Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Maqry    11/04/2020    5 recensioni
Hogwarts, dicembre 1995.
"Così forse ci sarà un’altra guerra, e forse questo sarà il loro ultimo Natale, e forse invece no, ne avranno altri ancora e ancora, ma nel caso… Solo nel caso, ma metti mai, meglio essere preparati."
[One-shot legata all'universo alternativo della serie "Cosa tiene accese le stelle"]
Genere: Commedia, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dolores Umbridge, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Our last Christmas
Questa storia è legata all'universo alternativo della serie Cosa tiene accese le stelle, ed è ambientata un paio di anni prima dell'inizio della stessa. I personaggi protagonisti sono miei OC, introdotti in "Di vecchie dissonanze e nuovi duetti".






O
ur last Christmas

 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ottobre 1995
 
 
È una tranquilla mattina di inizio ottobre, a Hogwarts, tremendamente ordinaria e noiosa.
La maggior parte degli studenti è immersa nella propria assonnata colazione, un lieve brusio a fare da sottofondo, mentre i ritardatari si stanno accomodando or ora con grandi sbadigli e occhi cisposi. C’è chi rischia di addormentarsi sulla propria tazza, chi finisce di redigere il tema di Trasfigurazione per compito, chi legge la Gazzetta del Profeta appena recapitata e chi si abbuffa di pancetta e uova.
Una tranquillissima, ordinaria e noiosa colazione in Sala Grande in una serena mattina di inizio ottobre.
Per lo meno fino a quando un gufo reale di maestose dimensioni plana elegante con mille giravolte nella Sala, una spessa busta dalla carta color blu notte nel becco. Gli studenti del primo anno in grado di tenere entrambi gli occhi aperti lo ammirano tutti estasiati, mentre quelli delle classi successive che a loro volta si sono già scrollati di dosso il torpore delle coperte si limitano a contemplarlo per pochi istanti, per poi ritornare alla propria colazione – ordinaria amministrazione di ogni anno.
Il gufo atterra imponente al tavolo Grifondoro, proprio ai posti corrispondenti agli studenti del settimo anno, e per la precisione davanti a Nathaniel Ghisler, voltato a discutere animatamente con il Tassorosso seduto alle proprie spalle, e Charlotte Sheridan. La ragazza, la guancia sprofondata nel palmo della mano, un occhio chiuso e un gomito a tenere ferme le pagine, è immersa nella lettura di un libricino dalla copertina viola, mentre rimescola distrattamente la tazza di latte e cereali che ha di fronte. Nessuno dei due Grifondoro pare dar segno di accorgersi dell’animale, e continuano imperterriti le proprie occupazioni senza nemmeno rivolgergli il minimo sguardo.
Indispettito da tanto disinteresse, con un lampo di biasimo negli occhi ambrati il gufo becca la mano della ragazza. Al terzo richiamo volutamente più veemente dei precedenti – Maledetta bestiaccia, mi ha lasciato il segno! –, Charlotte si decide a distogliere l’attenzione dal romanzo e dedicarla al proprio molestatore pennuto.
Damnú air1!” impreca a denti stretti, mentre il gufo deposita pomposo la missiva e con il consueto cipiglio altezzoso accetta i biscotti che la ragazza gli porge, prima di riprendere il proprio volo. “Hanno già scritto? Troppi problemi affliggono quelle megere… Nat!” chiama picchiettando la schiena del fidanzato sedutole affianco.
“Lots, cosa…?” inizia a domandarle il ragazzo, ma non fa in tempo a voltarsi che Charlotte gli sventola seccata la busta davanti al viso. Come è possibile che sia già arrivata la lettera? Non è ancora passato Halloween, non può essere seriamente lei. Eppure lo è inequivocabilmente: busta blu notte delle grandi occasioni e il sigillo del sindaco impresso sulla ceralacca dorata, nonché la consueta intestazione «a tutti i ragazzi di Port» vergata dalla rigida calligrafia di sua nonna.
“Ma siamo solo al… che giorno è oggi?” ribatte Fabian Gallagher, che si è alzato dalla tavolata Tassorosso per avvicinarsi ai propri migliori amici e analizzare meglio la situazione.
“Il sette ottobre,” suggerisce scuotendo rassegnata il caschetto corvino Caitriona Kelley, Tassorosso del sesto anno e a sua volta membro del cosiddetto Gruppo dei Ragazzi di Port, mentre si sbraccia per avvisare quanti più affiliati possibili della stessa combriccola.
“Sette ottobre!” scandisce inviperita Charlotte, assottigliando i furenti occhi blu e passando il funesto involto a Nathan. “Sarà meglio per loro si tratti di qualche calamità che ha improvvisamente travolto il villaggio e non della lista di preparativi per Natale. Potrei non rispondere delle mie azioni in tal caso,” afferma perentoria, indirizzando una tale occhiata alla lettera da incenerirla, se disgraziatamente ne avesse il potere.
Intanto, richiamata da Caitriona e dal successivo passaparola, una trentina di ragazzi, tutti visibilmente spaesati o in taluni casi allucinati, si è radunata attorno al tavolo Grifondoro in attesa che Nathan si decida a scartare l’involucro e rivelarne il contenuto.
Impaziente di vedere smentiti i propri peggiori incubi, Charlotte si arrampica in ginocchio sulla panca e sbircia il messaggio da sopra la spalla del fidanzato.
Léan air2!” inveisce nuovamente la ragazza, sprofondando teatralmente il viso contro la schiena del giovane. “Sono realmente gli ordini supremi da parte del Circolo delle Banshee per Natale,” biascica esasperata, scatenando nel resto del gruppo le medesime reazioni.
 
A Port – Donegal, Irlanda – le festività sono una faccenda di tutto riguardo, nessuna esclusa, da San Patrizio alla Fondazione fino agli onomastici. Un vero e proprio affare di stato – o per meglio dire di villaggio – da cui nessuno viene escluso e in cui ciascuno deve svolgere meticolosamente la propria parte.
Tuttavia il Natale si colloca su tutt’altro livello, nell’elenco delle priorità di Port: è una questione serissima, sissignore, quasi di vitale importanza. A tal punto da richiedere la messa in campo dell’artiglieria pesante e la pianificazione di ogni singolo dettaglio con un mese di anticipo, così che a metà novembre i compiti vengono ufficialmente ripartiti tra gli abitanti. A quel punto il gufo reale del sindaco, messaggero ufficiale del villaggio, sorvola l’oceano fino alla Scozia per aggiornare anche i ragazzi a Hogwarts delle mansioni di cui dovranno occuparsi, in modo che possano arrivare a Port per le vacanze adeguatamente organizzati.
Coordinatore indiscusso delle celebrazioni di qualsiasi sorta è il Circolo delle Banshee, ovvero il nutrito gruppetto di anziane e strenue custodi delle tradizioni che, armate di bacchette e fatture pronte sulla lingua, supervisionano e dirigono l’intero lavoro dei compaesani. Tra di loro il Natale viene progettato molto prima – c’è chi afferma inizino ancora il giorno successivo all’Epifania – e con meticolosa precisione anche per tutte quelle inezie a cui nessuno presterebbe mai attenzione. Come la lunghezza dell’orlo delle tovaglie: chi potrebbe mai notare si tratti di tre o quattro centimetri? E cosa potrebbero compromettere quei dieci millimetri in più? La risposta, per il Circolo, è una sola: cambiano tutto, rovinano tutto. Per questo discutono e architettano e discutono ancora, sedute sulle panchine della piazza o su una sedia di fortuna sulla soglia di casa propria, mentre correggono e ritoccano bozze con colpi di bacchetta – pigri, seccati o autoritari a seconda dei casi –, intavolando dispute accesissime sull’ordine delle carole o il colore dei tovaglioli.
Tutto deve essere perfetto per Natale, quasi che si rischi Azkaban nell’abominevole caso in cui le lanterne a illuminare le stradine siano quattrocentodieci invece che quattrocentotrentadue.
Delle versioni scrupolose e maniacali di Peeves il Poltergeist, reputa Charlotte, ma ugualmente snervanti e assatanate. Ronzano per le vie armate di elenchi e bacchette, pronte ad affatturare chi non svolga al meglio il proprio ruolo, o ad accollarne di nuovi a qualche malcapitato trovatosi per ironia della sorte sulla loro strada. Uno sciame di Pixie della Cornovaglia indaffarato e per di più sovraeccitato dall’ansia da prestazione, che costringe l’intera cittadinanza a portarsi avanti con il lavoro un mese prima della festività.
Un’assoluta blasfemia, a sentire Charlotte, fermamente contraria al ritrovarsi invischiata in qualcosa che richieda ci si organizzi con largo anticipo – o qualsiasi tipo di anticipo, a essere onesti. La filosofia di vita che porta avanti da più di diciassette anni prevede si faccia tutto all’ultimo: ci ha provato a prendersi per tempo, sul serio, ma ogni volta tutte le sue buone intenzioni sono andate a fare compagnia ai Nargilli di cui blatera la Lovegood. Nemmeno con lo studio è in grado di applicarsi: i compiti li esegue tutti con diligente precisione e puntualità, ma per gli esami studia seriamente solo a ridosso degli stessi, ripetendo da anni di riuscire a dare il meglio di sé sotto pressione – i G.U.F.O. superati con il massimo dei voti ne sono la chiara testimonianza, reputa.
Per questo, per quanto ami il Natale, odia con tutta se stessa l’Avvento e i vari allestimenti che le sottraggono tempo prezioso da trascorrere con i propri migliori amici o a leggere, obbligandola a pensare un mese in avanti, subissata altrimenti di richiami all’ordine ogni due giorni. Una vera tortura, a suo giudizio, amplificata ora all’ennesima potenza. Sette ottobre: da uscirne pazzi come quelle sciroccate, poco ma sicuro!
Che poi, quello che veramente non riesce a comprendere è la necessità che tutto sia irreprensibilmente impeccabile: sono poi sempre loro, non viene certo il Ministro della Magia in persona! Port conterà una ventina o poco più di famiglie che si conoscono da sempre: il bisogno di essere ineccepibili non riesce proprio a coglierlo.
Davvero, un conto è accordarsi su cosa cucinare per il pranzo del venticinque in piazza, così da non ritrovarsi con quaranta bottiglie di Ogden Stravecchio e trentasette Christmas Pudding, un’altra misurare metro alla mano la distanza tra i piatti e le posate. Forse sarà che dall’alto del proprio caotico disordine non riesce a cogliere la logica sottesa a tutti questi sforzi che giudica completamente futili, ma le pare una tale assurdità…
Se c’è una cosa che il Circolo delle Banshee sa egregiamente fare, comunque, è ammazzare tutto l’entusiasmo della gente con le proprie fissazioni.
 
