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Autore: Lamy_    06/04/2020    0 recensioni
Ivar e Hildr sono in fuga da mesi, senza certezze e senza una meta. Attraverso la Via della Seta giungono a Kiev, dove vengono accolti con entusiasmo dal principe Oleg. Ivar ha finalmente la possibilità di riconquistare Kattegat e la sua posizione da re. Questa nuova terra, però, sin da subito si presenta piena di insidie tra giochi pericolosi, cacce selvagge e amori proibiti. Il rapporto di Ivar e Hildr viene messo a dura prova dagli dèi che si vendicano per la tracotanza della giovane coppia.
Il destino quali piani ha in serbo per loro?
Fine 5B/inizio 6A; contiene spoiler (a vostro rischio e pericolo).
Genere: Azione, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ivar, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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6. CUORE SPEZZATO

# Hildr non capiva perché Ragnar muovesse la testa in quel modo bizzarro, col collo che faceva avanti e indietro come un uccello. Dalla foresta erano visibili le guglie di una chiesa cristiana, ciò significava che il castello di Alfred era vicino. Ivar stava ancora riposando dopo una notte trascorsa a lamentarsi per il dolore alle gambe, mentre Hildr e Ragnar erano andati in cerca di qualche preda da catturare e mangiare per rimettersi in forze prima di proseguire.
“Hildr, mi ricordo che tua madre aveva la grande abilità di nascondere i propri sentimenti, paure e desideri, ed era per questo che era una guaritrice eccellente.” Disse Ragnar.
Hildr rimane stupita da quel riferimento a sua madre, non sembrava che Ragnar fosse il tipo che si abbandona ai racconti del passato.
“Ci vuole sangue freddo per soccorrere qualcuno in fin di vita. Mia madre era davvero in gamba.”
“Tu, invece, non sei molto brava a nascondere i tuoi sentimenti.”
“Di quali sentimenti parli?”
Ragnar si voltò con un sorriso beffardo incorniciato dalla folta barba. Aveva le stesse microespressioni di Ivar, esagerate e spesso fastidiose.
“Dei sentimenti che provi per Ivar. Ce l’hai scritto in faccia che provi qualcosa per lui.”
“Va bene che a Kattegat tutti ti considerino una leggenda, ma ti posso assicurare che non sei un granché come lettore! Io non provo sentimenti romantici per Ivar. Lui è solo il mio migliore amico.”
Hildr era arrossita, non sapeva se per rabbia o imbarazzo, e si mise a raccogliere i rami pur di impedire a Ragnar di leggerle ancora il viso.
“Sai, nella mia vita ho amato molto sia Lagertha sia Aslaug, ma non ho mai provato quello che tu provi per Ivar. Lo guardi come se Midgard dipendesse dal suo respiro.”
“Lo guardo come tu non lo hai mai guardato. Anziché pensare ai miei sentimenti, pensa alla sofferenza che hai procurato a tuo figlio lasciandolo da solo. Sarai anche un grande re, Ragnar, ma sei un pessimo padre.”
Ragnar sorrise di sbieco come faceva di solito quando riceveva una critica, eppure sapeva che la ragazza aveva ragione e questo gli faceva male.
“Hildr, tu devi farmi una promessa.”
“Quale promessa?”
Hildr sbarrò gli occhi quando Ragnar le mise le mani sulle spalle, era un gesto piuttosto affettuoso.
“Qualunque cosa accada e qualunque decisione Ivar prenda, tu devi promettermi che resterai al suo fianco. Sei l’unica persona al mondo che può riportarlo sulla retta via qualora dovesse smarrirsi. Ti sto affidando la vita di mio figlio perché ho piena fiducia in te.”
Hildr ripensò ad Ivar, al bambino solitario, al ragazzino ferito, e all’uomo astuto che stava diventando, e annuì.
“Te lo prometto.” #
 
Due settimane dopo
“No! Ivar! Mollami! Ivar!”
La risata di Hildr riecheggiava in tutta la stanza mentre Ivar le faceva il solletico. Per quante battaglie sanguinolente avessero vissuto, era bello perdersi in momenti infantili come quelli.
