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Autore: trenodicarta    12/04/2020    0 recensioni
Quando Claudia Barbieri apre gli occhi, scopre di aver perso i sensi nella metro della città in cui abita. Non solo, lividi e ferite le ricoprono la pelle diafana. A partire da questo momento, qualcuno sembra divertirsi a tormentarla, lasciandole messaggi minatori su un segreto che la riguarda e che è giunto il momento di svelare. Decisa a scoprire chi l'abbia aggredita e minacciata, la ragazza compila una lista dei sospettati. La situazione peggiora quando tutti coloro che vi sono segnati cominciano misteriosamente a scomparire, o peggio...
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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5. Qualcuno ti segue

Fece il suo ingresso nello studio come se nulla fosse. Se per strada non aveva sentito lo sguardo dei passanti su di sé, lì lo percepì chiaro e tondo. Sentì tutte quelle occhiate incuriosite premerle addosso, pungerla e ferirla. 
In sala d'attesa, tutti parevano non notare altro che il suo viso. Pazienti, colleghi e infine Sara, che appena la vide, dal fondo del corridoio, lo attraversò in tutta fretta.

«Tesoro, cosa fai qui?

Preoccupata le si avvicinò, prendendola sottobraccio e tirandola verso il proprio studio.

«Ho bisogno di prendere le mie cose. So che mi hai dato una settimana di pausa ma non so cosa fare a casa, ho bisogno di fare qualcosa, devo prendere i documenti di Alice e lavorare.»

Sara annuì pian piano.

«Vai pure, prendi ciò che ti serve.»

Si sorrisero a vicenda e Claudia quasi si precipitò fuori, verso il proprio studio.

«Cla, aspetta.» Il tono di Sara si fece preoccupato, cosa che a Claudia non piacque, così come non le piacque ciò che udì in seguito. «Ne stai parlando con qualcuno?»

Un terapeuta.
Subito dopo essere stata dimessa, Sara le aveva fornito il nome di un collega, consigliandole di andarvi il prima possibile. Sosteneva che potesse essere utile. Certo che lo sosteneva, lei era una psicoterapeuta.

«Ne possiamo parlare un'altra volta?»

«Va bene.» Sospirò arrendendosi l'amica, lasciandola libera di andare.

Claudia ne approfittò immediatamente, uscendo da lì per recarsi nel suo studio.
Era rimasto tutto come al solito lì dentro. C'erano ancora i documenti di Alice sulla scrivania, quelli che aveva letto e riletto tutto il giorno, quel giorno in cui era stata aggredita. Li afferrò con furia, come se fosse di fretta, eppure non doveva andare da nessuna parte.
Uscì veloce.

«Dottoressa Barbieri.»

Marco la richiamò non appena si incrociarono in corridoio.
Lei avrebbe voluto fingere di non averlo sentito, prendere e andarsene, ma non poteva. Si voltò lentamente.

«Salve.»

Si chiamavano per cognome, si davano del lei. Erano informali, lui lo era con tutti, come se ci tenesse a sottolineare quanto fosse diverso dal resto dello staff, superiore a ciascuno di loro.

«Volevo dirle che può tornare a lavoro quando vuole. Si prenda tutto il tempo di cui ha bisogno.» Si schiarì la voce. «Se ha bisogno di qualcosa mi contatti.»

Era la prima volta che Marco mostrava un minimo di contatto umano. Lei annuì.

«La ringrazio.»

L'uomo abbassò gli occhi sui fogli che lei teneva tra le mani, ma non disse nulla.
Proprio come Sara, si dimostrò comprensivo e la lasciò andare senza aggiungere altro.

***

Trovò meno traffico rispetto all'andata.
Era ormai a metà strada, quando notò un particolare che la inquietò. Avvenne tutto casualmente.
Un camion le stava davanti nella corsia di destra. Claudia detestava la lentezza di quei veicoli e soprattutto, non desiderava altro che arrivare a casa il prima possibile. Controllò lo specchietto retrovisore, scalò la marcia, mise la freccia e si spostò nella corsia di sinistra. Accelerò con foga e solo quando ebbe superato il camion rientrò nella corsia di destra.
La macchina che poco prima si trovava dietro di lei, fece altrettanto. Non fu tanto quello a sconvolgere Claudia, quanto il fatto che quella macchina le era familiare. Era una Citroen grigio metallizzato. Daniel ne aveva una identica.
Sara avrebbe parlato di paranoia, le avrebbe detto che nel suo caso sarebbe stato del tutto normale immaginare cose che non esistevano. Le avrebbe detto con fare razionale che le Citroen erano in possesso di tutti, non solo del suo ex. Claudia però era certa che fosse Daniel a guidarla, la stava inseguendo. Era talmente stupido da starle vicino, non aveva lasciato neanche una macchina di distanza. No, perché il suo obiettivo non era nascondersi, ma mostrarsi. Voleva farle sapere di esserci, di sapere dove fosse, di poterla raggiungere sempre, anche alla luce del sole.
Claudia strinse le mani sul volante.

