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Autore: _Eclipse    05/04/2020    1 recensioni
Dal capitolo 8:
-Ci sono venti di tempesta che si avvicinano, ormai salpo molto più di frequente, le esercitazioni sono più durature e in maggior numero. Questo addestramento vuol dire solo una cosa, il conflitto si estenderà, dove non lo so, ma ci sarà qualcuno di potente- Hiroto sospirò.
-Se vi è tempesta, all’orizzonte, non importa quanto forte soffierà il vento, quanta pioggia cadrà a terra, quanta sofferenza e distruzione causerà. Alla fine tornerà a splendere il sole e sarà allora il momento di ricostruire ciò che è caduto e preservare ciò che è rimasto. Imparare dai nostri errori e prevenire un nuovo disastro- rispose Shirou.
****
-Possiamo agire come una piovra e allungare i nostri tentacoli sul continente e sulle isole del Pacifico. Per i primi sei o dodici mesi di guerra potremo conseguire una vittoria dopo l'altra, ma se il conflitto dovesse prolungarsi, non ho fiducia nel successo- parole dure, pronunciate davanti al governo, ai generali, ammiragli e all'imperatore in persona, come se fosse un ultimo tentativo per rigettare un conflitto.
-Allora sarà vostro compito assicurarvi la vittoria assoluta il prima possibile- replicò il primo ministro.
Genere: Guerra, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hayden Frost/Atsuya Fubuki, Jordan/Ryuuji, Shawn/Shirou, Xavier/Hiroto
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 6: Viaggio

 

Sei tornei scandiscono il tempo in Giappone, i sei tornei di sumo dei quali ben tre sono ospitati nella capitale.

Il sumo non è solo uno scontro fisico e puro intrattenimento, esso è una vera e propria forma d'arte con il suo insieme di costumi e riti.

In molti assistono agli incontri nella speranza di veder sorgere un nuovo yokozuna(1), un lottatore così forte sia dal punto di vista fisico che morale, da poter essere riconosciuto a pieno titolo come un semidio shintoista.

Molti incontri avvengono in padiglioni all'aperto, ma nella capitale sono quasi esclusivamente al coperto in arene costruite appositamente e non molto diverse dai ring di pugilato del mondo occidentale.

Il pubblico si siede su delle tribune attorno ad un anello di paglia dentro al quale avverrà lo scontro.

Hiroto e Ryuuji erano presenti, su invito di alcune vecchie conoscenze.

-Certo che si fanno attendere- osservó il rosso.

-Si può arrivare in ritardo, ma il tempo non lo farà- rispose il verde.

-E questo chi l'ha detto?-

-Un americano importante-

-Se non arrivano, rischiano di perdersi gli scontri- 

-Sarà peggio per loro… ma probabilmente è solo Haruya che è in ritardo-

-Probabile, Suzuno non è il tipo da arrivare in ritardo-

All’interno dell’arena vi era il caos, centinaia di persone che parlavano, gridavano e piazzavano scommesse.

Dopo parecchi minuti di attesa arrivarono anche gli altri due, Haruya Nagumo soldato dell’esercito imperiale e di stanza in Cina e momentaneamente in periodo di licenza e Suzuno Fuusuke, formalmente kempeitai nella Repubblica di Nanchino, praticamente di guardia a Tokyo.

I due erano seguiti da alcune ragazze, una dai capelli viola, una giovane dai capelli blu e truccata da maiko e una terza figura, Shirou.

-Scusate il ritardo- esordì Suzuno.

-Abbiamo scoperto che queste signore lavorano per Hitomiko Kira e abbiamo deciso di invitarle- continuò Haruya.

-Quella Hitomiko Kira?- chiese Ryuuji.

-Esattamente, la figlia del signor Kira quello che fondò il nostro orfanotrofio, sono delle geisha, lasciate che vi presenti Fuyuka, Aoi e…-

-Shirou Fubuki- mormorò Hiroto.

-E’ un piacere rivedervi- rispose l’argenteo.

-Vi conoscete già?- domandò il kempeitai.

-Ci siamo visti una sera in un izakaya- disse il verde.

-Bene, sono certo che ci renderanno questa giornata più interessante- sogghignò Haruya.

I presenti presero posto sulla tribuna.

Fuyuka stava vicino ad Aoi, la più giovane era ancora alle prime armi, ancora non sapeva quasi nulla su come dovesse comportarsi una geisha in presenza di un cliente. Suzuno pareva più interessato ai preparativi dell’incontro che alle due ragazze, mentre Hiroto e Ryuuji invitarono la loro conoscenza a sedersi vicino a loro.

-Non avrei mai pensato che ci saremmo visti nuovamente- disse Shirou.

-E’ passato più tempo di quello che pensassi- replicò il rosso.

