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Autore: Sky_7    08/04/2020    0 recensioni
In questa storia le cose sono andate un po’ diversamente da quelle che ricordiamo dalla serie. Tanto per cominciare le età: ai fini della trama ho dovuto invecchiare un po’ tutti i protagonisti, perciò Zuko e Sokka hanno diciannove anni, Katara diciassette, Aang e Toph quindici.
In secondo luogo, come si spiegherà nel corso del primo capitolo, Katara era ostaggio sulla nave del principe Zuko, apparentemente come merce di scambio che garantisse la salvezza della sua tribù.
La storia vera inizierà a partire da circa metà della seconda stagione, più o meno dall’arrivo in scena di Azula, ma verranno affrontati anche alcuni momenti clou della prima stagione, rivisitati in tema con la storia. Katara ha un carattere ancor più simile a quello di Zuko, complice anche il fatto che abbiano trascorso due anni insieme, è a conoscenza dei sentimenti che Aang prova per lei ma non lo incoraggia.
Se vi ho incuriositi almeno un po’ vi aspetto ai capitoli
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katara, Quasi tutti, Zuko
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 1
La pace interiore era un qualcosa che il principe Zuko non conosceva e non avrebbe mai potuto conoscere, non finché il suo animo avrebbe conosciuto solo rabbia e rancore. Queste due emozioni avevano scandito la sua vita da che ne aveva memoria. Qualcosa cambiò in un freddo giorno d’inverno, quando la nave su cui viaggiava si incagliò nei ghiacciai del polo sud. Il principe Zuko non avrebbe mai potuto immaginare che quel giorno iniziato con il piede sbagliato avrebbe conosciuto la persona che avrebbe riportato la luce nella sua vita e il sorriso sulle sue labbra.
Aveva sedici anni al l’epoca, ne erano trascorsi tre dall’inizio del suo esilio. Lei invece aveva solo quattordici anni ed era l’ultima dominatrice dell’acqua della sua tribù.
A chiunque chiedesse perché aveva voluto quella ragazzina come prigioniera, Zuko rispondeva che era un capriccio, l’unico sfizio che si fosse concesso fino ad allora e una garanzia che avrebbe assicurato la sottomissione della tribù dell’acqua del sud. Ma c’era altro, molto altro. La prima cosa che aveva notato di Katara era stato il suo sorriso che, paradossalmente, sarebbe bastato da solo a sciogliere i ghiacciai. Lei non sapeva chi lui fosse, nonostante la cicatrice che gli deturpava il volto rendeva facile il suo riconoscimento, e li aveva aiutati con le sue poche conoscenze del dominio dell’acqua per liberare la nave. Aveva fatto attenzione a non farsi notare, sua nonna le diceva sempre di non utilizzare i suoi poteri, ma Zuko l’aveva vista e ne era rimasto stregato. Delle sue successive azioni, per quanto brutali, non si sarebbe mai pentito sebbene con il senno di poi si rendeva conto che avrebbe potuto agire diversamente. Raggiunsero la tribù minacciando di fare radere al suo solo villaggio se non gli avessero consegnato la dominatrice dell’acqua. Non vi erano, in quel villaggio, uomini adulti e in grado di combattere, quelli che più ci si avvicinavano erano un paio di ragazzi di non più di quindici anni e di certo con i loro boomerang non avrebbero potuto fare niente contro esperti e spietati dominatori del fuoco. Sicuramente era ciò che aveva pensato anche Katara quando si fece avanti offrendosi si sua spontanea volontà per assicurare la salvezza della sua gente.