“Ma che bisogno c’è di iniziare a ottobre?”  rantola accorato Sean McKinley, Corvonero del quinto anno che si trova già in pieno studio intensivo per i G.U.F.O. e sperava di avere a disposizione ancora un mesetto di ripasso indisturbato.
“A quanto pare – cito testualmente –,” chiarisce Nathan, “quest’anno dobbiamo fare le cose in grande.”
“Perché si sa che solitamente ci limitiamo a scambiarci gli auguri,” ribatte caustico Aidan Kelley, Serpeverde e fratello minore di Caitriona, incrociando le braccia al petto.
“Immagino si riferiscano velatamente allo scorso anno e allo scempio che a parer loro ne è derivato…”
“Scempio, non esageriamo, è stato solamente un po’ sotto tono rispetto al solito. Ingigantiscono sempre tutto.”
“No, beh, effettivamente è stato un fallimento tale da meritare una T nella scala dei Natali, e sono ancora buono.”
 
Le festività del millenovecentonovantaquattro, a voler essere onesti, sono state decisamente ben al di sotto del consueto standard di Port, con un susseguirsi dopo l’altro di intoppi che hanno quasi causato la celebrazione del funerale collettivo di tutte le anziane del Circolo, colpite da infarto simultaneo ripetutamente.
In primo luogo, Silente ha permesso lo svolgimento di quelle bestialità del Torneo Tremaghi e del conseguente Ballo del Ceppo, a cui nessun ragazzo ha voluto rinunciare. Per risolvere l’inghippo è stato faticosamente trovato il compromesso di far rincasare il mattino successivo con la Metropolvere i ragazzi attardatisi a scuola, costringendo a ripiegare sui bambini più piccoli per le celebrazioni del ventiquattro.
Poi Fabian Gallagher, colonna portante del gruppo musicale del paese, nonché prima voce maschile e solista del Coro dei Ragazzi (i nomi altisonanti, estremamente fantasiosi e corredati di maiuscole sono una costante a Port), si è ritrovato allettato e impossibilitato a cantare o suonare.
O’Brian Padre si è scolato quattro bottiglie del delizioso e fortissimo liquore al sambuco di Melissa Doherty, sfracellandosi sulla tavolata dei dolci e spedendo tutti i manicaretti a imbrattare abiti e capelli dei vicini, nonché il suolo, in maniera irreversibile e prima che chiunque potesse assaggiarne anche solo una briciola. E questo solo per citare alcune disgrazie.
Ne consegue che ora gli sforzi del villaggio mirino tutti nella direzione opposta, per assicurarsi che il millenovecentonovantacinque adombri con la propria sfavillante perfezione gli incidenti disseminati a tradimento lungo la strada che torna indietro, anno dopo anno, fino agli inizi.
E perché potrebbe anche essere l’ultimo, aggiunge mentalmente Charlotte. Ma questo nessuno ha l’ardire di ricordarlo a voce alta, non ancora – si sa che, a differenza dei sogni, gli incubi a dirli si avverano. Eppure lo sanno – lo hanno sempre saputo – che non era davvero finita, e se solo il pensiero li ha mai sfiorati sono stati degli sciocchi, dei codardi o degli illusi. Nessuno è morto finché non si identifica il cadavere, dovrebbero ricordarsi tutti che questa è la prima regola delle guerre; e se il morto manca, allora non si è vinto, solo ritardato lo scontro. Per vincere non basta prendere l’Anello, serve distruggerlo – ma i maghi non li considerano, i libri babbani.
Così forse ci sarà un’altra guerra, e forse questo sarà il loro ultimo Natale, e forse invece no, ne avranno altri ancora e ancora, ma nel caso… solo nel caso, ma metti mai, meglio essere preparati.
 
“Ovviamente questo dovrà essere il Natale più spettacolare che si sia mai visto da… beh, dall’anno zero come minimo, così da sotterrare il ricordo del precedente.”
“A essere precisi dal sette o quattro avanti Cristo.”
“Eh? Ma che vai dicendo, se siamo avanti Cristo non si può parlare ancora di Natale.”
“Per tutti i Leprecani dell’Ulster, c’è stato un errore di calcolo, lo sanno pure i goblin…”
“Sì, bene, fine della lezione di storia, Charlotte,” la blocca pratico Nathan, afferrandola per un polso e costringendola a sedersi composta al proprio fianco. “Qualsiasi sia la motivazione, questi sono i nostri incarichi per quest’anno, e a meno di voler essere sommersi di Strillettere – o peggio – ci conviene eseguire il tutto senza troppe lamentele. Non finisce mai bene per chi prova a contrastare i loro piani, lo sapete, ottobre o novembre che sia.”
“Ehm ehm!” tossicchia garbatamente la professoressa Umbridge alle spalle del circolo di studenti creatosi attorno ai due Grifondoro, un sorrisetto lezioso stampato sul viso da rospo e un completo rosa ricolmo di fiocchi, così da renderla simile a un pacco regalo – non particolarmente gradito, tra l’altro.
Tutti gli irlandesi si voltano nella sua direzione, chi con sguardo perplesso, chi intimorito e chi di astio malcelato.
“Vorrei ricordarvi il Decreto Didattico Numero Ventiquattro, miei cari,” trilla stucchevole l’insegnante, posando delicatamente i propri artigli laccati di rosa sulla spalla del piccolo e timidissimo Owen McGowan, il quale si ritrae subito terrorizzato e a ben vedere anche un po’ disgustato.
“Ma non esiste nessun Decreto Didattico Numero Ventiquattro,” osserva diligente Charlotte, che in quanto Caposcuola si è studiata l’intero regolamento di Hogwarts, ultimi emendamenti inclusi, e verso cui hanno tutti rivolto tacite richieste di intervento.
“Certo che sì, è entrato in vigore questa mattina, e conferisce all’Inquisitore Supremo – che sarei io – il potere di sciogliere organizzazioni, società, squadre, gruppi e circoli di studenti – e con questo si intende l’incontro regolare di tre o più studenti per qualsivoglia ragione – in qualsiasi momento lo reputi opportuno. Nessuna organizzazione, società, squadra, gruppo o circolo può esistere senza previa conoscenza e approvazione dell’Inquisitore Supremo, pena l’espulsione.”
Investita del proprio ruolo di portavoce del corpo studentesco, nonché di membro anziano del Gruppo di Port, Charlotte tenta nuovamente di ribattere per puntualizzare come a suo giudizio il loro non possa rientrare nell’elenco dei ritrovi incriminati – o dovrebbero reputare come tali anche le quattro Case –, ma viene anticipata dalla vocina affettata della donna.
“Vi consiglio pertanto di recarvi in aula per le lezioni. Immediatamente. Non vorrei mai vedermi costretta ed espellere qualcuno di voi!”
Non sapendo bene come comportarsi per evitare inutili spargimenti di sangue di primo mattino, Charlotte fa cenno col capo agli altri di eseguire all’istante gli ordini della Umbridge. Ne riparleranno appena possibile, lascia intendere con un gesto apparentemente meccanico della mano. I ragazzi seguono le istruzioni dettate loro dalla giovane Sheridan, e si allontanano a gruppetti diretti nelle rispettive classi, mentre quest’ultima si domanda per quale malaugurata circostanza l’abbiano posta al comando. Prendere decisioni per l’intero gruppo non rientra tra le sue massime ambizioni, tutt’altro, la vita le appare molto più rassicurante quando a prenderle è qualcun altro e può rintanarsi nel suo angolino, cercando di non attirare l’attenzione di nessuno su di sé. Ma lei, Nathan e Fabian sono i più grandi, ora, e ovviamente Silente ha ben pensato di nominarla prima Prefetto e poi Caposcuola.
Ad aggravare la situazione è giunta la nuova insegnante: non sa fino a quando riuscirà a sostenere quel rospo in gonnella che si arroga il diritto di insegnare – guardarci leggere, a voler essere precisi –, e rispondere con diplomazia alle sue continue insinuazioni e provocazioni, mostrandosi sempre un irreprensibile modello di studentessa. A inizio anno si è imposta di non darle alcun motivo di sorta per sottrarle la spilla da Caposcuola – non l’avrà cercata, ma in fondo è ben orgogliosa della nomina – e intende mantenere quella decisione.
Tuttavia non ha nemmeno intenzione di voltare la testa dall’altra parte di fronte alla crudeltà della donna: un conto è essere tanto dementi da negare il ritorno di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, un altro essere volutamente dispotiche e malvagie. Per questo motivo ha accettato di far parte del gruppo di Difesa che stanno organizzando Potter e i suoi amichetti, per quanto l’idea di avere come insegnante quel ragazzino estremamente fortunato e ancora al quinto anno non la alletti particolarmente. Continua a ritenere che Finn o Ryan, due Auror addestrati da Moody e zio Duff, sarebbero scelte decisamente più sagge – d’accordo, forse Ryan non si lascerebbe mai convincere, ma è sicura che il cugino sarebbe invece entusiasta e ben disposto ad aiutarli in qualche stanza sul retro della Testa di Porco –, ma per il momento le basta fare qualcosa contro la Umbridge, anche assistere a lezioni tenute da Potter su come Disarmare. Cosa che, tra l’altro, è in grado di fare benissimo senza il suo aiuto.
 
