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Autore: Mary P_Stark    06/04/2020    1 recensioni
Cosa succederebbe se gli dèi dell'Olimpo e gli eroi greci camminassero tra noi? Quali potrebbero essere le conseguenze, per noi e per loro? Atena, dea della Guerra, delle Arti e dell'Intelletto, incuriosita dal mondo moderno, ha deciso di vivere tra noi per conoscere le nuove genti che popolano la Terra e che, un tempo, lei governava assieme al Padre Zeus e gli Olimpici. In questa raccolta, verranno raccontate le avventure di Atena, degli dèi olimpici e degli eroi del mito greco, con i loro pregi, i loro difetti e le loro piccole stravaganze. (Naturalmente, i miti sono rivisitati e corretti)
Genere: Commedia, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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3.

 

 

 

 

Achille bussò alla porta della villa di Athena proprio mentre questa, dall’interno, veniva aperta da Apollo.

I due, sorpresi parimenti, si squadrarono per alcuni attimi prima dell’intervento di Alessandra, visibilmente incinta, che si mise in mezzo per celiare: «Sembrate due filetti di baccalà, in questo momento, lasciatevelo dire.»

Riscuotendosi a sufficienza per sorridere alla mortale, Apollo ammise: «La sorpresa è stata così grande che persino io mi sono lasciato andare a un’espressione ben poco consona per la mia bellezza. Tu, piuttosto, mia pupilla, come stai?»

Sorridendo divertita mentre Achille grugniva un brontolio incomprensibile, Alessandra si tastò il ventre arrotondato e chiosò: «Mi sento una balena spiaggiata e non riesco più a guidare la mia auto da rally ma, per il resto, va tutto bene. Athena, piuttosto?»

Tornando serio, Apollo li invitò a entrare e domandò loro: «Resiste. Voi, piuttosto, come avete saputo?»

«Memnone era in visita, l’altro ieri, e ci ha informati» dichiarò a quel punto Achille, chiudendosi la porta alle spalle.

Rammentando l’amicizia tra i due, Apollo assentì senza chiedere altro e, dopo aver accompagnato la coppia in salotto – dove si trovavano un paio di cugini di Felipe, oltre a Efesto – disse: «Vi lascio in loro compagnia. Io vado a recuperare quelle malandrine delle mie nipoti. Hanno rubato le reti da caccia della madre e, mentre giocavano nel bosco, ci sono finite sotto, così non riesco a trasmutarle a casa, né loro riescono a sfuggirne.»

Alessandra sbatté perplessa le palpebre ed esalò: «Stavo per chiederti come hanno fatto a rubarle, ma preferisco non sapere, in effetti.»

«E’ meglio… quelle due riescono a fare cose fuori dalla grazia di qualsiasi dio» le assicurò la divinità, scuotendo esasperato il capo. «Prega che il piccoletto lì dentro sia più calmo.»

Ciò detto, uscì a grandi passi, le mani nelle tasche posteriori dei jeans e l’aria di una persona che aveva bisogno di una lunga, lunghissima passeggiata per schiarirsi le idee.

Non era quindi strano che Apollo non si fosse trasmutato fino al luogo in cui si trovavano le gemelline; aveva bisogno di tempo per stare da solo, e in santa pace, e una passeggiata per il bosco era l’ideale.

Nel salutare i presenti, quindi, Alessandra e Achille chiesero lumi in merito alla situazione e, quando anche Athena e Anita fecero la loro apparizione, la coppia le salutò con calore.

«Non dovevate disturbarvi a venire, specialmente nelle tue condizioni» sospirò Athena, lanciando un’occhiata turbata ad Alessandra, che però si schernì.

«Oh, non devi pensarci! E’ come se non ci fosse! O meglio, c’è perché non riesco più ad allacciarmi le scarpe con un po’ di grazia, ma per il resto è tranquillo e scalcia pochissimo.»

«Sapete già?»

«Un maschio. Il problema è che abbiamo ancora diversi dubbi sul nome» ammiccò Alessandra, lanciando un’occhiata ad Achille, che si adombrò in viso.

«Lei ritiene che Peleo sia davvero fuori discussione» brontolò Achille, intrecciando le braccia sull’ampio torace.

Scoppiando a ridere, Athena esalò: «Lo credo bene, Achille! E’ un nome davvero desueto!»

