del sole: “Perché bevi acqua di mare?”
Todoroki sospirò e si voltò di nuovo verso l’orizzonte, ignorandolo.
“Ehi, bastardo a metà!” Lo richiamò Bakugo, avvicinandosi però lui al compagno e osservandolo dall’alto.
Todoroki gli gettò una veloce occhiata infastidita: “Che vuoi?” La vena seccata nella sua voce, in condizioni normali, sarebbe bastata a far scattare Bakugo. Invece il ragazzo fece un verso a metà tra un ringhio e un sospiro, poi adocchiò la sabbia come se avesse potuto attaccarlo e infine si sedette accanto al suo compagno di classe, poggiando i gomiti sulle ginocchia e osservando a sua volta il mare.
Todoroki si voltò verso di lui un po’ confuso, la fronte aggrottata come a chiedersi cosa diavolo stesse facendo.
“Che cazzo guardi?” Inquisì Bakugo, non staccando gli occhi dalla linea dell’orizzonte.
Todoroki non ribatté e rivolse di nuovo lo sguardo al mare: “Sono stato avventato a fare a botte con te.” Disse, poi, l’espressione che non lasciava trasparire alcuna emozione se non una vaga riluttanza.
“Puoi dirlo forte.” Bakugo si lasciò scappare uno sbuffo divertito.
“Era come farti credere che potessi vincere.” Aggiunse, poi, Todoroki, mentre un sorriso vittorioso gli si formava lentamente sulle labbra.
“Bastardo, ti…” Bakugo si voltò verso di lui e si sporse come a volerlo colpire.
“Sto scherzando.” Lo interruppe Todoroki, semplicemente, non facendo niente per scostarsi perché era certo che Bakugo non avrebbe attaccato. Quando il ragazzo si bloccò con una mano scoppiettante a mezz’aria e le sopracciglia inarcate in maniera quasi innaturale, Todoroki sorrise con fare superiore. Bakugo l’avrebbe fatto esplodere volentieri anche solo per quella reazione sfrontata, se non avesse avuto una domanda più urgente e aggressiva da porgli: “Tu stai scherzando?”
Todoroki lo guardò offeso: “Sì.” Esalò, poi, mentre il ragazzo accanto a lui scoppiava a ridere sguaiatamente.
“Ma fai letteralmente schifo!”
“Non è che tu sia un campione di comicità.” Ribatté Todoroki, tagliente, scrollando le spalle e tornando tranquillo a fissare il mare.
“Io volevo stare un po’ per fatti miei…” Borbottò Bakugo rialzandosi e spazzolandosi i vestiti: "Ma a quanto pare è impossibile."
Todoroki alzò gli occhi su di lui, sospirando per i granelli di sabbia che gli stavano finendo addosso. Poi il suo non gradito compagno di solitudine si allontanò verso l’uscita della spiaggia: “Ehi, bastardo a metà.” Lo richiamò da lontano. Il giorno aveva ormai già spazzato via ogni traccia di buio e Todoroki pensò che fossero più o meno le sette, a giudicare dalla posizione del sole: “Non ti aspettare che da ora in avanti ti tratterò bene solo perché non ti ho fracassato la testa adesso.”
Todoroki alzò un sopracciglio: “Perché, adesso sei stato gentile?”
“Non ci sarà una seconda volta!” Ripetè irritato Bakugo: “Vuoi che venga adesso a fartela pagare?” Todoroki sventolò una mano e si voltò di nuovo a guardare il mare: “Bastardo.” Mormorò Bakugo, mentre si dirigeva verso la SPA del resort, certo che quel cretino di Kirishima gli avrebbe fatto fare tardi all’appuntamento con il resto della classe.
Non riuscì a trattenersi dall’imprecare.
 
Kaminari mormorò qualcosa, poi sorrise appena, prendendo Jiro per le mani e attirandola a sé. La baciò piano, tenendola occupata il più possibile per impedirle di protestare ancora: “Davvero, non abbiamo tempo.” Esalò lei, già senza fiato, poggiandogli una mano sul petto per allontanarlo. Kaminari fu comunque in grado di divincolarsi abbastanza per sporgersi di nuovo a baciarla, spingendola verso il letto con una risata e costringendola a sdraiarsi: “E poi se Sero ha bisogno di qualcosa…”
“Non ha bisogno di niente.” Tagliò corto Kaminari, stendendosi su di lei e facendo scontrare con urgenza i loro bacini. Sospirò tra i denti al contatto.