Aveva trascorso i primi due giorni chiusa nella cabina in cui era stata portata, più simile a una cella che a una camera, a versare tutte le sue lacrime e disperarsi. Finché Iroh non andò a farle visita non si rese conto che la porta non era mai stata chiusa a chiave e quando lo notò non poté che restarne sconcertata. Il vecchio la tranquillizzò con poche parole, come avesse letto nei suoi pensieri
“Oh cara ragazza, non sei una nostra prigioniera, puoi uscire tutte le volte che vuoi e girare per la nave. Anzi, se hai voglia di seguirmi è il caso che ti accompagni nella tua camera, non vorrai rimanere nella stiva per tutto il tempo, no?” la sua cabina non aveva niente a che vedere con la cella di poco prima. Era più grande, con un arredamento spartano ed essenziale: un letto addossato a una parete e fissato al pavimento, un armadio dal lato opposto, un tavolino basso e dei cuscini qua e la per potercisi sedere intorno. il colore predominante era ovviamente il rosso ma a Katara non dava fastidio. Non seppe dire se quella fosse un’iniziativa del principe o di suo zio, nessuno dei due fece più parola di questo. Trascorse un altro giorno prima che uscisse sul ponte e rimase ancor più sorpresa quando, nonostante gli sguardi curiosi, nessuno dei soldati mosse mai un dito o disse una parola contro di lei. Ci volle, però, ancora un po’ di tempo prima che Zuko le rivolgesse la parola, quando finalmente decise di ignorare gli sguardi carichi d’odio che la ragazza gli dedicava. La prima volta che si parlarono, o sarebbe meglio dire la prima volta che si urlarono contro, fu in seguito a uno scontro con un’imbarcazione del Regno della Terra. Zuko era furioso. Erano stati attaccati e, sebbene avessero avuto la meglio contro i dominatori della Terra, non poteva fare a meno di pensare a come Katara fosse rimasta paralizzata dalla paura, rischiando di farsi colpire in pieno da un’onda di terra e sassi. Era intervenuto il principe stesso in suo aiuto, ergendo un muro di fiamme tra lei e il nemico e una volta al sicuro non si era tirato indietro dall’urlarle contro, rimproverandola della sua incoscienza
“HAI IDEA DI QUELLO CHE POTEVA ACCADERE?! VIAGGI SU UNA NAVE DELLA NAZIONE DEL FUOCO, TUTTI QUELLI CHE INCONTRERAI FINCHÈ SARAI QUI SONO TUOI NEMICI!”
 “Che ti importa di cosa mi sarebbe potuto accadere? Nel peggiore dei casi avrai un problema in meno di cui occuparti” disse in un sussurro facendo per allontanarsi con passo tremante, prima di essere afferrata per un braccio da Zuko che la fulminò con lo sguardo
“NON OSARE VOLTARMI LE SPALLE RAGAZZINA, NON TE LO PERMETTO. PERCHÉ ACCIDENTI NON TI SEI DIFESA CON IL DOMINIO DELL’ACQUA? VOLEVI FARTI AMMAZZARE?” le sue urla, dettate dall’irrazionale paura che potesse accaderle qualcosa, servirono a svegliare Katara non solo dallo stato di shock in cui era caduta ma anche dal torpore che la manteneva calma da quando era salita su quella nave. Gli occhi chiari si accesero di furia mentre con uno strattone cercava di liberarsi della presa ferrea del principe, incurante del dolore al braccio
“COSA AVREBBERO POTUTO FARMI PIÙ DI QUELLO A CUI MI AVETE COSTRETTA VOI?! PER QUANTO MI RIGUARDA IO SONO MORTA NEL MOMENTO IN CUI HO MESSO PIEDE SU QUESTA NAVE” come scottato, Zuko lasciò la presa sul braccio di lei così che potesse distanziarsi di qualche passo. Aveva gli occhi traboccanti di lacrime ma nonostante questo non abbassò lo sguardo neanche una volta, continuando a sfidare il dominatore del fuoco
“Io sono l’ultima dominatrice dell’Acqua della mia tribù, la Nazione del Fuoco ha ucciso mia madre e io non ho mai avuto un maestro. Non conosco il dominio dell’Acqua e ora più che mai sono certa che non lo imparerò mai”
Quella notte pianse ancora, trascorse la notte in bianco e con lei anche Zuko che dalla camera di fronte si sentiva perforare la testa e il petto dai singhiozzi che sentiva chiaramente. Per quanto fosse possibile su una nave, i due si evitarono come la peste, arrivando a vedersi solo durante i pasti. A cercare di intavolare una conversazione e mantenere la pace c’era Iroh che in un certo senso fungeva da confidente per entrambi, infatti Katara si era affezionata presto al vecchio dominatore del fuoco amante del thè e straordinario stratega, l’unica persona a bordo di quella nave a rendere la sua prigionia meno pesante. Fu il generale a proporle di accompagnarlo sulla terraferma quando attraccarono in un villaggio della Terra per fare provviste, Zuko era sceso appena arrivati al molo e fu ben attento a non incontrarli mai.
