Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: bridgetvonblanche    07/04/2020    4 recensioni
[bts crime/noir au]
«Volevo davvero riuscire ad odiarti per aver pensato a cosa fosse meglio per me quando eri tu il meglio per me»
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Taehyung/ V, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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BLACK INK.

 
A Valentina, il mio "regalo a distanza"
per il suo compleanno.

[1]
 

Spense quei fari accecanti non appena riuscì a trovare un posto dove poter parcheggiare in tutta comodità la propria auto, ma si ritrovò ad esitare ancora per qualche istante prima di estrarre definitivamente le chiavi dal cruscotto. Dopotutto, quella canzone le piaceva molto.

Cercò subito di correggere i suoi stessi pensieri, scuotendo leggermente il capo per eliminare certi dolci e ormai lontani ricordi che si erano materializzati come per magia davanti al suo volto stanco e provato. Riuscì a trovare un pò di conforto solo stringendosi nel suo cappotto, quella sera dello stesso colore di quel cielo scuro che, fin dalle prime luci dell'alba, non aveva fatto altro che riversare incessanti gocce di pioggia sulle strade di quella grande metropoli. Appoggiò momentaneamente il proprio gomito in prossimità del finestrino, leggermente appannato a causa dei suoi stessi, profondi respiri, lasciando che quella dolce melodia si affievolisse sempre di più per lasciare poi spazio alla calda ed avvolgente voce di uno speaker che, dopo essersi limitato ad accennare le previsioni meteo previste per le giornate successive, aveva preferito lanciare subito un nuovo pezzo, dal ritmo decisamente differente rispetto a quello che lo aveva preceduto.

E come se fosse stata risvegliata all'improvviso da una nuova ed estranea melodia, Kim Jieun si riscosse, trovando finalmente la forza di raccogliere dal sedile vuoto accanto al suo una borsa di pelle nera e poi uscire in tutta fretta dalla macchina, limitandosi a chiuderla alle proprie spalle con un veloce click del telecomando. Non si preoccupò nemmeno di portare con sé un ombrello la giovane Jieun. In fondo sapeva benissimo dove le sue gambe la stavano conducendo e, in cuor suo, sperava che al suo rientro l'ombrello non le sarebbe servito.

Si avviò quindi verso una ripida rampa di scale che iniziò a percorrere in discesa, seguendo un insolito e a dir poco intricato percorso di luci a neon lungo quello stretto corridoio. Il crepitio dei suoi stivaletti con il tacco riecheggiò appena lungo il suo breve tragitto, coperto dal rumore della pioggia scrosciante. Fu così che Kim Jieun si ritrovò davanti all'ingresso di quello studio ancora prima di aver preso l'ennesimo, profondo respiro di quella che, almeno per lei, doveva essere stata proprio una lunghissima giornata di lavoro.

Il Black Ink era sempre esistito. Da che ne avesse memoria era sempre stato lì, in quel sottoscala mal considerato dal mondo intero. In giro molte erano le storie che circolavano su quel posto: si diceva che quella pallida insegna a neon verdastra un tempo indicasse l'entrata di un negozio di dischi prevenienti dall'America e dall'Europa. I più anziani lo chiamavano ancora "la bocca dell'inferno" forse perchè, ai tempi della guerra, quel sottoscala era stato trasformato in un rifugio illegale, poi smantellato a semplice boutique di oggetti vintage per diventare infine uno studio professionale di tatuaggi.

Si prese ancora qualche istante per cercare di sistemare quella frangia leggera che, nonostante l'acquazzone, ancora le copriva parte della fronte prima di appoggiare la sua mano sulla maniglia della porta e far scattare la serratura, beandosi poi dell'immediato tepore che la avvolse non appena quella si chiuse alle sue spalle.