Jiro sorrise per la disperazione del ragazzo e si sporse con la testa a lasciargli un bacio sul collo, mentre Kaminari mormorava qualcosa con soddisfazione. Jiro era sicura che se avesse avuto una coda avrebbe iniziato a scodinzolare. Rise e lasciò scivolare una mano in basso, godendosi i gemiti che vibravano sulle sue labbra, mentre continuava a baciargli il collo.
“Potrebbe aver bisogno di prendere comunque qualcosa.” Lo prese in giro la ragazza, che non aveva alcuna intenzione di smettere, solo di esasperarlo un po’: “D’altronde…” Continuò, arrossendo al sentire il suo stesso tono suonare così… suadente? Ancora non ci aveva fatto l’abitudine: “non avete neanche fatto le valigie.”
Kaminari, che aveva preso ad alzarle la maglietta, si bloccò sul posto, gli occhi sgranati che fissavano la testiera del letto.
“Potrebbe entrare in qualunque momento e…” Jiro si interruppe per dare un’occhiata: “Ehi, ho fatto qualcosa che non va?”
“Cazzo.” Esalò Kaminari, fissando adesso lo sguardo in quello della ragazza.
Jiro alzò un sopracciglio confusa: “La playstation clandestina.” Si limitò a dire, ma fu abbastanza per far sgranare gli occhi a Jiro.
Entrambi i ragazzi si voltarono verso la consolle incriminata ancora perfettamente montata, fissandola come se fosse stata il loro più grande incubo, poi tornarono a guardarsi negli occhi e Jiro poté giurare di non aver mai visto le rotelle di Kaminari girare più velocemente di quel giorno.
“Corro a chiamare Kirishima e Sero, tu…” Kaminari si alzò di scatto dal letto e si diresse verso la porta, prendendo a gesticolare come un pazzo: “tu cerca di… Dobbiamo far entrare tutto in…”
“Fermo, fermo.” Jiro lo imitò, gettando occhiate continue alla playstation come se avesse potuto dare la risposta a tutti i suoi problemi: “Vado io a chiamarli, tu metti le mani sui fili, io torno…” La ragazza lo superò e aprì la porta, ma la sua attenzione fu catturata da una cravatta gialla che troneggiava sulla maniglia come se fosse il posto più giusto in cui lasciarla: “Che ci fa questa qui?” Domandò, alzando l'accessorio fino ad allinearlo al suo sguardo: “Devono sapere tutti cosa facciamo?!”
Kaminari scrollò le spalle, già vagamente concentrato sulla rete intricata di fili collegati alla consolle: “L’ha fatto anche Kirishima.”
“Ah, e dovete giocare a chi fa più…” Jiro si interruppe per un attimo: “Aspetta, Kirishima?” Domandò, poi, incontrando lo sguardo del suo ragazzo e chiedendo spiegazioni con gli occhi.
“Sì, lascia stare.” Ribatté Kaminari, tornando a concentrarsi sui cavi: “Cose tra uomini.” Aggiunse, poi, ridacchiando tra sé per il doppio senso.
Jiro scosse la testa e sospirò, lanciando la cravatta sul letto: “Siete due scoppiati.” Commentò, infine, richiudendosi la porta alle spalle.
 
Un’ombra nera si materializzò nella sala comune dell’edificio dove alloggiava la maggior parte dei ragazzi.
Ashido, occupata a scendere le scale con una valigia grandissima per lo più vuota dopo lo scherzo, osservò il fenomeno con un sopracciglio alzato, mentre Uraraka e Momo, dietro di lei, sgranavano gli occhi dalla sorpresa. Erano certe che Hagakure stesse avendo la stessa reazione.
“Cosa sta succedendo, cra?” Tsuyu diede voce ai pensieri delle ragazze, poggiando una mano sotto il mento in riflessione e alzando gli occhi al soffitto come se la cosa avesse potuto aiutarla a pensare.
“Cos’è tutto questo trambusto? Sono il capo… Oh.” Le quattro ragazze, ferme ormai sulle scale da qualche secondo, sentirono distintamente la voce di Iida cercare di ristabilire un ordine che non aveva chance di imporre.
“Da lì riesci a vedere cosa sta succedendo?” Domandò Uraraka, cercando di farsi sentire oltre la coltre di fumo denso.