Tornarono a bordo della nave a sera inoltrata, dopo aver cenato in una locanda del posto, e nonostante la penombra Katara notò uno strano oggetto cilindrico sul pavimento davanti alla porta della sua camera. Era una pergamena malmessa e molto bruciacchiata il cui contenitore era decorato con pietre di luna e lapislazzuli. Dovette avvicinarsi a una lanterna per riuscire a vedere il contenuto e il suo cuore mancò un battito nel riconoscere alcuni disegni che spiegavano il dominio dell’Acqua.
“Non sarà un maestro ma è sicuramente meglio di niente” la voce di Zuko proveniva da dietro di lei, il ragazzo infatti se ne stava con una spalla appoggiata allo stipite della porta della sua camera e, nonostante la poca luce, Katara notò alcuni lividi e graffi sul suo viso.
“Perché...” l’emozione non le fece aggiungere altro e lacrime di felicità le pizzicarono gli angoli degli occhi
“Tsk... Non sono la tua bambinaia, ragazzina, vedi di imparare a padroneggiare quel tuo potere. Non mi serve a niente a bordo un dominatore incapace e non ho alcuna intenzione di obbligare uno dei miei uomini a farti da balia o, peggio, scomodarmi io stesso di nuovo a salvarti la vita in un altro attacco”
Katara avrebbe replicato in qualche maniera, magari lo avrebbe ringraziato, ma Zuko amava avere l’ultima parola e per questo fece un passo indietro entrando di nuovo nella sua cabina e si chiuse la porta alle spalle chiudendo anche il discorso prima che la ragazza potesse aprire bocca.
 
Zuko evitò per il rotto della cuffia la frusta d’acqua che l’avrebbe colpito in pieno stomaco e, una volta atterrato a terra dopo il salto completo di capriola all’indietro, lasciò un fascio di fiamme verso la sua avversaria che si scattò di lato per evitare il colpo.
“Sei fiacco stamani principino. Dormito poco?” lo provocò la ragazza ammiccando mentre agitava con maestria una frusta d’acqua.
“Affatto milady” ghignò Zuko con la guardia ben alta “Volevo giusto darti un po’ di vantaggio prima di ricordarti chi comanda” si avvolse nelle fiamme e spiccò un salto, la dominatrice cercò immediatamente di colpirlo con il getto d’acqua ma questa finì per evaporare a contatto con il fuoco, nel mentre lingue di fuoco risposero all’attacco sfiorando Katara che si distrasse. Zuko approfitto del momento e si portò silenziosamente alle spalle della ragazza, bloccandole le braccia dietro la schiena e sfiorando con il petto le spalle della ragazza.
“Promemoria ragazzina: non lasciare mai che un dominatore del fuoco arrivi così vicino, saresti morta prima ancora di rendertene conto” le sussurrò all’orecchio, la ragazza rabbrividì nel sentire le labbra del principe sfiorarle il lobo
“Lo terrò a mente” sussurrò con il medesimo tono suadente per poi pestare il piede del suo carceriere, grave errore perché il ragazzo le fece sgambetto all’altro piede e finirono entrambi sul pavimento del ponte, ridendo e rotolandosi per conquistarsi l’agognata vittoria in quello scontro che aveva ormai perso tutti i suoi caratteri violenti.