Persino Efesto si dichiarò d’accordo e, sorridendo alla coppia, domandò: «Perché, molto semplicemente, non scegliete un nome che non provenga dalle vostre famiglie? Scelto il primo, potrete mettere un secondo e terzo nome con i nominativi dei vostri padri, ma il primo sarà quello più usato, e su quello non dovrete litigare perché sarà del tutto nuovo, per voi.»

«Tu cosa consiglieresti?» domandò allora Alessandra, rivolta al dio del fuoco.

«Beh, Alessandro, visto che la mamma del pargolo è così bella, e ha un nome così bello e importante» ironizzò Efesto, facendo scoppiare a ridere la donna.

Athena e Anita sorrisero nell’annuire e Achille, con un sospiro, lanciò un’occhiata ai cugini gemelli di Felipe – Amos e Jorge – domandando: «Voi che dite?»

«Che, con una così bella mujer, non puoi che dire di sì» chiosò Amos, e Jorge fu più che d’accordo.

Achille allora sospirò e, con una scrollata di spalle, dichiarò sconfitto: «Sapevo che sarebbe finita così. E Alessandro sia.»

Alessandra gli diede un bacetto sulla guancia, gorgogliando un ‘grazie’ prima di tornare seria e, rivolgendosi ad Athena, domandò: «Si hanno notizie?»

Lei scosse il capo e replicò: «Siamo al quinto giorno, e ancora Moros non ha riaperto i lembi del mantello. Dice che non c’è nessuno, all’altro lato, perciò non ci pensa nemmeno a far sbirciare a qualcuno.»

Scuotendo il capo, Achille borbottò: «La cosa più difficile di tutte è l’attesa. Scontrarsi sul campo di battaglia non era mai così tedioso come l’aspettare che i corni suonassero la carica.»

«Ti capisco» assentì Athena, scuotendo il capo. «Se potessi, sfonderei le porte del regno di Chaos e raggiungerei mio figlio alla testa del mio esercito, con la spada in una mano e il mio scudo di Medusa nell’altra, ma non si può fare.»

Achille annuì comprensivo, prima di domandarle con un mezzo sorriso: «Da quant’è che non imbracci un’arma, mia signora?»

Levando un sopracciglio con aria dubbiosa, lei esalò: «Beh, da quando evitai che Apollo ti accoppasse con una delle sue frecce, in effetti.»

«Allora, col dovuto rispetto, è passato troppo tempo. Vieni con me, mia signora, e tira di spada con il tuo protetto, come facemmo un tempo nelle terre dell’Ellade» la pregò Achille, levando una mano verso di lei.

Dubbiosa, Athena osservò quella mano non sapendo bene che fare ma, nel trovare il plauso di Anita nei suoi occhi scuri, acconsentì con un mezzo sorriso e disse: «Accetto il tuo invito, mio pupillo… ma avrai bisogno di un upgrade al tuo abbigliamento. Jeans e felpa non sono l’ideale.»

Ciò detto si levò in piedi, schioccò le dita e, sotto lo sguardo sorpreso di tutti, Achille tornò a indossare la sua possente armatura. Una corta spada - chiamata kopis – riapparve al suo fianco, assieme allo scudo legato al braccio, su cui spiccavano bracciali di cuoio incisi a fuoco.

Pesanti schinieri proteggevano le sue tibie, mentre calzari di pelle tornarono a fasciare i suoi piedi, già pronti a correre nella radura per allenarsi come un tempo.

Alessandra lo ammirò senza parole mentre il marito, muovendosi lentamente per riprendere confidenza con il peso di quell’attrezzatura un tempo a lui ben nota, sorrise divertito e chiosò: «Non sto neppure male, dopotutto.»

Athena annuì, replicando con ironia: «Ti sei mantenuto in forma, mio pupillo, ma non basterà a mettermi in difficoltà.»

Nell’ammiccare, uno scintillio argentato la avvolse e, in un batter di ciglio, Athena tornò a essere la dea della guerra, colei che aveva guidato guerrieri e vinto battaglie.

Achille si inchinò spontaneamente, mormorando ossequioso: «Sono qui per servirti, mia signora.»

«Onora il tuo nome, Pelide Achille, e concedimi requie da questo imperituro dolore» sospirò la dea, avviandosi fiera verso l’esterno della villa, subito seguita da Achille.

Lo sparuto gruppetto rimase in religioso silenzio finché non li vide uscire, dopodiché Anita mormorò: «Ha fatto bene a chiederle di scuotersi un po’. Stava davvero deperendo, senza novità da parte di Érebos.»