“No, ma sembra provenire da…” Iida non ebbe il tempo di concludere la frase che la porta della camera E-73 si aprì con uno schianto e un grido acuto e femminile si diffuse nella sala comune, stonando momentaneamente i curiosi spettatori.
“Mineta!” Iida corse dal ragazzo che sembrava, incredibilmente, essere l’emittente di quel grido e lo afferrò per le spalle, scuotendolo per farlo riprendere. La vittima puntò uno sguardo vuoto da qualche parte alle spalle del capoclasse, che, non casualmente, non era troppo distante dalla porta della sua stanza.
L’ombra scura che aveva preso a uscire dalla camera E-73 si sarebbe infittita di parecchio se, al contrario, non fosse scomparsa in un attimo, come se non fosse mai esistita. Sulla soglia della stanza, al suo posto, comparve Tokoyami, che non sembra indossare nessuna particolare emozione sul viso da pennuto.
“Ti avevo già detto di non toccare i miei calzini.” Annunciò solenne, avvicinandosi a Mineta e parlandogli come se gli avesse voluto raccontare i suoi sogni di bellezza.
“S-s-s-s-scusa!” Balbettò Mineta in risposta. Iida lanciò un’altra veloce occhiata a Tokoyami e infine lasciò andare il ragazzo che teneva ancora per le spalle. Non ebbe neanche il tempo di guardarlo in faccia che Mineta era già corso alla porta dell’edificio E-7 e l’aveva aperta per darsela a gambe con un altro grido.
I sette ragazzi rimasero per qualche secondo a guardare l’uscio semiaperto, senza alcuna emozione dipinta in viso, poi Ashido ruppe quel silenzio: “Beh,” Iniziò, infatti, riprendendo a scendere le scale con la valigia alle calcagna e un’estrema fatica: “non so cosa tu gli abbia fatto, ma hai fatto bene.” Commentò, rivolgendosi a Tokoyami.
Il ragazzo alzò uno sguardo curioso su di lei, probabilmente chiedendosi da quanto fosse lì, poi scrollò le spalle.
Sul volto di Iida, invece, si dipinse il terrore più puro.
“Mina, corri!”
Prima che chiunque potesse aprire bocca Jiro piombò in cima alle scale, col fiatone di chi sa già che dovrà correre e faticare: “Trova Kirishima e Sero. È un’emergenza.” Spiegò sintetica, ricevendo in cambio un sopracciglio alzato da parte di Ashido.
“Un’emergenza?” Tuonò Iida, che aveva udito tutto dal piano terra e non poteva accettare che si venisse consultato qualcuno che non era il capoclasse per qualunque tipo di problema.
“Il CVK.” Continuò Jiro, sperando vivamente che Ashido afferrasse al volo.
“Eh?”
“Covo videoludico…” La ragazza grugnì frustrata: “Sentite, sono i vostri stupidi acronimi, non ricordo come…”
“Aaah!” Gridò Mina, alzando un dito, come illuminata: “Il CVS.” La corresse, poi e Jiro alzò gli occhi al cielo.
“Come ti pare. Dobbiamo smontare.”
Ashido annuì determinata e piantò la valigia lì dov’era sulle scale per correre al fianco della sua amica.
“Se non vi è di troppo disturbo…” Iniziò Iida, il viso che sembrava minacciare di esplodere e uno sguardo serissimo che doveva essere minaccioso: “Dovrei essere messo al corrente di questa emergenza!” Dichiarò, infine, con una vena che pulsava pericolosamente sulla sua fronte.
Ashido gli rivolse solo un’occhiata costernata, prima che sfrecciasse davanti a lui e sparisse nella pineta con Jiro.
 
Kaminari alzò lo sguardo sulle tre persone davanti alla sua porta e inarcò un sopracciglio: “Kirishima?” Domandò, poi, troppo concentrato sulla sua domanda per non notare il paio di fili di rame che reggeva in mano e che si scontrarono producendo scintille.
“Non si trova.” Esalò esausta Mina, poggiando una mano sullo stipite della porta per riprendersi dalla corsa.
“Da nessuna parte.” Aggiunse Sero, grondante sudore, entrando nella stanza e avvicinandosi all’amico.