“No che non ti mollo! Sono un re spietato e ti torturo quanto voglio!”
Avevano entrambi i crampi allo stomaco per le risate, ma non volevano smettere di divertirsi. Le ultime due settimane erano state tese a palazzo, con Oleg che aveva sparpagliato i suoi uomini sulle tracce di Dir, Kyra che per qualche motivo era stata confinata nella sua camera, e Vadim che evitava ogni contatto con i due vichinghi. Oleg aveva interrogato Ivar sulla scomparsa di Dir, il giovane re era stato furbo nella sua difesa e il russo aveva dovuto lasciarlo andare senza accusarlo. Inoltre, un paio di giorni prima il principe aveva annunciato le sue nozze con una delle donne – a sua detta – più belle di tutto il regno. Solo Igor girovagava per il palazzo felice e allegro come era giusto per un ragazzino della sua età.
“Ti odio, Ivar!”
Hildr riuscì a sfilarsi dalle grinfie del ragazzo, che continuava a ridere a crepapelle. Anche lei rideva, proprio non riusciva a smettere. Si sedette sul bordo del letto e si riavviò i capelli all’indietro, cercando di tornare a respirare.
“Torna qui. Non lasciarmi tutto solo.”
Quando furono di nuovo vicini, Hildr si posizionò fra le gambe di Ivar e si appoggiò con la schiena contro il suo petto. Prese a giocare con l’anello all’anulare.
“Non vedo l’ora di tornare a casa. Sono stufa di questo posto.”
“La primavera ci sta venendo incontro, presto torneremo a Kattegat. Presto sarai la mia regina a tutti gli effetti.”
Hildr arricciò il naso a quel titolo, lei che non voleva assumere una tale posizione di rilievo per non essere eccessivamente amata o odiata dal popolo.
“Che ne dici se resto la tua fidata consigliera? Non sono adatta per essere una regina.”
“Ogni re che si rispetti ha la sua regina. Non fare la bambina, Hildr.”
Ivar le pizzicò i fianchi facendola trasalire, gli piaceva irritarla con quei piccoli gesti.
“Dovrò vestirmi da regina? Insomma, non sopporto i corpetti, non so camminare con le gonne perché inciampo, gli orecchini mi danno fast-…”
“No. Non devi indossare i panni di una regina per essere tale. Non mi importa come ti acconci, l’importante è averti al mio fianco sul trono.”
“Mmh, va bene. Però ogni tanto andiamo a rifugiarci nella casa dei miei genitori che hai ricostruito per scaricare i problemi.”
“D’accordo. – acconsentì Ivar – Non molti sono i re che hanno la fortuna di amare per davvero la propria regina.”
“Ma io sono una regina molto speciale!” scimmiottò Hildr con voce stridula.
“Davvero? Dimostramelo.”
Hildr captò la malizia nel tono del ragazzo, perciò si sedette sul suo bacino e lo trasportò in un bacio travolgente. Ivar sollevò la veste da notte per accarezzarle le cosce, affondando le dita nella carne morbida. La ragazza ansimò nella sua bocca e lui l’accolse con un altro bacio. Ivar capovolse le posizioni in maniera da sovrastare Hildr e le lasciò una scia di baci umidi sul collo, sulle spalle, fino al solco tra i seni. Lei lo afferrò per la collana per poterlo baciare sulla bocca.
“E’ una valida dimostrazione?”
“Non basta.” Mormorò Ivar sulle sue labbra, sorrideva.
Ivar le abbassò le spalline della veste per baciare altra pelle calda. Hildr si godeva quelle attenzioni appieno, consapevole che prima o poi quella pace sarebbe stata spazzata via da una qualsiasi incombenza. La bocca di Ivar iniziò una lenta e piacevole discesa in mezzo ai seni, sulla pancia, fino ai fianchi. Si curvò a baciarle la parte interna di una coscia e poi dell’altra, con calma e con un sorriso compiaciuto premuto sulla carne. Hildr strinse le lenzuola in un pugno per quelle sensazioni che le davano brividi di piacere.
