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Autore: Ace of Spades    06/04/2020    3 recensioni
“Mio padre non era così, prima di perdere mia madre era un'altra persona. Di sicuro non una dolce e carina, ma almeno era una persona. Dopo la morte di sua moglie è diventato un mostro senza sentimenti, animato solo da ciò che ci potrebbe essere di più oscuro dentro un cuore vuoto.”
Degli occhi neri lo fissarono.
“Come se avessero aperto il Vaso di Pandora”
“Aperto? Direi più che è caduto al suolo e si è frantumato. Quando si perde una persona amata in modo traumatico è come perdere il sostegno che ti teneva sulla retta via, come la colonna su cui posava il Vaso. Senza quella, le piaghe dentro al tuo cuore prendono vita e ti divorano da dentro”
“Ho sempre trovato quel mito abbastanza insulso”
“Come mai?”
“Sai perchè esiste il detto ‘la speranza è l’ultima a morire’? Perchè è l’ultima che esce dal Vaso di Pandora. Ma perchè dovrebbe essere l’ultima se è ciò di cui si ha più bisogno?”
“Perchè le speranze le hanno le persone, ma i destini li distribuisce il diavolo.”
•••
DoflaCroc + Mihawk / AkaTaka/ KiddLaw/ KillerPenguin.
Genere: Angst, Demenziale, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Crocodile, Donquijote Doflamingo, Drakul Mihawk, Eustass Kidd, Trafalgar Law | Coppie: Shichibukai/Flotta dei 7
Note: AU, Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno
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54) “Quando c'è di mezzo l’amore, l’orgoglio è una qualità di cui si parla spesso ma che si applica raramente.








 
Quando Bon Clay ebbe finito il suo racconto, concentrato più sul fatto che lui lo aveva capito che quei due avevano una storia all'epoca, nonostante non fosse confermato, Ivankov sbuffò divertita.
“Oh, Bon-chan, ma io queste cose le sapevo giá”
L'uomo truccato sgranò gli occhi, bevendo subito dopo tutto il tè che aveva davanti.
L'ufficio della Grande Iva era cosí colorato e piacevole, con quegli incensi negli angoli e quel tavolino squadrato a tema Alice nel Paese delle meraviglie.
 
“Ma come!”
Ivankov inspirò, mentre sul suo volto si dipingeva un'espressione triste.
“Glielo avevo detto che doveva parlarne, ma non mi ha ascoltato, come sempre. Questa volta però tocca a me aiutarlo, non starò certo in disparte”
L'omone si alzò in piedi sotto lo sguardo in estasi dell'altro.
“Darò una mano al destino, ma che dico, IO sarò il destino! IH-AH!
Bon Clay lo fissò cominciare a fare piroette e annuí, anche se non sapeva bene per cosa.


 
-


 
Mihawk stava leggendo seduto in cucina; era da poco passata l'ora di cena e Zoro e Perona si erano spostati in salotto a giocare con la Wii.
Quando sentí il telefono vibrare pensò di non rispondere, ma dato che il suono non accennava a smettere si alzò dal suo posto.
 
“Pronto”
“Falco-boy, non so se ti ricordi di me”
 
Mihawk fissò il numero sconosciuto e alzò un sopracciglio.
“Ivankov?”
“Esatto! Ci siamo visti solo una volta quando eri piccolo, ai funerali dei genitori di Croco-boy”
“E perché mi hai chiamato”
 
“Credo sia il caso che tu mi raggiunga nel mio locale. Devo dirvi una cosa molto importante su di lui e ho bisogno che veniate stasera”
 
L'uomo notò il plurale.
“Chi sono il ‘veniate’?”
 
“Ma tu e Mingo-boy, ovvio! L'ho già chiamato e ha acconsentito a vederci tra un'ora, spero tu possa venire, ti aspetto! Ah, ho richiesto espressamente che mi portassero i dolci della migliore pasticceria in circolazione, giusto perché tu lo sappia. A dopo!”
 
Lo spadaccino fissò il cellulare un'altra volta, come se si fosse appena immaginato tutto.
Doflamingo aveva acconsentito?
Una cosa importante su Crocodile?
Dolci??
 
