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Autore: EcateC    12/04/2020    1 recensioni
Sherlock Holmes e L Lawliet, i due migliori detective del mondo, vengono erroneamente ingaggiati entrambi per risolvere una serie di misteriosi e inspiegabili fatti consumati nel Sol Levante.
Chi vincerà?
Certo è che Kira ha i minuti contati.
Crossover Sherlock/Death Note
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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-Sherlock? Hai sentito cosa sta succedendo in Giappone?- 
Sherlock Holmes stava facendo rimbalzare una pallina da tennis contro il muro. Si voltò verso John, che sembrava davvero esterrefatto di fronte allo schermo del proprio computer. 
-No- soggiunse, senza mostrare particolare interesse -Cosa sta succedendo in Giappone?-
-Pare che i carcerati giapponesi stiano morendo tutti d’attacco cardiaco. Uno dietro l’altro, in modo del tutto improvviso-
Sherlock lasciò cadere la pallina e si voltò verso di lui, la sua espressione si era pericolosamente incuriosita.
-Attacco cardiaco?- ripeté, socchiudendo gli occhi.
-Sì, lo dice qui- continuò John, leggendo l'articolo -“Le autorità giapponesi hanno aperto un’indagine… I più colpiti sono i criminali maschi di venti, trenta, e quarant’anni… Si parla di soggetti sani e senza patologie cardiovascolari pregresse-
 
 
-...Le morti, stando a quanto ci riportano i fascicoli della polizia, avvengono tutte in due fasce orarie ben precise, che vanno dalle 13 alle 14 e dalle 18 alle 19- continuò un'altra voce, a diversi chilometri di distanza da Baker Street -E riguardano delinquenti sia incensurati che recidivi, sia appena arrestati che in procinto di esaurire la propria condanna-
Watari, l'anziano gerente dell'istituto riservato a bambini e ragazzi plusdotati, alzò gli occhi dal bollettino e guardò i suoi tre orfani più intelligenti, che erano seduti per terra e lo stavano fissando con tanto d’occhi.
-Cosa ne pensi, L?- domandò al più grande e intelligente dei tre -Non credo sia una coincidenza-
 
 
-Le coincidenze non esistono, John- esclamò Sherlock, assertivo e rapido, strappandogli il portatile da sotto il naso.
-Ehi!- brontolò quest'ultimo, stizzito dai suoi modi sempre troppo bruschi -Cosa vorresti dire con questo? Credi che questi criminali siano morti d’infarto perché assassinati da qualcuno? Sherlock, sai anche tu che non è possibile-
 
 
-Troppo semplicistico definirlo impossibile- rispose L a Mello, leggendo attentamente il bollettino giapponese -Ogni fatto, anche il più assurdo e inverosimile, è fondato su una spiegazione logica e scientifica. Noi abbiamo dei criminali che muoiono tutti dello stesso malore, in orari speculari e all’interno di una medesima nazione, e questi tre indizi bastano per formare una prova-
 
-I più potrebbero banalizzare parlando di coincidenze, o perfino di punizioni divine…- aggiunse Sherlock, acceso.
 
-Ma è chiaro che ci troviamo di fronte a un criminale vero e proprio- ragionò L -O magari a un’associazione a delinquere-
 
-No, non è un’organizzazione criminale, John- continuò Sherlock, concentrato -Dov’è il lucro nell’uccidere dei carcerati? Dove sono i proventi, il profitto? Le consorterie criminali sono come le società di capitali, esistono nei limiti in cui i soci possano spartirsi qualcosa. Ma qui non ci sono utili da spartire-
 
-Ma allora com’è possibile, figliolo?- aggiunse Watari, mentre Near cercava di leggere il bollettino -Come può una persona sola aver architettato questo… Sistema di uccisione a distanza senza dei collaboratori?-
L si martoriò il labbro con l’indice -È proprio questo il problema, Watari- sussurrò, tenendo lo sguardo fisso -Non ne ho idea-
 
 
-Finalmente una domanda sensata- esclamò Sherlock -A cui però non so dare una risposta…-
 
-Per adesso, almeno- aggiunse L, determinato.
 