“Oh, signorina Sheridan,” chiama la vocetta mielosa dell’Inquisitore Supremo, mentre Charlotte, abbandonata l’idea di latte e cereali per colazione, sta afferrando una manciata di biscotti e il proprio romanzo per rifugiarsi nell’aula di Pozioni con i due amici. “Non ho potuto esimermi dall’osservarvi poco fa, e purtroppo non mi risulta che abbia problemi di postura, così come il signor Ghisler qui presente. Converrà con me, dato anche il ruolo di esempio che ricopre presso gli studenti più giovani, che sarebbe più appropriato in futuro mantenere consone distanze tra di voi o chiunque altro,” ammonisce, rivolgendo un eloquente sguardo a Fabian, mentre Charlotte avvampa vistosamente. “Buona giornata a tutti e tre!”
Afferrate le proprie cartelle, i ragazzi si affrettano a seguire la scia degli amici e dirigersi verso la comune lezione nei sotterranei – incredibile come anche Piton possa apparire una valida ancora di salvezza in confronto alla donna.
“E adesso come accidentaccio facciamo?” domanda Fabian, passandosi irritato e al tempo stesso preoccupato la mano tra i capelli biondi. “Non abbiamo mai avuto bisogno di un club ufficiale per le prove del Coro, ma dubito che quella… quella…”
“Figlia di anfibio?” suggerisce Charlotte, provando a dare voce ai pensieri dell’amico e facendo scoppiare a ridere gli altri due.
“Sì, è precisamente quel che intendevo, grazie a mhuirnín3,” riprende il ragazzo schioccandole un bacio sulla guancia.
“Piano con le effusioni, o il rospo potrebbe prenderne spunto per compilare il Decreto Didattico Numero Venticinque,” ribatte alzando gli occhi al cielo Nathan, fingendosi scocciato per il comportamento dei propri migliori amici. Non è mai stato un tipo particolarmente geloso, e nel caso è perfettamente in grado di dissimularlo sotto strati e strati di abitudinario distacco, controllo e razione, nonché il sorriso dietro cui si trincera da sempre quando si relaziona con gli altri. A essere onesti c’è stato un periodo in cui ha creduto che per Charlotte sarebbero sempre stati solo due amici, ma è stato scacciato dalla dichiarazione della ragazza l’anno precedente. Sorride ancora al ricordo che sia stata proprio lei a fare il primo passo, quando in genere si imbarazza al minimo cenno di fidanzamenti o relazioni che la riguardano.
“A proposito di effusioni,” interviene Charlotte voltandosi verso Fabian. “Perché quella piattola di Corvonero ha ricambiato il tuo saluto, oggi?”
“Perché non avrebbe dovuto? L’ho salutata e lei ha risposto: si tratta di educazione, Lots. E comunque si chiama Eleanor Mulli...”
“Sì, lo so, Mulligan, ma piattola Corvonero rende meglio: è una lagna, sempre a parlare di scuola e lamentarsi di aver sbagliato qualche compito.”
“Somiglia a qualcuno…” la provoca Nathan, ricevendo in risposta un’occhiataccia contrariata dalla ragazza.
“Io non mi lamento mai di compiti sbagliati, so perfettamente che saranno tutte E!” lo corregge lei, per poi tornare a dedicare le proprie attenzioni a Fabian. “Avete chiuso, pensavo non ti avrebbe più rivolto la parola. Immaginavo che tu avresti continuato a salutarla – Tassorosso lo sei non a caso –, ma non capisco la piattola: è stata lei a lasciarti.”
“Tecnicamente non ci siamo lasciati: non stavamo ancora insieme.”
“Oh, che sottigliezze, uscivate e qualche volta andavate a letto assieme – va meglio, ora?”
“Tecnicamente è sbagliato anche questo,” puntualizza Nathan con un sorrisetto divertito rivolto all’amico. “Principalmente andavano nello sgabuzzino delle scope al terzo piano: capisco perché lo abbia lasciato.”
“Non è colpa mia se non voleva saperne di venire nel mio dormitorio, essendo un Prefetto ligio alle regole,” si giustifica Fabian stringendosi nelle spalle. “Dovresti prendere esempio, Lots, e non tiranneggiare gli studenti più piccoli per infiltrarti ogni volta che discuti con Nat.”
“Ma io sono Caposcuola,” ribatte la ragazza, mettendo ben in mostra la spilla appuntata sul petto. “E, sinceramente Nat, vivevo benissimo anche senza sapere a quale piano fosse il loro luogo d’incontri.”
“Effettivamente così ti rovina la sorpresa. Gliel’ho suggerito per portartici: è decisamente il più comodo tra gli sgabuzzini di Hogwarts… Ahi! Ma devi sempre essere così violenta, Sheridan?” protesta Fabian, massaggiandosi la fronte dove l’amica lo ha appena colpito con il manuale di Pozioni.
Amadán4!” lo rimbrotta lei, scuotendo teatralmente il capo.
“Sciocchezze vostre a parte,” riprende Nathan riportando il discorso sul principale problema della mattinata, “dobbiamo pensare alle prove del Coro e ai vari gruppi per la preparazione del Natale. Cosa possiamo fare?”
“Immagino che dovremo recarci dalla Umbridge e perorare la nostra causa,” riflette Charlotte. “Una volta che avremo letto con calma le direttive del Circolo delle Banshee andremo a chiederle il permesso di formare i gruppi necessari. Credo che la sua intenzione fosse quella di scoraggiare l’iniziativa di Potter,” continua abbassando di un paio di ottave la voce, “ma non dovrebbe avere nulla contro un Coro natalizio e gruppetti di ragazzine intente a ricamare tovaglioli. In caso di obiezioni, puoi sempre scrivere a tua nonna, Nat, e far intervenire lei. Credo che pure Voi-Sapete-Chi sarebbe poco incline a contravvenire alle ingiunzioni di Sinéad O’Sullivan.”
“Immagino tu abbia ragione,” conviene Fabian, “qualsiasi cosa tu abbia detto.”
“Appunto, quale era l’accordo sulle parole dalle cinque sillabe in su e di tua sola conoscenza?” lo spalleggia Nathan, aprendo la porta dell’aula di Pozioni e tenendola spalancata per permettere ai due amici di superarla.
“Che avreste aperto un vocabolario per istruirvi a riguardo,” ribatte prontamente la ragazza, accomodandosi davanti a uno dei calderoni. “A ben pensarci dovrei regalarvene uno ciascuno per Natale.”
“Ma come,” ironizza Nathan, sedendosi a sua volta ed estraendo il manuale dalla propria sacca, “non hai già acquistato da secoli il nostro regalo?”
Charlotte scuote beffarda la testa: “Per chi mi hai preso, Ghisler? Non sono certo come quelle assatanate di tua nonna e le sue amiche. In ogni caso mi auguro che il rospo dia il permesso di formare i Circoli Natalizi di Port – bel nome, vero? –, non ho intenzione di venire subissata da missive minatorie che sputano qualche discutibile poltiglia per non aver assecondato i voleri delle loro signorie. E spero tanto mi tocchi qualche mansione facile e che non richieda eccessive perdite di tempo. Mi è bastato dover…”
Ma l’ingresso in aula del professor Piton riesce miracolosamente a tacitare il chiacchiericcio stordente di Charlotte e ad allontanare per un paio d’ore la minaccia dell’Inquisitore Supremo e quella, almeno a loro giudizio più opprimente, delle nonnine di Port.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Dicembre 1995
 
