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Autore: MadLucy    10/04/2020    1 recensioni
[what if where everything's the same but Harry meets young!Tom Riddle | slightly Tomarry]
A Hogwarts Harry incontra Tom, che non è altro che un bambino che gli assomiglia incredibilmente. Non è Voldemort.
Non ancora.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Potter, Tom Riddle/Voldermort | Coppie: Harry/Voldemort
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Chiusura.






«E quindi è così che deve andare» biascicò Harry. Appena riemerso dal Pensatoio insieme a lui, Tom annuì quietamente. Non sembrava sorpreso, solo assorto.
«Verrò con te» disse soltanto. «Ci andremo insieme.»
Harry non fu in grado di dissuaderlo, nè ne provò il desiderio. Sentiva che quella non era solo la sua, di resa dei conti, e aveva un bisogno attanagliante di averlo al proprio fianco. Anche solo camminargli accanto era ancora un soffuso, amaro piacere, che se socchiudeva gli occhi poteva rimandarlo alle prime volte che lo avevano fatto in quei corridoi. La sua calma gli infuse un'artificiale apatia, che disinnescava il panico e sommergeva, quasi, in una torbida stasi mentale. Il silenzio era stato sotto varie forme tra loro, e adesso era liquido. Mentre in Sala Grande si disponevano i corpi dei caduti, scesero le scalinate deserte di Hogwarts, occupate solo dalle macerie dei combattimenti. Quando Hermione e Ron gli vennero incontro, Harry li abbracciò come se avvenisse da lontano. Si sentiva già espropriato del corpo, desensibilizzato, e persino quel contatto parve un prendere le distanze. Tom rimase in disparte, e quando i suoi amici lo notarono non commentarono. C'era qualcosa di naturale, di intuitivo, nel fatto che ci andassero insieme. Harry riuscì a passare avanti, senza farsi devastare dai singhiozzi soffocati di Hermione. Il suo cuore fantasma si contraeva appena nel petto, allentato, aereo. Si era originato un distacco tra la pellicola delle emozioni e lui stesso. Era, necessario, si disse, per completare quel cammino. Ma capì che non era sufficiente, quando il freddo della Foresta Proibita gli carezzò la pelle. La sua mano sgusciò delicatamente dentro quella di Tom, inerte e abbandonata.
«Se lui morirà stanotte, cosa succederà a te?» Era la supplica di una rassicurazione, o un lamento, piuttosto che la pretesa di una soluzione. 
«Non lo so» rispose Tom, asciutto. «Non so nemmeno cosa succederà a te.» Chiuse la mano intorno a quella di Harry, assertivo. 
«Voldemort non accetterà la tua esistenza. Sei la prova che ha sempre avuto torto, che tutto poteva essere altrimenti.» Chi avrebbe mai potuto desiderare di essere Voldemort, se avesse potuto essere Tom?
«Altrimenti, ma fino a che punto?» Lo sguardo di Tom era opacizzato. «Non riesco ad immaginare un futuro per me e te. Dopotutto, è stato lui a unirci. Sarebbe ragionevole che allo stesso modo ci separasse.» Harry si teneva stretto alla speranza della bellezza di ciò che provava, ma doveva chiudere gli occhi davanti alla realtà per vedere ciò che voleva. 
Quando il Boccino si schiuse sotto le sue labbra rivelando la Pietra della Resurrezione, d'impulso, la allungò prima a Tom. Lui aveva già visto Lily e James, nelle fotografie, nello Specchio delle Brame, quel giorno al cimitero, ma era certo che Tom non avesse volti da associare ai suoi nomi. Non riuscì a respingerla in tempo, posata sul suo palmo. Se avesse potuto vedere quello che vedeva lui, Harry avrebbe distinto la sagoma densa e argentea di una donna minuta, avvolta in un abito modesto, con il viso affilato e due bande di capelli scuri sulle spalle. Non era bella, ma la tenerezza che i suoi occhi umidi esprimevano la rendeva luminosa. 
Tom non riuscì a fare altro che contemplarla, quasi oltraggiato dalla sua vista; le alette del naso fremettero, e Harry sentì la mano stringere forte la sua. Nel suo sguardo si leggeva tutto ciò che non espresse a voce: rifiuto, risentimento, quasi odio. Lo spettro di Merope Gaunt chinò il capo.
«Lo so, hai ragione» mormorò. «Non sono e non sarei mai stata degna di essere tua madre. Ero debole e non ti ho difeso da nulla. Non potrai mai odiarmi come mi odio io, Tom. Tom...» Gli sfiorò uno zigomo, con fervente devozione. «Sei così bello. Sei... più bello di lui.» Nel vedere la reminiscenza di sua madre stillare lacrime per lui, Tom riconsegnò la Pietra a Harry, mortalmente pallido. 
Non gli fece nessuna domanda. Dopo l'apparizione di James, Lily, Sirius e Remus, non restava che un ultimo tratto di strada. Le loro mani erano ancora allacciate.
Nella radura, i Mangiamorte si erano dileguati; Voldemort sembrava aspettarli. Quando i suoi occhi rettili si posarono su Tom, non vi si soffermarono a lungo. Lui sa, pensò Harry. Invece, lo sguardo di Tom era sgranato, qualcosa che non seppe se interpretare come feroce eccitazione o completo terrore. 
«Benvenuti, amici miei» proclamò Voldemort, con manieroso sarcasmo, aprendo le braccia. «Vi siete presentati e non solo, mi onorate anche della splendida visione della vostra patetica allenza. Uno scarto cronologico e un parassita del mondo magico. Questa sarebbe la tua arma finale, Harry Potter? Una versione larvale di me?»