-Siete stati in missione?-

-Non proprio, al momento siamo a terra, la nostra nave è in cantiere per alcuni lavori di manutenzione-

-Spero che non vi stiate annoiando a stare così lontano dai campi di battaglia-

-Al contrario, stare a terra e godere della tua compagnia è molto più piacevole che rischiare la vita nei cieli- continuò Hiroto.

-Lo considero un grande onore-

Nell’anello dell’arena arrivò il gyoji, l’arbitro dell’incontro, vestito con un lungo abito ispirato alle vesti dell’era Heian(2) e con un ventaglio di legno in mano. Successivamente arrivarono i due imponenti sfidanti. Molto più alti di un uomo normale e molto più grossi, quasi dei titani.

Il silenzio cadde in segno di rispetto per i rituali che si sarebbero tenuti.

I due rishiki(3) si posizionarono nell’anello l’uno davanti all’altro. Batterono le mani e poi i piedi a terra per scacciare gli spiriti maligni, poi presero una manciata di sale e lo lanciarono nell’anello per purificarlo.

Alla fine dei rituali, i due sfidanti tornarono uno davanti all’altro, si abbassarono e toccarono il suolo con le mani. Solo allora il gyoji alzò il ventaglio e i due rishiki caricarono in un turbinio di colpi di mano e spinte.

Il pubblicò iniziò da subito a esultare.

-Curioso come la gente si ecciti a vedere due uomini che combattono- disse Shirou.

-Finché non è un vero combattimento, è semplice esultare e fare il tifo per uno degli sfidanti- rispose Ryuuji.

-Già, lo vedi Haruya?- Hiroto indicò l’amico senza farsi vedere da quest’ultimo.

-Lui è stato a Nanchino e si fa sempre vanto di quanti civili riuscì ad uccidere con la spada. Quel tipo di combattimento, è tutt’altro che divertente anzi, è un qualcosa di così raccapricciante da non poter essere definito combattimento- continuò.

Nel frattempo i due rishiki erano in posizione di stallo tenendosi per i fianchi in attesa che uno di essi abbassasse la guardia per poi colpire e vincere.

-Spero che voi non abbiate mai dovuto fare qualcosa del genere-

-No, non ancora almeno- rispose il rosso.

-Siamo cavalieri dell’aria, potremmo mai fare noi qualcosa di così orribile?- lo seguì Ryuuji con fare poetico e un sorriso in volto.

Nel giro di pochi secondi, la situazione sul campo cambiò e con una spinta verso l’alto, uno dei due rishiki, il più basso riuscì letteralmente a lanciare l’altro verso l’alto che cadde di schiena. Con l’avversario a terra, il gyoji lo nominò vincitore dopo non più di qualche minuto di combattimento.

A quello seguirono altre serie di incontri per tutto il pomeriggio.

Il tempo passò rapidamente, Hiroto e Shirou conversarono a lungo durante gli incontri mentre Haruya se la spassava, peccato che i suoi modi di fare piuttosto grotteschi non fecere che mettere a disagio le due ragazze.

Fuori dall’arena, poco prima di tornare in base, Hiroto si avvicinò a Shirou che aveva appena riscosso il pagamento da Haruya.

-Quindi lavori per Hitomiko Kira?-

-E’ un’amica e siamo in affari, io organizzo di solito le serate nei locali, oggi avrei dovuto aiutare Fuyuka con Aoi-

-Quindi se volessi incontrarti di nuovo potrei anche chiedere a Hitomiko?-

-Potresti, sicuramente sarebbe il modo più semplice-

-Allora alla prossima Shirou Fubuki-

-Alla prossima volta, Hiroto, è stata un incontro molto piacevole-

I due si inchinarono e poi, si separarono prendendo strade diverse.



 

****

 

Il viaggio durò parecchi giorni. Da Tokyo a Oahu in nave. Atsuya riusciva ancora a vedere, nella sua mente, il fratello e il giovane Yukimura salutarlo dalla banchina mentre saliva a bordo.

Gli americani l'avrebbero chiamata "oceanic liner", un lungo scafo nero che si stagliava di parecchi metri dal livello del mare, la murata delle cabine sopra il ponte era tinta di bianco come i due fumaioli da cui uscivano sbuffi neri di fumo denso. A poppa e su un albero a prua sventolava orgogliosa la bandiera del Sol levante.

La nave non era come i transatlantici europei, non era lussuosa o ricca di comodità, tuttavia cabina di seconda classe del ragazzo, in parte pagata dall'università, era più che sufficiente.

Un piccolo cubo di qualche metro quadro, un letto metallico, un semplice scrittoio di legno e un bagno privato piuttosto spartano. Probabilmente la terza classe se la passava molto peggio di lui.

