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Autore: Vanessa1995    06/04/2020    3 recensioni
Alcuni anni dopo gli eventi di Breaking Dawn, la vita di Leah Clearwater sembra essere finalmente serena: vive in un'altra città, è felice e di nuovo innamorata.
Una notizia arriva inaspettatamente a sconvolgere la sua vita: Emily è morta, lasciando Sam da solo con due bambine.
Leah torna a casa per il funerale e, mentre vecchi sentimenti che credeva ormai soppressi riaffiorano, si chiede se non sia arrivato il momento di tornare a casa per sempre.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leah Clearweater, Nuovo personaggio, Sam Uley | Coppie: Emily/Sam, Leah/Sam
Note: OOC | Avvertimenti: Incompiuta, Triangolo | Contesto: Successivo alla saga
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L’appartamento era situato al terzo piano di un palazzo composto da cinque piani.
Era un bell’appartamento piuttosto grande: guardando dalla finestra si poteva godere di una vista niente male sulla città e il prezzo dell’affitto era buono.
Ormai era qualche anno che Leah abitava lì insieme al suo compagno e la sua vita era tornata ad essere come prima che Sam avesse l’imprinting con Emily.
Non metteva piede nella riserva da quando se ne era andata, dopo il matrimonio di Emily e Sam. Si era illusa di poter finalmente gestire la cosa, ma aveva capito che, se voleva davvero dimenticare, era indispensabile che se ne andasse.
Per la prima volta da tempo, si erano dimostrati tutti molto comprensivi con lei; Jacob, in quanto Alpha, aveva dovuto accordarle il permesso di partire, ma convincerlo non era stato un problema. Il vero problema erano state Emily e Sue: aveva faticato non poco per convincerle che era la cosa migliore.
Sam, dal canto suo, non era intervenuto.
I primi tempi che si era trasferita aveva avuto qualche problema ad ambientarsi, ovviamente le mancavano sua madre e suo fratello per non parlare poi dei membri del branco, ma con il passare del tempo aveva incominciato a provare sempre meno nostalgia. Farsi dei nuovi amici l’aveva aiutata. Alla fine si era ambientata presto in città. Lì era serena, tranquilla la Leah “cagna” aveva lasciato il posto ad una Leah gentile e simpatica con tutti. Non era più la donna che era stata fino a qualche anno fa piena di rancore che c’è l’aveva con il mondo intero.
« Amore, sto andando al lavoro. Dopo passo a fare la spesa? »chiese Richard.
La donna sollevò gli occhi dal giornale che stava leggendo era seduta al tavolo della cucina intenta a fare colazione. I mobili erano di legno con i banconi di marmo. Il tavolo era anche esso di legno che era dello stesso colore di quello dei mobili. Il frigo era sistemato tra i mobili e il muro. Sopra c’erano delle calamite. Alcune le avevano usate per attaccare al frigo dei foglietti di carta con su scritto qualcosa. In uno c’era scritto il numero del loro idraulico di fiducia. Appesa alla parete, sopra al tavolo, c’era un calendario dove scrivevano le cose da ricordare, tipo gli appuntamenti dal dentista.
« Mi pare che non abbiamo bisogno di niente, ma controllo e nel caso ti mando un messaggio »rispose.
Richard annuì e fece il giro del tavolo; le prese il viso tra le mani e le sfiorò le labbra di lei con le proprie.
Leah approfittò della vicinanza per sistemargli il nodo della cravatta e gli diede una pacca sulle spalle.
« Vendi e affitta tante case, amore »disse scherzosa.
Richard le sorrise e se ne andò. Pochi minuti dopo la donna sentì la porta dell’appartamento chiudersi. Leah riprese a leggere il giornale e prese senza guardare la tazza sul tavolo e sorseggiò il caffè in esso contenuto. Non c’era niente di interessante sul giornale quel giorno. Lanciò un occhiata al orologio che portava al polso e scoprì che era ora di andare. Si drizzò in piedi.
Uscita sul pianerottolo chiuse la porta e infilò la chiave nella serratura, la girò e sentì lo scatto che annunciava che la porta era chiusa a chiave. Si voltò e sorrise alla vista di una donna di pochi anni più grande di lei, che teneva in braccio una bambina dai riccioli chiari.
« Ciao, Janet »la salutò Leah, avvicinandosi a loro. Diede una carezza alla bambina e non poté evitare di pensare alle bambine di Emily e Sam. Pensava di rado a loro e negli ultimi anni avevano avuto pochi contatti. Sapeva che Grace, la più grande, doveva avere al incirca l’età della figlia di Janet.
« Ciao, Leah. Stai andando al lavoro? Io sto portando Rose a scuola »disse lanciando un’occhiata alla figlia e sorridendole amorevolmente
Fino a qualche anno prima Leah era depressa, fra le altre cose, perché credeva che non avrebbe potuto avere figli; eppure, una volta che aveva smesso di trasformarsi, il suo ciclo mestruale era ricominciato.
Se solo l’avesse saputo prima…
« Si, sto andando al lavoro. A presto, e tu fai la brava »si raccomandò guardando la bambina; sorrise alla madre e poi scese le scale. Faceva quelle rampe di scale più volte al giorno e, tranne quando portava borse della spesa pesanti, non prendeva l’ascensore.
Uscita dal edificio Leah si diresse nel parcheggio del condominio. Per raggiungerlo bastava fare alcuni metri a destra poi girare a destra e poco lontano trovavi il giardino del condominio con i garage. A quell’ora del mattino c’era diversa gente che passeggiava sul marciapiede, per non parlare delle macchine che sfrecciavano in per la strada. Leah raggiunse il giardino, dove aprì la porta del suo posto auto. Leah sollevò la porta del garage era di piccole dimensione al interno c’erano alcuni oggetti che non teneva nel appartamento e una bicicletta. L’auto della giovane era una Ford di colore nero l’aveva comprata poco dopo essersi trasferita lì. Si sedette al posto di guida e accese la macchina, poi le tornò alla mente il giorno in cui conobbe Richard. La sua mente tornò indietro del tempo di alcuni anni.