«Achille è voluto assolutamente venire anche per questo. Dopotutto, lui conosce da molto tempo la sua dea» sorrise speranzosa Alessandra, prima di domandare: «Andiamo a vedere? Non ho mai visto un combattimento di questo genere.»

«Poco ma sicuro!» assentirono i gemelli, mentre Jorge offriva il braccio ad Alessandra.

Anita li lasciò andare e, quando fu finalmente sola, intrecciò le mani per una preghiera silenziosa. Ognuno aveva i propri modi, per trovare la pace dal dolore.

***

Acaste sorrise gentilmente ad Aiolos, quando lo vide avvicinarsi a lei e Zéphyros.

Ormai da giorni si trovavano nei Campi Elisi e, per non disturbare troppo le anime ivi presenti, le varie divinità si erano ridotte a stazionare la maggior parte del tempo entro i confini del tempio delle Moire.

Miguel non aveva mai abbandonato il divino gruppo e, a turno, tutti loro avevano passato del tempo con lui. Acaste aveva così scoperto nel padre di Alekos un uomo ricco di interessi e di profonda cultura, oltre che una persona allegra e dall’indole gentile.

In lui, Acaste aveva rivisto molte caratteristiche di Alekos, ma anche peculiarità uniche soltanto a Miguel e che, sicuramente, avevano conquistato a suo tempo il cuore di Athena.

«Come sta?» mormorò Aiolos, indirizzando un’occhiata all’addormentato vento di primavera.

Acaste indirizzò un’occhiata al poco lontano Hypnos e replicò: «Si è assopito non appena ha abbassato la guardia per un attimo. A turno, Hypnos ci sta facendo dormire tutti. Da quel che ho capito, non vuole accumuli di nervosismo in uno spazio ristretto come la zona del tempio delle Moire.»

Aiolos assentì, continuando a osservare la mano di Acaste che, gentilmente, carezzava i riccioli chiari di Zéphyros. Sorridendo, poi, dichiarò: «Sei stata un’autentica manna dal cielo, per lui. Zéph è stato colui che più di tutti, tra noi, ha faticato ad accettare la prigionia e, grazie a te, gli è diventato più leggero contemplare il futuro, perennemente legato com’è all’isola di Salina.»

Acaste sorrise nel lanciare un’occhiata alla personificazione del vento dell’ovest e, annuendo, chiosò: «Lui lo è stato per me in egual modo. Per millenni mi sono rifiutata di uscire dai mari, timorosa di fare la fine delle mie sorelle, innamoratesi di mortali e poi ridotte in lacrime dalla loro scomparsa. Non volevo ridurmi a quel modo perché credevo – erroneamente – che fosse sciocco lasciare che il proprio amore cadesse nelle mani di coloro che non potevano reggerne il peso.»

Aiolos assentì pensieroso, sedendole al fianco e intrecciando le braccia sulle ginocchia ripiegate. Acaste ammiccò al suo indirizzo per un attimo prima di aggiungere: «Ero davvero superficiale, all'epoca!»

«Non avevi ancora fatto le tue esperienze. Cosa ti fece cambiare idea?»

«Alekos» ammise lei. «Mi mostrò come fosse bello vivere in mezzo ai mortali, e quanto il loro mondo potesse offrire attrattive e curiosità. Ammise con me di avere le mie stesse paure, e di non ritenersi abbastanza coraggioso dal lasciarsi andare ad amori anche effimeri con le amiche mortali… non come la madre, per intenderci, che aveva donato il suo cuore a Miguel.»

Insieme, quindi, osservarono l’anima di Miguel, nei pressi dell’entrata del tempio e in compagnia di Artemide ed Era.

«La mortalità spaventerebbe chiunque, soprattutto noi, che non ne comprendiamo appieno il peso» ammise Aiolos, battendole una mano sulla spalla.

«Parlare con Miguel è stato illuminante e, mio malgrado, ho dovuto ricredermi anche sulla nostra supposta superiorità. Su molte cose, siamo assai limitati» si irrise Acaste, sorridendo mesta. «Ora, comprendo molto di più come Athena possa averlo amato, e come lui possa averla resa felice… e questa consapevolezza mi sta aiutando a comprendere meglio che rapporto voglio avere con Zéph.»

«Spero sia una consapevolezza positiva» si arrischiò a dire Aiolos.

Acaste annuì con un risolino, asserendo: «Dare molto più peso al tempo passato assieme è un particolare a cui, in precedenza, non avrei pensato, visto che il tempo non ha importanza, per noi. Invece, mi sono resa conto che anche per noi ha un valore, e ho deciso di non dare nulla per scontato, e di vivere appieno ogni esperienza, ogni sensazione provata.»

