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Autore: Shiny Piloswine    11/04/2020    0 recensioni
Una giovane donna ricca, seduta sulla poltrona del dentista, ripensa ai momenti salienti della sua vita e del suo matrimonio.
In tre parole: "Barche a vela, orecchini di perla e conflitti sociali"
Genere: Malinconico, Satirico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Due lacrime mi scorrono sul viso mentre l’igienista dentale mi pulisce i denti. Me ne vergogno molto. Essendo sdraiata mi scorrono ai lati della faccia e le immagino cadere sul pavimento. L’igienista si ferma e mi chiede se va tutto bene, dico di sì e lei riprende il lavoro.

Vado in barca a vela da quando ho dieci anni. Mio padre possiede un’imbarcazione, invero di un certo pregio, chiamata banalmente La Perla. Un cutter di undici metri, doppia cabina, bagno, parti di legno pregiato. Lui è in effetti molto ricco.

È stato naturale per me imparare ad andare a vela. Non dico di essere stata costretta, ma più una cosa del tipo sarebbe bello che tu imparassi.
Ho cominciato, era maggio, in quarta elementare sul lago di Garda. Il Lago è inaspettatamente profondo e insidioso per chi non è preparato e io all’epoca non me ne rendevo ancora conto.

Se guardi da lontano e sei un genitore particolarmente apprensivo, è probabile che ritirerai immediatamente tuo figlio dal corso di avviamento alla vela. L’insegnante parte da solo con la sua barca e tutti gli allievi devono seguirlo coi loro piccoli optimist, e questo già dalle prime lezioni quando ancora nessuno è veramente capace. Sembra di vedere le madri anatre del lago, che per insegnare a nuotare ai piccoli, scappano veloci senza guardarsi indietro e si aspettano che tutti le seguano. E naturalmente non finisce sempre bene. Ci sono vari video su YouTube di madri anatre, che nuotano senza voltarsi e non si accorgono che due o tre piccoli nel frattempo, sono morti annegati o mangiati. Brrr. Alla scuola di vela per lo meno prima si accertano che tu sappia nuotare.

Ho passato le scuole medie senza troppi intoppi, disegnavo barche e studiavo il giusto, in certi momenti mi sentivo in effetti, molto sola. Quando ho incontrato Vittorio facevamo la terza e sinceramente avevo pochi amici, ma già dall’inizio dell’anno un buon presentimento.

A scuola c’era il gruppo dell’élite, cioè quelli che già da preadolescenti sanno dove sono e sanno cosa fare; e poi gli altri. Io grazie a mio padre e alle sue finanze, avevo ricevuto alla nascita un coupon per entrare nel gruppo dell’élite a piacimento. Nei primi due anni avevo deciso di tenerlo in un cassetto e stare con gli altri, ma era sempre più chiaro che non fossi una di loro. Per me era tutto un gioco, io mi divertivo, loro non avevano scelta. Così quasi a primavera, decisi di usufruire del mio coupon “entra gratis nell’élite.”
Anche Vittorio ne faceva parte, più convinto di me sicuramente, ma di certo non un leader. Casualmente suo padre era il proprietario di una farmacia centralissima e possedeva una barca a vela di tredici metri. Due in più de La Perla!

Ci conoscemmo all’inizio di aprile, lui era in un’altra sezione, in un’aula lontana dalla mia. Ci conoscemmo a ricreazione in cortile e lui come prima cosa mi prese in giro per le mie lentiggini. Ma mi prese in giro in modo giusto. Come si confà a chi sa quello che sta facendo. Ci baciammo per la prima volta pochi giorni dopo. E c’era in effetti, qualcosa di speciale nel sentire le sue mani, intrecciate tra i miei capelli ramati. 
Inutile negarlo, quegli ultimi mesi di terza media sono stati uno dei periodi più felici della mia vita. Non saprei stabilire il periodo più felice della mia vita, ma in un’ipotetica classifica è probabile che quei due mesi possano aggiudicarsi almeno la seconda posizione.

Mi chiese di sposarlo, banalmente, durante una vacanza in barca a vela in Grecia, tra le isole Sporadi settentrionali; che per la cronaca sono molto più affascinanti di altri arcipelaghi più famosi. I due marinai dell’equipaggio sentendo la proposta furono quasi più entusiasti di me, che subito non sapevo bene cosa rispondere e poi dissi di sì naturalmente. Eravamo entrambi laureati da non molto e entrambi pronti a carriere lavorative dalle ottime premesse.

Curioso come si innesti un circolo virtuoso per cui chi non ha bisogno di lavorare, è più lucido e fa le scelte più giuste nella vita. Vittorio ad esempio rifiutò di fare il farmacista come suo padre, ma studiò matematica e riuscì con le sue forze a mettere le basi per una carriera (e una vita) che gli ha dato soddisfazioni non solo economiche. Alcuni altri pensano che sia stato aiutato o peggio raccomandato, ma no, ce l’ha fatta con le sue sole forze, solo grazie alla sua lucidità. Nessun coupon.

Domani ho l’appuntamento dal dentista per l’igiene, che mi mette sempre una certa ansia. Da piccola avevo problemi ai denti e facevo fatica a pulirmeli, provocando gengivite e fiotti di sangue a ogni singolo contatto. Le sessioni di pulizia risultavano particolarmente dolorose e quasi cruente. Col tempo e comprando uno spazzolino elettrico le cose si sono sistemate. È strano che qualcuno non me lo abbia detto prima.
Domani è una giornata impegnativa, oggi invece devo portare della roba, soprattutto giubbotti di salvataggio, al Veliero. Dopo tre anni di matrimonio Vittorio ha ritenuto opportuno comprare una barca, un catamarano di 8 metri, moderno e pregiato, chiamato proprio Il Veliero. Carino, ma per me esiste solo lo scafo singolo.
Sono scesa al molo indossando dei deliziosi orecchini di perla che appartenevano alla mia cara nonna, che a sua volta li aveva ereditati dalla sua. Sono orecchini di fine ‘800, di pregio ma facili da abbinare, quasi sportivi. Li metto spesso, senza paura di perderli.

Il Veliero mi aspetta ancorato, sembra quasi immobile. Il doppio scafo funziona, ha ragione Vittorio.
Salgo sulla barca, vado sottocoperta e odoro la salsedine sedimentata sul legno pregiato. Mi sento subito meglio. Sto per mettere dei giubbotti salvagente in un cassettone, quando la perla dell’orecchino destro in qualche modo si stacca e cade sul pavimento della barca. Cerco di prenderla al volo al primo rimbalzo, ma quella maledetta schiva la mia mano e scivola in una fessura sotto il sedile laterale. Praticamente irrecuperabile senza smontare un pezzo di cabina.
Ho un momento di sconforto, mi dispiace veramente molto dover rinunciare a quel paio di orecchini e in un modo così stupido. Allora mi metto a cercare un po’ alla cieca, senza sapere bene dove guardare. Non sono lucidissima. Apro il grosso cassettone vicino a dove è rotolata la perla e lo svuoto di tutti i galleggianti, cime e cuscini che contiene; per vedere se eventualmente si potrà fare un buco e recuperare l’orecchino. E lì dentro, sotto un galleggiante sgonfio; incastrato e schiacciato, trovo un reggiseno. Inequivocabilmente raffinato e inequivocabilmente non mio.
Mi squilla il cellulare, è un messaggio automatico dello studio dentistico che mi ricorda l’appuntamento di domani.
   
 
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