L'uomo inspirò, sapendo che il ricatto finale lo aveva fatto cedere per metà; ammettere di essere un po’ curioso era una novità per lui, ma decise comunque di uscire, ignorando la sensazione.
Prese il cappotto nero e un pugnale, fissandolo nel retro dei pantaloni e incastrandolo nella cintura.
“Io esco, non so quando torno. Non state alzati fino a tardi” disse, passando davanti al salone.
“Ok! Ciao!” lo salutò Perona mentre Zoro annuiva, distratto dal gioco.
Mihawk uscí nella fredda aria della sera e si incamminò tranquillamente.

 
Il locale di Ivankov era parecchio chiassoso, colorato e troppo pieno di vita per i suoi gusti, ma, preso un respiro profondo, entrò lo stesso.
Le persone si spostavano non appena lo riconoscevano, il che rendeva tutto più facile.
Un uomo con gli occhiali e dei capelli strani gli andò incontro, dicendogli di seguirlo.
Salirono una rampa di scale dietro al bancone d'ingresso e si trovarono davanti ad una porta rossa, con una maniglia a spirale.
L'uomo bussò, fece un leggero inchino e sparí.
Mihawk sentí distintamente la risata di quell'uomo prima che la porta si aprisse.
 
Si trovò davanti un altro paio di occhiali, questa volta però li conosceva bene.
“Doflamingo”
“Falchetto” rispose spostandosi e facendolo entrare, per poi richiudere la porta.
Dietro l'enorme scrivania blu e azzurra si trovava Ivankov, sorridente come sempre e truccato in maniera eccessiva.
“Ora che ci siamo tutti zuccherini direi di iniziare, sedetevi pure al tavolo, ho preparato per voi dolci e alcool, so che vi piacciono”
 
I due fecero come aveva detto, ignorando il nomignolo.
Doflamingo si versò mezzo bicchiere di vodka.
“Sono tutto orecchie, spero che tu non mi abbia fatto venire per nulla”
Ivankov preferí restare dietro la sua scrivania per avere una buona visuale sui due uomini e per restare a debita distanza.
Sapeva di non essere debole, ma doveva ammettere che, proprio come Croco-boy, quei due mettevano in soggezione.
 
Inspirò e il suo sorriso svaní.
“Posso chiedervi il motivo per cui avete litigato?”
 
Mihawk alzò lo sguardo e Doflamingo appoggiò il bicchiere sul tavolo, quasi sbattendolo.
“No”
“C'è un motivo preciso per cui ho posto questa domanda, puoi rispondere anche in maniera vaga ma mi serve per capire quanto sapete”
I due uomini si girarono a guardarsi.
“Non c'è stato un motivo preciso” rispose Mihawk.
“Invece io ce l'ho un motivo preciso ma non alcuna intenzione di parlarne” ringhiò Doflamingo, il ghigno solito era sparito.
Si alzò in piedi di scatto con la precisa intenzione di andarsene da lí, non capiva nemmeno perché aveva acconsentito a quella pagliacciata.
“Cosa sapete sulla sua protesi?”
 
Doflamingo si bloccò.
“Quello che sanno tutti, che ha perso la mano in uno scontro con un uomo parecchio tempo fa”
Ivankov sospirò abbassando lo sguardo.
“Immaginavo. La verità non è mai perfetta, pone sempre dubbi e domande, la menzogna al contrario è credibile al cento per cento, perché non deve spiegare la realtà ma semplicemente dirci quello che vogliamo sentirci dire. E lui è stato davvero abile ad insabbiare tutto.
Non aveva previsto la mia presenza purtroppo”
 
Il biondo tornò a sedersi sul divanetto di fianco a Mihawk, che aveva preferito restare in silenzio.
 
“Cosa vorresti dire?” incalzò l'uomo con gli occhiali, che stava cominciando a perdere la pazienza.
Lo spadaccino lo guardò di sottecchi; il suo nervosismo era palese.
 
Ivankov li guardò negli occhi.
“Non c'è un modo facile per dirlo. Quello che sanno tutti è una balla, esattamente come la ragione per cui ha perso la mano e come l'ha persa.”
Aspettò qualche secondo, facendo in modo che i due immagazzinassero l'informazione.
“Ed è anche per quello che vi ha mentito, e ha preso le distanze da tutti e due”
 
Mihawk sbattè le palpebre, per poi abbassare gli occhi. Sentí Doflamingo irrigidirsi di fianco a lui.
“Non sono affari miei, ha avuto la possibilità di dire quello che pensava” sibilò il biondo, con un tono carico di disprezzo. “L'ha fatto. Il motivo per cui ha perso la mano è irrilevante”
“È irrilevante anche se ti dico che è stata colpa tua?”
 
