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Autore: Spoocky    07/04/2020    2 recensioni
[Spoiler per il finale del film]
Alcuni giorni dopo aver lasciato l'Acheron sotto il comando di Tom Pullings ed aver scoperto l'inganno dei Francesi, l'equipaggio della Surprise ritrova la nave catturata. Non tutto è andato a buon fine.
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Genere: Guerra, Hurt/Comfort, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Movieverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Tematiche delicate
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Disclaimer: il film ed i personaggi appartengono agli aventi diritto, la sottoscritta non guadagna nulla dalla scrittura di questo testo.

Buona lettura ^^


Una fitta bruma si levava dal mare, avvolgendo le paratie e le vele della nave, su fino alle crocette.
A bordo regnava il silenzio, fatta esclusione per i cigolii del legno e gli scricchiolii delle cime. Il sole si accennava appena a sorgere, come dimostrava una caligine lattiginosa a tribordo.
I marinai Burke e Lexon stavano di guardia al mascone di dritta, passandosi una pipa scrutavano nella nebbia.
Il primo prese un tiro profondo e lo rilasciò con un sospiro.

“A che pensi?” chiese l’altro, preoccupato.
“Penso a questo schifo di viaggio, ecco a cosa penso. Sarebbe che ci troviamo proprio in una situazione merdosa, dico io.” E sputò oltre la paratia.
Rimasero per qualche istante in silenzio, lo sguardo perso nella caligine salmastra.
Fu di nuovo Lexon a rompere la quiete: “E lo Sfregiato?”
“Che vuoi sapere?” Brontolò l’altro, mordicchiando il beccuccio della pipa.
“Non lo si vede da tre giorni e non so che fine ha fatto.”
Burke sputò di nuovo oltre il mascone: “Sarebbe che sei proprio una testa di legno, se mai ne ho vista una! Come diavolo fai a non sapere cos’è successo?”
“Scusa tanto ma non è che uno riesca a vedere poi molto stando giù dal segaossa con la testa mezza fasciata!”
“Quel che è vero è vero, perdio.” Trasse una profonda boccata di fumo prima di proseguire “Quando quei bastardi di mangiarane si sono rivoltati contro di noi e ci hanno presi alla sprovvista, lo Sfregiato non ha perso tempo a dare ordini contorti. Ha spedito tutti ai propri posti e si è lanciato subito nella mischia. Perdio! Dovevi vederlo! Ha combattuto come un leone, senza cedere per un momento. Ha scovato subito quel bastardo leccapalle che si era spacciato per il medico francese e gli è piombato addosso come una tigre. Aveva una forza spaventosa che ha spinto tutti noi a seguirlo senza paura: sembrava avere la vittoria in tasca!”
Burke fece un’altra pausa per tirare dalla pipa e Lexon ne approfittò per chiedere: “E com’è successo che…”
“Porco il demonio! Dammi un momento che ci arrivo, no? Al diavolo! Che stavo dicendo?”
“Che lo Sfregiato è saltato addosso al mangiarane leccapalle.”
“Ah! Giusto! A dir la verità non ho visto bene cos’è successo in quel momento ma poco dopo quella scoreggia francese aveva le spalle inchiodate all’albero di trinchetto e la spada dello Sfregiato attaccata alla gola. Al che lo Sfregiato gli ha ringhiato qualcosa nella sua lingua e ha quello ha deposto le armi. Allora si sono fatti sotto i fanti di marina che lo hanno messo ai ferri e hanno riportato tutti i mangiarane ancora vivi di sotto. Solo che poi lo Sfregiato ha fatto per rinfoderare la spada e all’improvviso è diventato bianco come un fantasma. Manco si era accorto che il mangiarane gli aveva sparato addosso! Si sarebbe spiaccicato a terra se Rogers non lo avesse preso e non se lo fosse caricato in spalla per portarlo nella cabina grande.  Sulla mia parola: un fiume di sangue! Gli scorreva dal fianco giù fino allo stivale e continuava a scivolarci dentro. E non un lamento, bada. Non un fiato! Si è anche bendato da solo perché quel leccapalle imbecille del segaossa non era in grado di farlo per lui. Me l’ha detto Rogers, che ha visto tutto.”

