Dici che esagero?

Ti guardo dalla panchina. 

Oggi gioca la tua prima squadra.

Piove, ma non importa. 

Se tu riesci a correre sotto la pioggia, io posso star ferma sotto la pioggia. 

Non succederà niente, ma, perdonami, in questo momento non ho la forza di gridare.

A volte mi chiedo perché io continui a starti accanto, cosa mi spinga a non fuggire dal tuo dolore: dal mio dolore.

Stai giocando da troppo tempo. 

Ho paura che il tuo cuore non regga. 

Il mio ha già ceduto da tempo.

Mi piacerebbe cogliere in te il presentimento di un trionfo, di una vittoria su tutto il male che in questi anni hai dovuto patire. 

So che non è possibile: sei sempre così misurato che neanche un velo di speranza riesce a oscurare il tuo imperterrito realismo.

Dici che esagero?

Quando giochi così, mi fai soffrire.

Non mi fraintendere: io sono felice se tu ti senti bene, ma vorrei che il tuo benessere si prolungasse nel tempo.

Allora io non posso che ricordarti così: tu, solo Jun, che corri felice, senza timore di cadere ma con la paura di sbagliare, dietro alla tua passione, al tuo sogno, a quel pallone che per te ha significato vivere e insieme morire.

E io ti giuro che se avessi potuto, ti avrei donato il mio cuore, mio caro Jun: tutto il mio cuore.