“Ivar! Ivar!” strillava Igor da dietro la porta.
Ivar sbuffò e scosse la testa, era l’ennesima volta che non riusciva a condividere un briciolo di intimità con Hildr.
“Che vuoi?”
“Oleg mi fa pattinare. Tu e Hildr venite a vedermi?”
“Un giorno ammazzerò questo ragazzino.” Sussurrò Ivar.
Hildr gli diede un pugno gioco sul petto e si aggiustò la veste, scese dal letto per aprire la porta. Igor indossava abiti pesanti adatti ad una giornata all’aperto.
“Io e Ivar veniamo a vederti volentieri. Ci vediamo fra poco.”
“Perfetto!”
Igor scappò via con un sorriso talmente felice da far sorridere anche Hildr. Ivar, dal canto suo, si era spaparanzato di nuovo fra le lenzuola.
“Non fare così, Ivar. Hai visto com’è felice? Sarebbe meschino farlo intristire.”
“Anche io ero felice qualche secondo fa!”
Hildr rise per il broncio del ragazzo e gli fece la linguaccia per aumentare la sua irritazione.
“Sta zitto e muoviti!”
 
Hildr stava sorseggiando una bevanda calda – ‘tè’ lo aveva chiamato la serva – e doveva ammettere che il gusto era gradevole. Si trovavano fuori dal palazzo, in un’area che Oleg aveva riservato per il pattinaggio. La folla si accalcava per vedere Igor volteggiare sul ghiaccio con estrema grazia.
“Ti ricordi quella volta che abbiamo sciolto la neve nel vino e lo abbiamo bevuto?” chiese lei.
“E alla fine il sapore era lo stesso ma congelato.” Disse Ivar ridendo.
Hildr notò un uomo che pian piano si era avvicinato a loro. Prima lo aveva visto seduto sugli spalti e ora lo vedeva a poca distanza.
“Ivar, c’è un uomo che ci sta tenendo d’occhio.”
Ivar non ebbe il tempo di verificare che l’uomo gli si mise al fianco.
“Dir ti manda i suoi saluti e ti ringrazia. E ti dona questo come segno della vostra alleanza.”
L’uomo fece scivolare un piccolo crocifisso nel palmo della mano del vichingo, che annuì senza fiatare. Il messaggero di Dir si allontanò e sparì tra la massa, sembrava quasi che non fosse mai giunto lì.
“E’ fatta. – disse Ivar – Presto ci libereremo anche di Oleg.”
“Ottimo. Davvero ottimo.” Commentò Hildr, soddisfatta.
Igor atterrò di fronte a loro e allargò le braccia per ricevere gli applausi dei presenti.
“Come sono andato?”
“Sei bravissimo. Complimenti, principino!” disse Ivar.
Hildr si era accorta che Ivar e Igor avevano legato molto, questo la rendeva felice perché sapeva che uno trovava conforto nell’altro. In fondo, erano due bambini cresciuti troppo in fretta e destinati a reggere il tremendo peso della corona.
“Perché voi due non avete figli?” domandò Igor a bruciapelo.
“Perché non ne vogliamo. Semplice.” Rispose Hildr.
Ivar si era fatto scuro in volto, detestava affrontare l’argomento relativo alla paternità. Confessare agli altri di non avere figli perché non era in grado era una ferita ancora aperta.
“Capisco. – disse Igor – Sareste dei genitori fantastici.”
Ivar e Hildr si scambiarono un’occhiata complice, entrambi conoscevano le ragioni che avevano portato a quella decisione: lei che non voleva essere madre e lui che non poteva procreare. La ragazza abbozzò un sorriso per non far sentire il ragazzino in colpa per la sua curiosità.
“Grazie, Igor. Forse più in là prenderemo un cane.”
“Bell’idea. Siete pronti per il matrimonio? Oleg ha organizzato una grande festa.”
“Io sono pronta se c’è cibo a volontà.” Rispose Hildr.
Ivar sorrise, perlomeno la fame della ragazza era una costante che non cambiava mai direzione.