Un oblò sopra lo scrittoio gli permetteva di vedere il mare. L'acqua era piatta come una tavola e anche il moto della nave non fu particolarmente turbolento, era più simile ad un dolce oscillare in alto e in basso appena percettibile.

Alle volte Atsuya usciva all'aperto e si affacciava sul parapetto osservando l'oceano. Mai prima d'ora si trovava così tanto lontano da casa.

Dopo quasi una settimana di viaggio arrivò a destinazione.

Da lontano potè scorgere l'isola di Oahu.

Sbarcò nel porto di Honolulu, nel quale svettava la torre Aloha simbolo della città, un’alta torre d’orologio e faro di colore biancastro e dal tetto scuro, sotto di esso a grossi caratteri scritta la parola “aloha” da cui il nome . Messo piede in terra americana, dovette passare la frontiera mostrando documenti e passaporto con una dichiarazione dell'università di Tokyo.

La guardia, un corpulento uomo dagli occhi ghiaccio lo lasciò passare nonostante alcuni dubbi a riguardo.

Finalmente dopo giorni di traversata dell'oceano era arrivato in America. Non aveva molto con sé: una valigia, i documenti, un indirizzo e molto entusiasmo. Peccato solo il forte accento nipponico e un inglese non proprio dei più brillanti. 

Fermò un taxi alzando il braccio e salì in auto.

Il conducente parlava velocemente e non sembrava interessato ad aiutare il giovane medico o almeno dal punto di vista linguistico.

Per evitare equivoci, gli consegnò il foglio di carta con l'indirizzo della clinica. Il conducente sfrecciò verso la destinazione guardando di tanto in tanto il passeggero dallo specchietto retrovisore.

Lungo il tragitto Atsuya ammirava dal finestrino la città, le case e gli edifici erano totalmente diversi da quelli in Giappone, piccole villette bianche che si mischiavano a caseggiati più grandi.

Ai bordi delle strade la gente camminava sorridente sotto al sole. Molti uomini poi indossavano delle uniformi bianche da marinaio, forse c'era una base navale vicino o qualcosa del genere.

-Cosa siete venuto a fare qui alle Hawaii?- chiese il conducente.

-Come? Potreste parlare più lentamente?- 

-Perché siete venuto qui?- 

-Sono un medico, la mia università ha organizzato un periodo di studio e apprendimento in una clinica del posto-

-Capisco-

I due non si scambiarono nessun'altra parola fino all'arrivo.

La clinica in questione non era che un edificio completamente bianco, un cartello con una grossa croce rossa sopra la porta, e molte grandi finestre per fare entrare quanta più luce possibile.

Atsuya pagò il taxi ed entrò all'interno degli ambulatori tenendo in una mano la valigia.

L'interno era spazioso e molto luminoso, pareti bianche come anche le piastrelle del pavimento.

Si avvicinò ad un banco dove vi era una donna dai capelli rossi.

-Buongiorno- la salutò Atsuya.

-Avete bisogno?-

-Sono Atsuya Fubuki-

-E di che avete bisogno signor Atsuya Fubuki?-

-Devo parlare con il dottor Williams-

-Primo piano, seconda porta a sinistra- rispose la donna in modo svogliato.

Il ragazzo ringraziò con un inchino e si apprestò a salire al piano superiore. Seconda porta a sinistra, lo studio recava sull'uscio una targhetta con il nome del medico. Bussò, attese una risposta ed entrò.

-Salve, voi siete?-

-Atsuya Fubuki, sono il medico inviato da Tokyo-

-Ah ottimo! Non vi aspettavo così presto! Prego accomodatevi-

Il dottor Williams era un uomo sulla quarantina, alto occhi chiari e capelli castani con un paio di folti baffi sotto al naso.

-Spiego rapidamente, non voglio dilungarmi inutilmente. Prima di tutto benvenuto a Honolulu, sono certo che si ambienterà rapidamente. Per il vostro alloggio, da quanto ho capito dovreste avere già una sistemazione fornita dall'università giusto?-

-Sì, un conoscente del professore che mi ha raccomandato-

-Bene, per quanto riguarda il lavoro invece, non credo ci sia molto da dire, lei è medico e questa è una clinica, piuttosto piccola a dir la verità, il resto vien da sé. E' fortunato che in quest'isola non succeda quasi mai nulla quindi sarà un lavoro anche tranquillo, il peggio che può capitare sono qualche soldato pestato in una qualche rissa inutile… sa come trattare contusioni, escoriazione e cose del genere vero?-

-Certamente dottor Williams- 

-Perfetto, allora se vuole le presto un camicie e la porto a fare un giro della struttura, lasci pure qui la valigia- il dottore pareva una persona per bene e simpatica, prestò un camicie ad Atsuya, peccato che gli fosse più lungo e più largo.