Si guardò intorno per nulla spaesata: il Black Ink era rimasto esattamente come lo aveva lasciato l'ultima volta che vi era stata, qualche anno prima. Dalle luci soffuse che illuminavano la piccola hall al morbido divano in pelle - rigorosamente nero - che serviva per mettere a proprio agio la clientela fino alla piccola mensola sulla quale, Jieun ricordava bene, il giovane proprietario dello studio aveva vietato riporre qualsiasi tipo di rivista che non riguardasse automobili di lusso o che non parlasse di architettura e design contemporaneo.

Persino l'odore di fumo che permeava ogni mattonella ed ogni parete era rimasto lo stesso di sempre, segno indelebile che - nonostante le direttive della legge - il gestore di questo locale e la sua clientela non avevano nulla in contrario all'utilizzo delle sigarette, elettroniche o meno.

— Stiamo chiudendo signorina, non abbiamo posto per nuovi clienti questa ser- Jieun! —

— Yoongi, — chinò leggermente il capo in segno di saluto nella direzione del suo interlocutore, avvicinandosi a passo lento verso il bancone e appoggiando poi entrambi i gomiti su quella superficie liscissima.

Jieun rimase immobile di fronte a lui, osservandolo quasi come incantata dalla lentezza dei suoi gesti sfilare dalla tasca e poi accendersi una sigaretta senza proferire parola, lasciando che il loro prolungato silenzio venisse interrotto solamente dal sottile rumore delle scartoffie delle giornata raccolte dalle smilze mani di Yoongi.

— Multe e bollette da pagare, che vita del cazzo non trovi? —

Se non lo avesse conosciuto così bene, quella che voleva essere solo una domanda retorica avrebbe dato adito a chiunque di aprire una discussione infinita sul mondo del lavoro di quei tempi e sulle ingiustizie della vita. Ma Jieun sapeva perfettamente che Yoongi non voleva né essere compreso né contraddetto e, proprio per questo motivo, si limitò ad abbozzare un timido e comprensivo sorriso che, era certa, ad un uomo come Min Yoongi non sarebbe di certo sfuggito.

— Allora, — fu poi proprio lui a decidere di rompere nuovamente quella tacita pausa tra loro, spostandosi una ciocca di capelli argentati dietro l'orecchio prima di dare un altro lungo e profondo tiro di sigaretta, — Cosa è venuta a fare una ragazza come te, tutta sola e a quest'ora in uno scantinato come il nostro? — si limitò a chiedere, prima di espellere una nuova nuvola grigia sopra la sua testa, per evitare che la coltre di fumo si interponesse tra il suo volto e quello della ragazza di fronte a lui.

— Devo parlare con Jungkook, — si limitò a rispondere Jieun, cercando di mantenere il contatto con lo sguardo sempre così distaccato dal mondo di Yoongi.

Era parecchio tempo che non pronunciava quel nome, non ad alta voce almeno. Perciò si ritrovò a scandire quelle sillabe più lentamente di quanto avesse voluto, cercando comunque di non perdere di vista il vero ed unico motivo della sua inderogabile visita.

— Coraggioso da parte tua, — si limitò a commentare lui, non perdendo l'occasione per fare un altro paio di tiri.

Si era preparata tutto un discorso pieno di belle frasi e di sorrisi sperando di trovare Jimin di turno allo studio quella sera, ma sapeva benissimo che nessuna di quelle parole avrebbe avuto l'effetto sperato con un tipo come Yoongi. Si era quindi ritrovata a dover cambiare strategia nel momento stesso in cui aveva messo piede al Black Ink: dopotutto conosceva fin troppo bene la predilezione per la schiettezza del ragazzo che aveva davanti.

— Beh, in questo caso, —

Fu lui il primo a rimettersi in piedi, voltandole le spalle ed invitandola così a seguirlo lungo il corridoio che, dall'accogliente sala d'attesa, conduceva direttamente ai veri e propri studi provvisti di tutta la strumentazione necessaria per la realizzazione dei tatuaggi in perfetto stile Black Ink. Jieun ne contò tre, ma Yoongi non si fermò davanti a nessuna di quelle porte, aprendone invece una quarta proprio in fondo a quel corridoio.