“Igor, tu conosci questa principessa Katya?”
“Non l’ho mai vista, ma Askold ne parlava spesso. Dicono che sia bellissima ma anche letale, che con uno sguardo riesca ad incantare gli uomini.”
“Cos’è, una strega?!” lo schernì Hildr.
“Sì. – disse Igor – Alla corte di Askold circolava questa voce. Devi fare molta attenzione a lei, Ivar.”
“Non c’è problema. Eccetto Hildr, non c’è donna che possa incantarmi.”
 
Hildr alla fine si era acconciata meglio che poteva con un abito giallo ocra di seconda mano che una serva aveva recuperato dall’armadio di chissà chi e Ivar le aveva intrecciato i capelli in modo da formare una coroncina elegante intorno alla testa. Ora si stavano dirigendo nella cappella adiacente al palazzo in coda agli invitati. Molti di loro guardavano i due vichinghi di sottecchi, erano curiosi e spaventati. Igor fece loro segno di prendere posto accanto a lui. Hildr vide Kyra e Vadim in prima fila, entrambi sofisticati nei loro abiti pregiati, e con loro c’era anche Inna, vecchia e con l’espressione annoiata come al solito.
Nell’arco di dieci minuti la chiesetta si riempì e il prete ebbe l’assenso da Oleg di iniziare. Il principe e la sua sposa davano le spalle ai presenti, quindi non si scorgeva il volto della ragazza, ma aveva tutto intorno un’aurea di bellezza.
“Siamo qui riuniti per celebrare le nozze tra il principe Oleg e la principessa Katya, entrambi figli del Signore. L’amore va costruito su di Lui che è una roccia, la nostra roccia. Solo se siamo radicati nel Verbo non crolliamo. L’amore è impegnativo. Esso costruisce, crea, ma talvolta distrugge, separa, divide per sempre. Eppure il prezzo dell’amore richiede perdono, sopportazione, confronto e sacrificio. Come Dio diede la Sua vita per i suoi figli, noi dobbiamo donare la nostra vita a chi amiamo.”
Ivar fece scivolare la propria mano in quella di Hildr e la strinse forte, al che lei sorrise e ricambiò la stretta. Sebbene a parlare fosse un cristiano, quelle parole avevano una certa valenza anche per loro. La messa andò avanti per una mezz’oretta prima che il prete pronunciasse la formula finale.
“Per il diritto concessomi dal Divino, vi dichiaro marito e moglie.”
Oleg e sua moglie si diedero un bacio casto mentre gli invitati battevano le mani. Ivar smise di respirare quando la sposa si voltò per sorridere ai presenti.
“Freydis.” Sussurrò.
“Ivar, andiamo. Sto morendo di fame!” disse Hildr trascinandolo fuori dalla cappella.
 
Ivar non riusciva neanche a pensare, il suo cervello aveva subito un completo oscuramento. Tutto ciò su cui riusciva a concentrarsi era su Freydis, o meglio su Katya. La principessa somigliava tremendamente a Freydis, fatta eccezione per il colore scuro di capelli. Mentre tutti festeggiavano tra pietanze e musica, lui se ne stava sulla sedia a fissare la sposa di Oleg. Hildr e Igor, dopo una cena fin troppo abbondante, si erano cimentati in passi di danza che sottolineavano la loro comica incapacità.
“Ivar, amico mio! Ti stai divertendo?”
Oleg era comparso dal nulla con un boccale ricolmo di vino. Ivar annuì distrattamente, gli occhi ancora focalizzati su Katya.
“Bella festa.”
“Beh, i festeggiamenti sono finiti. Vieni con me, io e Vadim siamo pronti per esporti il nostro piano per invadere Kattegat.”
Hildr fece una giravolta e per un pelo non cadde addosso ad un servo che reggeva un vassoio di birra. La ragazza e Igor scoppiarono a ridere e tornarono a sedersi dopo quella danza sfrenata. Ivar si era allontanato con Oleg e Vadim, perciò Hildr trafugò dal piatto del marito un pezzo intatto di carne.
“Hildr.”
