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Autore: Francesca_H_Martin    07/04/2020    8 recensioni
«Hai pensato davvero che… non importa! » continuò Ron; il suo cuore ormai era diventato poltiglia.
«A me importa! » gli occhi della giovane strega avevano cominciato a brillare nuovamente.
Ron, nonostante stesse lottando contro tutto se stesso, parló: «Pensi davvero che io, Ron Weasley, a quell’ora sarei potuto andare in biblioteca per consultare un libro? » la sua voce era piena di sarcasmo ed incredulità.
«In realtà, mi sono accorta che avevi preso “I magnifici sette”, ma non pensavo che…» la ragazza si fermó improvvisamente, guardando fisso negli occhi di Ron.
«Ero venuto per invitarti al ballo!» disse il ragazzo furioso, gli occhi fuori dalle orbite, il colorito del viso simile a quello dei suoi capelli.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
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Ron si trovava ancora fuori la porta della sua stanza; era come se le sue gambe fossero immobilizzate: non riusciva a muoverle in nessun modo.
La testa gli faceva male e il cuore… gli batteva così forte che pensava sarebbe morto da un momento all’altro.
Pensó nuovamente alle parole di Ginny ed Harry… avevano ragione. Doveva utilizzare tutto il coraggio che aveva e finalmente invitare la ragazza che davvero voleva al suo fianco al ballo del Ceppo.
Hermione.
Sorrise istintivamente e iniziò a correre senza una meta.
Rifletté su dove potesse essere in quel momento, ma si sentì così stupido anche solo per averci pensato un secondo: «è in biblioteca» disse con ovvietà.
Continuó a correre, ripensando alle precise parole che doveva dire per invitare Hermione al ballo: «Il tuo sorriso è bellissimo… No, aspetta, non era così. Era più “il tuo sorriso mi accende come un fuoco fa con una candela”… No, non era nemmeno così» Ron si schiaffeggió la fronte, spremendosi come un limone per ricordare la frase giusta.
Fu tutto inutile.
Qualunque cosa pronunciasse, sembrava uscito da qualche romanzo scadente babbano, quelli che Harry nascondeva per vergogna e che Ron aveva letto di nascosto per curiosità.
Ogni volta che lo faceva, rideva a crepapelle perché pensava che robaccia scadente di questo tipo era difficile da creare, persino per Rita Skeeter.
Scosse la testa ed eliminó i pensieri. Decise che l’unica strada che poteva percorrere era la più semplice…parlare con il cuore.
Con Harry ci era riuscito, anche se aveva dimenticato di trovarsi con lui nella loro stanza.
Doveva farlo anche con Hermione, avrebbe chiuso gli occhi e avrebbe buttato fuori tutte le cose che gli venivano in mente, senza riflettere sul fatto che ci fosse la ragazza proprio di fronte a lui.
I pensieri si bloccarono appena Ron la vide,  intenta a leggere un libro più grande del suo viso almeno tre volte.
Quella era la sua immagine preferita.
Era così bella e assorta nel suo mondo, che… basta Ron! Entra e vai!, si disse fra sé e sé per incitarsi.
Entró quasi in punta di piedi, avvicinandosi molto lentamente all’amica.
Solo quando si rese conto di aver sbattuto la gamba sullo spigolo del tavolo, Hermione si accorse di lui: «santo cielo, Ron! » disse, portandosi una mano sul cuore «mi hai spaventata a morte!».
Ron deglutì silenziosamente.
Hermione lo guardava sbalordita.
Ron già sapeva cosa gli avrebbe detto successivamente: “Ron, che ci fai qui? Insomma… tu…. a quest’ora, in biblioteca” e magicamente la ragazza pronunció le stesse identiche parole che lui aveva immaginato.
Ron sorrise.
«Volevo… volevo leggere qualcosa in più sul torneo Tremaghi, sai… per aiutare Harry» disse, sperando che Hermione non si accorgesse della menzogna.
Era un portento nello scovare i bugiardi.
La ragazza, per fortuna, sembró credergli.
Lo stava guardando con un sorriso mezzo pronunciato e uno sguardo strano, diverso.
«Non pensavo…» la ragazza non riuscì a terminare la frase perché Ron la interruppe: «sempre questo tono sorpreso, tu… Si, anche io a volte vengo in biblioteca se è questo che ti stavi chiedendo» disse Ron impettito e in modo credibile.
Hermione cercó volutamente di ignorarlo.