 
Alla fine, anche a seguito del supporto di Silente adeguatamente sollecitato da Sinéad O’Sullivan, sono riusciti a ottenere il beneplacito della professoressa Umbridge e a riunirsi per assolvere i rispettivi compiti, senza troppi intoppi e pochi richiami all’ordine da parte del Circolo delle Banshee.
Così due mesi dopo, a una settimana dall’inizio delle vacanze, il Natale di Port è quasi del tutto ultimato, quantomeno la fetta di preparativi spettata agli studenti che ancora frequentano Hogwarts.
Con un libro incantato affinché stia sollevato all’altezza degli occhi e volti da solo le pagine, Charlotte Sheridan sta decorando una delle lanterne che le sono state commissionate, insieme a tre ragazzini del secondo anno che appaiono molto più divertiti di lei dal far sbrilluccicare i barattoli di vetro di ogni dimensione e forma.
“No no, caspita, non può morire adesso…” rantola la ragazza, abbandonando barattolo e bacchetta per afferrare con due mani il libro e incollarsi alle pagine, scorrendo gli occhi rapida completamente avvinta dal racconto.
“Ehilà, Circolo Luminarie!” saluta proprio in quel momento Nathan, comparendo sulla soglia dell’aula occupata per l’occasione dal gruppetto e appoggiandosi allo stipite della porta, il capo mollemente inclinato di lato, le mani in tasca e il sorriso smagliante causa prima di sospiri infatuati a Port e a Hogwarts.
E uno sfugge proprio dalle labbra di Brianna McKinley, insieme alla lanterna che tiene tra le mani e si frantuma così a terra, risvegliando Charlotte dalla lettura appassionata dell’ultimo giallo di Agatha Christie che ha scovato in una bancarella babbana dell’usato.
“Bree!” richiama esasperata, contemplando i cocci di vetro a terra e abbandonando il romanzo sul banco. “Ti sei fatta male?” domanda poi addolcendo il tono davanti allo sguardo colpevole della ragazzina, e ricomponendo con un colpo di bacchetta i frammenti di vetro. “Non ti preoccupare, è tutto a posto, vedi? E direi anche che per oggi abbiamo finito: è quasi ora di cena. Ricordatevi di venire domani puntuali alla stessa ora.”
I tre ragazzini afferrano le proprie cartelle e sfilano via, salutando Charlotte e Nathan, il quale ricambia con un sorriso ciascuno che per poco non fa inciampare Brianna nei propri piedi.
“Dovresti provare a essere meno carino e coccoloso,” lo apostrofa Charlotte non appena i tre sono sufficientemente lontani. “Mi rischi di mandare a monte le fatiche di due mesi e poi chi la sente più tua nonna!”
Nathan si stacca dalla porta e avanza fino a raggiungere la fidanzata, inarcando il sopracciglio destro per esprimere la propria diffidenza circa le assurde constatazioni della ragazza.
“Non dire sciocchezze, Lots,” la rabbonisce, sedendosi sul banco di fronte a lei e chinandosi per sbirciare il titolo del libro dalla copertina usurata. “Un cavallo per la strega, interessante?
“Ero arrivata al colpo di scena, prima che qualcuno venisse qui a spezzare cuori. Se lo avessi letto ti saprei dire.”
“Non sarai gelosa di Brianna McKinley, spero,” le sussurra, chiudendole il viso tra le mani e reclamando poi le sue labbra a infrangersi contro le proprie. Tra l’intransigenza della Umbridge e la ritrosia della ragazza in pubblico, deve approfittare degli attimi di solitudine per rubarle qualche bacio in più.
“Assolutamente no,” replica indispettita Charlotte, mordendogli il labbro inferiore per allontanarlo da sé lo stretto necessario per parlare, le palpebre ancora calate e un sospiro incastrato tra di loro – fin troppo simile a quello di Brianna per i suoi gusti. Quando riapre gli occhi trova ad attenderla il sorriso che Nathan le riserva quando sono soli – quello tutto per lei, così diverso dal solito sempre stampato sul viso –, e sente lo stomaco contrarsi in uno spasimo piacevole. Gli stringe in risposta la mano, per poi alzarsi a riordinare la stanza.  
“Ma è snervante sul lungo periodo essere circondati da donzelle in procinto di svenire ogni santa volta. Continuo a ritenere doveroso un drastico cambio di immagine per la tua persona. Sono certa che se sorridessi di meno e fossi più scostante potremmo vedere dei miglioramenti. Oppure ritrovarci assaliti da altre donzelle attratte dal tipo del ragazzo dannato e ombroso,” continua a ragionare, mentre conta le lanterne pronte e le sistema ordinatamente in una scatola che ha precedentemente modificato con l’Incantesimo Estensivo.
Nathan rotea gli occhi scuotendo il capo: “Il lavoro ti deve aver dato alla testa, a mhuirnín. Avete finito tutte le lanterne?”
“Magari…” rantola Charlotte afferrando quella a cui stava lavorando prima dell’interruzione dovuta all’ingresso del ragazzo. “Questa è la numero milleottocentonovantasei, il che significa che ne mancano altre centoquattro. E poi devo illuminarle tutte e incantarle perché Levitino per aria, ma immagino che questo lo farò una volta a Port. Sicuramente è la parte meno complicata del tutto: un colpo di bacchetta e via.”
“Se tu avessi iniziato subito…”
“Non ho alcuna intenzione di venire ripresa anche da te per aver iniziato a novembre – mi pare di essermi sufficientemente applicata quest’anno –, quindi risparmiati certe osservazioni. E poi non è colpa mia se Brianna, Gilbert e Jack sono anche coinvolti nel Coro dei Ragazzi e quindi la maggior parte delle volte Fabian mi sottrae gli aiutanti!”
Nathan ridacchia, sapendo quanto Charlotte trovi frustrante che l’amico non l’assecondi e spalleggi sull’argomento come è solito fare per qualsiasi altra cosa.
“Infatti sono notevolmente sorpreso di averli trovati qui. Come hai fatto a convincerlo?” domanda, alzandosi per prendere sottobraccio la scatola e lasciare l’aula.
“Oh, è facilmente corruttibile quando si tratta di trovare il modo di avere più tempo libero per le prove,” spiega la ragazza seguendolo a ruota e chiudendo la porta della stanza. “Ho promesso di fargli tutti i compiti di Trasfigurazione in cambio dei miei elfetti disponibili tre pomeriggi a settimana.”
“Così a lui passi i compiti, eh?” domanda fingendosi offeso. “Me ne ricorderò quando ti starò implorando di darmi qualche suggerimento con i temi per Piton.”
“Non fare il bambino,” ribatte Charlotte, tirandogli un pungo sulla spalla. “A mali estremi, estremi rimedi: è la prima e unica volta che aiuto anche lui. Piuttosto, tu perché non sei alle prove del Coro? Il direttore ha radiato senza preavviso dall’albo degli strumenti il triangolo proprio quest’oggi?”
“Nelle ultime tre canzoni è Kelley a suonare il bodhrán – che è un tipo di tamburo, dato che a differenza di qualcuno ho sufficiente orecchio per andare oltre il triangolo –, per cui mi sono già liberato dalla tirannia di Gallagher,” le risponde, dandole a sua volta un colpetto con il gomito contro il braccio.
“Stessa cosa,” liquida lei, posando la mano sulla maniglia dell’aula in cui si svolgono le prove del Coro dei Ragazzi. Poi, ripensandoci, si volta verso il giovane con un sorrisetto malandrino sulle labbra piene: “Che ne dici di rallegrare il pezzo finale? Ho sempre pensato che God rest you merry gentleman sia una gran noia…”
Ricevuto un occhiolino complice, Charlotte socchiude silenziosamente la porta e i due scivolano dentro la stanza, trovandosi alle spalle di Fabian.
Il ragazzo, rivolto verso il resto del Coro e dei musicisti, batte il tempo con una bacchetta, mentre intona l’ultima strofa della canzone, le dita che si rincorrono veloci nell’aria e l’espressione rapita.
Per il giovane Gallagher suonare e cantare è vitale quanto la magia o respirare: la musica lo fa sentire vivo, gli riempie il cuore come l’aria nella sacca di una cornamusa. È la sensazione più potente, coinvolgente e scombussolante che abbia mai provato.
Now to the Lord sing praises, all you within this place, and with true love and brotherhood each other now embrace…”
Alle sue spalle, i due Grifondoro catturano l’attenzione degli altri ragazzi, scatenando qualche risatina sommessa imitando Fabian.
 “…this holy tide of Christmas all other doth deface…”
Ben presto le risatine si tramutano in una grassa risata contagiosa, che distrae i ragazzi dal ritornello che spetta loro attaccare e fa destare Fabian dalla propria trance. A modulare le note successive è così Charlotte, con la propria voce stonata e stridente tanto da rendere irriconoscibile la melodia: “Oh tidings of comfort and joy, comfort and joy! Oh tidings of comfort and joy!
Nelle risate generali, Fabian si volta verso gli amici con le labbra arricciate in una smorfia infastidita e i pugni posati minacciosi sui fianchi, nel tentativo di interrompere quei due deficienti e intimidirli. Inutilmente, perché i due continuano imperterriti il proprio teatrino e la propria imitazione fatta da Nathan è davvero perfetta, tanto da strappare un sorriso anche a lui e trascinarlo nell’ilarità generale.
“Immagino foste tutti immersi nell’estasi mistica delle vostre voci angeliche,” prorompe Charlotte interrompendo gli ultimi sghignazzi, dopo essersi esibita in una perfetta riverenza di ringraziamento. “Tuttavia mi sento in dovere di ricordare a ognuno come sia quasi ora di cena. Sarebbe davvero increscioso dover fare rapporto all’Inquisitore Supremo riguardo il vostro ritardo…”
L’aula si svuota velocemente, lasciando solo Fabian intento a riporre i propri strumenti e Charlotte e Nathan ad aiutarlo.
“Siete due Schiopodi Sparacoda con il cervello di un Troll di Montagna!” li rimbecca chiudendo con cura la custodia del violino, regalo dei genitori per i suoi diciassette anni. “E dire che siamo i più grandi del gruppo e tu una Caposcuola!”
“Può darsi, ciò non toglie che ci adori!” chiosa Charlotte avvicinandosi all’amico per tirargli i capelli.
“Ti piace vincere facile… Ma restate comunque due dementi.”
“Mi piace vincere, più che altro,” specifica la ragazza. “In ogni caso quella canzone è una tale lagna da richiedere drastici interventi, e meno canti meglio preservi la tua ugola d’oro.”
“Quindi il tuo era un tentativo di salvaguardare la mia voce, devo dedurre?” le domanda sistemando l’ultima sedia e dirigendosi verso la porta.
Mio… anche Ghisler ha dato il suo valido contributo.”
Nathan si stringe nelle spalle dipingendosi un sorriso angelico sul volto, mentre lascia per ultimo l’aula che Fabian provvede subito a chiudere.
“Beh, dopo la Strillettera di questa mattina capisco abbiate voluto assicurarvi di non deludere mamóSinéad. Non ha esplicitamente richiesto di… che ha detto, Nat?”
“Astenermi dall’essere disavveduta come mio solito e replicare la pagliacciata da ragazzina scriteriata dello scorso anno, inficiando così la tua performance canora – per usare le sue esatte parole,” lo anticipa Charlotte, sollevando infastidita gli occhi al cielo e un pelo a disagio. Quella mattina a colazione una Strillettera le è stata recapitata da parte della nonna di Nat, ed è esplosa in Sala Grande senza darle il tempo di aprirla con calma in un luogo più appartato lontano da orecchie indiscrete e curiose, probabilmente a seguito di qualche incanto applicato dalla donna – ne sa sempre una più del diavolo.
“Che tradotto per noi comuni mortali immagino significhi non tentare di avvelenarti,” chiarisce Nathan, battendo una pacca di comprensione sulla schiena dell’amico e facendo mordere a Charlotte il labbro inferiore, irritata. Sa benissimo che quelle vecchie pettegole incallite incolpano lei per aver convinto il ragazzo a rimanere a Hogwarts per il Ballo del Ceppo. D’accordo, è stata opera sua, ma non aveva certo idea che la Serpeverde con cui l’amico era fidanzato ai tempi – e dire che le stava simpatica – fosse così deficiente da versargli per errore il succo di zucca, a cui è allergico, nel bicchiere del whiskey: decisamente non una buona combinazione per lui, hanno scoperto. 
“Che tesoro che è tua nonna. Non immaginavo mi fosse affezionata al punto da preoccuparsi della mia salute.”
“Non farti troppe illusioni, credo che sia principalmente interessata a non vederti rovinare nuovamente il Concerto Natalizio con la tua assenza.”
“Figurarsi, ho sempre pensato di non starle particolarmente simpatico.”
“Non farne una questione personale, alla Capessa delle Banshee non va particolarmente a genio nessuno, a parte forse Ryan – tutte le vecchiette lo adorano. Dubito sopporterebbe anche questo Mezzosangue inglese,” precisa posando una mano sulla spalla di Nathan, “se non vi fosse costretta dai legami di parentela. Comunque io non sono né disavveduta né scriteriata!”
“Solo snervante come tutti gli O’Byrne, per continuare a citare le perle di nonna. Cambiando argomento,” continua Nathan avvistando da lontano i gemelli Weasley e Lee Jordan entrare in Sala Grande, “George questa mattina mi ha chiesto consigli per il tuo regalo di Natale.”
“Regalo? Per me?” sbotta scandalizzata Charlotte, indirizzando uno sguardo stralunato ai tre ragazzi davanti a loro mentre vengono inghiottiti dalla caotica confusione della cena. “L’Idiota non ci sta col cervello, sciuro. So io dove finisce quel regalo se solo si azzarda a consegnarmelo. Ma perché deve essere così Idiota e non capire?” rantola drammaticamente. “E perché mai è venuto a chiedere proprio a te?”
“Cosa vorresti insinuare, Sheridan? L’idea di quest’anno è tutta merito mio!”
“Vacci piano, signorino. Avrai anche trovato cosa fare, ma la mente geniale dietro il come è la mia!”
“Aspettate a vantarvi entrambi: l’unica opinione che conta qui è quella della sottoscritta. Una volta che lo avrò scartato potrete rivendicarne i meriti o scaricare le colpe,” sentenzia Charlotte, mentre a loro volta vengono fagocitati dal turbinio di chiacchiere, studenti affamati e deliziosi manicaretti.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Vigilia di Natale 1995
 