Inizio Flashback

 

Leah, camminava lungo il marciapiede; era in una delle tante zone della città dove si era trasferita. Al momento abitava insieme con un’amica, ma voleva trovare al più presto un posto tutto suo dove stare. Non le dispiaceva vivere con Veronica, tuttavia avere una propria casa sarebbe stata tutta un’altra storia, anche se probabilmente avrebbe potuto permettersi solo una in affitto e quindi, in teoria, non sarebbe stata sua.
L’appartamento che Leah avrebbe visto quel giorno si trovava al secondo piano di un edificio. Aveva potuto già vedere alcune foto che l’erano piaciute; Pensava che potesse essere l’appartamento adatto a lei e pure l’affitto le sembrava alla sua portata. Davanti alla porta dell’edificio vide un uomo che doveva avere una decina d’anni più di lei. Aveva i capelli neri e gli occhi color nocciola; era carino e aveva un po’ di barba. Indossava un completo elegante di colore nero, una camicia bianca e una cravatta. Aveva in mano una cartellina.
« Buongiorno, sono Leah Clearwater lei è l’uomo dell’agenzia immobiliare che deve farmi vedere l’appartamento? »chiese. Aveva l’aria di qualcuno che lavora per un’agenzia immobiliare. Non era il primo appartamento che vedeva e lui le ispirava fiducia. Le porse la mano sorridendo.
« Sì, sono Richard Mason è un piacere conoscerla »si presentò. Sorrise a sua volta e gli strinse la mano.

Fine Flashback

All’epoca aveva appena incominciato a riprendersi dalla rottura con Sam e non era pronta per una nuova relazione, o almeno così credeva. Richard aveva una decina d'anni più di lei e fin dal primo momento la colpì: era un uomo gentile, simpatico, dedito al lavoro, però non era uno stakanovista. Non si era innamorata di lui a prima vista, non era stato un colpo di fulmine, ma avrebbe mentito se avesse detto che non l’aveva colpita. Alla fine della visita all’appartamento firmò il contratto e gli disse che poteva usare il numero di telefono sul contratto per contattarla. Sorrise a ripensarci allora era da tempo che non era così sfacciata con qualcuno.