Lexon emise un fischio ammirato, poi qualcosa attrasse la sua attenzione: “Guarda là! Quella sagoma a tribordo!”
La nebbia si andava diradando e i marinai riconobbero la polena della Surprise: “Suonare la campana! Avvisate Hogg! Sono riusciti a trovarci, finalmente!”
“Lo Sfregiato aveva ragione.” Commentò Burke con un sorriso, per poi sputare un’ultima volta oltre la paratia prima di raggiungere il suo posto in coperta.
 


La Surprise aveva impiegato quasi una settimana a raggiungere l’Acheron. Pur priva dell’albero di mezzana, la fregata francese aveva il vantaggio del vento e una tempesta mal concepita aveva portato gli inglesi fuori rotta di diverse miglia prima che il vento girasse e consentisse loro di riguadagnare terreno.
In quei giorni il capitano Aubrey si era sforzato di essere quanto più calmo ed ottimista possibile ma con il passare dei giorni la sua preoccupazione per i membri dell’equipaggio di preda, in particolare per il neo promosso capitano Thomas Pullings, aumentò esponenzialmente. L’unico a rendersene conto fu Stephen. Anche se il capitano non si era confidato nemmeno con lui lo vedeva incupito e chiuso, decisamente più cupo del solito.
Per salvare le apparenze, o per garantire a sé stesso un margine di normalità, aveva mantenuto l’abitudine dei loro duetti serali, ma era sempre distratto e stonava molto più del solito.

Nemmeno Stephen, tuttavia, aveva compreso appieno la profondità della sua preoccupazione, che si manifestò in tutta la sua importanza una mattina a colazione, quando Mowett entrò per avvisarli che avevano finalmente avvistato l’Acheron ed erano sulla sua scia.
Senza nessun avvertimento, Jack balzò via dal tavolo e corse con il tenente sul ponte di coperta, senza nemmeno finire il caffè.
Anziché precipitarsi sul cassero, dove sapeva sarebbe stato d’intralcio, rimase a sorseggiare il suo caffè e a guardare fuori dai vetri della cabina. Nel profondo sapeva che le preoccupazioni di Jack erano le stesse che attanagliavano lui: avevano timore per il benessere dell’equipaggio di preda, soprattutto per il neo promosso capitano Thomas Pullings, al quale entrambi erano sinceramente affezionati.
Senza saperlo lo avevano mandato nella fossa dei leoni, con il capitano francese sotto mentite spoglie che avrebbe potuto rivoltarsi contro di lui in qualsiasi momento.
Jack non poteva sapere come stessero realmente le cose ma Stephen ne era stato al corrente fin da subito e da giorni si martoriava la coscienza per non averlo avvertito in tempo.
Sperava solo che non fossero arrivati troppo tardi e che le scarsissime capacità mediche di Higgins si fossero dimostrate sufficienti ad evitare il peggio in caso contrario.
Altrimenti non sarebbe mai riuscito a perdonarsi.
 


Giunto sul cassero, Jack si sorprese nello scoprire che l’Acheron avesse issato il segnale di soccorso e ordinò a Boyle di issare il segnale segreto.
Mentre attendevano la risposta, si accorse che la fregata catturata aveva terzarolato per permettere loro di accostarsi ed incrociò lo sguardo preoccupato di Mowett. Il tenente era pallido e tirato, nonostante non aprisse bocca Aubrey gli lesse in viso tutta l’ansia per la sorte dell’equipaggio e del suo amico più caro. Gli diede una discreta pacca su una spalla per confortarlo.

“Signore! Rispondono al segnale!” squittì la voce stridula di Blackney, e Jack puntò di nuovo il cannocchiale: la risposta era corretta.
Prima che potessero tirare un sospiro di sollievo,  il capitano puntò il cannocchiale sul cassero della preda, dove qualcuno si stava sbracciando per attirare la sua attenzione. Mise a fuoco la figura nella speranza che fosse il suo secondo ma gli sprofondò il cuore nel petto quando si accorse che era il signor Hogg, che Pullings aveva preso a bordo come ufficiale nocchiero e secondo in comando.