La ragazza non rimase affatto stupita quando si ritrovò ad osservare quasi divertita il suo accompagnatore entrare per primo all'interno di quel locale senza mostrare alcun tipo di galanteria nei suoi confronti. E non si sorprese nemmeno quando, una volta dopo aver messo piede in quella stanza ed aver permesso a Yoongi di accedere l'unica fonte di luce posta su un'ampia scrivania in legno, Jieun vide che ogni oggetto all'interno di quel piccolo studio era stato riposto sopra ogni ripiano, ogni mensola e ogni superficie disponibile con una accuratezza quasi certosina.

— Io sto andando a casa e lui sta finendo di tatuare la sua ultima cliente della giornata, — asserì senza particolare enfasi, spegnendo ciò che era rimasto della sua sigaretta contro la superficie di quello che doveva essere un costosissimo posacenere di cristallo, — Ma se non hai particolare fretta questo è il suo studio, puoi aspettarlo qui, — disse poi, allargando le braccia e cogliendo così l'occasione per avvicinarsi nuovamente alla porta dalla quale era entrato solo qualche minuto prima.

Si scambiarono un'ultima rapida occhiata, prima che Yoongi recuperasse dalla tasca del suo gubbino di pelle il suo sacrosanto portasigarette in metallo da cui estrasse chissà quale ennesimo cilindro di nicotina, portandoselo alle labbra.

— Vorrei offrirti qualcosa da bere per ingannare il tempo, ma in frigo abbiamo solo della birra piuttosto scadente e il whisky di qualità quello stronzo di Jimin lo tiene sempre sotto chiave perciò, —

— Fate un sacco di soldi qui dentro vedo, —

— Che posso dire, siamo tatuatori talentuosi, —

Stavolta fu lui ad inchinarsi, regalandole un sorriso schietto a conferma della sua tesi ed un breve cenno di saluto prima di accendere la sua fidata sigaretta e chiudere così la porta dell'ufficio alle sue spalle, lasciandola quindi sola a gestire una serie di emozioni contrastanti.

Era cresciuta con l'odore di fumo di quelle stanze leggendo libri e aiutando la signora Jeon con il suo negozio di abiti e oggetti vintage. Aveva perso il conto di quante erano state le volte in cui si era ritrovata a correre a perdifiato lungo quei corridoi per non farsi trovare durante una tante partite a nascondino, quando lei e suo fratello Namjoon spendevano interi pomeriggi a divertirsi insieme ai loro nuovi ed interessanti vicini di casa, che ben presto sarebbero diventati i loro miglior amici.

Poi, come succede nel corso della vita di ogni essere umano, anche i ragazzi della famiglia Kim e quelli della famiglia Jeon erano cresciuti e, crescendo, ognuno di loro aveva maturato i propri gusti e le proprie passioni. Namjoon aveva giurato che sarebbe diventato a tutti i costi un bravo poliziotto come lo era stato loro padre prima di lui; mentre Jungkook - nato e cresciuto in una famiglia di creativi - anche se all'epoca non aveva la benché minima idea di ciò che avrebbe voluto fare o essere da grande -, era certo di voler intraprendere un percorso di studi che lo avrebbe portato ad essere una specie di artista di qualche genere, esattamente come il fratello Junghyun. Sorrise Jieun non potendo fare altrimenti, mentre le sue dita si ritrovarono a scorrere impazienti su ogni foglio o quadro presente all'intero di quel piccolo studio. Sulle pareti prive di qualsiasi tipo di decorazione erano infatti appesi infiniti schizzi di tatuaggi di ogni forma e dimensione: dai disegni più articolati a quelli in stile "minimal" passando attraverso forme più o meno colorate, adatte per essere impresse indelebilmente sulla pelle di chiunque li avesse richiesti. Dalla parte interna dell'avambraccio piuttosto che sui polsi, sulle caviglie, sulla schiena, arrivando persino alle parti più intime e nascoste non c'era una zona del corpo che i ragazzi del Black Ink non sapessero tatuare.