«Beh, ora che sei qui, puoi benissimo fare quello per cui sei venuto» rispose seccamente la ragazza; il suo tono era alquanto stizzito e un tantino sopra le righe.
Ron prese a caso un vecchio libro impolverato sullo scaffale e si sedette di fronte a lei, aprendolo.
Fingeva di leggerlo, ma in realtà era concentrato a guardare Hermione che lo faceva davvero; i suoi capelli ribelli erano sparsi ovunque sulle spalle e l’espressione così concentrata gli faceva pensare a quanto lei fosse così… “Ok, basta Ron!” si ripetè tra sé e sé, dandosi dei colpetti sulla guancia per dissolvere quelle parole.
Hermione alzó lo sguardo accigliato dal libro e lo rivolse a lui.
Ron deglutì nuovamente.
Ora che aveva la sua attenzione, era il momento giusto per parlare.
«Hermione…» disse, mordendosi la lingua.
«Ronald…»  rispose l’amica, continuando a guardarlo come prima.
«Domani ci sarà il ballo del Ceppo, sai…» disse, prendendo poi fiato.
Hermione alzó gli occhi al cielo.
«Ron, se vuoi chiedermi nuovamente con chi andrò, mi dispiace, non te lo dirò» disse, incrociando le braccia.
A Ron scoppiava la testa.
Migliaia di frasi la riempirono; andavano avanti e indietro a rallentatore, come se fluttuassero davanti i suoi occhi ma non fosse in grado di leggerle per paura di sbagliare a farlo.
«Oh, Hermione…sappiamo benissimo che andrai da sola» disse Ron.
«È brutto andarci da sola, specialmente se sei una ragazza… Perché tu sei una ragazza». Improvvisamente le parole che aveva appena detto gli sembrarono le peggiori che potesse mai dire.
Si maledisse, appellandosi con aggettivi poco carini.
Ron la guardó impaurito e pentito.
Hermione aveva la faccia paonazza e uno sguardo fuori dalle orbite.
«Che perspicace Ron! » disse, sbattendo il libro sul tavolo ed alzandosi d’istinto.
«Sai, in tutto questo tempo non  ti sei accorto che io sono una ragazza, ma questo non significa che altri ragazzi non l’abbiano fatto! »  ringhió l’amica, ancora rossa in viso.
Ron voleva sprofondare nel più profondo degli abissi.
Tutto ciò che voleva dirle era completamente l’opposto di quello che le sue labbra avevano appena pronunciato.
Stupido idiota!, la sua testa non faceva altro che ripeterglielo.
L’amica prese frettolosamente il libro dal tavolo e lo rispose sullo scaffale, ma prima di andare via si avvicinò a Ron, poggiando le mani sulla scrivania.
«Giusto per la cronaca… qualcuno mi ha invitato davvero. E io ho detto di sì»  disse, per poi lasciare Ron solo con la sua disperazione.
 
 
 
 
 
 
 
 
Il giorno del ballo era finalmente arrivato.
Nonostante sembrasse sua zia Tess a causa degli abiti vecchio stile che sua mamma gli aveva mandato via gufo, Ron aveva deciso di andare lo stesso al ballo con Harry, Parvati e sua sorella.
Quest’ultima sarebbe stata la sua accompagnatrice, come già programmato da tempo.
Il ragazzo non aveva fatto altro che pensare ad Hermione ed al fatto che davvero sarebbe andata al ballo con qualcuno; in cuor suo sapeva che stava andando lì solo per sapere chi fosse questo famigerato “accompagnatore”.
Pronunciava questa parola in modo a dir poco ridicolo, alzando ogni volta gli occhi al cielo.
Solo quando vide realmente di chi si trattava, con sgomento aprì gli occhi più che poteva.
Viktor Krum, uno dei suoi idoli di Quiddich.
Non poteva essere vero… no, sicuramente era un sogno fin troppo reale.
Doveva svegliarsi… doveva…
«Ahia! ».
Ron era stato appena pizzicato da Harry, il quale si trovava al suo fianco, più annoiato che mai.
«Sembrava avessi visto un mangiamorte» rispose l’amico.
La visione del ragazzo dai capelli rossi era stata di gran lunga peggiore, almeno per lui.
«Non dire sciocchezze… sto solo ammirando gli altri che ballano felici » disse, non togliendo gli occhi di dosso ad Hermione e Viktor.
«Oh, certo, stai ammirando “gli altri” »  disse Harry a voce così bassa che Ron non riuscì a sentire.