Quando furono a portata di voce non lasciò spazio ai convenevoli: “Che diamine è successo?” gridò, con più forza di quanta avesse intenzione di usarne.
Il suo tono era talmente duro che il baleniere fece un passo indietro: “Una disgrazia, signore. Nessuno lo sapeva. Quello che credevamo fosse il dottor De Vigny era in realtà il capitano Palmière. Erano passati appena due giorni dalla nostra partenza che i prigionieri si sono ammutinati. Il capitano Pullings ha lottato con immenso coraggio e grazie a lui li abbiamo respinti ma è rimasto ferito insieme a molti dei nostri e devo avere l’ardire di chiedervi se potete mandare il dottore a visitarli in infermeria.”
Aubrey annuì: “Passaparola per il dottore! Signor Blackney, allestire una passerella. Signor Mowett, a voi il comando.”
“Sissignore.”
“Sissignore.”

Non appena la passerella fu pronta Jack l’attraversò a passo di carica, balzando sul ponte dell’Acheron con un cipiglio che intimorì i marinai più della battaglia vera e propria.
La sua agitazione era palpabile mentre faceva scorrere lo sguardo sul ponte di coperta, cercando tracce di sangue sulle travi, che non trovò. Vide invece diversi segni di lame e proiettili sul legno, molti più di quanti ne ricordasse.
Approfittò di quella breve ispezione per riguadagnare la propria compostezza. La sua espressione era indecifrabile e la voce ferma quando si rivolse di nuovo al nocchiero: “Dov’è il capitano Pullings?”
“Nella sua cabina, signore. Se volete seguirmi vi porto da lui.”
 


"Devo avvertirvi, capitano: è molto debole e molto, molto sofferente." Hogg si fece da parte e gli permise di entrare nella cabina.
Jack si scoprì rispettosamente il capo entrando nella stanza del malato e depose la feluca sullo spoglio tavolo da pranzo. La branda era nascosta da una tenda in tela da vele e la scostò senza fare rumore. Quello che vide gli strinse il cuore: non poteva credere che quello fosse lo stesso Tom Pullings che aveva congedato meno di una settimana prima.

Il suo viso era smunto ed emaciato, la pelle secca contratta per la sofferenza. Aveva un alone bluastro intorno alle palpebre serrate e le labbra, screpolate e rotte in più punti, erano ritratte in una smorfia di dolore che lasciava intravedere il bianco dei denti stretti. Il magro torace sussultava in movimenti erratici che sfociavano in brevi ansiti stentati. Giaceva immobile, le mani strette sulle coperte all'altezza del ventre, il capo abbandonato sul cuscino.
Dal suo giaciglio provenivano  gli odori acri del sudore e della sofferenza, uniti ad un altro vago effluvio a lui sconosciuto ma la cui somiglianza con il puzzo della carne andata a male gli lacerò il cuore nel petto.
Un marinaio gli stava passando uno straccio sulla fronte, asciugando le piccole perle di sudore freddo che vi si andavano formando. Quando lo vide entrare ripose la pezzuola in una bacinella, lo salutò ed uscì rispettosamente.
Aubrey ricambiò il saluto con un cenno del capo e si accostò al capezzale dell’ infermo.

Si chinò su di lui ma questi non diede segno di aver notato la sua presenza, eccetto trasalire perché scosso da una fitta che gli mozzò il respiro. Sopraffatto dalla compassione, Jack aggiustò la coperta sul suo petto nudo. Nel farlo gli cadde lo sguardo sulle mani del giovane e vide che erano ancora segnate sulle nocche dalle profonde ferite subite nella battaglia contro i Francesi.
Senza fermarsi a riflettere su quello che stava facendo le coprì per un istante con le proprie e le strinse leggermente: "Tom." chiamò, la voce poco più di un sussurro "Tom, riuscite a sentirmi?"
Non ebbe risposta se non un altro sussulto che fece scoprire i denti al ferito e un gemito strozzato. Dovette stringere le palpebre per reprimere le lacrime ma si sforzò di lasciare le mani tremanti del suo secondo.
Una ciocca di capelli era scivolata sul volto sofferente di Pullings e la scostò con un gesto delicato. Ne approfittò per posargli le nocche su una tempia, ma dovette ritrarle subito: era rovente.