A quel punto Mihawk alzò gli occhi e guardò Ivankov, notando che l'uomo non stava mentendo, anzi, sembrava gli costasse un'estrema fatica esprimersi.
Doflamingo perse la capacità di parlare.
 
L'uomo truccato inspirò profondamente.
“Immagino tu abbia ancora le cicatrici dovute a quel giorno, nel garage, Ikki Yukimura… Devo proseguire?”
“No”
Mihawk si girò a guardarlo; il biondo si stava passando una mano sulla fronte dove si stava creando del sudore.
Non era a conoscenza della storia e non sapeva neanche che quel tizio fosse tornato a fare danni.
 
Ivankov ebbe pietà di Doflamingo e parlò per lui.
In poche frasi raccontò allo spadaccino la vicenda e si fermò, aspettando che anche l'altro uomo, che aveva tenuto lo sguardo basso per tutto il tempo, tornasse a guardarlo.
 
Doflamingo si sentiva male, gli era venuta la nausea al solo ripensare a quel giorno, ma aveva deciso di ascoltare fino in fondo.
 
“Tu hai perso i sensi nel garage, non sai come sei uscito da lí, vero?”
“Mi ha portato fuori lui” rispose svuotando il bicchiere pieno di alcool.
“Aveva la mano bloccata sotto una colonna. Non l'ha mai persa in uno scontro, se l'è tagliata lui per poterti salvare la vita. Immagino che ti abbia detto quello che volevi sentirti dire pur di allontarsi da te. Quando c'è di mezzo l’amore, l’orgoglio è una qualità di cui si parla spesso ma che si applica raramente.”
 
Ivankov rimase in silenzio; i due uomini erano immobilizzati.
 
“Voi due lo conoscete molto meglio di me” sussurrò stringendo una mano dentro l'altra.
“Immagino possiate immaginare il motivo per cui lo ha fatto, e anche perché cerca sempre di non restare in vostra compagnia.”
Sorrise per un attimo.
“Deve essere difficile fingere di odiare qualcuno, magari ci si può autoconvincere quando si è da soli, ma ci vuole un grande autocontrollo per recitare quella parte.”
Si schiarí la voce.
“Glielo avevo detto di parlare con voi quando sono stata da lui, quel testone fa pure finta che il polso non gli faccia male”
 
Quando finí di parlare e alzò lo sguardo si rese conto del perché non sentiva nemmeno respirare.
Mihawk aveva le labbra serrate e uno sguardo vacuo, quasi stesse da un'altra parte con la mente; non poteva vedere gli occhi di Doflamingo, ma la testa abbassata e le mani strette attorno alle ginocchia erano abbastanza.
 
Ivankov si alzò ed uscí dallo studio, chiudendosi la porta alle spalle e lasciandoli da soli. Un leggero sorriso increspò le labbra al pensiero che, nonostante tutto, quei due forse ci tenevano ancora a Crocodile.


 
Nessuno dei due parlò per molto tempo.
Mihawk si mosse per primo, versando ad entrambi un bicchiere pieno.
“Hai detto che si era già espresso abbastanza. Devi raccontarmi un po’ di cose”
E Doflamingo sbuffò, cercando di riprendere il controllo sulle sue mani, che tremavano come se avesse freddo.
“È vero”


 
-

 
Kidd si svegliò presto, cosa inusuale per uno come lui, che prima dell nove non era neanche una persona.
Il motivo era di fianco a lui e lo stava abbracciando.
Non era la prima volta che dormivano nello stesso letto, ma non era mai successo che fosse Trafalgar a cercare contatto fisico, anche mentre dormiva se ne stava nella parte del letto che aveva deciso fosse la sua.
Alcune volte appoggiava la schiena al suo corpo, altre si svegliava con la sua mano sulla spalla o sul braccio.
Questa volta invece era completamente disinibito, con la testa sotto il suo mento, la gamba destra gli avvolgeva il busto e il braccio destro lo teneva fermo.
La mano sinistra sbucava dal cuscino e finiva in mezzo ai suoi capelli rossi.
Non sapeva se essere indignato, sbalordito, stordito oppure divertito.
Decise di chiudere gli occhi e rimanere immobile per aspettare che fosse Trafalgar a svegliarsi e a rendersi conto di come stava dormendo.
Si sarebbe goduto la sua espressione impanicata, anche se gli sarebbe piaciuto di più se fosse arrossito.
 