«Cosa? »  gli chiese Ron.
«Oh niente» disse Harry ridendo.
L’espressione di Weasley era a dir poco disgustata.
«Capisci Harry? Ci ha tradito»
«Chi? »
«Ma come chi… Hermione» la indicó con un cenno del capo.
«Sta fraternizzando con il nemico…» il tono di Ron era a dir poco nervoso.
Harry guardó la ragazza, poi guardó l’amico.
«Fino a ieri dicevi che era un grande, il più grande giocatore di Quiddich» disse spontaneamente.
«Quello era ieri, Harry. Oggi è un altro giorno» disse Ron, soffiandosi via dal viso una ciocca di capelli ribelle.
Continuava a fissare Hermione, ma distolse lo sguardo appena si accorse che stava venendo verso di loro.
«Ecco che arriva… Ron mi raccomando… Hermione! » Harry lo urló come per avvisare Ron, ma quest’ultimo già si era accorto di tutto.
«Ciao! Che caldo qui, non credete? » disse la ragazza, sorridendo imbarazzata.
«Certo, se continui a farti girare come un trottola da quello lì…» disse Ron stizzito, così a bassa voce che gli altri due gli chiesero cosa avesse detto.
Harry diede una gomitata allo stomaco all’amico, poi riprese a parlare: «oh già. Fa caldo» disse, sorridendo.
«Volete… volete qualcosa da bere? Viktor è andato a prendere del succo di zucca» l’imbarazzo negli occhi della ragazza era palesemente visibile a tutti.
«Non vogliamo niente da Viktor» Ron pronunció questo nome come se fosse la persona più orribile del mondo.
Hermione lo guardó, confusa.
«Cosa ti succede, Ron? » disse ingenuamente.
«Non mi succede niente, Hermione. Continua a fraternizzare con il nemico, vai» disse seccato.
Hermione lo riguardó, questa volta delusa.
«Il nemico… Fino a ieri era il tuo eroe» disse la ragazza.
Le lacrime cercavano in ogni modo di uscirle dagli occhi e percorrere le sue guance, in quel momento fin troppo colorite.
«Quello era ieri, come ho detto ad Harry. Oggi è un altro giorno» disse, per poi continuare: «vai Hermione, fatti consolare dal tuo piccolo Viktor» nuovamente quel tono aspro e indignato.
La ragazza si rivolse a Ron, urlando: «devi sempre rovinare tutto, Ronald! » e andó via piangendo, sparendo dalla loro vista.
Ron si sentiva a pezzi.
Non voleva far star male la sua amica, ma quel dolore insopportabile alla bocca dello stomaco non gli permetteva di comportarsi in modo diverso.
Pensó a quanto fosse stato un codardo: anche se odiava ammetterlo, tutto questo se l’era meritato.
Un grifondoro che non aveva il coraggio di invitare una ragazza al ballo… una vergogna, pensó.
Non era però una ragazza qualunque… era Hermione Granger, una delle streghe più brillanti della sua età, la sua migliore amica… la sua speranza.
Preso dalla foga di tali pensieri si alzó di scatto, abbandonando Harry senza un apparente motivo.
Sapeva benissimo dove andare; si diresse in uno dei luoghi dove lui e la ragazza avevano passato insieme la maggior parte del tempo: la sala comune di Grifondoro.
Ed eccola lì… bellissima, con quel vestito che risaltava ancora di più la sua meravigliosa corporatura e quei capelli fin troppo ribelli raccolti ora in un’acconciatura spettacolare.
Il cuore di Ron cedette di un battito.
Entró lentamente, ma la ragazza si accorse subito del suo arrivo.
«Vai via, Ron! » urló, cercando disperatamente di non piangere.
«Perché?... Perché proprio Krum? » sussurró; la sua voce era intrisa di gelosia e odio, più che per Viktor,  per se stesso.
«Perché non Krum» rispose Hermione.
«Perché Krum… Io… io adoravo Krum» disse Ron senza peli sulla lingua.
«Oh, si tratta di questo allora. Sei invidioso perché Krum mi ha notato e, invece, Fleur non l’ha fatto con te» il tono di voce della ragazza cresceva sempre di più.
«È questo quello che pensi? » disse Ron, sbalordito.
«Bene allora» riprese il ragazzo, girandosi di spalle e facendo per andare via.
«E allora di che si tratta, se no? » rispose Hermione.
Sapeva benissimo di cosa si trattasse, non era per niente stupida, ma il loro rapporto era sempre stato pieno di cose non dette.