 
-John, prepara le valigie- gli sorrise Sherlock -Andiamo in Giappone-
 
 
-Watari, accetto l’incarico- soggiunse L, alzandosi in piedi.
 
 
 

 
 
 
Sherlock Holmes aveva sentito parlare di L, il famigerato e fantomatico detective di cui nessuno conosceva il volto e il nome.
L Lawliet, da parte sua, aveva sentito nominare diverse volte Sherlock Holmes. Per tutti era il lord inglese che risolveva i casi impossibili, per L era solo l’esibizionista col berretto che era finito sul giornale.
E d’altronde, Sherlock considerava L un ciarlatano, un dilettante, un idiota che ogni tanto ci prendeva. 
L Lawliet aveva vivamente sconsigliato alla polizia di rivolgersi a quel mezzo criminale di Sherlock Holmes.
E Sherlock Holmes rideva in faccia alla polizia quando questa gli suggeriva di contattare L.
I due fenomeni dell’arte investigatoria, insomma, non si conoscevano, non si erano mai visti, eppure non si tolleravano.
Pur essendo accomunati dallo stesso difficile e pericoloso lavoro, non si erano mai consultati né erano mai arrivati a collaborare.
Mai… fino ad oggi.
 
 
 
-La ringrazio per la chiamata, signor Lestrade, ma mi duole informarla che L sta studiando il caso da due settimane e che ha già deciso di accettare l’incarico. Può dire al suo… Consulente investigativo di non preoccuparsi-
-Watari, forse non mi sono spiegato- gli rispose Lestrade col cellulare in bilico tra la spalla e l’orecchio -Sherlock Holmes ha già preso i biglietti per il Giappone, ormai questo benedetto caso Kira appartiene a lui, non si discute-
-Se è per questo, L ha prenotato un Jet privato- gli rispose Watari, gentilmente -Partiamo la prossima settimana e, mi perdoni, ma ritengo più opportuno che il caso Kira venga affrontato da un esperto, non da un dilettante-
-Le assicuro che Sherlock è tutto fuorché un dilettante- replicò Lestrade, infastidito -E anzi, sapere che il caso Kira sia in mano sua mi rassicura immensamente, molto di più rispetto a questo signor L che nessuno conosce-
-Io conosco L e ritengo che sia l’unico capace di risolvere in modo celere e definitivo la questione giapponese-
-Lei pensa questo perché non ha mai visto Sherlock Holmes all’opera-
-Ispettore, ho già visto L all’opera, non ho bisogno di vedere altro- insistette Watari -E comunque noi siamo in procinto di partire. Abbiamo prenotato tutto e siamo già in contatto sia con l’Interpol che con la polizia giapponese-
-Quindi? Se le cose stanno così, cosa facciamo, Watari?- gli chiese Lestrade, stancamente -Convinciamo i due detective a collaborare?-
-Non credo sia possibile, signore. L non ama collabora con chi non conosce-
-E Sherlock non ama collaborare in generale- gli rispose Lestrade -Ma questa volta credo che ne valga la pena. Ciò che sta succedendo in Giappone non ha precedenti-
-Concordo- annuì Watari, preoccupato -Posso sapere dove abita questo… signor Sherlock Holmes, gentilmente?-
-Appartamento 221B di Baker Street. Londra, naturalmente-
-Molto gentile- rispose Watari, appuntandosi l’indirizzo in un foglio -Ne parlerò con L-
-Io ne parlerò con Sherlock. Anzi, con John-
-Chi è John?-
-Probabilmente l’unico in grado di convincere Sherlock- rispose Lestrade.
 
 
 
 
Tre giorni dopo, appartamento 221B di Baker Street.
 