Quando sentí la mano tra i suoi capelli muoversi pensò che fosse arrivato il momento.
Percepí Law muoversi leggermente e sentí anche quando si svegliò abbastanza per capire la situazione.
Kidd aprí lentamente un occhio e lo fissò, ritrovandosi lo sguardo dell'altro puntato su di lui.
Il moro riappoggiò la testa dov'era e non si mosse. Il rosso gli passò una mano tra i capelli e il suono che sentí in risposta gli fece sgranare gli occhi, sembrava fossero fusa.
“Eustass-ya, sei tutto rosso, non si vede più neanche dove iniziano i capelli. Le orecchie le abbiamo perse per sempre.” sussurrò divertito il dottore, non muovendosi ma guardando la faccia del ragazzo sotto di sé nel riflesso della lampada di fianco al letto.
“Chiudi la bocca Trafalgar”



 
-


 
La sera si è sempre più fragili, si fanno sciocchezze che poi al mattino si rivelano per quello che sono.
Quella volta però, presentarsi da Ivankov era stata una scelta giusta.
Doflamingo, dopo aver passato quelle che dovevano essere state ore in compagnia di Mihawk, tornò a casa, richiudendosi in camera e lasciandosi cadere su una delle poltrone.
Era da tanto che non parlava così con lui, in effetti il Falchetto non si esprimeva molto ma sapeva ascoltare.
 
L'uomo si tolse gli occhiali e si passò una mano sul volto.
Per la seconda volta in vita sua non sapeva cosa fare.
Doveva confrontarsi con Crocodile? Per dirgli cosa, che sapeva tutto? Che sapeva che gli aveva mentito, che sapeva che lo aveva fatto perché non voleva guardarli in faccia e dir loro delle balle?
Perché non si era confidato con lui?
Per paura della sua reazione?
Forse pensava che si sarebbe reputato un debole, o forse che avrebbe considerato lui un debole.
 
Si alzò in piedi.
Era decisamente arrabbiato, stava fumando di rabbia, il cuore pompava il sangue velocemente e ne sentiva il battito veloce nelle orecchie.
Erano passati vent'anni ma lui una spiegazione se la meritava, anche a costo di andare a casa sua o al lavoro e prenderlo a pugni.
 
Non era una cattiva idea rompergli la faccia, dopo tutto quello che gli aveva fatto passare se la meritava una lezione.
Lo  amava, concetto sconosciuto per una persona come lui, eppure lo aveva amato, e si sentiva tradito e arrabbiato come non gli era mai successo. Aveva pensato che restargli lontano fosse la scelta giusta, che se non lo avesse visto se ne sarebbe scordato prima o poi.
 
Si è tagliato la mano per colpa tua.
 
Si alzò in piedi e senza pensare tirò un pugno al muro, rompendolo insieme a qualche osso.
Vergo entrò nella stanza qualche secondo dopo e lo guardò senza dire niente. Tornò poco dopo per avvolgergli le dita con una garza, curandole come meglio poteva, poi uscí, lasciandolo nuovamente solo.


 
-


 
Mihawk tornò a casa all'alba, non sapendo bene come ci fosse arrivato, probabilmente mettendo un piede davanti all'altro.
Era in uno stato catatonico; quella sera aveva saputo cosí tante cose che ignorava che si era ritrovato sopraffatto.
Quando lui e Doflamingo ebbero finito di parlare, decise che non avrebbe dormito, e come avrebbe potuto? Cosí rimase nel locale a bere, immerso nel rumore quasi non riuscí a sentire i suoi pensieri, e questo lo aiutò.
 
Entrò in casa e si tolse il cappotto.
Dopo una doccia calda si sedette sul letto; mentre si asciugava i capelli bagnati con un asciugamano, aprí il cassetto del comodino, guardando la foto all'interno.
Lo richiuse subito dopo.
 