 
La mattina del ventiquattro dicembre Port è in pieno fermento, la maggior parte delle porte e finestre spalancate per permettere agli indaffarati inquilini di entrare e uscire con agio, nonché comunicare con il resto del villaggio o redarguire gli sfaccendati che ardiscono oziare e sfuggire ai ritocchi finali – grazie a Merlino possono avvantaggiarsi della magia per il riscaldamento.
O’Brian il Vecchio – ultracentenario patriarca del proprio clan – strimpella carole e canti tradizionali al violino seduto nel proprio giardino che si affaccia sulla piazza principale, le palpebre calate sugli occhi ciechi e un sorriso estatico a illuminargli il viso incartapecorito, mantenendo alto lo spirito natalizio dei compaesani e alleggerendo il lavoro con la propria colonna sonora. Un po’ ovunque voci di adulti e bambini, alcune intonate, altre molto meno, alcune ancora ovattate e assonnate, si accodano allo scroscio di note che si sprigionano dalle corde carezzate dall’archetto, probabilmente più datato del musicista che lo impugna.
Un’atmosfera davvero deliziosa, converrebbe Charlotte, se non fosse per l’altissimo rischio di cadere in un’imboscata delle Banshee e ritrovarsi sovraccarichi di ulteriori compiti; come se svegliarsi di prima mattina per incantare duemila lanterne e farle volteggiare sparse per ogni cantuccio del paese non sia sufficiente.
Per questo motivo la ragazza negli ultimi giorni ha accuratamente ponderato ogni singolo passo mosso oltre i confini di casa propria – in realtà anche all’interno, in caso di visite –, risolutamente decisa a evitare incontri indesiderati, sia per scansare eventuali compiti aggiuntivi, sia per sfuggire agli sguardi di biasimo nel malaugurato caso in cui venga intercettata con le mani in mano. Così si è ben guardata le spalle ed è riuscita ad arrivare indenne alla mattina della Vigila, contro i prognostici di Aisling e zio Duff che la volevano già capitolata nei minuti immediatamente seguenti al rientro da Hogwarts – maghi di poca fede!
La parte più difficile e cruciale del piano di sopravvivenza è evitare nel modo più assoluto di incrociare anche solo per errore mamó Sinéad, la nonna di Nat e sua vicina, sempre pronta a criticare qualsiasi cosa faccia – e dire che ora sono quasi parenti!
È arrivata al punto di schivare tutte le finestre rivolte verso casa della donna, pur di scongiurare il rischio di incrociare gli occhi verdi da dietro le tendine di trina immacolate. Ha anche trascorso le ultime due notti insonni, a causa degli incubi e la nostalgia che l’assalgono particolarmente nei periodi precedenti le festività – se il mondo fosse giusto ci sarebbe Connor. Ha infatti evitato di scivolare fuori dalla propria finestra e servirsi del centenario faggio tra le due dimore per raggiungere il davanzale della camera di Nat e il conforto del ragazzo: non è certo tanto stupida da intrufolarsi nella tana del nemico anche solo per pochi minuti.
Se solo non fosse un tale disastro nella Smaterializzazione da non essere ancora riuscita a superare l’esame, solo Spaccarsi dolorosamente e vomitare ripetutamente sulle scarpe lucide dell’esaminatrice, ora potrebbe andare ovunque senza problemi, soprattutto dopo che zio Duff ha requisito tutta la Metropolvere di casa per spostamenti che non siano della massima urgenza e importanza – Non finirai tutte le nostre scorte per andare dai Gallagher, signorina, i galeoni per acquistarla non crescono certo sugli alberi!
Per questo ora si aggira guardinga per le stradine lastricate di ciottoli ghiacciati, pattinando sulle suole consunte degli scarponcini invernali, diretta a casa di Fabian, sperando che lui e Nat siano ancora lì e di non doverli rincorrere per mezzo villaggio. Sarà anche tanto piccolo che ognuno di loro ne conosce a memoria ogni singolo anfratto, tuttavia quando vi è necessità di trovare qualcuno questi pare sempre essersi volatilizzato nel nulla.
A stór5!” la richiama berciando mamó Maire, la proprietaria del microscopico pub del villaggio, proprio mentre sta per svoltare indisturbata in via degli Orchi Bassi.
Aye?” replica candida Charlotte al richiamo, stampandosi un tentativo di sorriso sulle labbra arrossate per il freddo e voltandosi in direzione della voce acuta della donna, la quale si sporge pericolosamente dalla finestra di casa propria agitando un tovagliolo verde nella sua direzione.
“Dovresti informare Melissa che siamo giunte alla conclusione che servirebbero un paio di bottiglie in più di quel suo delizioso liquore di sambuco. L’anno scorso O’Brian ne ha scolate quattro da solo, e poi…”
"Quest’anno dobbiamo fare le cose in grande,” la anticipa Charlotte, annuendo comprensiva. “Aye, riferirò tutto quanto, credo ne abbia di già pronte tra le scorte in cantina. Buona giornata!” saluta rapida, sterzando oltre l’angolo con un sinistro scricchiolio del ghiaccio sotto i propri piedi, non concedendo ulteriore tempo all’anziana – si sa che a quelle dai la bacchetta e ti prendono tutta la magia.
Non ha nemmeno il tempo di voltare gli occhi che il campo visivo viene invaso da un pesante soprabito azzurro polvere contro cui va irrimediabilmente a scontrarsi, venendo salvata dal terribile livido che le sarebbe sicuramente rimasto grazie al pronto intervento della strega che è sbucata dal nulla nel mezzo del suo cammino.
Tá brón orm,” si scusa ritornando con i piedi saldi a terra e sollevando gli occhi sulla sorridente madre di Fabian, che indossa il cappotto allacciato malamente e un cappellino giallo appuntato storto sui vaporosi capelli ramati.
“Ciao, cara!” la saluta raggiante la donna, mentre traffica alla ricerca di qualcosa nelle tasche del soprabito. “Fabian e Nathan sono nella rimessa sul retro, credo ti stiano aspettando. Io sono invece irrimediabilmente a corto di zucchero e non me ne sono accorta prima di mettermi a preparare il pudding! E dire che avevo controllato proprio ieri… Dici che Maisie sarà così cortese da aprirmi in via eccezionale la bottega? Me ne serve per un esercito, non posso certo chiedere ai vicini,” espone la madre di Fabian, scuotendo teatralmente la testa e mandando il cappellino a planare su un cumulo di neve ai bordi della stradina. Charlotte si apre in un sorriso divertito, certa che la sera prima non si sia nemmeno sognata di controllare di avere tutto il necessario per preparare il suo fantastico dolce, per il quale si sprecano sempre tutti in un’infinità di elogi più che meritati. E anche sollevata che i due ragazzi siano ancora dai Gallagher.
“Credo ti stia dimenticando la borsetta, Deirdre,” le suggerisce allegra, notandone l’assenza e conoscendo la donna. L’altra si batte una mano sulla fronte, per poi Appellare la borsa che sfreccia fuori dalla porta spalancata di casa e che intercetta prontamente, i riflessi ancora allenati dal passato da Portiere ai tempi di Hogwarts. Richiama a sé anche il cappellino per sistemarlo con maggiore cura, finalmente pronta per recarsi a fare compere.
“E forse è il caso di chiedere anche a O’Brian un paio di bottiglie di rum,” aggiunge Charlotte, rammentando come l’anno precedente ne fosse rimasta sfornita all’ultimo: l’ennesima disdetta di quel nefasto Natale.
“O’Brian… rum… hai perfettamente ragione, a stór. Sono una tale smemorata!” concorda la donna, salutandola con un buffetto sulla guancia e allontanandosi in un fruscio di sottane.
Charlotte, il sorriso ancora stampato sul viso, si dirige verso la rimessa nel giardino sul retro di casa Gallagher. Il casotto in origine serviva da Stanza del Quidditch, come erano soliti chiamarla i bambini di casa, per Oisín Gallagher ai tempi della sua militanza tra le file dei Ballycastle Bats come Cacciatore, ed era inaccessibile senza esplicito invito del proprietario. Charlotte ricorda quanto Nat e Connor smaniassero entrarvi, un tempo, e quanto lei si annoiasse invece ad ascoltare i loro vagheggiamenti a riguardo. Quando il padre di Fabian si è ritirato dalla carriera da professionista lo spazio necessario per tutto il materiale da Quidditch si è notevolmente ridotto, cosicché ne hanno approfittato loro per farne il proprio angolo di ritrovo.
“Sei in ritardo, Sheridan,” la rimbecca Nat non appena mette piede nella stanza, senza nemmeno alzare gli occhi dalla scatola in cui lui e Fabian stanno rovistando. Non gli serve, sa perfettamente riconoscere il passo pesante di Charlotte, così come il saltello con cui evita l’asse sconnessa davanti alla porta.
“Ehi, ciao anche a te, eh! È sempre un piacere, figurati,” gli risponde sarcastica, intercettando poi il caldo sorriso che Fabian le rivolge e avvicinandosi all’amico per schioccargli un bacio sulla guancia.
“Effettivamente ci eravamo messi d'accordo per trovarci da me alle nove e mezza,” le ricorda Fabian, passandosi una mano tra i capelli e tornando a chinarsi sul prezioso bottino.
“Beh, le prove del vestito per le feste hanno richiesto più tempo del previsto. Aisling ha preteso ne provassi almeno una ventina dei suoi e di mamma: sostiene che i miei siano carini ma non sufficientemente eleganti,” si giustifica Charlotte, allungandosi per sbirciare a sua volta nella scatola di cartone.
“Dovevi portarla via con te quando sei uscito di casa,” commenta Fabian rivolto a Nathan.
“Aisling mi ha cortesemente invitato a precederla e lasciarle ai loro passatempi da sorelle.”
“Potevi Schiantarla e salvarmi da quella tortura, invece che dileguarti alla prima minaccia,” ribatte Charlotte. “Ehi, ma questi non sono tutti fuochi d’artificio del Dottor Filibuster!”
“Non si Schiantano le belle ragazze,” decreta Nathan prendendole dalle mani il pacchetto che ha appena afferrato. “Comunque, sono alcuni prototipi dei gemelli Weasley,” le spiega passandone con attenzione una manciata a Fabian perché li smisti.
“È roba super fichissima!” commenta entusiasta l’altro ragazzo, mostrandogliene uno dalla confezione rossa. “Questo esplode in uno stuolo di angeli che suonano la tromba e volano per alcuni minuti in cielo.”
Charlotte inarca sardonica le sopracciglia, scuotendo la testa in moto di dissenso.
“L’originale prevederebbe un immenso dragone, ma abbiamo richiesto una variazione sul tema secondo le direttive di nonna.”
“Sapete cosa penso di quella robaccia dell’Idiota e suo fratello,” commenta incrociando le braccia al petto e rivolgendo loro uno sguardo di sufficienza.
“I tuoi sono tutti pregiudizi nei confronti di George. Se non fossi così impegnata a trattarlo male ti accorgeresti che lui e Fred sono geniali!”
“E poi i giochi pirotecnici sono nostra responsabilità, per cui lascia fare a noi.”
“Non costringetemi a dirvi che io vi avevo avvisato, se qualcosa dovesse andare storto,” borbotta, squadrando dubbiosa la mercanzia illegale reperita dai due alle sue spalle.
“Non accadrà nulla, fidati di noi,” la rassicura con scarsi risultati Nathan, pizzicandole scherzoso un fianco.
“Magari di voi potrei anche, dell’Idiota molto meno… Ma passando ad altro, avete finito ora? Avevate promesso che avremmo trovato un po’ di tempo libero per esercitarci con quegli incantesimi che mi son fatta mostrare da Finn: altro che Potter e il suo Patronus!”
“Durante le vacanze, si era detto, non proprio alla Viglia.”
“Ma tu non hai qualche prova o altro da fare? Se ti scopre mia nonna che rigiri la bacchetta e ci importuni ti riempie di compiti da qui a Pasqua.”
“Le lanterne, come potete notare mettendo il naso fuori da questo sgabuzzino, le ho sistemate questa mattina presto. Le ultime prove per le letture, invece, sono nel dopopranzo…”
“Quante volte ve le fanno ripetere, scusa? Hanno paura che a diciassette anni tu non sappia leggere decentemente, soprattutto quando camera tua è invasa da libri?”
“Immagino siano fermamente determinate a impedire incresciosi inconvenienti, sempre in virtù di quella loro logica per cui questo Natale deve eclissare qualsiasi festa si sia mai celebrata prima,” risponde la ragazza, seguendo gli amici nei loro traffici da un bancone all’altro della rimessa.
Mamó Sinéad è stata particolarmente minacciosa alle prove del giorno precedente, paventando orribili supplizi all’Inferno per chiunque osi incappare in qualche blasfemia o banalissimo errore nel leggere durante la Messa di Mezzanotte. Tutti ricordano con raccapriccio l’infelice lapsus in cui è incorsa l’anno precedente Caitriona Kelley, confondendo un’innocente istituzione con L’Inquisizione – argomento poco felice, in un villaggio di maghi.
“Dopo mi sono proposta per accompagnare papà a Londra,” riprende. “Infine, alle sei e mezzo sono di turno in cucina ad aiutare con gli antipasti del cenone.”
“Allora temo dovremo rimandare quegli incantesimi a un altro giorno,” la informa Nathan, pulendosi le mani sporche di fuliggine nei pantaloni che solitamente usa per andare a pesca. “Noi ora siamo richiesti in piazza per montare i tendoni e le tavolate.”
“Dopo questo siete liberi, no? Il Coro è oggi pomeriggio.”
“C’è il Quidditch,” ribattono ovvi i due. “L’ultimo ritrovo prima della partita di domani.”
Charlotte sbuffa irritata: si era completamente scordata della stupidissima competizione che vede scontrarsi la metà est e quella ovest del villaggio – Squadra Bosco e Squadra Oceano, per dirla con gli originalissimi nomi coniati secoli prima.
“Preparatevi all’ennesima sconfitta!” sogghigna Fabian che gareggia con la Squadra Bosco, vincitrice della Coppa di Natale da più di quarant’anni – da quando suo padre possiede una scopa, almeno.
“Ma se tu sei sempre in panchina…” insinua indispettita Charlotte. “E il tuo amico non è molto più bravo.”
“Ehi, ero stato scelto come Cacciatore al secondo anno!” puntualizza Nathan.
“E al terzo Wood ha saggiamente deciso di sostituirti con Katie Bell. Mi pare uno spreco di tempo farvi allenare con la squadra.”
“Papà dice che tutti devono dare il loro contributo, anche le riserve,” ribatte Fabian orgoglioso – di cosa, poi, Charlotte non ha idea.
“Sarà, ma a te il Quidditch non è mai seriamente interessato, diversamente dal resto della famiglia,” prova infatti a ribattere ancora la ragazza.
“Perché rischio inutilmente di rompermi qualche osso o peggio. Come lo suono il violino con le dita fuori uso per via di un Bolide?” si giustifica il Tassorosso. “In ogni caso lo sai che per la Coppa di Natale facciamo entrambi un’eccezione, inutile che ti lamenti ora.”
Charlotte increspa le labbra in una smorfia stizzita ed emette un grugnito rassegnato.
“Poi ci sono le prove del Coro, i fuochi da sistemare nelle varie postazioni, e beh, il cenone ognuno a casa propria,” prosegue Fabian, lasciando uno sbuffo nero sul naso di Charlotte con le dita imbrattate e uscendo dalla rimessa.
“Se tu non fossi arrivata con un’ora di ritardo, magari…” rincara Nathan seguendolo. “Invece temo ci vedremo direttamente dopo Messa allo scambio degli auguri e dei regali.”
Poi, approfittando di Fabian che dà loro la schiena poco più avanti, si china a sfiorare rapido le labbra di Charlotte, lasciandola impietrita nel giardino dei Gallagher e raggiungendo con poche falcate l’amico.
La ragazza, le guance tinte da un lieve rossore – di irritazione per essere stata scaricata, ovvio cerca di convincersi, non è certo una ragazzina alle prime cotte –, si avvia verso l’ambulatorio di mamó Melissa per riferirle il messaggio di cui è stata incaricata, riprendendo la propria attenta guardia.
 