Era stanca di questa situazione.
«Viktor Krum… non potevi cadere più in basso, sul serio. Il nemico, l’avversario di Harry…» ribadì  Ron con il solito tono seccato.
«Oh, Ronald, lascia fuori Harry da questa situazione. Non c’entra nulla! » lo urló così forte che a Ron quasi scoppiarono i timpani.
«La prossima… la prossima volta che vuoi invitarmi al ballo, abbi il coraggio di farlo» parole che già da tempo cercavano di uscire dalla bocca delle ragazza.
Ron si giró nuovamente verso di lei e la guardó con fermezza.
Era stanco di essere un pappamolle, come lo avrebbero definito Fred e George.
Voleva essere coraggioso, voleva dirle tutto quello che realmente pensava e provava.
Voleva farlo per lei, per sé stesso.
Voleva dirle che si, tutto il suo comportamento era dovuto alla gelosia, al sol fatto che lei non era andata al ballo con lui.
Voleva dirle che non riusciva neanche a guardare un ragazzo al suo fianco perché la bocca dello stomaco, ogni qual volta accadeva, gli bruciava forte.
Voleva dirle che aveva provato ad invitarla al ballo, ma la paura gliel’aveva impedito.
Voleva…
«Ci ho provato!! » le parole uscirono da sole, come se non fosse stato lui a pronunciarle.
Abbassó istintivamente lo sguardo; non riusciva a guardarla.
Solo quando lo alzó un pochino, vide la ragazza in piedi, proprio di fronte a lui.
La sua espressione era un misto di dolore e rassegnazione.
«Oh, davvero Ron? Non me ne sono accorta» disse, asciugandosi gli occhi con il palmo della mano.
«S-Si He-Hermione» ribatté l’amico, balbettando.
«Hai pensato davvero che… non importa! » continuò Ron; il suo cuore ormai era diventato poltiglia.
«A me importa! » gli occhi della giovane strega avevano cominciato a brillare nuovamente.
Ron, nonostante stesse lottando contro tutto se stesso, parló: «Pensi davvero che io, Ron Weasley, a quell’ora sarei potuto andare in biblioteca per consultare un libro? » la sua voce era piena di sarcasmo ed incredulità.
«In realtà, mi sono accorta che avevi preso “I magnifici sette”, ma non pensavo che…» la ragazza si fermó improvvisamente, guardando fisso negli occhi di Ron.
«Ero venuto per invitarti al ballo!» disse il ragazzo furioso, gli occhi fuori dalle orbite, il colorito del viso simile a quello dei suoi capelli.
«Peró… sai come sono fatto… combino solo…» non ebbe neanche il tempo di dirlo che Hermione lo strinse a sé in un abbraccio.
Le mani della ragazza attorno al suo collo gli provocavano brividi lungo la schiena, il suo respiro gli infondeva una sensazione di tranquillità, di pace con il mondo.
Si trovava nel posto giusto al momento giusto.
Lì, con Hermione. Tra le sue braccia.
«E questo per cosa…» disse Ron, maledicendosi nuovamente. Riusciva sempre a dire la cosa sbagliata quando meno doveva.
Hermione si staccó dal ragazzo.
«Non rovinare sempre tutto, Ron» disse, pronunciando l’ombra di un sorriso.
Hermione si aggiustó leggermente l’acconciatura e fece per andarsene, ma Ron la fermó, bloccandole un braccio.
«Dove… dove vai? » disse, spaventato.
«Beh, devo pur sempre tornare al ballo, si chiederanno dove sono finita» disse Hermione, girandosi verso di lui.
«Intendi Viktor si starà chiedendo dove sei finita» rispose involontariamente il ragazzo.
Hermione non proferì parola, cercando di divincolarsi inutilmente dalla stretta del ragazzo.
«Ron, lasciami andare» disse, guardandolo nuovamente.
Ron lasció la presa.
«Il ballo ancora non è finito, ma manca poco» disse con tono stranamente sicuro e sereno.
«Hermione…» un sussurro che arrivò alle orecchie della ragazza forte e chiaro.
Ron improvvisamente si inchinó, porgendole una mano.
«mi vuoi concedere l’onore di un ballo? » continuó, leggermente imbarazzato.
Era una situazione così surreale ed assurda per entrambi.
Per loro si, ma non per i loro cuori.
In quel momento battevano più che mai.
Hermione lo guardó e sorrise.