Prima che potesse fare altro, venne interrotto da una raffica di improperi in Irlandese e si ritrasse dalla branda.
Alle imprecazioni si sostituì presto il viso di Stephen, che stava ingiuriando qualcuno alle proprie spalle: "Gesù, Giuseppe e Maria! Cosa vorrebbe dire che non gli avete dato del laudano? Certo che ha dato di stomaco: gli avete dato una dose eccessiva. Dio mio! Avete idea del dolore che si prova con una ferita del genere?"
Per esperienza, Jack fece un passo indietro e lo lasciò avvicinare al ferito.
Stephen gli rivolse un cenno distratto ed inforcò gli occhiali, aggrottando subito la fronte e sussurrando per non farsi sentire dal ferito: "E' anche peggio di quanto pensassi."
Il cipiglio di Jack, già cupo, si rabbuiò ulteriormente: "Mi addolora sentirtelo dire, fratello. Ne sei proprio certo?"
"Il colorito è pessimo." Confermò Stephen, e stese una mano sottile sulla fronte madida del suo paziente, strappandogli un gemito. "E la febbre è molto alta… ma il respiro è regolare ed anche il polso." aggiunse avvolgendo le dita intorno ad una mano pallida e contratta "Forse si può ancora fare qualcosa.”

Higgins provò a balbettare qualcosa ma Stephen lo fulminò con lo sguardo non appena socchiuse le labbra: “Non voglio sentire una sola sillaba da voi, infame ciarlatano! Non dopo aver visto le condizioni pietose dei vostri pazienti. Andatemi a chiamare l’uomo che si è occupato di lui in questi giorni, piuttosto: ha fatto un lavoro di gran lunga migliore del vostro.”
L’assistente se ne andò a capo chino ma Maturin non gli tolse gli occhi di dosso fino a che non si chiuse la porta alle spalle.
Solo allora tornò a dedicarsi al suo paziente.

Da come Tom stava disteso, piegato sul fianco destro e con le mani strette al ventre, capì che doveva essere ferito all’addome e che qualunque manipolazione di quella zona gli avrebbe causato un dolore intenso. Del resto, veniva egli stesso da un calvario simile e sapeva esattamente come ci si sentisse.
“Diamo un’occhiata a questa ferita.” Mormorò.
Jack, che in quelle situazioni si sentiva a disagio e fuori luogo, fece per allontanarsi ma Stephen lo intercettò: “Padeen è rimasto di sotto a cambiare le medicazioni. Mi aiuteresti a tenerlo fermo?”
Aubrey ebbe un momento di esitazione ma, dopo una rapida occhiata al volto sofferente del giovane, si riebbe ed annuì: “Che cosa devo fare?”
“Mettiti qui, di fianco a me. Tienigli le braccia e premilo contro la branda se dovesse agitarsi. Cerca di non fargli male ma non esitare a mettere forza se dovesse essere necessario.”

Stephen sollevò con delicatezza le coperte e le rimboccò sui fianchi del ferito, mettendo a nudo le bende che gli avvolgevano il torace appena sotto al diaframma. La medicazione aveva una macchia aranciata in corrispondenza del fianco destro e l’odore nauseante che Jack aveva avvertito all’inizio si fece più forte.
Maturin soffocò a stento un’imprecazione: “Il proiettile è ancora dentro.” Sibilò a denti stretti, cercando di trattenere la rabbia.
“Come fai ad esserne così sicuro?”
“L’aspetto e l’odore sono quelli di una ferita in suppurazione: per questo sta così male. Preparati a tenerlo.”
Con grande sorpresa di Jack, Tom non mosse un muscolo mentre il medico palpava la medicazione all’altezza della ferita, nemmeno quando l’essudato macchiò ulteriormente la fasciatura. Invece sussultò e gemette quando tastò l’addome scoperto e l’altro fianco.
Lo spasmo fu così intenso che Aubrey dovette pesarglisi addosso per tenerlo sul lettuccio, ma Stephen attese che si calmasse prima di sciogliere le bende: “Piano, ora. Tranquillo.” Mormorò al suo paziente e il capitano lo vide esercitare una particolare delicatezza nelle sue manovre.