Si rese conto di essere arrivata al lavoro solo quando parcheggiò nella parte del parcheggio del supermercato destinata ai dipendenti. Spense il motore e scese dalla macchina. Aveva vissuto in quell’appartamento per un anno poi era andata a convivere con Richard in quello di lui. Adesso, con il senno del poi, si chiedeva se non fosse stato troppo presto, però a distanza di quattro anni non era pentita. La sua era una vita felice: le piaceva il suo lavoro, amava il suo compagno e lui amava lei. Stavano perfino parlando di matrimonio ed era già da due anni che provavano ad avere un figlio e sebbene non si stavano facendo alcuna pressione lei incominciava a chiedersi perché non era ancora rimasta incinta possibile che mutaforma o no era da sempre stata sterile. Scosse la testa per non pensarci. Presto o tardi si sarebbero sposati e avrebbero avuto dei figli.
Il supermercato dove Leah lavorava era grande: oltre a lei vi lavoravano molte persone e ogni volta che iniziava un turno c’era un centinaio di persone all’interno del supermercato che lavoravano.
« Ciao, Leah »la salutò un uomo; era corpulento di statura normale e stempiato. Aveva circa cinquant'anni era da quando era arrivata in città che lavorava lì e con il passare del tempo era diventato come una sorta di secondo padre per lei. Nessuno avrebbe mai potuto prendere il posto del suo vero padre, ma voleva un gran bene ad Alexander e lui le aveva ripetuto più volte che per lui era la figlia che non aveva mai avuto. Si trovavano nella stanza dove si timbravano le entrate e le uscite. La bruna timbrò il cartellino. Era in anticipo, cosa che le succedeva spesso: raramente arrivava in ritardo.
La stanza dove si timbravano i cartellini fungeva anche da sala relax e all’occorrenza come sala riunioni: era una stanza di grandi dimensioni con decine di sedie e tavoli di plastica e con delle grandi finestre dal quale entrava la luce del sole e che davano sul parcheggio dei dipendenti.
« Ciao, Alexander »lo saluto Leah: era il suo supervisore da quando aveva iniziato a lavorare lì. Avevano legato in fretta ed il fatto che lui le ricordasse suo padre nativo americano e non ne avesse lontanamente l’aspetto, aveva contribuito.
« Come va? »chiese Alex.« Bene, va tutto bene. Ora scusa, ma è meglio che mi cambi »disse dirigendosi verso lo spogliatoio delle donne: era una stanza dalla forma rettangolare con delle panchine in mezzo e piena di armadietti.
C'erano altre colleghe dentro, tutte intente a cambiarsi e ad indossare la divisa del supermercato.
Leah si avvicinò al proprio armadietto che era facilmente riconoscibile dato che c'era scritto il suo nome. Lo aprì: dentro aveva messo una foto di lei e Richard, in cui lui era dietro di lei con le braccia strette attorno alla sua vita. Sorridevano raggianti e alle loro spalle spiccava la Statua della libertà. L'avevano scattata due anni prima quando erano andati a New York: si erano divertiti un sacco e si erano ripromessi di tornarci. Fin’ora non l'avevano fatto.
« Leah, come stai e come sta Richard? »
A parlare era stata una donna di origini messicane che, come lei sia stava cambiando, pronta ad incominciare un nuovo turno di lavoro.
« Sto bene Manuela e anche Richard sta bene. Sono felice come non lo ero da tempo »a Manuela come ad altri aveva raccontato di Sam ed Emily, che erano la principale ragione che l'avevano spinta a trasferirsi lì. Naturalmente aveva omesso alcuni dettagli, come il fatto che Sam fosse un mutaforma e anche lei. A loro aveva solo detto che il suo fidanzato l'aveva lasciata per sua cugina. Aveva trovato il conforto, la compressione e l'aiuto che a casa praticamente non aveva ricevuto.
« Ti meriti tutta la felicità del mondo, sei una persona meravigliosa » commentò la donna sorridendo e Leah le sorrise a sua volta.
« Però deve restare un po’ di felicità anche per voi »rispose scherzando la giovane, riferendosi a Manuela e alla collega, seduta sulla panchina, che si stava infilando una delle scarpe.
« Si, non devi fare l’egoista »concordò con lei l’altra donna. Si chiamava Alice.
Aveva il nome di una dei Cullen, di una delle sanguisughe, però non le assomigliava per niente. Alice Cullen era minuta dai capelli scuri; invece la Alice umana aveva i capelli castano chiari lunghi fino alle spalle e dei magnifici occhi verdi apparivano tutte di buon umore quel giorno. All’improvviso Leah sentì squillare il telefono e si rese di non averlo spento: sorridendo lo prese in mano. Quando vide che era sua madre schiacciò il pulsante per rispondere e se lo portò al orecchio.
« Mamma, scusa, ma adesso non ho molto tempo, Devo iniziare il turno. Ti chiamo più tardi »disse fissando la foto di lei e Richard, il sorriso ancora sulle labbra.
« Leah… »sua madre pronunciò il suo nome con un filo di voce e capì che qualcosa non andava, stava piangendo. Il sorriso sul suo viso si spense.
« Mamma è successo qualcosa? »chiese spaventata, pensando a suo fratello Seth o a Charlie, il nuovo marito di sua madre. Le sue colleghe la fissavano serie, ma nessuna delle due osava parlare.
« Leah, Emily è morta »disse la donna singhiozzando.
Leah rimase ammutolita non riuscendo a credere alle proprie orecchie.
“Leah, Emily è morta”
Quelle parole le rimbombavano in testa e si sentiva come se si fosse isolata dal mondo. Occorse qualche minuto perché tornasse alla realtà. Disse ha sua madre che lei e Richard sarebbero partiti appena possibile per Forks. Quel giorno il suo turno di lavoro non incominciò corse subito a spiegare ad Alex quello che era accaduto e lui le permise di tornare a casa.
Una volta a casa ebbe la sensazione di avere recuperato un po' di lucidità e telefonò immediatamente a Richard: gli spiegò che sua cugina era morta. Le disse che sarebbe tornato subito a casa e non appena arrivò prepararono i bagagli e partirono per la riserva.

 

   
 
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