Kyra sembrava una statua immobile com’era, il viso bianco come una porcellana in un contrasto netto con i capelli rossi. La vichinga si pulì la bocca con la manica del vestito, incurante delle macchie di grasso, e gettò la carne nel piatto.
“Sì?”
“Andiamo sul balcone, ti devo parlare.”
Le due donne si ripararono dietro una colonna affinché occhi e orecchie indiscrete non assistessero alla loro conversazione.
“Vadim non voleva ucciderti.” Esordì subito Kyra.
Faceva freddo allo scoperto, Hildr si strinse nelle spalle e si appoggiò al muro di pietra.
“E’ tuo marito, mi sembra naturale che tu lo difenda.”
La rossa non fece una piega, quella sera appariva severa e determinata. Dal suo atteggiamento era svanita ogni traccia di infantile disgusto per tutto e quella cattiveria sarcastica, era salda e imperturbabile.
“Hai molti difetti, Hildr, ma il peggiore è che tu distingui solo tra il bianco e il nero. Devi sapere, però, che esiste anche una zona grigia dove si confina tutto ciò che non è né troppo male né troppo bene. E’ nel grigiore che sta Vadim.”
“Io distinguo tra chi vuole uccidermi e chi non vuole uccidermi. Vadim, beh, lui aveva proprio l’aria di uno che voleva ammazzarmi.”
“Sbagli. – obiettò Kyra – Lui era lì per salvarti. Ti chiedi come facesse a conoscere quel sentiero, giusto? Sono qui per darti una risposta.”
“Avanti, parla, io ti ascolto.”
Hildr ostentava una falsa sicurezza per non far crollare la sua facciata da ragazza dura, anche se in fondo aveva il timore che Kyra stesse per confessarle qualcosa che l’avrebbe sconvolta.
“La prima moglie di Oleg si chiamava Nika, bellissima e dolce, era la donna più desiderata di Kiev. Dopo il matrimonio diventò la donna più triste di Kiev, passava intere giornate a letto o in biblioteca, reclusa dal resto della corte. Qui entra in scena Boris, il fratello di Vadim. Una notte Oleg scoprì che Nika lo tradiva con Boris, lei disse che era vero amore e che voleva fuggire con lui. Oleg non poteva perdonare un tale tradimento, quindi uccise Nika. Boris, invece, fu costretto alla tortura e fu inseguito dai cani di Oleg attraverso il sentiero che tu stessa hai percorso. Vadim impiegò tre giorni per rinvenire il cadavere sbranato del fratello. Lui ha camminato quel sentiero, lo conosce meglio delle sue tasche e non sopportava l’idea che tu soffrissi come Boris.”
Kyra aveva gli occhi lucidi, le tremavano le mani e si sforzava di non far fremere anche la voce. Hildr deglutì come se potesse ingoiare quel racconto e seppellirlo nelle profondità della sua anima per dimenticarlo. Amore e morte, il binomio più antico e imperituro nella storia dell’umanità.
“Mi dispiace. Sono stata una stupida. Più tardi mi scuserò con Vadim. In questi ultimi giorni sei stata chiusa in camera a pensare come parlarmi di questa storia?”
Kyra si sporse oltre il parapetto per guardare la neve che danzava sui tetti della città.
“Sono incinta, Hildr.”
“Ah … ehm … congratulazioni!” berciò Hildr nell’imbarazzo.
“Grazie.”
“Non sei felice? Un bambino è una bella aggiunta alla famiglia.”
Kyra inarcò il sopracciglio e riservò un’occhiata glaciale alla vichinga.
“Sarei felice se potessi crescere questo bambino con l’amore della mia vita.”
Hildr allora realizzò che quella storia non era terminata, bensì vi era una parte occultata che forse non era mai stata narrata.
“Tu eri innamorata di Boris?”
“Io ero innamorata di Nika. Era la persona migliore che io avessi mai conosciuto, colta, gentile, spiritosa, romantica. Peccato che non fosse mia.”
Kyra adesso aveva perso anche la risolutezza, sembrava affaticata e malinconica, i capelli rossi che volteggiavano intorno a lei come linee di sangue fluttuante.