L’odore peggiorò ancora e la ferita si presentò in tutta la sua gravità quando anche l’ultima garza venne scollata. Era stata suturata grossolanamente e i labbri avevano assunto un colore malsano, a metà tra il grigio ed il violaceo, che proseguiva in una zona gonfia ed arrossata per poi scemare in lividi che si diramavano sul costato e nel pallore del ventre piatto, teso per il dolore.
Borbottando tra sé in Latino, Stephen tastò i labbri lividi della lacerazione. Di nuovo provocò uno spurgo di essudato ma nessuna reazione evidente.
Man mano che le sue dita si allontanavano dal foro del proiettile il dolore sembrava peggiorare e giunse al parossismo quando tentò di palpare il fegato. Il giovane emise un gemito strozzato, un suono inarticolato e gutturale, e sobbalzò nel vano tentativo di rannicchiarsi per proteggere il fianco ferito.
Non ne aveva le forze e l’ostacolo posto dalle mani di Jack fu sufficiente a tenerlo fermo.
Stephen si preoccupò di riaccomodarlo sui cuscini e di coprirlo di nuovo, con un’attenzione che sfiorava la tenerezza: “Basta così, per ora. Lasciamogli riprendere fiato.”

Bussarono alla porta ed entrarono in fila Higgins, Padeen con la valigia degli strumenti, e il possente marinaio che Jack aveva trovato al capezzale di Pullings.
I primi due vennero spediti da Stephen a disporre il tavolo operatorio al centro della stanza e al terzo venne chiesto di presentarsi.
L’uomo salutò: “Il mio nome è Rogers, signore. Stan Rogers. Ero imbarcato sull’Albatros come fiociniere, ma sarebbe che prima sono stato anche assistente del chirurgo e quando il capitano è rimasto ferito mi ha chiesto di aiutarlo. Cioè, non è che voglio parlar male di nessuno, io.”
“Parlate pure, marinaio.”
“Ecco, signore, sarebbe che ho accompagnato io il capitano nella cabina quando si è ferito ma il signor Higgins non riusciva ad estrarre il proiettile, così lo ha ricucito. Ma non riusciva a bendarlo e allora il capitano lo ha mandato via e si è medicato da solo, poi mi ha ordinato di restare con lui ed assisterlo. E io ho accettato perché non è che servissi a granché altrimenti.”
“Scusate se v’interrompo, signor Rogers. Vorreste spiegarmi come si è evoluto il decorso nei giorni successivi?”
“Come dite, dottore? Ah. Certo. Cioè: all’inizio non sembrava tanto male. Si vedeva che soffriva ma fino a quella sera ha continuato a dare ordini lo stesso, steso sul tavolo con la testa su un asciugamano. Ha mangiato un po’ di minestra e quando è crollato l’ho messo a letto. La mattina dopo aveva la febbre, ma ha voluto comunque accertarsi che fosse tutto in ordine. Ha bevuto dell’acqua e mangiato del porridge. Gli ho cambiato le bende ma si vedeva che la ferita non era a posto e non riusciva neanche a sedersi da solo. Higgins gli ha dato del laudano ma si vede che era troppo perché ha vomitato subito e da allora non gliene ha più portato. Il giorno dopo non alzava neanche la testa e ha solo bevuto dell’acqua. Ieri ha bevuto qualcosa e ha detto qualche parola ma tra il dolore e la febbre non è che riuscisse a fare poi molto. Oggi non ha ancora aperto gli occhi, che io sappia. Ho detto bene?”
“Avete detto bene, sì. Molte grazie, anche a nome del capitano Pullings.”
“Avete fatto un buon lavoro, marinaio. Ne terrò conto.”
Allora il canadese si concesse un breve sorriso: “Sissignore. Grazie, signore.”
“Dottore… scusate. Dottore, siamo pronti per cominciare.”
“Stephen, allora penso sia il caso che...”
“Resta pure, fratello, se vuoi. Come ti ho detto qualche giorno fa: un paio di mani ferme in più non guasterebbero.”
Jack sorrise e annuì prima di sfilarsi il cinturone della sciabola, la giacca e rimboccarsi le maniche: “Lasciami giusto controllare che sia tutto a posto sul ponte.”
 


Quando Jack rientrò nella cabina Rogers e Padeen avevano adagiato Tom sul tavolo ricoperto di tela da vela e lo stavano avvolgendo con delle coperte, secondo le indicazioni di Stephen.
Il giovane era del tutto inerte e sembrava non rendersi conto delle cure che gli stavano riservando. Era immobile eccetto che per i movimenti erratici del torace e i brividi che lo scuotevano.