Tre anni erano passati dal loro primo incontro, il principe esiliato aveva diciannove anni ma poteva considerarsi un uomo fatto e finito. Katara, che aveva invece diciassette anni, si era da poco affacciata al passaggio all’età adulta, il suo viso stava abbandonando i tratti infantili e il fisico si era fatto più formoso. La sua bellezza era una tentazione per molti degli uomini con cui viaggiava ma l’unico che aveva il privilegio di stringerla tra le braccia quasi ogni notte era il principe. Nessuno sapeva dire cosa ci fosse tra di loro, neppure i diretti interessati. Loro, almeno per il momento, si accontentavano di dire che stavano bene insieme, che potevano parlare liberamente l’uno con l’altro di qualsiasi cosa che gli passasse per la mente e anche l’attività da camera non era male. Quella, poi, era iniziata senza neppure rendersene conto. Era capitato un paio di volte che si addormentassero insieme sul ponte guardando le stelle o, in seguito, l’uno nella camera dell’altra durante una chiacchierata. Un bel giorno, durante un allenamento, Zuko era finito a tappeto con Katara a cavalcioni sul suo ventre, il ragazzo aveva quindi ribaltato la situazione facendo finire la dominatrice dell’acqua con la schiena sul ponte e, di rimando, lui la sovrastava seppur avvolto dalle lunghe gambe di lei intorno alla vita. Rideva Katara e Zuko non aveva resistito all’impulso di baciarla.
“Principe Zuko! Navi all’orizzonte!”
Il principe si irrigidì di scatto, per poi alzarsi seguito a ruota da Katara. Non era necessario aguzzare la vista per notare le nubi di fuliggine che precedevano l’avvicinarsi di navi della Nazione del Fuoco.
“Katara va nella tua cabina e restaci fino a nuovo ordine” dal tono imperioso di Zuko la dominatrice dell’acqua intuì che potesse trattarsi di Zhao. Annuì, anche se Zuko non poteva vederla, e mentre lui indossava di nuovo la parte superiore della sua uniforme con un gesto della mano scacciò tutta l’acqua che era ricaduta sul ponte, dopodiché fece quanto ordinatole e si recò nella sua cabina. Non era la prima volta che accadeva e sebbene all’inizio era furiosa per questo comportamento di Zuko, aveva poi capito grazie ad Iroh che se il Signore del Fuoco avesse saputo che una dominatrice dell’Acqua viaggiava con loro non avrebbe avuto per lei la stessa accortezza di Zuko. Col senno di poi, Katara aveva capito, imparando a conoscere Zuko, che lui odiava tante cose tra cui finire con le spalle al muro ed essere ringraziato: se lei fosse finita nei guai lui si sarebbe sentito braccato, l’avrebbe salvata e lei l’avrebbe ringraziato. Meglio evitare il tutto alla radice tenendo Katara ben nascosta.
Gli incontri con il capitano Zhao andavano tutti alla stessa maniera: con il più anziano che cercava di istigare il principe per farsi attaccare e il generale che tentava di riportare l’ordine. Questa volta non fu diversa dalle altre.
Zuko non aveva sentito Katara entrare nella sua camera, troppo occupato a sfogare la sua rabbia sferrando un forte e doloroso pugno all’armadio di legno. Strinse i denti per il dolore quando percepì le schegge conficcarsi nella sua carne ma soprattutto fece di tutto per non far notare la sua sorpresa quando Katara posò una mano sul suo braccio per invogliarlo a girarsi. Il sangue aveva cominciato a scorrere dalle ferite e la ragazza immerse un fazzoletto nella catio poco distante per ripulire le ferite di cui presto non sarebbero rimasti che dei segni bianchi quasi invisibili.
Per tutto il tempo nessuno dei due disse nulla, entrambi tenevano lo sguardo basso. Come accadeva spesso in quelle circostanze, Zuko era diviso tra il voler sfogare la rabbia da solo e non volere assolutamente che Katara se ne andasse, difatti la ragazza era l’unica a poter avvicinare il principe quando era così arrabbiato. Dal canto suo, la dominatrice dell’acqua rimaneva in attesa, quasi sperando che Zuko aprisse un qualche discorso e, magari, decidesse di confidarsi con lei. Una parte di lei, quella razionale, sapeva che non lo avrebbe mai fatto, Zuko era un uomo abituato a cavarsela da solo e a non dover fare affidamento su nessuno, parlare con qualcuno, persino Katara, dei suoi sentimenti l’avrebbe reso debole. I sentimenti erano da deboli, la rabbia era ciò che faceva girare il suo mondo.