La clinica effettivamente era piccola, qualche ambulatorio, e due corsie di degenza una decina di infermiere e qualche medico in tutto al lavoro.

-Le possiamo dare questa stanza come studio privato, non è molto ma è meglio che nulla-

Lo studio era una stanza rettangolare bianca a cui era stato aggiunto in modo frettoloso un lettino, una scrivania con telefono e macchina da scrivere e telefono. Una grossa finestra permetteva una splendida vista mare e della baia, una moltitudine di navi anche di grosse dimensioni stavano ancorate alla fonda e si potevano ammirare dallo studio, tuttavia non era il porto di Honolulu, probabilmente era un altro scalo.

Atsuya era entusiasta di tutto.

Verso sera lasciò l'istituto, era sbarcato da meno di ventiquattro ore e aveva passato già gran parte della giornata al lavoro. Il personale era cordiale ed estroverso oltre che disponibile e competente.

La casa in cui era ospitato non era molto distante dal posto di lavoro.

Una villetta in stile americano con tanto di giardino, nonostante il tramonto si poteva vedere la facciata tinta di azzurro come un uovo di pettirosso.

Passò per il vialetto e suonò il campanello.

Gli aprì un ragazzo all'incirca dell'età di Atsuya dai capelli e occhi scuri quasi neri.

-Sei il ragazzo di Tokyo?- gli chiese in giapponese.

-Sì sono io-

-Entra allora, non vorrai stare fuori tutto il tempo! Io sono Taro Kimura-

-Atsuya Fubuki, molto piacere-

L'interno della casa era arredato con le ultime comodità americane, giradischi, radio, frigorifero e molto altro.

-La tua stanza è al piano di sopra, vieni te la mostro!- 

I due salirono. La camera era più grande di quello che Atsuya poteva immaginare, un letto matrimoniale, un grosso armadio, più che esagerato per quei pochi averi che si era portato dietro.

-Sarà un piacere ospitarti Atsuya! Hai già mangiato?-

-Sì ho cenato alla clinica-

-Immagino che tu voglia riposarti, se hai bisogno basta solo che tu mi chiami e arriverò- Taro uscì chiudendo delicatamente la porta.

Il rosa si tolse la giacca e la camicia e poi, gettatosi sul materasso, si abbandonò ad un dolce sonno ristoratore dopo la sua prima e lunga giornata sull'isola di Ohau.



 

****

 

1) Yokozuna: è il massimo livello che può ambire un lottatore di sumo, si diventa tali dopo aver vinto due tornei di fila o aver ottenuto un buon numero di vittorie degne di nota ed essere in possesso di determinati requisiti morali. Spesso sono considerati dei veri e propri semidei.

2) Era Heian: periodo di storia giapponese che va dal VIII al XII  secolo d.C. Il nome deriva dal nome della capitale di allora che corrisponde all'attuale Kyoto.

 

3) Rishiki: è il termine che indica un lottatore di sumo





 

Piccolo angolo d’autore…

Ebbene un nuovo incontro tra Hiroto e Shirou,

oltre che la comparsa di due nuovi personaggi non 

propriamente felici ( e credo l’abbiate capito…)

che compariranno maggiormente in futuro.

Dall’altra parte del mondo invece Atsuya è sbarcato ad Honolulu

lavoro in una piccola clinica ed è ospitate di un amico del suo

professore.

Ad ora ci troviamo leggermente più avanti nel tempo,

nei primi mesi del 1940 (considerato che nei capitoli

scorsi Atsuya si è laureato e ora è alle isole Hawaii).

Direi che lentamente ci si sta avviando nel profondo

della storia, sarà solo il capitolo 6 ma in realtà

non è che ancora l’inizio di tutto.

Essendo ora nel 1940 vi lascio, come sempre

per i più temerari la curiosità del capitolo riguardo

ciò che succede in Europa,

detto questo io vado,

un saluto

 

_Eclipse.

 

La strana guerra: qualche capitolo fa avevo parlato dello scoppio della guerra in Europa tuttavia dopo la caduta della Polonia, non vi furono scontri sul fronte occidentale per parecchi mesi. Le operazioni militari ripresero quando la Germania nel mese di aprile invase e conquistò la Danimarca e poi la Norvegia (nonostante il grosso intervento inglese per quest’ultima) per assicurarsi le ricche risorse della scandinavia.

A maggio invece iniziò la prima vera offensiva in Francia dando veramente iniziò alla guerra dopo 7 mesi di relativa calma. Poco prima della caduta francese, l’Italia si schiererà con l’alleato tedesco dichiarando guerra a Francia e Gran Bretagna il 10 giugno del 1940.

 
   
 
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