Jiro scrollò le spalle e si fece largo nella camera, prendendo subito a raccattare vestiti dal parquet: “Kaminari deve occuparsi della playstation, quindi noi tre faremo in modo di fare le valigie in… un’ora.” Ordinò la ragazza, fissando gli occhi in quelli di Ashido e Sero. I due ragazzi annuirono e si adoperarono a esaudire i suoi desideri senza batter ciglio, nonostante la stanchezza. Quello sguardo sembrva volerli uccidere.
Kaminari alzò un angolo della bocca in un sorriso compiaciuto, prima che un paio di mutande vecchie giorni gli venissero amabilmente tirate in faccia dalla sua ragazza: “E tu vedi di non ridere, scoppiato. Ti stiamo salvando la pelle.”
“Non mi pare che vi siate mai lamentati del CVS. Siete innocenti quanto me.” Ribatté lui, scrollando le spalle e tornando ai suoi fili.
“Oh, ehi!” Chiamò Sero, andando in contro a Mina: “Quella roba è di Kaminari, non metterla nella mia valigia.”
“Necessità, amico, fai spazio e lascia correre.” Rispose, ancora voltato, l’altro ragazzo, imitando la voce di un grande saggio e risultando solo assolutamente stupido.
 
“Allora…” Iniziò Kirishima, alle spalle di Bakugo, guidandolo nel corridoio.
“Tutto ciò è stupido.” Ribatté l’altro, mentre un po’ di nervosismo gli striava innegabilmente la voce. Kirishima se ne nutrì: “Credimi, non lo è affatto.” Ribatté, infatti, portandolo sull’orlo della vasca: “L’ultima volta non ti sei divertito granché, se non erro.”
“Bastardo.”
“Sicuro di volermi insultare adesso?” Kirishima ridacchiò, scivolando con la mano destra sul petto di Bakugo.
“L’ultima volta mi hai infilato un dito nel costume, ecco cosa.” Puntualizzò il ragazzo, in un ringhio.
“Già.” Esalò sconfortato Kirishima, prima di lasciar scivolare la mano ulteriormente e far passare un dito oltre l’elastico del costume di Bakugo: “È stata proprio una bravata.” Concluse, ridendo davvero.
Bakugo alzò gli occhi al cielo e si voltò di scatto, afferrandogli il braccio e stringendo. Gongolò nel vedere lo sguardo assolutamente interrogativo che Kirishima gli rivolse: “Quanto altro tempo vuoi perdere, capelli di merda?” Gli domandò, prima di spingerlo nella vasca idromassaggio della SPA del resort e seguirlo un attimo dopo, senza troppe cerimonie.
Le grandi bolle scoppiettanti fecero spazio ai ragazzi, mentre Kirishima finiva al lato opposto della piccola piscina e rideva genuinamente divertito. Bakugo inclinò il viso da un lato, chiedendosi cosa ci fosse di tanto divertente in quella situazione, poi si avvicinò a Kirishima e poggiò le mani sull’orlo della vasca, proprio ai lati della sua testa.
“Ehi, aspetta, che stai facendo?”
Bakugo trasalì, perdendo tutta la sicurezza che aveva guadagnato a suon di disagio e terribile imbarazzo: “Sto…”
“È un idromassaggio, mica un love hotel.” Gli fece notare Kirishima, scostandolo e invitandolo a sedersi accanto a lui, immergendosi fino alle spalle.
Kirishima inspirò a pieni polmoni e chiuse gli occhi, lasciando andare la testa sul cornicione della vasca e beandosi della brezza della pineta che gli passava tra i capelli. Bakugo lo guardava con un sopracciglio alzato e una voglia immane di strangolarlo.
Kirishima sorrise come per riflesso, tenendo ancora gli occhi chiusi: “Che c’è?”
“Sei più irritante di quel nerd di Deku, lo sai?”
Il ragazzo rise e lo invitò semplicemente a rilassarsi. Bakugo sospirò rumorosamente, per palesare il più possibile quanto fosse contrariato, ma poi si sistemò accanto a Kirishima e lasciò andare la testa come lui, chiudendo gli occhi ma non distendendo affatto il cipiglio che da qualche minuto gli si era ufficialmente stabilito tra le sopracciglia.
Lui in quella SPA non ci voleva neanche andare. Era una cosa da femminucce e le bolle lo stavano disturbando oltre l’inverosimile, aveva quasi voglia di alzarsi, di far esplodere qualcosa, per lo meno di cambiare un po’ posizione perché il collo iniziava a fargli male e le bolle gli martellavano i fianchi in una maniera insopportabile, ma qualcosa glielo impedì. Qualcosa di umido e caldo gli accarezzò una clavicola ed era assolutamente sicuro che non fosse l’acqua dell’idromassaggio.