“Prima o poi ucciderò Zhao. Sarà la prima cosa che farò non appena tornato a casa, dopo aver consegnato l’Avatar a mio padre. Spegnerò quel dannato sorriso strafottente e si pentirà per ogni parola, per ogni presa in giro pronunciata nei miei confronti”
“Sono certa che ci riuscirai” la voce di Katara era solo un sussurro, non per timore del principe quanto per non rovinare l’atmosfera di quiete che li stava faticosamente avvolgendo. Zuko la osservò dall’alto quasi desiderando che alzasse lo sguardo per perdersi nei suoi occhi azzurri.
“Presto tornerai a casa e tuo padre dovrà ammettere di averti sottovalutato. E non sappiamo che non bisogna mai sottovalutare il principe Zuko” il principe non si preoccupò di celare il ghigno che gli increspò le labbra, doveva ammettere che Katara sapeva sempre cosa dire per risollevargli il morale. Poi una nuova ombra gli attraversò gli occhi color ambra quando, finalmente, si specchiò in quelli della ragazza.
“E tu, Katara? Anche tu vuoi tornare a casa?” anche lo sguardo ceruleo di lei si incupì per un attimo, ma subito dopo tornò limpido e determinato come prima.
“Non voglio mentire dicendo che non penso alla mia casa e la mia famiglia, ma non mi pento neanche di aver deciso di venire sulla tua nave, non l’ho fatto solo per proteggere la mia gente... Non so cosa il dio dell’oceano e la dea della luna abbiano in mente per me, so solo che ora il mio posto è dove sei tu” la sua voce non tremò neanche per un istante mentre con la mano accarezzava il viso di Zuko, proprio sulla cicatrice. Zuko chiuse gli occhi, godendo del calore della sua pelle.
“Meglio così allora”
“Perché?”
Zuko e Katara non si amavano, erano tanti i sentimenti che li legavano: rispetto, lealtà, ammirazione, affetto, a volte anche fastidio ma l’amore non era tra questi. Tenevano l’uno all’altra e su questo non c’erano dubbi; Katara non si pentiva che fosse stato lui il suo primo, ma non si amavano.
“Perché io sono egoista, Katara, tremendamente egoista, e non voglio lasciarti andare. Non posso...” scostò la mano di lei dal suo viso, ma solo per poterla abbracciare quasi a farla diventare parte di lui “Non posso perché senza di te sono perduto” parole che gli costarono molto e che non avrebbe mai pronunciato se lei avesse continuato ad osservarlo con i suoi occhi indagatori.
Katara lo spinse lievemente con le mani sul suo petto per poi farle salire fino a prendergli il viso e, così, guardarsi negli occhi.
“E allora non lasciarmi mai andare via” non aveva importanza chi dei due avesse poi annullato la distanza che li separava, nessuno dei due si tirò indietro da quel bacio che di casto non aveva nulla.
Zuko e Katara non si amavano, ma si completavano come due esatte metà di un uno.
 
“Stupido freddissimo clima dello stupidissimo polo sud” Katara rise sonoramente allo sbraitare di Zuko che, avvolto nella giacca foderata in pelliccia, tirava su con il naso “Dannato me per quando ho deciso di accontentarti in questa bravata”
“Oh quante storie zuccherino, non puoi dare la colpa a me per il tuo non essere in grado di sopportare il freddo. Se non volevi prenderti un raffreddore avevi soltanto da non andare in giro a torso nudo in piena nevicata”
“Lunatica” Katara spalancò gli occhi le schiuse le labbra, pronta a vendicarsi per quel nomignolo
“Lunatica io?! Squilibrato bipolare che non sei altro!”