Se Crocodile si era comportato in quel modo doveva aver avuto le sue ragioni, ma era solo una questione di tempo prima che Doflamingo esplodesse e decidesse di prenderlo a pugni.
Poteva capirlo in parte, ma poteva capire anche Crocodile.
Condivideva con lui il fatto di essere a disagio di fronte alle proprie emozioni, ma non sapendo cos'altro nascondesse il coccodrillo non riuscí a pensare oltre.
 
Sapeva che la situazione aveva raggiunto un punto critico, sperava solo di poter essere nelle vicinanze per arginare i danni.
Si sdraiò lanciando l'asciugamano per terra.
Era un peccato non potesse chiuderli in una stanza come l'ultima volta.
 
O poteva?



 
-


 
Crocodile aprí gli occhi, conscio che ci fosse qualcosa che non andava.
Tutta quella giornata era trascorsa in modo fin troppo tranquillo per i suoi gusti, e, per esperienza, sapeva che quando si verificavano queste condizioni era preludio di guai.
La tipica calma prima della tempesta.
 
Quando sentí dei botti contro la porta dell'ingresso di casa sua non fu troppo sorpreso, alla fine aveva sempre ragione.
 
I guai stavano bussando alla porta.
 
Aprí il cassetto del mobile di fronte al letto, si vestí e afferrò la Magnum dal manico in legno.
Aveva una mano sulla pistola, infilata nel bordo dei pantaloni dietro la schiena, quando aprí la porta.
 
“Doflamingo?”
 
Non c'era l'ombra di un sorriso sul suo volto, e nonostante lo avesse preso alla sprovvista, non si stupí più di tanto quando l'uomo gli tirò un pugno alla bocca dello stomaco, facendolo piegare in avanti.
Si ritrovò sostenuto da un braccio mentre cercava di riprendere fiato; distintamente aveva sentito il rumore della pistola che cadeva sul pavimento, ma la sua attenzione si focalizzò sulla porta che veniva chiusa.
Non ha il cappotto con le piume.
 
Crocodile sorrise al pensiero che il biondo fosse venuto per ucciderlo, in effetti pensava che ci avrebbe provato molto prima.
Come sempre, anche il fatto che lo volesse colpire sul volto non era una sorpresa.
Schivò il montante destro e colpí il gomito e il ginocchio, ottenendo un ringhio come risposta.
Doflamingo perse l'equilibrio ma recuperò usando un piede per farlo cadere nella stessa situazione. Entrambi gli uomini finirono a terra e si guardarono per qualche secondo, nel silenzio che regnava in quella casa.
 
Qualche secondo dopo erano di nuovo in piedi.
Pugni, calci, testate, prese e leve.
Finirono per pestarsi, sfogando la rabbia accumulata in quegli anni.
Crocodile riuscí a tirargli un calcio particolarmente potente da farlo cadere all'indietro; la porta del salone si staccò dai cardini sotto il peso dell'uomo.
Si passò la mano tra i capelli, pulendosi l'occhio destro da un rivolo di sangue; non ebbe il tempo di prendere fiato che Doflamingo lo afferrò per la maglietta e lo ribaltò, facendolo sbattere contro il mobile dietro di lui.
 
Crocodile si riprese in fretta, si alzò in piedi e sferrò una gomitata al fianco che l'altro decise di incassare, solo per poi afferrarlo per la gola e sbatterlo sul pavimento.
Il moro perse la vista per qualche secondo, provò a prendere fiato ma sentí la mano attorno al collo stringersi.
Alzò gli occhi e si ritrovò il volto di Doflamingo a poca distanza dal suo; entrambi sapevano che se avesse voluto avrebbe potuto liberarsi facilmente dalla presa ferrea.
Quando Crocodile alzò la mano sinistra, Doflamingo era pronto al colpo.
Il moro infilò le dita tra le asticelle degli occhiali e tirò, facendoli scivolare in avanti, poi riappoggiò la mano di fianco al suo corpo tenendoli stretti.
 
Ah, dopo tutto questo tempo, sono ancora così belli.
 
Quando perse i sensi lo fece con un sorriso sul volto.











 

Angolo dell'autrice:
Non ho molto da dire ah ah
Ciao.
  
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