Kirishima gli mordicchiò la pelle appena inumidita e risalì lentamente fino alla porzione di pelle proprio dietro l’orecchio: “Ma che cazzo fai?” Domandò Bakugo, schiudendo un occhio irritato, ma non riuscendo proprio a nascondere un sorriso che lentamente aveva preso a incurvargli le labbra.
“Rompo le regole.” Rispose divertito Kirishima, baciandolo sulle labbra e premendosi sul suo fianco. Bakugo riuscì a inspirare tra i denti, quasi aggredendolo nel ricambiare il bacio un attimo dopo.
“Avevi in mente questo fin dall’inizio, eh, idiota?”
Kirishima si strinse nelle spalle, ma un sorriso colpevole gli illuminò gli occhi. Bakugo lo afferrò per il costume rosso e vi si intrufolò con una mano.
“Ehi! Questa è la mia mossa.”
“Non c’è mica un brevetto, capelli di merda.” Lo prese in giro Bakugo, anche se sembrava più irritato da qualcosa di non ben definito che altro: “Per quanto sai trattenere il fiato?” Domandò, poi, con tono imperioso.
“Eh?” Kirishima alzò un sopracciglio, profondamente confuso. Quando capì che Bakugo non avrebbe risposto sospirò, passandosi una mano tra i capelli ormai bassi per il fumo, in riflessione: “Non lo so, un minuto?”
“Femminuccia.”
Kirishima contrasse le sopracciglia e ridusse le labbra a una fessura, osservandolo offeso, nonostante avesse una mano nel suo costume: “Uno e mezzo.” Sentenziò, poi, secco e Bakugo lo guardò con diffidenza.
“Uno e mezzo?”
“Uno e mezzo.” Assicurò Kirishima.
“Io ci riesco per due.” Buttò lì, Bakugo, un luccichio di sfida saettò nelle sue pupille e Kirishima ricambiò alla stessa identica maniera, se non più evidente: “Due minuti.” Annunciò infine e Bakugo arricciò il labbro superiore soddisfatto.
“Allora dovrai essere abbastanza bravo da farmi venire in due minuti.”
 
“Si può?” I capelli disordinati di Midoriya spuntarono da dietro il legno scuro della porta.
Todoroki si voltò a dare un’occhiata e annuì, tornando subito a disporre alcuni oggetti nella sua valigia.
“Wow, quello sì che è essere ordinati.” Commentò Midoriya, avvicinandosi a lui e osservando quel bel lavoro: “Io ci riesco solo all’andata. Sono venuto con un borsone pieno di cose incastrate e… beh, prima ho buttato tutto alla rinfusa, a stento sono riuscito a far entrare tutto.”
Todoroki alzò lo sguardo su di lui, quasi vuoto: “Ti serve una mano?”
Midoriya scosse la testa e si guardò attorno, quasi senza rendersi conto del fatto che lo sguardo del ragazzo si fosse ormai fissato su di lui e non sembrava prossimo a essere distolto: “No, alla fine ci sono riuscito.” Midoriya tornò a guardarlo: “Grazie comunque!” Esalò allegro, lasciandosi scappare un sorriso a denti scoperti.
Todoroki mugugnò qualcosa e arrossì, distogliendo lo sguardo e allontanandosi con la scusa di una felpa lasciata fuori posto. Si sentiva praticamente minacciato dalla sua allegria.
Non che non la volesse o che non la trovasse carina, semplicemente non sapeva come reagire, come accettare che il solo vederlo così faceva venire voglia di sorridere ed essere spensierato anche a lui.
Ed era incredibile come sentisse costantemente il corpo fremere ogni volta che Midoriya era nel raggio di due metri, come provasse uno strano nodo allo stomaco, come se qualcuno lo avesse preso a pugni invisibili, come se non avesse voglia di fare nient’altro che…
“Non dovevi prendere una felpa?” Domandò Midoriya, con un sopracciglio alzato, quando lo vide tornare a mani vuote e con uno sguardo quasi determinato in volto.