“Quando avrete concluso le vostre liti matrimoniali, volevo avvisarvi che non manca molto all’attracco, da lì in poi penso che dovrà continuare a piedi signorina Katara” la loro discussione fu interrotta dall’arrivo di un sorridente Iroh, armato di una tazza da cui proveniva un odore nauseabondo
“Noi la aspetteremo qui”
“Grazie mille Iroh, tornerò stasera, massimo entro domani” esclamò abbracciandolo per quanto glielo consentisse quella tazza bollente
“Divertiti cara e portami qualche tisana della tua tribù” Zuko non disse nulla, limitandosi solo a sbuffare, ma allontanandosi Katara scoppiò a ridere dopo aver ascoltato il resto della conversazione
“Ecco Zuko bevi questo, allevierà il tuo raffreddore”
“Non ho nessun raffreddore e tieni quella roba nauseabonda lontano da me”
“Oh suvvia, non vorrai che al suo ritorno Katara ti prenda in giro perché un raffreddore è riuscito a buttarti giù”
“Sarò io a buttarti giù, fuori bordo per precisare, insieme al tuo disgustoso intruglio”
Erano forse un paio di mesi che non tornava alla sua tribù e ne aveva sentito la mancanza, eppure, si stupì Katara, non tanta quanto immaginava. Rifletté che la prima volta era stato molto più duro salutare di nuovo i suoi cari, sebbene Zuko che l’aspettava fuori dal villaggio non le avesse fatto nessuna pressione, le volte successive divenne sempre più facile. Alla fine dei conti stava bene sulla nave del principe Zuko e non si era mai sentita prigioniera, le aveva persino procurato delle pergamene da cui aveva appreso come autodidatta il dominio dell’acqua e Iroh la coinvolgeva sempre nelle lezioni teoriche sugli elementi che impartiva al principe. Ma c’era sempre il rovescio della medaglia perché, a ogni ritorno alla tribù aumentavano le persone che la guardavano di traverso, forse aspettandosi da un momento all’altro un assalto da parte della Nazione del fuoco. Gli unici che continuavano ad accoglierla con il sorriso erano solo Sokka e nonna Kanna. Quella mattina sembrava del tutto identica alle sue precedenti visite: la nonna l’aveva abbracciata per poi storcere il naso per il suo abbigliamento a suo dire troppo leggero e, soprattutto, rosso come la Nazione del Fuoco; Sokka l’aveva presa in giro dicendole quanto somigliasse sempre di più a uno spaventapasseri ed erano andati a pescare tra gli iceberg. Katara si sentiva sempre a disagio ad usare il suo dominio tra la gente della tribù dell’acqua, la sua gente: gli occhi di tutti non provavano neppure a nascondere il timore che potesse da un momento all’altro attaccarli e questo la agitava.
Non aveva imparato molto da quelle pergamene consumate e bruciacchiate, molte parti erano andate distrutte e quel poco che sapeva lo doveva al suo istinto e all’imitazione dei movimenti che vedeva compiere a Zuko, ma quel poco non riusciva mai a metterlo in pratica tra la sua gente, neppure da sola con suo fratello, senza fare danni. Questo non accadeva mai quando era sulla nave.
Non avrebbe mai immaginato che una monotona giornata invernale trascorsa con suo fratello sarebbe stata l’inizio di un’avventura unica che l’avrebbe portata lontano da tutto ciò che conosceva e amava, tanto la sua tribù quanto Zuko.
Dire che era furiosa non rendeva abbastanza l’idea dei sentimenti che attraversavano l’animo di Katara in quel momento. Era anche delusa, o meglio letteralmente devastata, distrutta come le mura di ghiaccio che circondavano il suo villaggio e buttate giù come un castello di carte dalla prua della nave della Nazione del Fuoco. Zuko ne era sceso come il principe guerriero che era, non aveva fatto male a nessuno, meno che a Sokka, mantenendo quindi fede alla parola data a Katara. Sapeva che l’Avatar era tornato, era il suo istinto a dirglielo, e si era immediatamente messo sulle sue tracce. Lo conosceva bene Katara, sapeva che quando si metteva in testa qualcosa nulla lo avrebbe fatto desistere dai suoi intenti, purtroppo neppure la stessa Katara.