Stephen fece cenno al capitano di avvicinarsi: “Vieni, fratello. Mettiti qui a capotavola. Bisogna tenergli su la testa: appoggiatela sulla spalla, così, e con il palmo reggigli la fronte. Adesso con l’altra mano prendi la sua e fagli piegare il gomito in questo modo: ho bisogno che quel braccio rimanga fuori dal campo operatorio, e stringerti la mano potrebbe aiutarlo a sopportare il dolore.  Padeen, tu pesati sulle gambe e fai in modo che non scalci. Rogers, voi tenetegli l’altro braccio e i fianchi: attento a non fargli male e fate attenzione che respiri. Higgins voi preparatevi a tamponare la ferita. Bene, signori, cominciamo. ”

Jack dovette distogliere lo sguardo mentre il bisturi scivolava sulla carne infetta, separandone i lembi con una precisione spietata: non si sarebbe mai abituato a quel dolore inflitto con consapevole freddezza, a quella violenza controllata, così diversa da quella repentina del campo di battaglia.
Nella stanza si diffuse l’odore acre della putrefazione ed Aubrey non poté trattenere una smorfia di disgusto, ma Pullings restava immobile tra le sue braccia respirando appena e la sua mano pallida era inerte nella sua.
Maturin esercitò una leggera pressione sui labbri gonfi della ferita per drenare il pus che vi si era accumulato dentro prima di cominciare ad estrarre meticolosamente brandelli di tessuto necrotico mentre Higgins tamponava l’emorragia.
Più andava in profondità, tuttavia, più aumentava la sofferenza del suo paziente, che aveva iniziato a tremare e sudare copiosamente, stringendo i denti sul morsetto di cuoio per impedirsi di gridare mentre la sua mano la sua mano si contraeva su quella di Aubrey.
Ad un certo punto il colorito era tanto peggiorato che Stephen dovette fermarsi e sfilargli per un momento il morsetto di bocca, mentre Padeen gli sollevava le gambe e le frizionava vigorosamente.
Il giovane si calmò solo quando Jack cominciò a parlargli nell’orecchio, raccontandogli della battaglia di Abukir per distrarlo.

Dopo un’ora di lavoro certosino, riuscirono ad avere il quadro completo della ferita: “Il proiettile ha danneggiato la costola e lesionato il fegato, che però si sta già rimarginando, i principali vasi sanguigni sono intatti.” Mormorò Stephen “Adesso arriva la parte difficile. Signor Higgins, sollevate quella costola prego.”
Per Tom fu un dolore insostenibile: inarcò la schiena e dalle sue mascelle serrate proruppe un grido gutturale mentre la sua mano si contraeva spasmodicamente su quella di Jack. Il suo viso sbiancò del tutto e le guance si bagnarono di lacrime di dolore.
Aubrey cercò di consolarlo come poteva, ma più l’intervento proseguiva, più il dolore peggiorava.
Finalmente Stephen riuscì a scovare la pallottola deformata nei pressi della cistifellea e la estrasse con uno scatto secco del polso. Pullings venne scosso da uno spasmo e si accasciò tremante contro il petto di Jack, che gli sfiorò appena i capelli per tranquillizzarlo.
Accertatosi di non aver lasciato frammenti di osso o tessuto nella ferita, Stephen imbevve delle garze di aceto e spirito di vino, usandole poi per tamponare e pulire l’interno della lacerazione.
Solo allora ne richiuse i labbri e li sigillò con le suture.
Una volta finito fece cenno agli assistenti di allontanarsi e Aubrey poté riadagiare il giovane sul tavolo, dopo aver sfilato il morsetto dalle sue labbra esangui.

Maturin si era lavato le mani e si stava preparando a rinnovare la medicazione quando Pullings sollevò una mano e gli sfiorò debolmente un polso. La prese nella sua e si sorprese nel notare che gli occhi del giovane erano socchiusi.
Si chinò su di lui e lo sentì pronunciare un “Grazie.” appena udibile, mentre il suo viso stremato si distendeva in un lieve sorriso.
 
  
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