Todoroki non parlò, si limitò a sporgersi verso di lui e poggiare le labbra sulle sue in un tocco veloce e fuggevole. Midoriya sgranò gli occhi, poi lo sguardo gli si addolcì e un sorriso nacque sulle sue labbra: “Pensavo che, una volta tornati a scuola, potremmo, sai…” Midoriya esitò, il sorriso sereno di poco prima era stato ormai rimpiazzato da uno tirato: “andare a farci un giro, qualche volta.”
Todoroki si accigliò: “Intendi uscire?”
“Beh, è la stessa cosa.” Considerò Midoriya, portandosi una mano dietro la testa e sorridendo a disagio. “Certo, forse non del tutto, perché tu ti rifacevi a un’accezione più specifica del termine, quindi…”
“Va bene.” Tagliò corto Todoroki, cercando di apparire il più disinvolto possibile.
Midoriya annuì soddisfatto e un po’ in imbarazzo sotto il suo sguardo, quindi si voltò casualmente in direzione del bagno e un solo, stupido ma impellente pensiero gli balenò in testa: “Ehm, Todoroki?”
“Mh-mh.” Mugugnò il ragazzo, che ancora lo guardava aspettando una risposta.
“Ma Aoyama dov’è?”
Todoroki inspirò come avvilito, tornando a occuparsi della sua valigia e alzando le spalle rassegnato: “Non ne ho idea, ma non ho intenzione di aspettarlo.”
 
Kirishima sentì distintamente qualche paio di voci che si agitava concitato dietro la porta della camera E-76, mentre correva verso di lei.
La spalancò, infine, raggiungendola in un paio di falcate e lasciandosi andare col busto sullo stipite, fissando il parquet e cercando disperatamente di riprender fiato: “Dobbiamo…” Ansimò, chiudendo gli occhi e alzando la testa per poggiarla contro il muro: “Dobbiamo smontare il CVS, l’autobus parte tra poco.” Concluse, infine, decidendosi ad alzare lo sguardo sui suoi amici.
Ashido lo guardava con un sopracciglio alzato che gridava rimprovero da ogni pelo: “Oh, che fortuna averti come amico! Non ci avremmo mai pensato, senza di te.” Ironizzò la ragazza e Kirishima lasciò vagare lo sguardo per la stanza praticamente vuota, se non per un paio di valigie poste di fronte ai letti. La scrivania solitamente cosparsa di fili elettrici era, oramai, rivestita solo da qualche pulviscolo di polvere: “Oh, quando l’avete…”
“Mentre tu eri a divertirti.” Lo interruppe di nuovo Ashido, incrociando le braccia al petto.
“Ti abbiamo cercato ovunque, amico, ma eri come scomparso.” Si aggiunse Kaminari, che invece si strinse nelle spalle e gli sorrise furbo.
“In realtà abbiamo temuto che perdessi l’autobus.” Gli comunicò Jiro, che non sembrava comunque troppo preoccupata.
“Avevo tutto sotto controllo.” Kirishima sorrise, ma Ashido per poco non lo strozzò: “Ah, sì? Da come correvi non si direbbe.”
“Oh, andiamo, sei arrabbiata?” Iniziò il ragazzo, avvicinandosi a Mina con un sorriso obliquo davvero pericoloso: “So che non puoi resistermi.” Kirishima allargò le braccia e la coinvolse in un caldo abbraccio, dal quale Ashido si divincolò in tutti i modi, ma invano. Kirishima mosse una mano e Sero e Kaminari si unirono.
Jiro si guardò intorno assolutamente in imbarazzo, ma poi un fischio le raggiunse le orecchie e si voltò a guardare Kirishima, che le sorrise e le fece cenno di avvicinarsi: “Oh, no, fa caldo.” Protestò la ragazza, alzando gli occhi al cielo, ma sorridendo appena. Poi Kirishima alzò gli occhi come a dirle che non se l’era affatto bevuta e il sorriso di Jiro si allargò, mentre non riusciva a trattenersi e si avvicinava timidamente per lasciarsi abbracciare.
“Profumi.” Considerò Ashido, rivolgendosi a Kirishima, la voce soffocata dall’abbraccio.
“Grazie, sono felice di sentirlo.”
“No, idiota, profumi di sali ed essenze. Io ti ammazzo.” Concluse Ashido e il gruppo scoppiò a ridere sonoramente.
 
“Beh, ci siamo tutti!” Trillò All Might, osservando le facce afflitte dei suoi studenti con un sorriso allegro.