 


John si schiarì la voce, teso.
Lo fece un’altra volta, ma invano: i due detective continuavano a fissarsi in religioso silenzio, seduti uno di fronte all’altro.
Sherlock era sulla sua poltrona con un mezzo sorriso sulle labbra, L invece era ranicchiato sulla poltrona di John ed esibiva la sua solita maschera di indecifrabile indifferenza. Watari e John si scambiarono uno sguardo perplesso e John gli si avvicinò silenziosamente.
-Ma secondo lei stanno comunicando col pensiero?- chiese scherzoso, coprendosi la bocca con la mano. L’anziano non fece in tempo a rispondere ché Sherlock si voltò di scatto.
-Ti ho sentito, John!- disse rapidamente.
-Ammetto di essere molto deluso, signor Holmes- esordì L, placido e pacato. Tutti si voltarono verso di lui -Speravo tanto di vederla con il suo iconico berretto a due falde che si vede sempre nel giornale-
Sherlock alzò gli occhi al cielo, L sorrise.
-Che banale- esclamò Sherlock, vistosamente annoiato -Ma se ci tieni tanto, te lo autografo e te lo regalo, così te lo metti e puoi far finta di essere me-
-Solo se mi autografa anche la lente di ingrandimento- gli rispose L, a tono.
-No, quella è un'esclusiva di Mycroft, mi dispiace- Sherlock gli resse il gioco -E comunque la delusione è reciproca. Sei ovvio, banale e ripetitivo come tutti gli altri-
-Non ho mai detto di non esserlo- rispose L, tranquillo.
-Fai di tutto per non sembrarlo-
-No, le assicuro che la spontaneità è uno dei miei peggiori difetti- gli rispose L, rapido.
Sherlock sorrise -Peggiori? Sicuro?-
L esitò e assottigliò lo sguardo cerchiato dalle occhiaie -So a cosa sta pensando, signor Holmes-
-Ah, sì?- esclamò Sherlock, attento, senza distogliere il contatto visivo. -Sì, lo so- continuò il giovane, tranquillo, muovendo il primo pedone sulla scacchiera.
-Sorprendimi-
-Sta pensando…- L socchiuse gli occhi, John e gli altri pendevano dalle sue labbra -Sta pensando che ho mangiato un bignè al mascarpone e che l’ho comprato non nella prima, ma nella seconda pasticceria più lontana da qui-
Sherlock sorrise -No, non stavo pensando a questo. Quello che hai detto, l’avevo già pensato venti minuti fa mentre salivi le scale. L’odore di burro vanigliato mi ha procurato un conato di vomito-
Questa volta fu L a sorridere -Peccato solo che io abbia mentito. Non ho mangiato niente del genere-
Sherlock sgranò gli occhi e poi si voltò, stupito -Allora è stata lei, Mrs Hudson!- esclamò verso la donna, che arrossì -Mi pare di averle già detto che ha il diabete e che dovrebbe astenersi dal mangiare tutti questi dolci-
-Non mi hanno ancora diagnosticato nulla di simile!- si ribellò la signora, imbarazzata -Finché il medico non mi dice che sono malata, io mangio quello che voglio!-
-Watari, stiamo solo perdendo tempo- esclamò L, saltando maldestramente giù dalla poltrona di John -Andiamocene-
-Aspetta, ragazzino- lo fermò Sherlock -Vuoi davvero sapere a cosa sto pensando?-
-Fremo di curiosità-
-Come vuoi- iniziò Sherlock, preparandosi a snocciolare in meno di venti secondi tutte le sue deduzioni -Hai venticinque anni, ma tra qualche mese ne compi ventisei. Hai un quoziente intellettivo pari almeno a 198 punti, ammirevole rispetto alla media della gente, ma non abbastanza alto da sorprendermi. Non hai  avuto una famiglia, ma i lineamenti del tuo viso rivelano un mix strano di etnie, ma sono portato a ritenere che tua madre sia giapponese e tuo padre francese, correggimi se sbaglio. Odi guardarti allo specchio, ma l’indifferenza che mostri per il tuo aspetto fisico non fa altro che enfatizzare l’insicurezza che cerchi disperatamente nascondere dietro i tuoi manierismi e le tue stereotipie. Naturalmente hai la sindrome di Asperger ma questo è niente in confronto a tutto il resto.