«Come facciamo a coesistere, io e te?» La voce di Tom risuonò imperiosa. «Dimmelo.» Harry comprese che si stava sforzando di non apparire impressionato, ma la mano tremava impercettibilmente.
Voldemort ghignò con indolenza. «Voi non potete saperlo, ma questa è la seconda volta che stiamo vivendo questo momento.»
«Cosa intendi dire?» lo apostrofò Harry. Notò Nagini strisciare tra l'erba, nel buio. 
«Sapete, ho imparato dai miei errori. Mi hanno detto che ignoravo l'amore e di conseguenza ne sottovalutavo il potere. Questo mi ha dato di che riflettere. C'era una frazione di verità, senza dubbio.» Voldemort non sembrava colto alla sprovvista, anzi, sembrava divertirsi nel contemplare il proprio piano messo in atto.
«Tu hai organizzato tutto questo? Silente aveva detto-» 
«Silente si sbagliava» tagliò corto Voldemort, bruscamente. «La prima volta non avevo tenuto conto della disposizione al sacrificio di Potter, e del fatto che il martirio per lui fosse un esiguo prezzo da pagare, anzi, l'ennesimo motivo di vanto. Ma adesso ho ricalibrato il tiro. La strategia migliore era porre un frammento della mia anima in qualcuno che il piccolo Harry non sarebbe mai stato in grado di uccidere. Qualcuno che potesse capirlo nel profondo e che muovesse le corde più intime del suo cuore.» Harry si voltò verso Tom, che invece guardava ancora Voldemort, le labbra ora strette in un'espressione di evidente ira. «Qualcuno che lo irretisse e conquistasse in maniera... irreversibile. E ha funzionato, Harry Potter.» Voldemort sorrise e i suoi denti erano piccoli e appuntiti. «Dopo aver scansato tanti pericoli, dopo aver superato tante peripezie, ti sei lasciato sedurre con un'ingenuità spiazzante. Ti sei innamorato di me
Harry provò un singulto di repulsione nel sentire la storia raccontata in quei termini. «Non è vero! Non è andata così!»
«Dopo l'omicidio dei Potter, ho trasferito il lembo della mia anima aggrappatosi al loro piccolo in un altro bambino, sottratto ad una dimensione alternativa parallela a questa.» Voldemort si voltò verso la sua controparte, giovane, fresca, illesa. «Dopo hai fatto tutto da solo, Tom, ti sei comportato esattamente come speravo: la condivisione del legame con me vi ha attratti l'uno all'altro. Hai adescato il giovane Potter in maniera tanto convincente che adesso venite qui davanti a me a dare spettacolo in maniera disgustosa del vostro coniugio.» Usò quella parola in termini sprezzanti. «Non serve che tragga le conclusioni per voi, vero? Lo farò comunque. Affinchè io possa essere sconfitto non è Harry che deve morire, ma tu, Tom.» Ancora una volta lo aggredì con quel nome, in tono denigratorio, irridente. 
Ma Tom non si lasciò più scalfire. «Correresti il rischio che Harry possa farlo davvero?» Strinse leggermente gli occhi, con aria inquisitoria. 
Voldemort rimase altrettanto impassibile. «E tu?» gli rispose solamente. 
Lunghi momenti trascorsero, e Harry vide i loro occhi scambiare o comunicare qualcosa di indecrittabile, qualcosa di solo loro. Era impossibile indovinare in maniera esauriente cosa la visione dell'uno scatenasse nell'altro. 
Poi, Tom scoppiò a ridere. Non fu un suono inquietante, nelle tenebre della foresta, ma sincero, di cuore. 
«Ti sbagli, Lord Voldemort» proferì, con sicurezza e con la stessa ironia. «Per l'ennesima volta sei rimasto un passo indietro.»
Se era preso in contropiede, Voldemort non lo diede ad intendere. «In che modo?»
«Tante cose sono successe.» Tom si voltò, in maniera da non fronteggiare più lui ma Harry. «Il frammento della tua anima non è più intatto dentro di me come quando ce l'hai messo» concluse, guardando il ragazzo negli occhi. Quindi Tom sapeva? Sapeva la ragione per cui era lì, sapeva qual era il piano con cui Voldemort sperava di vincolare Harry... e subito, mentre si fissavano, fu chiaro anche il perchè non sarebbe bastato uccidere Tom. Era vero, tante cose erano successe; a Privet Drive, ma anche soltanto nello spazio tra i loro fianchi in cui avevano intrecciato le mani.
«Dovremo farlo insieme, Harry» annunciò Tom, con voce soffice. «O almeno, questo è l'unico tipo di insieme che vedo per noi.» La dolcezza e tristezza nella sua voce spezzarono qualcosa in Harry. La dolorosa consapevolezza di tutto venne, e la paura scomparve.
«Com'è romantico.» Voldemort parve capire cosa stava per accadere. «Non lo farete.»
«Quello che è lui lo sono io. Quello che io sono, Tom lo è diventato» mormorò Harry. «Siamo cambiati insieme. Siamo diventati diversi per assomigliarci sempre di più e per distinguerci sempre di più da te.»
«Tu non puoi accettare di morire, non puoi accettarlo!» urlò Voldemort.
Tom gli sorrise. Aveva puntato la bacchetta contro il petto di Harry, in un gesto veemente e in un certo modo passionale, una grande pressione affondata nella sua carne. Harry non sapeva cosa sarebbe successo dopo, un lampo di luce verde, una sensazione di calore, il nulla, una candida King's Cross; sapeva solo che Tom stava sorridendo. Posò la bacchetta sul suo collo, e tra le loro bacchette incrociate c'era ancora il suo sorriso, sottile, fermo, come una promessa. Non erano più costretti a vivere se l'altro non fosse sopravvissuto. Mentre gli occhi di Tom lo accompagnavano fino alla fine, le labbra mimarono la formula. Harry lo imitò. 