“Fa male vedere la persona che ami amare qualcun altro. Io lo so, comprendo la tua sofferenza.”
“Ivar è stato un vero idiota per non essersi accorto prima di quanto tu fossi speciale.”
Hildr si portò le mani sul petto in un atto di fasulla sorpresa.
“Mi hai appena fatto un complimento? Incredibile!”
Kyra sorrise per un istante prima di tornare seria, ogni ilarità smorzata dai suoi pensieri cupi.
“Tu mi ricordi Nika, entrambe testarde e buone di cuore.”
“Io sono soltanto Hildr.”
Poco dopo Kyra rimase da sola sul balcone a piangere per quell’amore mai avuto e perduto.
 
Ivar tornò al banchetto due ore dopo al seguito di Vadim e Oleg. I due cugini si riunirono con gli altri nobili per brindare mentre lui si sedeva per riposare le gambe. Hildr stava parlando con Kyra sul balcone, Igor giocava con un altro ragazzino, pertanto aveva l’occasione di godersi un momento per sé.
“Ivar Senz’Ossa, che titolo pretenzioso.” Squittì una voce femminile.
Katya sorrideva e sorseggiava dal un boccale d’oro ricoperto di gemme.
“Sempre meglio essere senza ossa che senza coraggio.”
“Osservazione intelligente. Come mai qui tutto solo?”
Ivar fece spazio alla principessa perché si accomodasse al suo fianco.
“Mi godo un po’ di vino in solitudine.”
“Non sei solo. Ci sono io. Allora, qual è il progetto per la riconquista del tuo regno?”
Katya d’improvviso cambiò espressione quando Hildr si avvicinò a loro.
“Sì, Ivar, qual è il progetto?” ripeté la vichinga in tono piccato.
Ivar voleva sprofondare, trovarsi in mezzo a sua moglie e alla donna che somigliava alla sua ex moglie era peggio di una freccia piantata nel cranio.
“Tra qualche settimana Oleg invierà piccole squadre in ricognizione sulle coste di Kattegat. Risaliranno dall’antro più nascosto del fiume. Io e Hildr andremo con loro.”
“Un po’ d’azione! Mi stavo annoiando a non massacrare nessuno.” Disse Hildr sorridendo.
La sua frase, in verità, era una lancia contro Katya, che non sorrideva più come una civettuola da qualche minuto.
“Sì. – concordò Ivar – Inoltre, Oleg mi ha mostrato dei documenti falsi secondo cui i Rus’ hanno il legittimo diritto di rivendicare le nostre terre in quanto la dinasta Rurik nei secoli passati abitava la Scandinavia.”
Hildr assaggiò il vino e lo sputacchiò nel bicchiere perché aveva un sapore troppo acido. Ivar sospirò per le maniere poco educate della ragazza, mentre Katya abbozzò un ghigno.
“Tu fai tutto quello che ti passa per la testa, Hildr?”
“Non sempre, altrimenti a quest’ora metà della tua corte sarebbe stramazzata in un lago di sangue.”
“Hildr, per favore!” La rimproverò Ivar.
Hildr fece spallucce e, imperterrita come suo solito, continuò a stuzzicare la principessa.
“Mi dispiacerebbe solo sporcare quel bel vestito da sposa di rosso, il sangue è difficile da lavare via.”
“Tu parli di bei vestiti? Non hai neanche idea di cosa sia un vestito dato che per metà sei un uomo.” replicò Katya con cattiveria.
“Hildr, smettila.” La invitò Ivar, la voce nervosa.
Al contrario, Hildr rincarò la dose esibendo un sorriso maligno.
“Principessa, augurati che il prossimo vestito che indosserai non sarà quello del tuo funerale.”
“Ivar, hai un pessimo gusto nella scelta delle donne.” Disse Katya.
“Oh, su questo sono d’accordo!” ribatté Hildr con strafottenza.
Quello screzio fu placato dall’arrivo di Igor che affondava l’indice in una deliziosa torta di frutta.