Si era rifiutata di seguirlo e Zuko era quindi partito senza di lei, come se non avesse avuto alcun valore. Ma ci voleva ben più di questo per abbattere la volontà della dominatrice dell’Acqua. Non era la prima volta che Zuko si chiudeva in sé stesso, la teneva fuori dalle sue barriere e non si era mai arresa, non era nella sua natura abbandonare qualcuno che considerava parte della sua tribù. Lo aveva sempre seguito quasi obbligandolo ad aprirsi con lei. In due anni avevano fatto notevoli passi avanti considerando il pessimo carattere del principe che per lei aveva imparato ad avere un occhio di riguardo. Forse fu proprio questa la ragione per cui, nonostante la rabbia dovuta al rifiuto di seguirlo da parte di lei, non aveva raso al suolo il suo villaggio.
Con un potente colpo del dominio dell’acqua, Aang aveva buttato fuori bordo alcuni soldati del fuoco, solo Zuko era faticosamente riuscito a tenersi al parapetto di metallo e tirarsi su mentre i due ragazzi della tribù dell’acqua atterravano sul ponte a bordo del bisonte volante.
I soldati intanto, seppur restii ad attaccare la ragazza che ormai conoscevano da anni, li stavano lentamente circondando e Katara agì d’istinto: dolo un iniziale fallimento riuscì a imprigionarli nel ghiaccio e poco dopo un altro getto andò a bloccare i piedi di Zuko.
“Fatti da parte Katara o mi dimenticherò chi tu sia considerandoti alla stregua di qualsiasi altro traditore” la sua voce rabbiosa era lo specchio della sua espressione e Katara non seppe dire quale delle due cose la ferì di più. Però si fece coraggio ed avanzò di un passo verso il principe
“Zuko ragiona, questa è l’occasione che stavi aspettando-”
“Esatto! L’occasione per ripristinare il mio onore e tu me lo stai impedendo. Fatti da parte Katara e magari sarò clemente con te e la tua tribù, non te lo ripeterò un’altra volta”
“Katara muoviti! Smettila di perdere tempo” la ragazza parve neppure udire la voce di Sokka mentre quest’ultimo era intento a caricare Aang sulla sella di Appa. 
“No, no Zuko. Apri gli occhi... Perché ti ostini a non capire?! Tuo padre non tornerà mai sui suoi passi, hai la possibilità di cambiare la tua storia. Cosa ti blocca?”
“Il mio onore, la cosa più preziosa che mi sia rimasta, ma tu non puoi capire” quelle parole ferirono entrambi e, sebbene in principe si fosse immediatamente pentito di averle pronunciate, non tornò sui suoi passi. Ma quella che aveva davanti era comunque la sua Katara e, nello scorgere i suoi occhi velati di lacrime, abbassò lo sguardo e aggiunse “Se è tuo desiderio andare con loro, va via adesso e io fingerò di non avervi incontrati. Questa è l’ultima delicatezza che avrò nei tuoi riguardi, la prossima volta che ci rivedremo catturerò l’Avatar e ucciderò chiunque sia d’ostacolo sul mio cammino”
Pronunciò l’intero discorso con lo sguardo fisso sui suoi piedi avvolti nel ghiaccio, sapeva che se avesse visto gli occhi di Katara quelli da soli sarebbero potuti bastare a fargli cambiare idea, poi probabilmente l’avrebbe abbracciata e bacata fino a perdere il fiato.
“Se è questo il tuo desiderio ti auguro che tu e il tuo onore siate felici insieme” non la guardò mentre saliva in groppa al bisonte, non guardò mentre spiccarono il volo. Sollevò lo sguardo solo quando erano già alti, un nodo gli chiudeva lo stomaco ma non gli impedì di lanciare un potente colpo di fuoco nella loro direzione, scagliato più come sfogo che con il reale obiettivo di fermarli. Aang respinse il raggio di fuoco che nel finire su una montagna, creò dei detriti che bloccarono la nave.