Ti rimpinzi di dolci con la convinzione di far carburare meglio il cervello, ma in realtà è solo un modo per compensare il fatto che sei sessualmente represso. Anche quel modo ignobile in cui ti siedi credi sia utile a migliorare le tue prestazioni intellettuali, ma sappi che no, è solo un effetto placebo, ma tu ne sei così convinto che a volte addirittura funziona.
Infine, ti ritieni la persona più intelligente del mondo, molto più di me, e anche in questo momento mi stai dando segretamente dell’idiota perché, secondo te, sto dicendo delle ovvietà che capirebbe anche un bambino e hai ragione, sono ovvietà, ma il fatto è che non voglio metterti in imbarazzo con discorsi troppo intimi, visto che dietro di me c’è colui che consideri tuo padre. Pertanto, non parlerò del fatto che sei vergine e omosessuale… Gran brutta combinazione, per altro-
-Caspita- esclamò L, sarcastico -Sono colpito, signor Holmes. In meno di venti secondi ho sentito più sciocchezze da lei che nella mia intera vita-
-Sei perfino negazionista- constatò Sherlock, fingendosi sorpreso -Hai sentito, John? Abbiamo trovato qualcuno messo peggio di me-
-Però una cosa corretta l’ha detta, signor Holmes- aggiunse L, sempre più ostile -Ossia che mi sento molto più intelligente di lei, e come ogni volta da quando sono nato, le mie sensazioni si sono sempre rivelate esatte. Tra parentesi, di anni ne ho 24 e no, non sono vergine, a differenza sua-
-Mi duole informarti che in solitaria non vale. Dico bene, John?-
-È veramente molto tenero il modo in cui continua a chiamare in causa il suo amichetto, signor Holmes- sottolineò L, monocorde ma irritato -Si vede che le dà molta sicurezza-
-Chiamo in causa John perché è la persona più normale qui dentro e saprebbe spiegarti in modo squisitamente semplice ciò che io sto cercando di dirti da cinque minuti. Le mie parole evidentemente sono troppo complicate per te ed esulano dalla tua comprensione-
-Sì, in genere fatico a comprendere le farneticazioni di un matto, signor Holmes- gli rispose L, a tono.
John si schiarì rumorosamente la voce, preoccupato -D’accordo, ehm, che ne dite se ordiniamo qualcosa da asporto?-
-Oh, sì! Mi sembra un’ottima idea!- rispose subito Mrs. Hudson con allegria, ma a parte lei, tutti gli altri nella stanza lo ignorarono.
Sherlock infatti si era appoggiato allo schienale della poltrona, con un’espressione che lasciava trasparire un certo compiacimento. Sembrava quasi soddisfatto. L invece continuava a stare seduto coi piedi nudi sulla poltroncina di John e sembrava in procinto di tirargli un calcio in faccia.
-Fallo anche tu- lo invitò Sherlock, secco ma acceso di entusiasmo -Dimmi tutto ciò che hai dedotto, forza-
-Ne è sicuro?- chiese L, col suo tono imperturbabile.
-Ho sempre desiderato che qualcuno lo facesse su di me- gli rispose Sherlock, e davvero non si capiva se era serio o sarcastico.
-Come vuole- esclamò L, afferrandosi le ginoccia -Hai trentasei anni, sei scapolo, disoccupato ma hai un patrimonio di famiglia che ti garantisce un tenore di vita alto. Hai un fratello che fingi di odiare, una famiglia scomoda che ti mette in imbarazzo e un amico che…- L esitò, Sherlock lo fulminò con lo sguardo 