«Mi sembra un’ottima cosa» annuì Aiolos. «La superficialità fu il mio errore e, proprio per questo, condannai a imperitura prigionia i miei amici. Se tu renderai più piacevole questa eterna condanna a uno di noi, io ne sarò felice.»

«Spero che la mia amicizia renderà felici anche voi» sottolineò per contro Acaste.

«Questo è sicuro» assentì Aiolos prima di sospirare sgomento quando, all’improvviso, una scossa tellurica sommosse financo le pareti dell’Oltretomba.

Acaste poggiò lesta le mani dietro di sé per sorreggersi mentre Zéphyros, ridestandosi di colpo, balzò a sedere frastornato ed esalò: «Ma che succede?!»

Tutte le divinità presenti levarono lo sguardo in direzione del tempio, mentre Poseidone usciva da esso con l’aria sconvolta al pari degli altri. Neppure lui – che pure era l’Enosigeo – sembrava comprendere i motivi di quella scossa.

Preoccupato, Aiolos incrociò lo sguardo del padre un attimo dopo ma, al suo dissenso, comprese la sua totale estraneità a quell’evento. Non era lui a scuotere la Terra a quel modo.

Chi, dunque, poteva tanto?

***

Athena incespicò nei propri piedi quando una scossa tellurica riverberò nel terreno, scuotendo i dintorni con la stessa energia di un’onda di piena lanciata sulla costa.

«Ma che diavolo…?» esalò Achille, allargando i piedi per mantenersi saldamente eretto.

Il tutto durò solo pochi istanti, fu superficiale quanto veloce, ma mise in allarme Athena che, turbata, inviò un messaggio allo zio, chiedendo turbata: “Ma che sta succedendo, zio?”

“Non è opera mia, Athena… e, se il terremoto è giunto fino a te, mi viene il dubbio che sia stato avvertito un po’ ovunque, a questo punto” replicò Poseidone, turbato.

La dea fece tanto d’occhi, a quelle parole, e replicò ansiosa: “Vuoi forse dirmi che…”

“Non posso dirti nulla, Athena, perché non capisco di che natura sia, quel terremoto. Le faglie non si sono mosse. E’ come se l’intero pianeta sia stato scosso dall’esterno il che, capisci bene, ha del folle.”

Athena si ritrovò addosso gli sguardi turbati dei presenti e, nell’affondare la lama della spada nel terreno, ringraziò lo zio per le informazioni ricevute e, ad alta voce, disse: «E’ stato un rimbalzo energetico di origine divina… ma non è venuto da uno di noi.»

«Esistono altri pantheon che potrebbero averlo fatto?» domandò turbata Alessandra.

Scuotendo il capo, Athena replicò: «Vi sono diversi dèi che camminano tra noi, e non tutti appartengono al mio pantheon, ma nessuno di loro ha causato questo bang planetario. Li sento nella testa, e sembrano tutti equamente confusi.»

I gemelli si guardarono vicendevolmente con espressione turbata e Achille, nel prendere accanto a sé la moglie, domandò alla sua dea: «C’è un pericolo immediato?»

«In realtà, non credo. Poseidone mi ha detto che le faglie sono in ordine, non ne hanno minimamente risentito. Mi ha detto che è come se qualcuno avesse scosso la Terra come una palla di neve» replicò Athena, liberando man mano l’icore nel suo sangue.

«Non è molto piacevole, come idea…» brontolò Achille, prima di reclinare il viso quando il bagliore della pelle della dea divenne fastidioso da osservare. «Cosa stai facendo, ora?»

«Mi sto concentrando per tentare di capire a chi apparteneva l’energia che ha scosso il pianeta» mormorò Athena, mentre Anita li raggiungeva nella vicina radura, il viso pallido e preoccupato.

La donna non si curò del bagliore della dea e, una volta raggiuntala, la afferrò a una mano – mentre Athena escludeva quel punto per non ustionarla col suo potere – ed esalò: «Tesoro! Quel tremore era…»

Lei assentì torva, tornò al suo precedente stato e, nell’abbracciare la ex suocera, asserì: «Sì. Era Alekos.»

***

Dioniso finì nuovamente a terra, quando un tremore titanico squassò tutto ciò che li circondava. Mentre lo stesso Chaos si faceva perplesso in viso di fronte a quell’esplosione improvvisa di energia, la stella si ingigantì fino a diventare grande quanto un palazzo di sei piani.