«Ecco servito il magico Natale irlandese marchio Port, ricetta originale dal 1597, garanzia firmata Circolo delle Banshee – diffidate delle imitazioni».
Nathan sostiene da anni che dovrebbero scriverlo a chiare lettere in piazza, oppure sul vassoio del servizio buono con cui sua madre sta portando in tavola la casseruola con lo stufato – rigorosamente Irish Stew da una vita, pare che in famiglia non si sia mai mangiato altro alla Vigilia.
La prima delle tradizioni di Port, che si inanellano una dopo l’altra come lucine sui davanzali, è infatti quella del cenone in famiglia.
Questione seria, ritiene Nathan, perché se si vive in un paesino dove tutti sono un po’ imparentati con tutti – e gli O’Brian con i Gallagher in linea materna, e i Gallagher con i McKinley per via di uno zio sposatosi due volte, e i McKinley con i Kelley grazie a… beh, non se lo ricorda nessuno il legame tra McKinley e Kelley – la faccenda si complica assai. Della serie: quest’anno cena dai tuoi o dai miei, e i cugini di secondo grado vengono o fanno a parte? E quelli di quarto acquisiti in seconde nozze sono parte della famiglia? E i parenti da fuori Port si invitano?
Parrebbe la parte più facile da organizzare, quella del cenone, perché non si deve pensare a cucinare per un intero villaggio dallo stomaco vorace come per il pranzo in piazza del giorno seguente, eppure a modo suo è forse lo scoglio più arduo da aggirare per non incagliarsi in risentimenti e liti familiari in grado di prolungarsi per secoli. L’esempio più lampante è Maisie McGowan – matrona e capitano di una ciurma sgangherata di sette figli maschi, nonché proprietaria di una bottega in grado di fare concorrenza alla Stanza delle Necessità –, che ha bandito dal proprio negozio per un anno intero O’Brian Padre per non aver accettato il suo invito al cenone. Eppure, la figliola di mezzo dell’uomo aveva sposato il fratello della propria nuora più giovane! Insomma, è una questione di estrema delicatezza, da soppesare con attenta cautela.
A casa di Nathan è tutto un altro discorso, invece: i parenti ancora in vita del nonno non vivono a Port, sua madre è figlia unica, e l’unico invitato è così il fratello di nonna, Padre O’Sullivan.
Della famiglia paterna non sa più nulla, è solo un ricordo caliginoso di soldatini di piombo immobili e storie di Robin Hood narrate da una voce dal marcato accento inglese. Sua madre dice che erano tre – un nonno dai baffi a manubrio con cui era solito solleticarlo, una nonna rimasta impigliata negli anni cinquanta e nei loro capelli cotonati, una zia che studiava Legge in una qualche università babbana –, che quando è sceso in Guerra papà li ha fatti andare via, ventimila leghe oltreoceano, e si è portato il dove nella tomba.
Quindi, alla fine, sono sempre in cinque attorno al tavolo del salotto, intrattenuti da pacate conversazioni tra una portata e l’altra a volte sul tempo, a volte sui ricordi del passato, altre su qualche lezione di vita che nonna ci tiene particolarmente a comunicare a tutti. Nathan, diversamente da Charlotte che lo etichetta come mortalmente soporifero, lo trova assai rilassante, considerato cosa aspetta tutti loro non appena metteranno il naso fuori dallo speziato tepore del salotto.
I dirimpettai, invece, hanno facilmente risolto la questione dell’indovina chi viene a cena con una drastica scelta: nessuno viene escluso.
Ecco allora che la dimora si riempie di O’Byrne e Sheridan. Dalle finestre del salotto, Nathan riesce a intravedere, tra gli altri, Duff O’Byrne sprofondato nella propria poltrona davanti al camino con la pipa tra i denti, lo zio paterno di Charlotte che si serve la terza porzione di stufato mentre la moglie gli fa Evanescere esasperata il piatto, le loro quattro figlie-matrioske – fiocchi inamidati tra i capelli e abiti identici, manco fossero gemelle – intente a sfornare una teglia a testa di biscotti di marzapane e Finn Sheridan che, da bravo fratello, ne ruba uno a ciascuna per testarli. Aisling appollaiata su una cassapanca che discute animatamente con la madre, Ryan e Charlotte impegnati a lanciarsi noccioline da inghiottire al volo, nonna Sheridan pronta a rimbrottarli armata di un mestolo di legno.
Gli O’Byrne-Sheridan e il caotico marasma dei loro ritrovi gli piacciono, moltissimo a dire il vero, ma vanno presi senza alcun dubbio a piccole dosi: pare non ci sia mai stato un cenone senza qualcuno mezzo azzoppato da un incantesimo partito per errore – quest’anno è il turno di Eilís, la più piccola delle Matrioske (il nomignolo è ovviamente merito di Charlotte).
Loro invece saranno pochi ma buoni, tranquilli e sotto le righe dell’esuberanza: un ottimo antidoto alla confusione di visi e strette di mano e baci e grida che li attende fuori dalla porta.
Alla fine non sono riusciti a incastrare tra i vari impegni un ritaglio di tempo sufficiente per rivedersi prima della Messa di Mezzanotte, tuttavia, mentre tutti gli abitanti si dirigono verso la chiesa, Nathan riesce a intrecciare le proprie dita con quelle di Charlotte e rubarla alla folla di parenti per trascinarla con sé in fondo alla fila. La ragazza, senza sfilare la mano dalla sua presa salda, le fa scivolare entrambe nella tasca del cappotto del Grifondoro, per scaldare le dita intirizzite nonostante i due strati di guanti e prendere la scusa di stringersi più vicina a lui. Non dicono nulla – a volte è rilassante anche non avere le orecchie che ronzano per gli sproloqui infiniti di Charlotte – e si perdono ciascuno nei propri pensieri, passeggiando alla luce delle lanterne che fluttuano illuminando il paese con i loro aloni azzurrini.
Ed è bello anche così, a sbirciala di sottecchi mentre riflette su chissà che cosa e inclina appena la testa di lato, non tanto da appoggiarla sulla sua spalla ma abbastanza vicina da sentirne il leggero profumo di lavanda; a pensare che sia un ammasso di cellule testarde che sguazzano in un mare di sarcasmo, un intreccio di nervi tesi e labbra mangiucchiate e curve mancate. È mareggiata, tempesta e burrasca, onde che si prendono centimetri di spiaggia per volta, la trasformano in fondale e avanzano, divorano, consumano; ma è anche bonaccia, calma piatta e dolce rollio, carezza che lambisce e deposita conchiglie, invece di rubare granelli. A lui piace, sempre, moltissimo, all’infinito, e potrebbe annegarci in lei – forse lo ha già fatto da molto tempo.   
Quando, arrivati sul sagrato, districano la loro stretta, si sente per un attimo come un naufrago lasciato sulla costa.
 