-…Che?- si intromise John, sentendosi chiamato in causa
L sorrise -Che vive con te. Non sei interessato ai soldi ma l’educazione molto british, che ti hanno impartito fin da bambino, ti ha reso snob e particolarmente attento al tuo aspetto esteriore, anche se cerchi di non darlo a vedere. Ti senti molto bello, sei sicuro di te e sai di piacere a molte persone, eccetto a quella che vorresti tu. Ami questa persona, e malgrado tu ti senta molto più intelligente di lei, non ti reputi alla sua altezza e non credi di meritarla, il che ti rende davvero tenero e sensibile, signor Holmes. Oh, perdonami, sono passato al tu- Sherlock non fece una piega, John invece lo aveva ascoltato a bocca aperta -Ah, ovviamente anche tu hai la sindrome di Asperger e anche tu sei omosessuale. Anche tu ti reputi il più intelligente del mondo e anche tu credi che io stia dicendo una marea di ovvietà, ma come te, neanche io voglio aggiungere niente di troppo sconveniente, visto che c’è il tuo ragazzo che ci sta ascoltando-
-Ecco no- si intromise di nuovo John, imbarazzato -Io non sono il suo ragazzo e non sono nemmeno gay, per la cronaca-
L guardò Sherlock, il quale scosse la testa e gli fece segno di lasciare perdere.
-È chiaro?- insistette John -Per tutti, sì?-
-Quanto tempo?- chiese invece Sherlock a L, guardandolo negli occhi.
-Un paio d’anni- rispose quest’ultimo, capendo al volo la domanda ermetica.
-Un paio d’anni per cosa?- domandò John, teso, ma nessuno gli rispose.
-Solo un paio?- continuò invece Sherlock -Avrei detto di più-
-95%- stimò L, continuando il discorso contorto.
Sherlock fece un’espressione sorpresa e incrociò le braccia -Io pensavo 93-
-Non sei oggettivo- motivò L con un'alzata di spalle.
-Mi può tradurre quello che stanno dicendo, per favore!?- sbottò John verso Watari, esasperato.
-Non stiamo parlando di te, John- mentì Sherlock -Dacci un taglio-
Eppure, John aveva la netta sensazione che stessero parlando proprio di lui. Peccato solo che non comprendesse l’investigatorese.
-Scusate- si intromise Watari -Non è forse arrivato il momento di parlare del caso Kira?-
Sia Sherlock che L gli puntarono gli occhi addosso.
-…D’altronde è per questo che siamo venuti qui, no, L?- terminò Watari, forzando un sorriso.
Ma i due detective non risposero e John lanciò un’occhiata di rimprovero a Sherlock.
Calò il silenzio. La verità, era che nessuno dei due detective era disposto a collaborare con l’altro. La curiosità di incontrarsi, però, aveva avuto la meglio. Sherlock moriva dalla voglia di vedere in faccia questo famigerato L e trarne le sue conclusioni. L, da parte sua, voleva conoscere questo Sherlock Holmes e soppesarne le tanto decantate abilità.
Ma di collaborare no, non se ne parlava neanche.
-Sherlock- esclamò John -Ne abbiamo già parlato-
-Infatti- gli rispose quest’ultimo -Il caso Kira è mio, non c’è niente di cui parlare-
-No, è mio- tuonò L, guardandolo negli occhi con aria di sfida -E lo risolverò da solo, come ho sempre fatto-
-È di entrambi- intervenne Watari. Sherlock fece per aprire la bocca ma John lo precedette -No, Sherlock. Basta-
-Per me va bene che sia di entrambi- esclamò L, rivolgendosi a Sherlock -Così vedremo chi per primo riuscirà a risolvere il caso-
Sherlock annuì appena. Era guerra aperta.
-Bene, allora abbiamo trovato un accordo- constatò Watari, stancamente -Si va in Giappone?-
-A quanto pare, sì- gli rispose John -Si va in Giappone- 