“Manca solo Aoyama, pare.” Ribatté annoiato Aizawa, vagliando i nomi sull’elenco: “Mentre aspettiamo, abbiamo un importane annuncio.” Aggiunse l’uomo, alzando gli occhi sui ragazzi seduti e quasi godendo del ritardo del compagno di classe. Da una delle prime file tirò fuori un oggetto lungo e incrostato di fango: “Sono sicuro che molti di voi riconosceranno questa canna da pesca.” Iniziò e sulla classe piombò il silenzio: “Visto che abbiamo due gentilissimi eroi dei crimini che hanno voluto proteggere i responsabili o negare apertamente la loro colpevolezza,” Continuò, gettando un’occhiata d’intesa a Bakugo e Kirishima: “abbiamo deciso di…”
“Darvi una punizione sonante!” Lo intercettò Present Mic, ridendo divertito e osservando ironicamente la classe.
“Da domani vi occuperete del bosco attorno alla scuola, tutti quanti, ogni giorno. Sapete, non c’è nessuno che se ne prenda cura, quindi non c’è da preoccuparsi: c’è abbastanza lavoro per tutti.” Riprese la parola Aizawa e versi di protesta presero ad alzarsi dalla classe.
“Se non ci sono colpevoli che hanno sentito un’improvvisa voglia di farsi riconoscere, non ho lamentele da ascoltare.” Rispose a tutti il professore, dando le spalle ai ragazzi, con sguardo annoiato.
“Beh, almeno sono una classe unita.” Considerò All Might, posando lo sguardo al di là del finestrino. “Qualcuno di voi ha idea di dove si sia cacciato quel ragazzo?”
“Professore, non si vede da…”
“Le stelle si fanno attendere!” Una voce leggiadra si diffuse nel pullman e la testa pettinata di Aoyama spuntò a poco a poco, mentre saliva le scale.
“Oh, giovane Aoyama, prendi posto, ci siamo tutti.” Lo accolse All Might, dirigendosi verso il muso dell’autobus e facendo segno all’autista di partire.
Il motore rombò e il pullman partì verso la soglia in ferro del Lotus Resort.
“Ma questo qui viene da una fiaba di merda?” Domandò Bakugo, già del tutto irritato.
“Ottima ipotesi, Bakugò.” Ribatté il ragazzo, strizzandogli l’occhio e accomodandosi finalmente sul suo sedile.
Bakugo grugnì un insulto in risposta, mentre l’autobus prendeva a sfrecciare troppo veloce sulla strada del ritorno.
Midoriya, seduto ancora una volta accanto al finestrino, si voltò appena per osservare la sua classe. In particolare il suo sguardo si posò su Uraraka, che percepì il richiamo e gli sorrise, serena.
Midoriya ricambiò e tornò a osservare la strada, in una tacita intesa.
Una luce calda e gialla li colpiva da dietro, come a incitarli a lasciare tutto e andar via, illuminando l’interno dell’autobus in una maniera quasi malinconica.
La macchia verde della pineta prese a farsi via via più distante fino a dissolversi in un puntino.
 
 

Note di El: Prepariamo i fazzoletti, qui c'è da fare! Non è la prima volta che concludo una long, ma questa volta sono più emotional, non so perchè.
Cliccare su quel quadratino che segna "completa?" è stato, eeew!
Mo' che abbiamo finito vi svelo finalmente il big mistero, rispondo a quella domanda che nessuno mi ha mai fatto ma che so che vi siete posti, una volta o due durante la lettura.
Perchè non ci sono tutte le u? Tipo Bakugou, Jirou e fatti vari? Ma ve lo dico subito, che ci sto a fare qua a piangere?
Semplicemente, miei cari, perchè spezza la lettura, in my humble opinion, e rende il suono nella nostra testa un po' distorto. Nessuno legge "Bakugou", ma a me dà l'idea che quella "u" dia un po' fastidio e mi faccia leggere il nome tipo "Bakugeou".
...
Vabbè, sentite, mi piaceva di più, facciamoci paceh.
Poi okay, citazione. "Non ci sarà una seconda volta" è Chuuya, è sua, la frase gli appartiene, la scena con meno senso di tutto l'anime, ovviamente l'ho presa e l'ho messa qua.
Un'altra cosa che volevo dire è che finalmente mi posso liberare della mappa delle stanze, io vi giuro, andarla a cercare ogni volta era una crisi.