***

Quando Harry aprì gli occhi, Tom era seduto sul letto dove lui era disteso. Il suo sorriso era di nuovo lì, quasi divertito dal suo sbalordimento.
«Siamo nell'aldilà?» chiese stupidamente.
«No.» Tom indicò il comodino dell'Infermeria accanto a loro. «Siamo nel rudere di questa scuola.»
Harry balzò su con il torso dal materasso. «Voldemort...?»
«Paciock ha ucciso il serpente. Sdraiati, hai il colore dell'erba.»
«Tom!» gridò Harry. «Siamo... vivi? Siamo vivi! E lui è morto! E tu sei qui!» Non gli importava nemmeno capire come, francamente.
«Sì, Potter, mi sembra un buon riassunto.» Ma gli occhi di Tom brillavano.
Harry gli saltò al collo. «Non siamo morti, e siamo insieme! Possiamo stare insieme senza essere morti!»
«Sì, ma se non riposi, adesso...!» Harry lo zittì con il bacio più impetuoso che gli avesse mai dato. Quella era la riprova che aveva sempre avuto ragione, che il suo fidanzato aveva il diritto di vivergli accanto e che avrebbero continuato il loro futuro da soli, senza ombre, senza intrusi. Decisamente non aveva tempo per riposare. 











 
  
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