Non proferì parola; strinse la mano dell’amico e delicatamente aderì il suo corpo a quello di Ron; la sua testa, poggiata sul cuore del ragazzo, ascoltava i battiti accelerati di quest’ultimo mentre veniva cullata insieme a tutto il resto dal ragazzo.
La musica che proveniva dalla sala grande arrivava a loro come un ronzio soffuso, ma la verità era che riuscivano facilmente ad immaginarla solo per la perfezione di quel momento.
L’odore dei capelli di Hermione inebriava il naso di Ron mentre la dondolava lentamente.
Le braccia del ragazzo, ora attorno alla sua vita, tremavano.
In realtà, solo il contatto con la pelle dell’amica gli provocava brividi lungo tutta la schiena.
Sembrava di essere in paradiso, un momento unicamente loro privo di qualsiasi dramma.
Loro soli dentro una stanza e tutto il mondo fuori.
Hermione all’improvviso alzó lo sguardo. Erano occhi dentro occhi.
Ron pensó che fosse la ragazza più bella che avesse mai visto.
Istintivamente le accarezzó una guancia, avvicinando il suo viso pericolosamente a quello della ragazza.
«He… Hermione…» un sussurro che destabilizzó entrambi, così come il contatto del suo dito con la pelle liscia dell’amica.
«He…» non riuscì a finire di pronunciare il nome perché le sue labbra ormai erano su quelle della ragazza.
Era come se una calamita, una potente magia non volesse farle allontanare; la brama di sfiorarle e di baciarle era più grande che mai.
Ron si staccò a fatica, spostandole un ciuffo di capelli ribelli -fuoriuscito dall’acconciatura- davanti agli occhi e poi ruppe nuovamente la distanza di sicurezza, aderendo il corpo al suo come pezzi di puzzle incastrati alla perfezione.
Hermione lo guardò intensamente, sorridendo.
Ron pensò che da un momento all’altro sarebbe potuto svenire.
«Il tuo sorriso…il tuo sorriso è la cosa più bella che abbia mai visto in vita mia».
Ecco com’era la frase! Harry di sicuro sarebbe stato fiero di lui.
Gli era venuta dal cuore.
Hermione abbassò lo sguardo, arrossendo.
Dopo un attimo riguardò Ron; erano occhi dentro occhi.
«Hai…» disse l’amica con un filo di voce, ma il ragazzo sapeva benissimo dove volesse arrivare.
Avevano una specie di connessione, loro due.
Una connessione così potente che riuscivano a percepire qualsiasi stato d’animo dell’altro, anche solo da uno sguardo.
«Oh, no, non ho letto questa frase da nessun romanzo scadente babbano. Proviene solo da qui» disse Ron in un sussurro, toccandosi il petto: «dal cuore».
Il volto di Hermione si illuminò; Ron non aveva visto mai la ragazza così felice in tutti quegli anni.
L’amica lo guardò nuovamente: uno sguardo pieno di parole non dette ma percepibili e così chiare da far venire al ragazzo la pelle d’oca.
«Sempre…Sempre questo tono sorpreso, tu» disse per smorzare l’imbarazzo e la tensione che si era creata.
«Oh,  sta zitto» rispose Hermione in un sussurro, per poi tirarlo a sé.
E lo baciò.
Un bacio unico nel suo genere, un momento così atteso da entrambi; la realtà addirittura aveva superato la fantasia.
Loro due lì, da soli, con la musica in sottofondo e i loro respiri affannati che le facevano da base.
Era come se fossero tre metri sopra terra, come se in quel momento stessero fluttuando in chissà quale universo.
Tutto era perfetto.
“Ron!Ron!”
Una voce, però, interruppe quel momento idilliaco.
Una voce che sembrava provenire da lontano, da un altro universo lo stava chiamando ma non era quella di Hermione: era Harry.
«Ron, sta zitto! Sto cercando di dormire! »disse Harry, gettando sull’amico il suo cuscino per farlo smettere di parlare.
Ron improvvisamente aprì gli occhi.
Si sentiva stordito, frastornato… non riusciva a capire cosa fosse successo.
«Ma… Her… Dov’è Hermione? » disse, preoccupato.
«Dove dovrebbe essere se non nella sua stanza? Sono le quattro del mattino Ron, perciò, se non ti dispiace, vorrei dormire» ribatté il suo migliore amico.
«Ma… il ballo del Ceppo»disse Ron, confuso.
«C’è stato ieri».