Sgomento, Dioniso fissò preoccupato Chaos che, turbato suo pari, mormorò: «Si stanno scontrando. E’ cominciata.»

«Scontrando? Chi!» esalò Dioniso.

«L’umanità di Alekos contro la sua divinità» gli spiegò Chaos, stringendo le mani a pugno per l’ansia.

«Quindi, Eris…» ansimò Dioniso, afferrando un braccio di Chaos con espressione atterrita.

«E’ viva, non temere. Ma ancora non è riuscita a farsi udire da Alekos.»

«E adesso? Che succederà?»

Chaos lo fissò spiacente e, scuotendo il capo, replicò: «Davvero non lo so.»

***

Érebos si levò come un falco dalla panca su cui era rimasto assiso fino a quel momento e, livido in viso come mai era stato in tanti millenni di esistenza, si precipitò verso Moros con il chiaro intento di violare un altro tabù.

Aveva riconosciuto perfettamente quell’onda di energia, e non faticava a credere che anche Athena avesse compreso a chi potesse appartenere.

Alekos era arrivato a un bivio della sua esistenza, e nessuno di loro era lì per aiutarlo, e questo era inaccettabile sotto tutti i punti di vista.

Afferrato perciò il figlio a una spalla, disse perentorio: «Lasciami entrare. Non è più tempo dei tentennamenti.»

Moros, però, scosse lentamente il capo, scostò con gentilezza la mano del padre e replicò: «Tu sai perfettamente che non posso farlo. Nel momento stesso in cui tu tentassi di entrare, il tuo corpo andrebbe in briciole, e ogni speranza di vita di Alekos finirebbe in quell’istante. Tu e lui non potete trovarvi nello stesso posto e allo stesso momento, ora come ora, od ogni cosa che è stata messa in moto dal gesto di Eris e Dioniso, verrà vanificata. Anche tu, come gli altri, dovrai attendere.»

Érebos lo fissò in preda all’ira più nera, ma non poté che accettare le parole del figlio e, nello stringere a pugno le mani, crollò in ginocchio ed emise un grido pieno di rabbia e di dolore.

Nyx fu subito da lui e, nell’avvolgergli le spalle, lo scosse leggermente prima di dirgli: «Vai da Athena. Stai con lei. Ora come non mai, dovete stare insieme. Vigileremo noi sull’entrata, e non abbandoneremo mai l’avamposto. Te lo giuro.»

“Fai come dice lei, Érebos. Rimarrò anch’io, qui, ma tu prenditi cura di Athena” disse una voce alle loro spalle.

Le due divinità Ctonie si volsero e, dinanzi ai loro occhi, videro la figura luminosa di Miguel che, attorniata dalle divinità presenti nell’Oltretomba, si avvicinò e aggiunse: “Tu e lei dovete stare insieme, ora. A questo fronte baderemo noi.”

Nel rialzarsi da terra, il dio Ctonio assentì brevemente e, dopo un ultimo sorriso a Nyx e un ‘grazie’ a Miguel, Érebos trasmutò per tornare a casa.

Fu solo a quel punto che Moros si concesse il lusso di lasciarsi andare a una lacrima ribelle e la madre, nell’abbracciarlo, mormorò: «Lo so, è difficile.»

«Non sopporto di vederlo star male a quel modo, ma non potevo farlo passare. Sarebbe morto! Sarebbero morti entrambi!» sospirò Moros, stringendosi con forza alla madre.

Nessuno dei presenti osò dire qualcosa. Vedere il compassato e intransigente Moros lasciarsi andare al dolore, era qualcosa di più unico che raro e dava l’idea della pericolosità di quei momenti, dell’instabilità stessa del futuro.

Per quanto vi fosse un potenziale immenso, all’interno delle mura del tempio delle Moire, non sarebbe bastato per dirimere la matassa infernale in cui, in quel momento, era invischiato Alekos.

Solo il tempo avrebbe detto loro quale risoluzione, quella specifica singolarità, sarebbe progredita nell’Universo.

N.d.A.: Alekos sembra trovarsi davvero in guai seri, e i nervi di coloro che lo stanno attendendo oltre le porte del regno di Chaos si fanno ormai flebili. La tensione è alle stelle, e i messaggi che giungono dal regno del Creatore non aiutano a rasserenarsi. Il tremore che ha scosso la Terra stessa può essere solo foriera di disastri... sarà in grado, Eris, di contrastare un simile potere?


  
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