 
 
 
 
Un anno dopo, in Giappone…
 
 
 
Alla fine, le cose non erano andate come i due detective avevano pronosticato.
Il caso Kira si era rivelato molto più complesso, difficile e delicato del previsto. Probabilmente, era il caso più ostico che avessero mai affrontato.
Questo, comunque, non portò mai i due detective a collaborare. La loro infantile ostinazione nel voler fare a meno dell’altro era stata più forte, tuttavia la loro sete di competizione era andata col tempo esaurendosi. 
Il caso Kira non era più il pretesto per misurare chi dei due fosse il detective migliore, ma era diventato una guerra vera e propria, da combattere e vincere contro questo inafferrabile ed enigmatico assassino.
E i due investigatori lottavano in prima linea dalla stessa parte.
Fu per questo che Sherlock e L, dopo un anno, erano a sedere uno di fronte all’altro, in un locale fuori dal centro di Tokyo. Insieme a loro c’erano anche gli immancabili Watson e Watari.
Sherlock era dimagrito e aveva una pessima cera, e così anche L, le cui occhiaie erano perfino peggiorate. Sembrava che non dormissero da secoli.
Eppure erano lì, e si fissavano. Entrambi tenevano qualcosa in mano: Sherlock un tovagliolo di carta appallottolato, L una busta sigillata.
C’era molta tensione nell’aria, che non si allietò nemmeno quando il cameriere giunse a portare loro i piatti che avevano ordinato.
I due detective, infatti, avevano lavorato separatamente al caso Kira, percorrendo vie d’indagine diverse ma parallele, senza mai chiamarsi o rendere l’altro partecipe degli eventuali progressi raggiunti. Ma ora entrambi avevano trovato un primo sospettato, un possibile aspirante Kira…
Si erano dati appuntamento in un locale squallido e decentrato, e anche raggiungere un accordo in tal senso fu periglioso.
L aveva suggerito di scrivere il nome del loro primo sospettato in un foglietto e di scambiarselo a vicenda sotto il tavolo.
Sherlock aveva risposto che era una cosa ridicola, che non erano alle medie e  che potevano conversare tranquillamente. L aveva ribattuto che la sua incoscienza rasentava la stupidità, che questo caso metteva in discussione tutto il patrimonio logico e scientifico che l’uomo aveva dato per assodato fino ad oggi e che, per affrontarlo, occorreva guardarsi anche da fenomeni non empiricamente dimostrabili.
Sherlock gli aveva ribattuto malamente che gli Shinigami non esistono.
L lo aveva contraddetto e Sherlock allora gli aveva consigliato di andare  a consultarsi con un santone piuttosto che con lui. 
L a quel punto aveva riagganciato.
Dopo qualche minuto, John aveva richiamato Watari per confermargli gentilmente sia l’appuntamento che la questione del biglietto col nome.
E dunque eccoli qui, i migliori detective del mondo insieme ai loro più affezionati collaboratori.
Le possibilità che avessero scritto lo stesso nome erano una su milione, probabilmente.
-Dunque è arrivato il momento della verità- cercò di sdrammatizzare John.
-Ebbene sì- rispose Watari, annuendo verso L.
-Prima di iniziare, vorrei però dirle una cosa, signor Holmes- cominciò L, con il suo tono di voce calmo e monocorde -Sono assolutamente certo, oltre ogni ragionevole dubbio, che il nome che ho scritto sia quello giusto-
-Anche io- gli rispose Sherlock, secco -Se non fosse per te, sarei già andato ad arrestarlo-
-Non male questa zuppa di miso- li interruppe John, dando una gomitata al migliore amico sotto al tavolo -Certo, se non fosse un anno ormai che mangio questi intrugli, la gusterei più volentieri…-
-Sente la mancanza di Londra?- gli chiese Watari gentilmente, tanto per conversare.
-Non immagina quanto-
-La capisco. Anche io e Ryuzaki non vediamo l’ora di tornare a casa-
Al nome Ryuzaki, Sherlock fece saettare lo sguardo verso il giovane. L naturalmente se ne accorse e lo ricambiò.
-Però il Giappone mi piace, devo dire- continuò John -I giapponesi hanno un senso civico impareggiabile-
-Può dirlo forte-
-E Sherlock ormai sta imparando il giapponese- John sorrise verso l’amico, che alzò le spalle.
-Leggo il giornale e guardo la tv- minimizzò Sherlock, banalmente.
-Io l’ho imparato a nove anni insieme al tedesco, guardando la tv- si intromise L, mescolando il suo gelato fritto.
-Non ti pavoneggiare, Ryuzaki- lo rimproverò Watari con voce sottile.
-Bene, basta chiacchiere. Noi non siamo amici, è inutile che facciamo finta di esserlo- esclamò velocemente Sherlock -Siamo venuti qui per un motivo-
Sollevò quello che aveva tutta l’aria di essere un fazzoletto da naso ripiegato su stesso.
-L’hai scritto in un fazzoletto, Holmes?- sussurrò L, indignato.
-Tecnicamente l’ha scritto John. Ma non ti preoccupare, Ryuzaki, il fazzoletto era pulito-
E detto questo, Sherlock fece l’atto di porgerglielo. L guardò Watari, il quale annuì con fare incoraggiante. 
L allora gli passò la sua busta sigillata, così da permettere lo scambio.
Entrambi scartarono il biglietto velocemente, sotto gli occhi curiosi e preoccupati degli altri due.
Entrambi lessero il nome, entrambi alzarono lo sguardo sull’altro.
-Oddio- esalò John Watson, appoggiandosi allo schienale imbottito della sedia.
-Non posso crederci- sottolineò Watari, inforcando gli occhiali per assicurarsi di avere letto bene.
-Hai delle prove?- chiese invece L a Sherlock, serio e tranquillo come se niente fosse.
-Nulla, niente di niente- gli rispose rapidamente Sherlock, mentre John guardava entrambi i nomi a bocca aperta -Tu hai qualcosa?-
-No, nemmeno io-
-Ma è fantastico- ripeté John, incredulo -In Giappone ci saranno più di cento milioni di abitanti e voi due avete davvero scritto lo stesso nome? È fantastico. Siete fantastici-
-Sono fantastico, John- lo corresse Sherlock, senza potersi trattenere.
-Stia attento, dottor Watson. Il signor Holmes è molto geloso- aggiunse L, divertito.
-Almeno io non sono geloso di un criminale…- sottolineò molto significativamente Sherlock, alzando entrambe le sopracciglia.
L abbassò lo sguardo, imbarazzato, e mise il fazzoletto di Sherlock vicino al proprio biglietto.