Non riusciva a ricordare esattamente ciò che fosse successo tra il suo coraggioso fratellone e il suo amico Jungkook per farli allontanare così, rendendoli l'uno un mero estraneo per l'altro. O forse, la sua mente lo ricordava ancora così bene che solo il pensiero la costrinse ad accasciarsi su una delle due poltrone della stanza ed allentare la sciarpa che ancora le stringeva il collo come in una morsa soffocante. In quel momento le fu difficile capire quanto tempo fosse trascorso da quando era entrata in quell'ufficio a quando la porta che le sembrò che Yoongi avesse appena chiuso dietro di se si spalancò nuovamente davanti al suo sguardo leggermente spaesato, costringendo i suoi occhi a posarsi sulla figura che vide apparire quasi come per magia in controluce sul quel ciglio.

— Non credevo saresti riuscita ad aspettare tanto, una volta non lo avresti fatto, —

Quel profumo. Era da tempo che non lo sentiva più inebriarle i sensi in quel modo. Si era fatta distrarre da tutti i disegni e oggetti presenti all'interno della stanza, ma la realtà era che quell'essenza non l'aveva mai lasciata. Il suo profumo era sempre stato lì, in ogni angolo di quell'ufficio, a circondare ogni cosa. Persino le pareti sembravano esserne impregnate, quasi sature.

— Molte sono le cose che non rifarei come una volta Jeon, —

Lo vide avvicinarsi alla scrivania e poi appoggiare le proprie cosce contro il bancone. Solo allora Jieun potè effettivamente appurare quanto i suoi ricordi di quel ragazzo dai capelli color della pece e dal sorriso sempre così aperto fossero statti labili, offuscati e incredibilmente differenti da come la sua mente cercava disperatamente di farglieli rievocare.

Jieun non aggiunse altro, ma il suo sguardo in quel momento avrebbe potuto dare voce a più di mille parole. I suoi occhi vigili e attenti passarono in rassegna tutto ciò che la pallida luce della applique sulla scrivania permise di mettere a fuoco: dall'espressione imperturbabile presente sul suo volto fino ai muscoli definiti delle spalle, passando poi in rassegna ogni centimetro di pelle del braccio destro che un pesante inchiostro nero aveva ricoperto con scritte e disegni al momento indecifrabili persino per una persona dotata di una vista particolarmente acuta come la sua.

Rinsavì dai suoi pensieri ancora estremamente confusi solo quando, seguendo ogni suo più piccolo ed impercettibile movimento con la sguardo, Jieun lo osservò incrociare entrambe le braccia al petto. Solo allora i loro sguardi si incrociarono per la prima vola dopo tanto, forse troppo tempo.

— A cosa il Black Ink deve la tua presenza? Mi sembrava di ricordare che Namjoon ti avesse vietato di presentarti ancora qui, — chiese solo allora Jungkook, senza sentirsi troppo in colpa per la frecciatina che prese forma dalle sue labbra.

— Non tirare in mezzo mio fratello, lui e i suoi ordini fanno parte di quelle cose che non rifarei come una volta, —

— E allora per quale stracazzo di motivo sei qui? — riformulò quindi la domanda, questa volta cercando di essere il più diretto e provocatorio possibile.

La parte di Jieun che faceva affidamento al buonsenso le stava urlando già da qualche minuto di raccogliere le sue cose e andarsene senza preoccuparsi di ciò che lui avrebbe potuto pensare di lei. Ma poi c'era l'istinto, quella parte di lei che, anche in quella occasione - quando avrebbe potuto scegliere di tornare a casa e ordinare una bella pizza - quella stessa sera l'aveva invece convinta senza nemmeno troppi sforzi a prendere la macchina e guidare sotto un tremendo acquazzone solo per parlare faccia a faccia con una persona che non vedeva e non sentiva da più di quattro anni ormai. E per una ragione ben precisa a cui nessuno dei due, fortunatamente, aveva ancora fatto riferimento.