Harry, arreso, si mise dritto, cercando a tastoni gli occhiali sul comodino.
«Ron, sei sicuro di star bene? » disse, con una nota di preoccupazione nella voce.
«Io…con chi sono andato al ballo? » 
«Ron non mi dire che non te lo ricordi… è più grave di quel che pensavo»  disse, alzandosi dal letto e indossando le pantofole.
«Dobbiamo andare da Hermione, saprà di sicuro aiutarci. Sospetto che qualcuno ti abbia fatto qualche incantesimo di memoria»Harry improvvisamente si zittì. La sua espressione era pensierosa.
«Ah già…Non penso che Hermione voglia parlarti dopo quello che è successo ieri» disse Harry, dispiaciuto.
«Perché, che cosa… che cosa le ho fatto? » disse Ron ansioso.
«Beh… Davvero non ricordi? Avete… avete litigato a proposito di Krum… Da allora non ti rivolge la parola» disse l’amico con rammarico.
Fu allora che Ron capí.
Il ballo con Hermione, l’esprimere i suoi sentimenti in maniera non tanto celata o i consigli dei suoi amici…facevano solamente parte di un sogno.
Un sogno troppo reale e vivido nella sua testa.
Il cuore gli batteva a mille e dentro di sé aleggiava una sensazione di… dispiacere.
Dispiacere perché, in cuor suo, voleva che tutto ciò accadesse per davvero.
Dispiacere perché sapeva, anche se costantemente lo negava a sé stesso, che tutto quello che aveva provato un fondo di verità l’aveva.
Dispiacere perché non aveva mai riflettuto davvero su quei sentimenti.
Erano rimasti nascosti, in una delle parti più remote della sua anima.
Grazie a Ginny ed Harry era riuscito a cacciarli, rendendosi conto finalmente di tutto.
Non erano Ginny o Harry, pensó.
Era sempre stata la sua coscienza tramutata in loro, due delle persone a cui voleva più bene nella sua vita.
Rifletté sul sogno.
La versione di quel “suo io”, diversa da quella attuale, gli piaceva.
Quel Ron era più spontaneo, aperto, perspicace, coraggioso… sincero.
Eppure capì che non era ancora il momento di domandarsi il perché di quel sogno, decidendo di non pensarci mai più e di non proferirne parola con nessuno.
D’altronde, come poteva dirlo agli altri se neanche lui ne conosceva con certezza il significato?
La cosa giusta era ignorare il tutto.
Sorrise amaramente.
«Ron… Stavi…Stavi sognando Hermione? Ho sentito il suo nome» disse Harry, quasi imbarazzato.
«Si» disse Ron con fermezza.
«E cosa hai sognato? » disse Harry con un misto di curiosità e ansia.
«Che davo fuoco con un incantesimo a quel suo stupido gatto» fu la prima cosa che gli venne in mente di dire.
«Ah… Andiamo da lei, così ci dà una mano? »
«No. Mi sento molto meglio ora, non preoccuparti»
«Ron…dovrete parlare prima o poi…»
«Meglio di no. Almeno, non ora» disse il ragazzo, convinto.
«Ron» disse Harry quasi in un sussurro.
«Non le perdoneró mai di essere andata con Viktor, con il nemico».
Si, certo, proprio perché era il nemico, pensó una vocina dentro di sé.
Decise di soffocarla, rimettendosi a dormire.
Questa volta avrebbe sognato draghi, Quiddich, qualsiasi cosa al di fuori di quella precedente.
«Buonanotte Harry»
«Buonanotte Ron»
Harry tornó a letto, inconsapevole che nessuno dei due avrebbe preso sonno fino al mattino seguente a causa dello stesso, solito pensiero fisso.
 

ANGOLO AUTRICE: Ed eccoci qui, al termine della mia fanfiction sui nostri bellissimi Romione!
Non odiatemi per questa fine, vi giuro che ho sofferto tanto anche io! Ho quasi pianto immaginando questa versione del ballo del Ceppo.
Vorrei ringraziarvi per essere arrivati fin qui e per aver lasciato una recensione, il vostro parere conta tantissimo per me! Mi avete resa felice con le vostre bellissime parole, mi avete dato la carica giusta per continuare.
Spero che, nonostante tutto, anche questa parte vi sia piaciuta <3 Fatemi sapere cosa ne pensate!
Mi scuso ancora, sono una masochista, me ne rendo conto.
E niente, grazie grazie grazie per tutto! 
Alla prossima, Francesca <3


 
   
 
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