“Una buona notizia per il signore del fuoco: la più grande minaccia per la Nazione del Fuoco è solo un ragazzino” Zuko ringraziò mentalmente suo zio per non aver fatto parola su Katara e, una volta accantonati i suoi sentimenti in un angolo nella mente, non esitò a rispondere
“Quel ragazzino, zio, ha appena fatto tutto questo” disse aprendo le braccia e mostrando le condizioni in cui verteva la sua nave “Non lo sottovaluterò un’altra volta”
 
“Come hai fatto a creare quel vortice con l’acqua? Mi era parso di capire che non conoscessi quel dominio”
“Non lo so, mi sono concentrato e l’ho fatto” Sokka non aveva neppure provato a trattenere la sua curiosità, certo di meritare delle risposte da parte di quel ragazzino per il quale aveva rischiato la vita.
“E perché non ci hai confessato di essere tu l’Avatar?”
“Perché non avrei mai voluto esserlo” rispose il giovane monaco abbassando lo sguardo, per poi sollevarlo di nuovo in direzione di Katara
“Katara, permetti una domanda?” la dominatrice dell’acqua non aveva aperto bocca da quando si era congedata dal principe Zuko, gli occhi erano ancora arrossati per le lacrime versate ma la sua espressione era imperscrutabile, risultato di due anni a stretto contatto con il dominatore del fuoco.
“La stai già facendo” Katara ignorò l’occhiataccia dei due compagni di viaggio e si limitò a fare un cenno col capo per invitare l’Avatar a parlare.
“Hai passato gli ultimi due anni con la Nazione del Fuoco e da quello che mi è parso di capire non ti consideravi loro prigioniera. Perché ti sei schierata dalla mia parte? Perché vuoi aiutarmi?”
“Queste sono due domande, dominatore dell’aria” rispose sollevando lo sguardo verso il ragazzino che mandò faticosamente giù l’istinto di rimangiarsi tutto nell’incontrare quegli occhi così terrificanti. Katara parve apprezzare quel moto di coraggio e decise di rispondere.
“Zuko non è la Nazione del Fuoco, non più da quando suo padre l’ha sfregiato ed esiliato con l’ordine di trovare qualcuno di introvabile, qualcuno che non esiste per ripristinare il suo onore, ciò a cui Zuko tiene di più al mondo. L’ordine di trovare l’Avatar scomparso un secolo fa per togliersi di mezzo una persona troppo scomoda a corte... Zuko ha solo bisogno di aprire gli occhi da solo e quando lo farà capirà quale sia la parte giusta su cui schierarsi”
Sokka la osservò, quella giovane donna non aveva nulla di sua sorella, della ragazzina che a quattordici anni aveva abbandonato la sua gente per proteggerla dall’ira del principe del Fuoco. Aveva davanti una giovane donna vestita con i colori della Nazione del Fuoco e l’espressione imperscrutabile, a distinguerla dai dominatori che l’avevano ospitata c’erano una borraccia d’acqua legata a una cintura, la collana di sua madre intorno al collo e, ovviamente, il colore della sua pelle caratteristica principale delle tribù dell’Acqua.

 
NOTE AUTRICE
Se c'è davvero qualcuno arrivato a leggere fin qui non voglio annoiarlo ulteriormente con sproloqui inutili, mi limiterò a chiarirle qualche dettaglio che, dal mio punto di vista, può essere degno di nota. Come accennato nella descrizione della storia, qui i protagonisti sono tutti più grandi rispetto all'età originale della serie (Zuko e Sokka 19; Katara 17; Aang e Toph 15)... Katara, in particolare, per farvi un'idea io me la immagino così, seppur un po' pi coperta 😅
La storia descriverà alcuni elementi importanti della prima stagione, ovviamente rivisistati per essere coerenti con la trama, ma in generale conto di soffermarmi molto sui sentimenti che attraversano l'animo dei protagonisti, Zuko e Katara in primis. Come avete letto nel capitolo, loro non si amano, sono semplicemente due ragazzi finiti a letto insieme che non vogliono privarsi di questa cosa, soprattutto a causa dei sentimenti. Posso dire che, in pratica, questo primo capitolo sa tanto di Bella e la Bestia 😅
Non mi sembra di dover aggiungere altro, se non mi areno strada facendo spero di poter presto pubblicare il secondo capitolo, ora in fase di stesura.
Sky
   
 
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