In entrambi c’era scritto Light Yagami.
 




 
 
 
 

 




Note
Ah, non ho resistito. Questo Crossover esigeva di essere scritto. Volevo troppo far interagire Sherlock e L, due personaggi diversissimi ma con molte (moltissime!) similitudini... Ci ho provato e questo è stato il risultato. Maldestro, probabilmente, ma almeno ho tentato di fare del mio meglio.
Sono stata indecisa fino all’ultimo su dove pubblicare questa storia, alla fine ho optato per il fandom di Sherlock perché tra tutti era quello che mi piaceva di più. Spero che la storia vi sia piaciuta e l’abbiate trovata credibile.
A presto,
Ecate
 


 
 

PS. contenuti speciali ;)



-Sherlock?-
-Hm-
-Chi è quella persona che aveva nominato L?- chiese John, fingendosi indifferente di fronte alla tv -La persona che ami e di cui non ti ritieni all’altezza?-
Sherlock non mosse un muscolo e non batté nemmeno le palpebre.
-Perché me lo chiedi?- domandò invece, senza guardarlo.
-Perché sono curioso…- buttò lì John, poco credibile.
-Secondo te chi è?-
-Molly?- azzardò John, guardandolo con la coda dell’occhio. Sherlock ricambiò il suo sguardo, si guardarono negli occhi per un attimo ma poi venne da ridere ad entrambi.
No, non era Molly.


 
   
 
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