«Vediamo come te la cavi, pezzo di merda.» Sussurrò, come se il suo inseguitore potesse sentirla. 

Di colpo, messe in atto la sua sfida: premette con forza il piede sull'acceleratore, spostandosi sulla corsia di sinistra senza neanche mettere la freccia, voleva coglierlo all'improvviso. Inizialmente la Citroen non si mosse, la seguì solo in seguito, imitando il suo sorpasso e accelerando a sua volta.
Claudia non tolse il piede dall'acceleratore. Ora che aveva la conferma che le sue non fossero solo paranoie, doveva seminarlo. Mancavano ancora tre uscite. Decise di anticipare i tempi. Ritornò sulla corsia di destra e sorpassò la prima uscita. Poi, quando vide la seconda avvicinarsi, finse di superarla e all'ultimo, accertandosi prima che nessuno stesse già uscendo, taglio la linea tratteggiata e imboccò l'uscita anticipata.
Daniel, per quanto preso contropiede, fece in tempo a seguirla, seppur a una velocità così elevata da rischiare lo sbandamento in curva.
Claudia batté una mano sul volante, irritata per non essere riuscita a seminarlo. Perlomeno ora era certa che qualcuno la stesse inseguendo. A questo proposito, l'inseguitore, avendo ormai compreso di essersi fatto notare, si avvicinò a lei, standole a pochi centimetri di distanza. Sembrava volesse provocarla, fregandosene di poter essere identificato.
Claudia strinse gli occhi, spostando lo sguardo dalla strada allo specchietto retrovisore e lo vide.
La felpa nera.
Forse era solo una coincidenza, o forse quella era la stessa felpa di cui parlava Sergio. Claudia non riusciva a vedergli il volto, poiché in parte coperto dalla visiera di un cappellino.
Pensandoci bene, a lei a cosa serviva riconoscerlo? Era certa fosse Daniel.
Era la sua auto, la sua felpa.
La ragazza allungò una mano verso il proprio telefono, tenendo d'occhio la strada. Non conosceva bene quelle zone, non era nemmeno certa di sapere dove si trovasse. Se avesse trovato il telefono, avrebbe potuto chiamare Pietro. Frugò con una mano nella borsa aperta, sistemata sul sedile accanto. Imprecò più e più volte, finché non lo trovò.
Rallentò, per poter cercare il numero di Pietro in rubrica senza correre rischi mentre guidava. Finalmente lo trovò e premette il tasto. Mise in vivavoce e lasciò il telefono sul sedile, mentre riportava anche la mano destra sul volante.

«Claudia?» Le rispose subito, con un tono preoccupato, come se già intuisse che qualcosa non andava.

«Lui è qui. Mi sta seguendo, è dietro... Ah!»

Terminò la frase con un'esclamazione di terrore, poiché in quel momento sentì un rumore forte, che la scosse. In realtà non era stato tanto il rumore a scuoterla, quanto la botta che ricevette. Daniel si era avvicinato talmente tanto alla sua auto da colpirla. Le venne addosso una volta, poi due. Erano colpi mirati, non troppo forti.

«Claudia che succede?» Pietro continuava a gridare a telefono, ponendole domande, chiedendole che stesse accadendo, dove fosse, perché. Claudia non riusciva a rispondere, continuava a guardare lo specchietto, osservando Daniel rallentare e poi di colpo accelerare, tamponandola appena. A un certo punto, riuscì a vedere il suo viso piegarsi in una smorfia divertita.

Quello stronzo si stava prendendo gioco di lei.

Inizialmente provò paura, le venne voglia di piangere, di gridare. Non riusciva a comprendere più nulla: sentiva solo i colpi, gli scossoni, il tono terrorizzato di Pietro a telefono. Poi, di colpo, una parte di lei, riprese il controllo. Non era più impaurita, o meglio, lo era eccome, ma soprattutto, era incazzata.
Si trovavano ormai su una strada cittadina in cui non parevano esserci altre automobili, a parte le loro. Claudia frenò di colpo. Daniel dovette fare altrettanto, altrimenti l'impatto tra le loro auto sarebbe stato troppo violento per entrambi.
La ragazza infilò la retromarcia e diede gas fino a quando non gli andò addosso. Fu un lieve tamponamento, simile a quelli che Daniel le aveva dato fino a quel momento. Claudia lo fece più per ribellione che per altro. Voleva fargli capire che non aveva paura, anche se in realtà ce l'aveva. Lo vide smettere di sorridere, le sue labbra erano piegate in una smorfia neutra, non pareva né arrabbiato né altro, semplicemente confuso. Non se l'aspettava.
Claudia avrebbe voluto vedere il resto del suo viso, ma non ci riusciva. Era certa che però lui la stesse guardando, da sotto il capellino rosso. Rimase lì a fissarlo per qualche istante. Ciò che aveva fatto non aveva senso, eppure la fece stare meglio. Infilò la prima e ripartì. Era certa che lui avrebbe ripreso l'inseguimento, ma non accadde. La Citroen rimase in mobile, con una lieve ammaccatura sul davanti.

 

 
   
 
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