Ah, poi mi prostro un attimo ai piedi vostri perchè ci sono delle differenze di stile (si dice così?) tra i primi capitoli e gli ultimi. Nell'arco di un anno ho cambiato un po' di fatterelli, ma siccome molte sono piccolezze, cose che in effetti non si notano e altre invece non le ho modificate proprio per questo motivo, ho pensato di non ripubblicare tutto e continuare. Chiedo scusa se si è notato qualcosa in modo un po' evidente.
*** I RINGRASSSSSIAMENTI ***
Allora, iniziamo da cabin13 che ha recensito ogni capitolo da agosto io davvero AAAAAA, non me lo spiego, non lo farò mai, ma davvero, grazie grazie grazie, è stato un piacere trovarti ogni volta, non so che diree!
Poi niente, c'è stata anche Juriaka che si è letta una roba come sette capitoli in un giorno, non so se arriverà mai fin qui, ma GRAZIE, è stato assurdo!
Raaaaaan? Ran, mi senti?
Vabbè, gente, le idee più belle erano sue, gli scleri, la trama (c'è una trama?), le chicche, le volte in cui mi ha rotto il cazzo che dovevo pubblicare. E pensare che all'inizio non volevo dirle il mio nome su efp. Non ti ringrazio perchè non sono sentimentale (duecento pagine di note, ma ok), però una che si trasformerebbe in un cane per te non si trova tutti i giorni, quindi è giusto che tutti sappiano che se questa storia esiste e se la sono filata più persone del previsto è tutto merito suo, gentagliaaah.
BAST.
Scherzino, ringrazio davvero tanto anche tutta la gente che non ha mai commentato o che ha trovato il tempo per farlo qualche volta. Vi vedo, eheheh, so che ci siete, lettori silenti. Davvero grazie per essere stati dietro a questo trash a capitoli che è stata "phobophobia".
Adieu,

El.
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Okay, se siete arrivati fin qui vi siete assolutamente guadagnati la scena bonus. Scorrete, miei belli, che Phobophobia ha un'altra chicca per voi. Ve l'ho detto che c'è sempre stato un solo grande protagonista.
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Kirishima rise ansimando, per poi abbassare eccitato la maniglia della porta e rischiare quasi di slogarsi un polso, così schiacciato sulla sua superficie.
“Veloce.” Gli intimò Bakugo, lasciando scivolare una mano sul suo sedere con fare quasi possessivo.
“Ci sto provando.” Esalò Kirishima, soffiandosi via un ciuffo dal viso. I capelli non avevano ancora ripreso una forma accettabile dopo la deviazione alla SPA di quella mattina.
“Non ci stai provando abbastanza intensamente, idiota.”
La porta si aprì con uno scatto e i due ragazzi si fiondarono nella stanza di Kirishima. Bakugo non perse troppo tempo e prese a baciargli avidamente il collo, mentre il respiro del ragazzo aumentava quasi esponenzialmente.
Indietreggiò verso il letto del dormitorio, pronto a trascinarsi dietro anche Bakugo, quando un suono spaventosamente conosciuto lo gelò sul posto.
Oh là là.” Una voce soave costrinse Bakugo e Kirishima a voltarsi nella sua direzione, rigidi.
Sul letto di Kirishima, vestito con una tutina argentata intera a paillettes, c’era Aoyama. Aveva un braccio piegato a reggergli la testa e per il resto era comodamente disteso obliquamente. Kirishima spalancò la bocca sgomento.
“Ma che cazzo ci fai tu qui?” Inquisì Bakugo, con tutte le intenzioni di farlo esplodere.
“Ehm, usciresti, per piacere?” Domandò Kirishima, il cuore che ancora gli galoppava in gola dall’eccitazione e un principio di sorriso gentile ad alzargli gli angoli della bocca: “Adesso?” Aggiunse, poi, per rendere l’idea.
“Oppure ti faccio esplodere quella testa paillettata che ti…”
Va bien, va bien.” Concesse il ragazzo, alzandosi dal letto e mostrando entrambe le mani come durante un controllo della polizia. Poi si diresse verso il balcone e uscì dalla camera, attirando la luce della luna sui suoi lustrini e proiettandola in mille direzioni. Kirishima si preoccupò immediatamente di chiudere l’anta del balcone.
“Ma come diavolo è entrato?” Si domandò, poi, osservando gli infissi come se gli avessero potuto rispondere.
“Guarda, non lo so, ma non me ne frega un cazzo.”
   
 
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