“Grazie, Ryan, gli Spioscopi di ultima generazione sono stupendi!” esclamano Fabian e Nathan, salvando il maggiore dei fratelli Sheridan dalla stretta in cui lo sta stritolando Charlotte, entusiasta per aver ricevuto l’ennesimo libro babbano.
“Ho pensato vi sarebbero stati utili, soprattutto per le lezioni di Difesa,” risponde Ryan, sciogliendosi dall’abbraccio della sorella.
“Supereremo sicuramente i M.A.G.O., data la preparazione in materia del rospo…”
“Non dovrei dirvelo, ma secondo zio Duff avete ottime possibilità di farcela. E se lo dice quel vecchio brontolone c’è da starne certi: non è particolarmente generoso di complimenti…”
“Sentitevi onorati, per me spreca sempre e solo frecciatine e sarcasmo,” si lamenta Charlotte. “Cosa è che ha detto l’altro ieri? Ah, che sarei la peggior strega possibile per fare l’Auror – come se poi mi interessasse, visto che voglio fare tutt’altro – perché troppo scriteriata. Io scriteriata!”
“Non è vero, ogni tanto sa riconoscere anche le tue doti. Ha constatato proprio oggi i tuoi miglioramenti nel preparare la spuma di tonno. L’ha definita addirittura commestibile,” confida Ryan ai due ragazzi con una strizzata d’occhio. “È decisamente il tuo cavallo di battaglia quella spuma commestibile. E a proposito di zio Duff, devo scappare a vedere la faccia che farà aprendo il mio regalo!”
Allontanatosi Ryan, Nathan e Fabian afferrano una mano ciascuno di Charlotte per trascinarla in disparte dalla calca di gente.
“Allora, chi inizia?”
“Io,” decide impaziente Charlotte, guardando trepidante i due
“Sei incorreggibile! D’accordo, allora. Ghisler, la refurtiva!” esordisce Fabian allungando la mano verso l’amico, che dopo aver rovistato nella tasca poggia sul palmo spalancato un piccolo involucro. Il Tassorosso lo allunga poi a Charlotte, che svolge la cartina azzurra con dita tremanti d’aspettativa e fissa con occhi sbarrati la particolare collana che vi è custodita.
“Per Merlino, Godric e Morgana, una GiraTempo! Come diamine siete riusciti a procurarvene una?”
“No no, non è questo il regalo, solo il mezzo per arrivarci,” spiega Nathan. “Il come ce la siamo procurata è un segreto professionale, dico solo che l’idea è stata di Gallagher e che mi ha costretto ad assecondarlo.”
“L’abbiamo presa in prestito da una Corvonero…”
“Avevo detto segreto professionale, Gallagher, quale delle due parole non hai compreso?”
“Suvvia, Ghisler, la divertirà saperlo!”
“Avevamo deciso di non dirle ni…”
“Avete rubato una GiraTempo!?”
“Ecco, visto? Divertirà, sicuro.”
“Certo che no, a mhuirnín, come dicevo prima l’abbiamo presa in prestito da una Corvonero. Come si chiama, Nat?”
“Mandy McTass.”
“Precisamente, la cara Mandy. A quanto pare resta a Hogwarts per le feste e quindi non era costretta a riconsegnarla come hai dovuto fare tu, altrimenti avremmo usato la tua.”
“E ve l’ha data di sua spontanea volontà?”
“Beh, devi sapere che è un tantino sbadata, a quanto pare – almeno così racconta un mio compagno di Casa che ci esce assieme e non sa spiegarsi il numero spropositato di lezioni che frequenta –, nonché sensibile al fascino degli irlandesi dagli occhi verdi, non ce ne voglia il caro Ernie.”
“Ernie è il Tassorosso con cui esce.”
“Sì, grazie, lo avevo compreso. L’irlandese dagli occhi verdi invece saresti tu?” domanda Charlotte, squadrando indagatrice Nathan che annuisce lentamente.
“Proprio lui. Per quanto ne so io li ho ancora marroni e non avevamo tempo di preparare una Polisucco,” spiega Fabian. “In ogni caso, mentre lei era impegnata a chiacchierare riguardo un manuale di Astronomia…”
“Artimanzia.”
“Giusto, scusa, Artimanzia. Ecco spiegato perché ti sei limitato a sorridere e annuire per la maggior parte del tempo: tu non segui Artimanzia. Comunque, dicevo, mentre lei chiacchierava amabilmente di Artimanzia, tra un sorriso e l’altro Nat le ha chiesto se poteva prestarcela, giusto una parola qua e una là, e la carissima Mandy ha annuito. Un lavoro straordinario, devi crederci, mi sono anche domandato se il nostro amico non abbia qualche Veela nell’albero genealogico, ma dice di no. Così, permesso alla mano, io ho approfittato del suo passaggio nei pressi della nostra Sala Comune per vedere Ernie. E ora eccola qui.”
“Siete due… due… coglioni!” sentenzia la ragazza scuotendo il capo in segno di disapprovazione.
“Ehi, è Natale: dovresti essere più buona! Ad ogni modo, avrei preferito essere definito un genio, ma vedrò di accontentarmi. Dovresti apprezzare la gentilezza di chiederle prima di appropriarcene, lo abbiamo fatto per te.”
“Al rientro a scuola la restituiremo subito. Nel mentre, dato che in questi giorni non le servirà per le lezioni, l’abbiamo Confusa perché non la cerchi.”
“Confusa?!”
“Beh,” replica Fabian pratico, “non potevamo correre il rischio che ne denunciasse la scomparsa, mi pare ovvio.”
“Una volta a Hogwarts vi detrarrò trenta punti a testa. Pensate alla povera Mandy e non provate a contestare,” decreta Charlotte, zittendo ogni loro protesta ancora sul nascere.
“Ormai il danno è fatto, Lots…”
“Ci tengo a ricordare una volta ancora come io fossi contrario a questa follia.”
“Ma alla fine hai acconsentito, poche storie, Ghisler! E non è che la tua idea fosse migliore…”
“Che idea?”
“Oh, no, questa verrà sepolta sotto tutto il buon senso che ho perso assecondandolo.”
“Allora, lo vuoi o no il tuo regalo?” domanda divertito Fabian, le labbra increspate nel sorriso di chi sa di aver già vinto e la mano a scompigliare i capelli di Charlotte. “Certo, se ti senti così in colpa nei confronti di Mandy McTass possiamo fare a meno, per quest’anno.”
La ragazza lo schiaffeggia debolmente sul palmo, per allontanare le dita irriverenti dall’acconciatura che ha richiesto ore di torture tra le grinfie di Aisling e le cugine, e annuisce rassegnata e sempre più incuriosita, per quanto provi a nasconderlo sotto lo sguardo severo.
“Qui viene la mia parte di idea,” spiega raggiante Nathan, un sorrisetto furbo sulle labbra, mentre estrae dalla tasca tre biglietti. “Hai sempre detto che ti piacerebbe andare almeno una volta alla festa di Natale al pub nel paese babbano a valle, ma non è concesso saltare le celebrazioni qui, pena Azkaban. Quindi, beh… oggi doppi festeggiamenti.”
Charlotte quasi gli strappa i foglietti dalle mani e scorre febbrile gli occhi a leggere cosa vi sia scritto.
“Pare che nel locale suoni un gruppo molto in voga al momento tra i Babbani.”
“Musica folk, dicono gli avvisi pubblicitari.”
“Come ve li siete procurati?” chiede la ragazza incredula.
“Opera mia anche questa,” si vanta Fabian. “Ho chiesto un po’ in giro, tuo cugino Finn è andato alla Gringott a cambiarci i soldi, mio fratello è stato obbligato a farsi tre ore di fila al bottegino – si chiama così, giusto? –, ed ecco quanto. Se non fossimo stati rinchiusi al castello saremmo andati di persona.”
“Tre giri dovrebbero bastare,” continua Nathan accennando con il capo alla GiraTempo che la ragazza ancora stringe tra le mani. “Probabilmente domani sembreremo O’Brian dopo la sbornia dello scorso anno: due Natali possono valere come quattro bottiglie di Whiskey Incendiario.”
“Poco male, tanto siamo in panchina come al solito a Quidditch.”
“Allora, ti piace?”
La ragazza vola a gettare loro le braccia al collo e stringerli in una morsa tanto familiare, elettrizzata e ancora incredula.
“Siete i migliori, metodi poco ortodossi a parte. Grazie grazie grazie…”
“Quindi, a mhuirnín, sei pronta per il tuo primissimo Natale babbano?”
 