“Dovreste mangiare questa torta, è davvero squis- … è successo qualcosa?”
“No, no. – disse Katya – Io e i nostri ospiti stavano solo facendo una chiacchierata. Ora è meglio torni da mio marito.”
“Buon divertimento!” le augurò Hildr salutandola con la mano.
 
Ivar entrò in stanza con un diavolo per capello. Sbatteva talmente forte la stampella sul pavimento che a momenti sarebbe venuto giù l’intero palazzo. Hildr, dal canto suo, non capiva la ragione di quel comportamento tanto furente.
“Che ti prende, Ivar? Hai la faccia di uno che vuole dare fuoco al mondo.”
“Sta zitta! Per stasera hai già combinato abbastanza danni.”
“Come, scusa? Hai appena provato a zittirmi? Non osare farlo mai più!”
“Oppure mi lasci a morire in un lago di sangue?!”
Ora anche Hildr era in collera, la rabbia le faceva vibrare le vene nel corpo.
“Quale diamine è il tuo problema? Ti dispiace che io abbia offeso la principessina?”
“Mi dispiace che a volte tu sia così stupida!”
Ivar si accasciò contro il muro, sfinito dalle sue stesse urla e da quelle della ragazza.
“Hai ragione. Sono davvero una stupida a credere che tu non sia influenzato da Katya! Lei ti piace, vero? Ti attrae? E’ questo il problema?”
“Non essere ridicola, Hildr.”
Hildr capì al volo che Ivar stava mentendo perché lui evitava il contatto visivo, proprio come quando da bambino diceva una bugia ad Aslaug. Si lasciò cadere sul letto, annientata da un peso insormontabile sul cuore.
“Ho capito, sai. Lei ti ricorda Freydis. Sono entrambe molto belle, hanno una particolare dolcezza nello sguardo, quella purezza che attrae tutti. Io non sono così, io … io sono soltanto Hildr.”
“Anche tu sei molto bella, Hildr.”
“Ma non come Katya. Lei è una principessa, è stata cresciuta per essere la futura regnante, ha una corte intera al suo cospetto. Io sono una donna semplice, di umili origini, fuggo tutto ciò che ha a che fare con il potere.”
Ivar si sentì svuotato di ogni emozione. Era come un mare senza acqua, come un cielo senza sole né luna, come una terra priva di vita.
“L’ho uccisa. – bisbigliò – Io ho ucciso Freydis prima di portare te e Isobel via da Kattegat. E Katya … lei … beh … lei è identica a Freydis … e io …”
Hildr si alzò e barcollò, quella confessione era come precipitare nel vuoto, o forse peggio.
“Hai uccido Freydis? E me lo dici solo ora! Tu … tu mi hai mentito per tutto questo tempo! Ivar, maledizione! Io mi fidavo di te!”
“Hildr, ascoltami, ti prego …”
“No! – strillò lei – Io ho smesso di ascoltarti un attimo fa. Mi hai deluso.”
“Ti supplico …”
Hildr non si fece intenerire dalle lacrime di Ivar, erano solo l’ennesima menzogna che le propinava per farla restare.
“Complimenti, Ivar Senz’Ossa, mi hai spezzato il cuore.”
 
Johannes illuminava i propri passi mentre in silenzio percorreva il passaggio che collegava l’alloggio alla biblioteca. Udiva un pianto sommesso provenire dalla sezione dedicata ai testi dei filosofi greci, era una cantilena singhiozzante che installava in lui un senso di angoscia.
“Chi è là? Fatti vedere!” gridò il vecchio, sollevando la torcia per scorgere la figura.
Era Hildr, la vichinga. Rannicchiata contro il leggio, piangeva abbracciandosi le ginocchia al petto.
“Non sapevo dove altro andare.”
La ragazza si gettò fra le braccia di Johannes e riprese a singhiozzare. Era atroce vedere una giovane fanciulla lamentarsi a quella maniera.
“Puoi restare qui.”
“Grazie.”
“Shh, basta. Su, su, bambina mia, non piangere più.”