Jieun scattò in piedi, questa volta lasciando che il buonsenso avesse la meglio sul il suo innato istinto. Come si era preposta di fare raccolse quindi la propria borsa da terra per poi riavvolgersi la sciarpa intorno al collo. Guidata da quello stesso buonsenso Kim Jieun si avvicinò così al suo impassibile interlocutore, notando solo allora di quando Jen Jungkook fosse cresciuto non solo in spalle larghe e muscoli più accentuati, ma anche in altezza.

— Sono venuta qui solo perchè volevo avvisarti, —

Capì di aver fatto centro quando, scegliendo di non interrompere il contatto visivo con quei profondissimi occhia a mandorla lo vide inarcare un sopracciglio, chiaro segno di curiosità. Per questo motivo non attese nemmeno che lui facesse la sua domanda, scegliendo invece di proseguire nel discorso senza aspettarsi di essere interrotta.

— Hanno trovato il cadavere di un uomo Jungkook, — asserì a quel punto, cercando di essere il più apatica possibile per evitare di incorrere in richieste di spiegazioni alle quali, anche volendo, non avrebbe ancora saputo dare risposta.

— Sto aiutando Seokjin ad eseguire l'autopsia sul corpo, non sappiamo ancora quale sia la causa del decesso, ma ho riconosciuto i tatuaggi, — proseguì poi lentamente, ponderando ogni singola parola, distogliendo lo sguardo da quel volto impassibile e serio solo per tornare ad osservare ancora una volta quelle scritte e quei disegni che ricoprivano interamente il suo braccio destro, convincendosi una volta di più quanto le sue supposizioni fossero esatte.

— Quell'uomo era uno dei tuoi clienti, —

— Ok, quindi? — non riuscì bene a comprendere la sua fosse una domanda o solo l'ennesima presa in giro, ma Jieun avrebbe giurato di aver sentito uno strano pizzicorìo consumarle la punta delle dita. La parte più istintiva del suo essere adesso avrebbe solo voluto prendere a schiaffi quell'espressione totalmente distaccata ma, in cuor suo, sapeva perfettamente che la mano di Jungkook l'avrebbe fermata prima, costringendola alla resa.

— Quindi mi chiedi? Quindi sono venuta qui perchè voglio che mi guardi negli occhi e mi giuri su dio che tu, Jimin e Yoongi non c'entrate nulla con questa storia, — perciò decise che il metodo migliore per rispondere a quel suo finto menefreghismo era utilizzare il buonsenso e la parola.

— Ho smesso di giurare tempo fa, —

Doveva andarsene da quella stanza il prima possibile. La testa aveva cominciato a girare freneticamente e il distacco che aveva percepito in lui fin dal momento in cui aveva messo piede in quell'ufficio era troppo da poter sostenere, anche per una come lei.

— Ok, — si limitò ad asserire, svuotata da ogni buon proposito. Era stufa di dover rispondere ad ogni sua parola di sfida e di profondo risentimento. Per questo motivo si mosse in direzione della porta, dandogli le spalle. Fece scattare la maniglia, lasciando che la luce proveniente dal corridoio le illuminasse parte del suo volto tirato e stanco.

— So che hanno intenzione di dare il caso in mano alla squadra di mio fratello e vorrei evitare che questa storia finisca-, —

Erano le uniche parole che le erano uscite dal cuore e non dalla testa e, proprio per questo, non era riuscita a proseguire, lasciando che fosse invece lui a dare sfogo ai suoi pensieri.

— Come Jieun? Hai forse paura possa finire come l'ultima volta, quando a causa tua e di tuo fratello Junghyun è morto? —

Lo vide lasciare il posto che fino ad allora aveva occupato senza muovere un dito, avvicinandosi a lei ed appoggiando la parte tatuata del suo avambraccio destro contro l'anta in vetro della porta, facendola richiudere.

— Lo sai che non è così, — gli rispose lei a denti stretti, questa volta senza avere le forze per tornare a guardarlo negli occhi che, sentiva, le stavano bruciando la pelle sotto quel pesante cappotto.

