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Autore: Mordekai    11/04/2020    1 recensioni
’Tu non comprenderesti, mio buon vecchio Ōkami. Non comprenderesti che qui, tra le persone, vi è la vera libertà. Perché vivere con costante angoscia tra arbusti, sapendo di morire e divenire cibo per vermi, quando potresti godere in armonia delle stagioni e dei loro profumi?
Genere: Drammatico, Fantasy, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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‘’Non fa differenza combattere
da leone o tigre.
Se è per la patria,
anche la vita del guerriero
è accolta tra gli dei.’’

 
L’odore di olio, polvere da sparo e morte abbracciavano la spoglia terra, i suoi alberi venivano consumati dal vorace fuoco liberato da fauci malefiche. Nel fango trascinavo le mie membra esauste e ferite, ma non il mio ardore da samurai. Il castello dell’Imperatore si ergeva dalla distanza, anch’esso circondato da fiamme che non osavano sfiorare la sua magnifica imponenza e cercai riparo al suo interno; l’olezzo dell’olio venne sostituito dal delizioso profumo di ciliegio, capace di farmi dimenticare le mie ferite e l’imminente sconfitta. Al centro della stanza, impeccabile nella sua bellezza, vi era il trono del mio Signore privato di ogni sua gemma e decorazione per impedire al nemico di distruggerlo e profanarlo. Un trono che seppur vuoto merita il rispetto di ogni uomo o animale, ed io mi inchinai alla sua grazia e al suo onore.

‘’Perdonatemi, mio Signore, ma il mio corpo chiede riposo.’’- dissi alzandomi faticosamente, cercando di raggiungere il trono e di non incespicare. Il marmo di quel trono affievolì la mia stanchezza non appena mi poggiai su di esso, invitandomi a chiudere gli occhi e a sognare: prati sconfinati, risaie colme di contadini baciati dal sole, la brezza della primavera che trasportava petali di ciliegio dolce. Potevo sentirli danzare tra le mie mani e cambiare compagno, scegliendo farfalle azzurre per poi volteggiare in cielo e tramutarsi in splendide lucciole che rischiaravano le notti primaverili. I miei pensieri vennero infranti dall’improvviso rumore metallico provenienti dalla porta d’ingresso che, poco dopo, venne spalancata con forza tanto da incrinare il legno e la bianca carta che la decorava.

La polvere turbinava nella stanza, accompagnando scintille ambrata che si posarono sulle colonne e da lì ebbe inizio una nuova danza asfissiante. E dalla coltre di fumo, il lupo restava lì ad osservarmi con occhi freddi. Percepivo il suo desiderio di carne. Di sangue. Le mie ali sono state spezzate dalle frecce e dal fuoco ma i miei artigli possono ancora fronteggiare le sue zanne, ferirlo e poter vincere.

‘’Le tue ali sono state spezzate, vecchio Karasu. Potevi liberarti da questa prigione e tornare a volare, ma hai preferito restare qui. Sei patetico.’’- disse lui, quasi ringhiando mentre avanzava e potevo scorgere perfettamente i suoi occhi luminosi, la sua pelliccia impeccabile e la zampa artigliata. Non risposi alla sua provocazione, concentrandomi nuovamente sulla calma primaverile dalle mille sfumature e serrai le mani sui braccioli del trono:

‘’Tu non comprenderesti, mio buon vecchio Ōkami. Non comprenderesti che qui, tra le persone, vi è la vera libertà. Perché vivere con costante angoscia tra arbusti, sapendo di morire e divenire cibo per vermi, quando potresti godere in armonia delle stagioni e dei loro profumi? Tu sei un predatore, il tuo compito è uccidere per vivere e non mostrare alcuna empatia. Ecco perché non comprendi.’’- risposi affannato, sfiorando la mia fedele arma posta in grembo e la usai per lasciare il trono, usandola come bastone da passeggio. Il Lupo continuava a scrutarmi, sorridendo mestamente e con l’arma rivolta verso il basso, scintillante al tenue bagliore delle fiamme ormai opprimenti nel palazzo:

‘’Oh, sbagli Karasu! Io conosco la libertà, le sensazioni che ti dona ma è nella nostra natura uccidere per vivere. Sei pur sempre un predatore, come me. E adesso, estrai la tua spada e affrontami. Abbiamo un conto in sospeso.’’- corrispose estraendo la sua prediletta spada dal fodero, gettando via il mantello di pelliccia e assumendo una posa di pura fierezza e nobiltà da spadaccino.

‘’Dopo mille e centoventisette anni la tua memoria è ancora ferrea.’’- replicai nuovamente, con un gemito di dolore e stanchezza, ma l’ardore da samurai prese il sopravvento e sorrisi al Lupo innanzi a me muovendomi lentamente in cerchio, calpestando le fiamme ancora danzanti.

‘’Hai ragione. Le mie ali sono state spezzate Ōkami, ma posso ancora fronteggiare il nemico con i miei artigli. E morire sarà un grande onore.’’- aggiunsi, portando la spada verso l’alto riuscendo a scorgere il mio volto sporco di fuliggine e madido di sudore. In lontananza si udì una campana echeggiare che decretò la fine dell’assedio e la nostra vittoria. Il Lupo comprese della sconfitta del suo esercito, ma non gli interessò più di tanto. Il suo obiettivo era uno solo:

‘’Come ai vecchi tempi, fratello?’’- domandò inchinandosi, e attendendo la mia risposta che faticava a lasciare la mia gola arsa e supplicava di ricevere un sorso d’acqua fresca.

‘’Come ai vecchi tempi, fratello!’’- risposi alla sua domanda e mi inchinai anche io poco dopo. All’ultimo rintocco di campana le nostre spade si scontrarono con forza, generando vortici d’aria che carezzarono l’inferno di fiamme voraci nel castello imperiale. Ogni respiro, ogni piroetta accompagnava quella sinfonia metallica. Nei nostri occhi potevamo scorgere i nostri sorrisi, come se quel duello non fosse dettato dal rancore e dal rimorso bensì da semplice desiderio di dimostrare il nostro onore da samurai. L’ardore che alimenta lo spirito di uno spadaccino. I miei pensieri si concentrarono nuovamente sui placidi ruscelli, i miei sensi si dedicarono al morbido solleticare provocato dall’erba smeraldina, all’odore dei fiori, al sapore delle ciliegie mature, alle risate dei bambini che giocavano tra le strade del paese, ai colori che il tramonto dipingeva sulla tela che era il cielo.

Perché questa è la vera libertà.
自由
 
Le lame dei samurai si scontrarono, si baciarono e si allontanarono per l’ultima volta prima di infliggere il fatale colpo. Le forze abbandonarono le loro membra costringendoli ad inginocchiarsi, e risero. Risero a crepapelle incuranti ormai dell’imminente Velo della Notte e della pioggia di lucciole rosse che discendevano sui loro capi pronti ad accoglierli tra le loro braccia.

Le risate divennero flebili fino a tramutarsi un semplice e singolare respiro.




































































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Angolo dell'autore: Sì, è una storia breve ispirata al disegno fatta una mia cara amica che mi supporta in tutto ed io non ringrazierò mai abbastanza per esserci sempre.
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Spero possa piacervi. Le ripetizioni sono volontarie, dato il desiderio di dare una visione chiara della lettura. Se ci sono problemi, contattatemi tramite PM. Grazie per la lettura! P.S: Il kanji che vedete in grassetto vuol dire appunto ''Libertà.''
   
 
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