Forse è da sciocchi, Lord Voldemort è tornato e loro studiano per gli esami, pensano alla carriera, si scambiano regali. Forse ne scoppierà un’altra, di guerra, e sarà violenta e infinita come la prima, di più, molto di più, forse. Sguazzeranno dentro anni di sangue e Maledizioni e morte – Diggory è solo il primo.
Forse sono solo lanciatori di coltelli che giocano alla roulette con il destino: un millimetro più a destra e tutto esplode, ci vuole pochissimo.
Eppure sono figli sbocciati dalla Guerra stessa – la Prima violenta e infinita Guerra Magica –, fatti a brandelli dai suoi strascichi, ancora impigliati in una luminosa mattina di maggio in cui i lupi mannari escono dalle fiabe e diventano sangue e carne. Ancora e ancora e ancora.
Sono già intaccati e maledetti, fatti di polvere e calcinacci e tutta la resilienza delle scogliere del Donegal; hanno avuto il loro pezzo di Paradiso, e se presto dovranno scendere in battaglia sarà perché era tutto già incastonato in intricate simmetrie di costellazioni.
Ma poi Charlotte sorride e Fabian sorride e anche Nathan sorride, e va bene così, davvero. Per ora, va bene così. Sono ancora ragazzini che corrono a perdifiato sulla spiaggia, ascoltano musica, si baciano e prendono in giro. Davvero, va tutto bene: sono migliori amici, loro tre, e faranno sempre tutto assieme – anche combattere, anche morire. Staranno sempre assieme, sempre. Punto. Il resto è superfluo.
Anche aver preso in prestito la GiraTempo di una malcapitata Corvonero.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
NdA
Questa storia è nata, molto a caso, in seguito al prompt lasciatomi da shilyss nell’ambito del gioco “Obbligo, verità o salvataggio” organizzato dal gruppo facebook il Giardino di EFP, che chiedeva di scrivere un missing moments da una storia a cui fossi particolarmente legata. La scelta è ricaduta, un po’ banalmente, sulla mia serie Cosa tiene accese le stelle, dove compaiono per la prima volta gli OC protagonisti di questa one-shot.
Immagino che assai difficilmente qualche studente avrebbe mai potuto "prendere in prestito" una GiraTempo, ma la Rowling stessa ha approvato una fanfiction (che è quello che per me TCC resterà sempre) in cui si faceva di tutto e di più con una GiraTempo, per cui mi sono presa la licenza di sfruttare la cosa per questa sciocchezzuola leggera e comica, scritta per puro divertimento. Stando a  Harry Potter Wiki il primo Decreto Didattico della Umbridge è stato emanato proprio il sette ottobre, nei libri però, se non ricordo male, è  specificato
solo il mese.
L’uso del presente mi è risultato molto più naturale, dato il genere ben diverso dal solito, spero che non appaia troppo in contrasto con il resto della serie.
L’ambientazione, particolarmente attuale, è dovuta alla mia grande coerenza XD.
 
Ringrazio di cuore chiunque sia passato di qui e si sia soffermato a leggere, spero davvero che la storia possa essere stata di vostro gradimento. Ne approfitto anche per augurarvi una Buona Pasqua, soprattutto in questo momento difficile.
 
A presto,
Maqry


[1] [2]Gaelico irlandese: dannazione (corrispondente dell’inglese “damn it”).
[3] Gaelico irlandese: mia cara, tesoro.
[4] Gaelico irlandese: idiota.
[5] Gaelico irlandese: tesoro.
   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Maqry