— E allora com'è che stanno le cose eh? —

— Oppa io avrei fam-, —

Mai come in quel momento fu grata di vedere comparire dal nulla quella che doveva essere "l'ultima cliente della serata" del Black Ink. I capelli biondissimi di quella ragazza riflettevano la luce soffusa delle lampade sopra le loro teste, mentre una nuova coltre di fumo si fece spazio tra loro, emanata come per incanto dalle labbra dipinte di un rosso acceso della donna il cui nome le era, e sarebbe rimasto, pressoché sconosciuto.

— La tua ragazza ha perfettamente ragione, è ora di cena, — esclamò a quel punto Jieun, approfittando del rapido scambio di gelide occhiate tra i due per farsi spazio e uscire finalmente da quell'ufficio.

— Si è fatto tardi, devo andare, — girò sui suoi tacchi solo per regalare ad entrambi un rapido inchino di cortesia. Non era stata trattata con gentilezza, ma questo non le importava granché. Era dispiaciuta e mortificata per il fatto che, nonostante fosse passato del tempo e nonostante tutta la sua buona volontà, una delle persone più importanti della sua infanzia sembrava covare ancora un odio profondo nei suoi confronti e in quelli di suo fratello Namjoon.

Uscì dal Black Ink esattamente come vi era entrata: esalando un profondo respiro al quale si aggiunse un vago sentore di nausea. Fuori dal negozio, le luci a neon che illuminavano la scalinata ora sembravano brillare ancora di più nell'oscurità e nel loro stesso riflesso all'interno delle pozzanghere che l'acqua piovana aveva lasciato in ricordo di quel temporale che Jieun non sapeva quando avesse avuto fine.

Chiuse la porta dell'auto con un tonfo sordo, appoggiando la propria testa contro il volante e lasciando cosi che alcune ciocche dei suoi lunghi capelli le ricadessero sulle guance leggermente accaldate. Con gli occhi ancora chiusi Jieun estrasse dalla tasca del proprio cappotto le chiavi e, procedendo alla cieca, riuscì ad inserirle nell'apposito spazio senza troppi sforzi. Ma proprio quando decise che forse quella pizza a cui aveva a lungo pensato se l'era proprio meritata, ecco che si dovette ricredere: provando infatti a mettere in moto l'auto sulla quale era appena salita, Jieun avvertì un rumore stridulo che mai aveva sentito prima di allora, ritrovandosi costretta a scendere e capire cosa potesse esserci di tanto strano.

— Cazzo, — fu tutto ciò che si sentì in dovere di pronunciare quando, chinandosi leggermente per controllare lo stato delle ruote, si rese conto che entrambe le gomme anteriori erano state bucate, impedendole di ripartire.

Sarebbe stata proprio una lunga serata.



 

a/n 

anneyeong haseyo! 👋🏻

sono decisamente arrugginita, lo so. per questo vi chiedo già scusa in anticipo (quasi prima di iniziare lol).

ma questo surreale periodo di quarantena mi ha concesso del tempo per recuperare i miei preziosi ma troppo spesso trascurati "quaderni delle idee" da cui, non dopo vari momenti di sconforto, sono riuscita a partorire una scaletta che potesse soddisfare la mia insaziabile e perenne sete di angst. e quindi rieccomi spuntare su questi lidi e pubblicare la mia terza long sui bangtan.

una nuova long dove jungkook, yoongi e jimin sono dei tatuatori mentre seokjin è un rinomato medico legale e namjoon è a capo di una squadra di poliziotti. e, se non lo aveste notato, non ho ancora avuto modo di presentarveli tutti, ma arriverà il momento lo prometto!

abbiamo i tatuaggi, abbiamo le sigarette, abbiamo un caso da risolvere e ritroviamo il mio amato genere angst. perciò sedetevi comodi :)

warning generale: credo di non aver mai scritto niente di così clichè in tutta la mia vita di autrice in erba. spero che, nonostante tutto, continuerete ad avere fiducia in me, prometto di mettercela tutta per cercare di non deludervi ♡

e con questo è tutto (fino al prossimo aggiornamento)

vi abbraccio, a distanza ovviamente :)

bvb

  
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