Hildr alternava respiri profondi ai singulti del pianto, tentava invano di bloccare le lacrime. Johannes le offrì un fazzoletto con un sorriso gentile, e in qualche modo le rammentava suo padre che la consolava dopo una brutta caduta.
“Posso avere dell’acqua?”
“Certamente! Sediamoci nell’altro vano, vieni.”
Si trasferirono nel piccolo antro destinato ai lettori, ovvero un divanetto logoro e un tavolino di legno grezzo, e Hildr bevve l’acqua in un colpo solo nella speranza di arrestare i singhiozzi.
“Altra acqua, per favore.”
Johannes si premurò di riempirle in bicchiere fino all’orlo e di prestarle un altro fazzoletto, dopodiché si sedette e prese un libro dagli scaffali sopra le loro teste.
“Che cosa è capitato da ridurti in questo stato?”
“L’arma più banale ma assassina del mondo: l’amore.” Disse Hildr, asciugandosi altre lacrime.
Non piangeva così dalla morte dei suoi genitori e poi dalla morte di Helga. Non aveva mai pianto per Ivar, non aveva mai avuto motivo perché loro erano sempre stati uniti, eppure questa volta sentiva che un pezzo della sua anima era svanita per sempre.
“Non è una tragedia, fidati. Sono stato giovane anche io e proprio come te ho molto sofferto per amore, ma ti assicuro che si sopravvive.”
Hildr desiderava che fosse Floki a consolarla con qualche storiella sugli dèi che avrebbe contenuto la morale giusta per andare avanti, invece si trovava in una terra straniera e a piagnucolare fra le braccia di un vecchio filosofo bibliotecario. Era desolante.
“Ora come ora mi sembra la cosa peggiore del mondo.”
“Il poeta Virgilio ci ha lasciato delle importanti parole di conforto nell’Eneide: tu ne cede malis sed contra audentior ito, non lasciarti opprimere dalle calamità ma va loro incontro coraggiosamente.”
Hildr fece un sorriso triste, quel vecchio signore aveva trovato le parole giuste. Aveva smesso di piangere, sebbene le lacrime seccate sulle guance erano fastidiose, e tra le mani si rigirava il fazzoletto di stoffa.
“Ivar è da sempre la mia calamità.”
“Allora affrontalo coraggiosamente.”
 
# Hildr non ce la faceva più a tirare con l’arco, era stremata dal caldo e dalla fatica.
“Dai, Hildr, datti una mossa!” disse Ivar, comodo su un tronco d’albero.
“Ha parlato in bamboccio che se ne sta all’ombra!”
Il ragazzo rise e roteò gli occhi, adorava istigare l’amica fino a farle perdere le staffe.
“Floki tornerà fra due giorni e tu per allora dovrai perfezionare la tua mira. Lavora!”
“La mia mira è perfetta.” Borbottò Hildr.
“Colpiscimi al cuore!” la prese in giro Ivar, ridendo.
La ragazza prese la sfida sul serio, tirò il braccio indietro e l’arco scoccò una freccia che volò a pochi millimetri dal braccio di Ivar tanto da strappargli la manica della camicia. Ivar sgranò gli occhi e dalle mani gli cadde la mela che stava sgranocchiando. Benché avesse diciassette anni, quando mangiava si imbrattava come un neonato.
“Che c’è, Ivar? Loki ti ha mangiato la lingua?”
“La tua mira è … strabiliante!”
“Lo so. – disse Hildr – Io colpisco dritto al bersaglio.”
“Questo mio povero cuore malandato è vostro, mia signora!”
I due amici si misero a ridere, poi Hildr saltò sul tronco e stampò un bacio sulla guancia del ragazzo.
“Ditemi, mio signore, il vostro cuore sarà mio per l’eternità?”
“Per l’eternità.” #
 
Salve a tutti!
Chiaramente ho seguito la linea centrale della serie ma ho riscritto l’ingresso di Katya per adattarlo alla mia storia. La storia che Kyra racconta a Hildr è di mia invenzione.
Hildr e Ivar non se la passano bene, chissà cos’hanno in serbo per loro gli dèi!
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.

 
  
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