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Autore: clairemonchelepausini    12/04/2020    0 recensioni
[THE GOOD DOCTOR]
And I know the scariest part is letting go
Lo so che la parte più paurosa è lasciar andare
'Cause love is a ghost you can't control
Perché l'amore è un fantasma che non puoi controllare
I promise you the truth can't hurt us now
Ti prometto che la verità non ci può far male adesso
So let the words slip out of your mouth
Quindi lascia che le parole scivolino fuori dalla tua bocca
Il destino stravolge la vita delle persone che ne hanno bisogno, proprio per questo Claire Browne e Neil Melendez avrebbero dovuto affrontare le conseguenze del loro gesto.
Le loro strade dovevano percorrere sentieri lontani, incontrarsi in ospedale e allontanarsi una volta fuori, ma quello zampino chiamato fato, ha fatto in modo che lei inciampasse nell'esatto momento in cui lui uscisse.
Questa raccolta è la loro storia, fatta di attimi, momenti indimenticabili, litigi, lotte, risate e tanto amore.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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NOTE
 Iniziativa: Questa storia partecipa all'evento  Lock DEown a cura di We are out for prompt
★ Prompt/Traccia :  #3 Neil Melendez/Claire Browne: “Non pensava che la prima volta ad averlo tra le braccia era da svenuto” di Glass Heart

 





 
 
Era difficile per i due medici far finta di aver litigato a lavoro ed essere amici fuori dall’ospedale, nonostante ciò stavano iniziando a conoscersi come non aveva mai fatto prima.
Quella giornata era stata a dir poco dura per Melendez, purtroppo aveva perso un paziente che ad aggravare la situazione fu che era il suo migliore amico del college.
«Non è stata colpa tua, hai fatto tutto quello che potevi per salvargli la vita» confermò Claire guardandolo negli occhi e cercando d’infondergli tutto quello che voleva dire e fare, ma che non poteva.
«Non è vero e  se…» affermò duro, togliendosi la cuffietta e mettendosi le mani sui fianchi.
«Se avessi fatto tutto quello che potevo… lui, sarebbe stato vivo» finì la frase e poco dopo aver dato un’ultima occhiata alla sala operatoria dove risiedeva, il corpo dell’amico, se ne andò.
Lui amava il suo lavoro, aveva fatto una scelta che non aveva mai rinnegato, ma era anche un essere umano e ogni morte lo toccava sempre da vicino.
Non c’è l’avrebbe fatta, né era sicuro ma lui era sempre e comunque il chirurgo in carica, il responsabile e non avrebbe mai lasciato il posto alla dottoressa Browne di farlo per lui.
«No, no… no ti prego Neil» affermò la mamma di Trevor non appena lo vide arrivare, quella donna riusciva a leggerlo anche a chilometri di distanza.
I suoi passi si fecero incerti, lentamente si arrestavano ma poi sentì di non essere solo e trovò la forza che gli serviva in quel momento.
«L’intervento stava procedendo bene, eravamo a più di metà quando è sorta una complicazione che non ci aspettavamo, abbiamo cercato di arginarla, ma l’estensione era evidente e non ci siamo riusciti. Mi dispiace comunicarvi che…» e qualsiasi altra parola che finì di dire suonò come un eco lontano e lui era solo un telespettatore che tutti stringevano e abbracciavano.
Il turno continuò come se non fosse successo nulla, ma quel giorno, in quell’intervento qualcosa era avvenuta.


*********


Una delle cose che Claire detestava era quella di vedere i pazienti morire, per lei essere dottore significava poter salvare tutti, ma quella era una regola non scritta e c’era anche un perché.
L’unica cosa che voleva fare era infilarsi sotto la doccia e poi buttarsi sul letto, difatti declinò l'invito di andare a bere qualcosa con gli altri e uscì dall’ospedale in fretta.
Aveva già raggiunto la sua macchina quando il suo telefono prese a squillare, lo estrasse solo per accorgersi che era un messaggio criptico e che sicuramente il mittente non intendeva ciò che aveva scritto.
«Che cos’è successo?» domandò Claire non appena entrò al bar, nel loro posto, lontano dall’ospedale e dagli occhi indiscreti e lo vide là, sulla sedia a bere reggendosi appena.
«Co- co-come mi hai trovato?» domandò il dottor Melendez pasticciando le parole e guardandola come se in realtà non la vedesse per davvero.
«Sapevo dove ti avrei trovato, proprio come è successo l’ultima volta quando… mi hai trovato tu» affermò lei guardandolo con gli occhi feriti.
Claire Browne sarebbe stata l’ultima a poter giudicare una persona, aveva fatto tanti casini e stava ancora cercando di rimettere in piedi la sua vita in pezzi.
«Avevo solo bisogno di dimenticare» ammise lui, alzando il bicchiere di whiskey e scolandoselo per poi dedicarlo all’amico che quel giorno non era riuscito a salvare.
S’incolpava di tutto, lo faceva spesso, ma quel caso pesava ancora di più degli altri.
«Su, dottor Melendez l’aiuto io, si metta in piedi e usciamo da questo bar prima di aggravare ulteriormente il suo stato», ma le sue proteste furono ben visibili a tutti cosa che Claire cercava di evitare a tutti i costi.
Non sapeva più cosa fare, così prese il suo viso tra le mani, lo guardò negli occhi e gli mise un braccio attorno alla vita e con l’altra lo aiutava a reggersi.
«Perchè lo stai facendo?» domandò ingenuamente e con tono innocente a Claire, voltandosi a guardarla sperando di capire.
«Quanto hai bevuto!» esclamò stupita, quando con fatica ed estremo sforzo riuscì a farlo entrare in casa.
Raggiunsero il divano, poi lui si accasciò tirandola con sé e rimasero così, con lui privo di sensi e lei che lo guardava impotente.
Non pensava che la prima volta ad averlo tra le braccia era da svenuto.


********


Il dottor Melendez si svegliò il mattino dopo con un forte mal di testa, un pulsare incessante e continuo e la nausea che disturbava anche le funzioni più normali. Si alzò molto lentamente e si accorse che non era a casa sua, nel suo appartamento e si guardò intorno curioso.
«Prendi questa, per il dopo sbronza ti farà sicuramente bene» affermò Claire entrando in soggiorno e porgendogli un bicchiere con l’aspirina.
A lui l’era bastato guardarla per capire, non c’erano bisogno di domande e non era in cerca nemmeno di una risposta. Sapeva.
Claire si sentì osservata, non avrebbe dovuto farlo ma alzò lo sguardo verso quello del suo mentore e vide qualcosa che non aveva mai visto.
«Non sapevo dove altro portarti, non trovavo le tue chiavi e …» ma lei non riuscì neanche a finire di parlare che lui con un passo svelto non curandosi dell’emicrania e della nausea si buttò sulle sue labbra.
Non sempre c’è una spiegazione razionale ai gesti che si compiono, ma sicuramente c’è n’è sempre una sentimentale.
   
 
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