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Autore: lone_wolf_08    12/04/2020    2 recensioni
Il Reame Boscoso era la sua casa. Thranduil e Legolas la sua famiglia.
Eppure la sua vita lì non sarebbe potuta durare per sempre. Il coraggio di una donna sarà messo a dura prova da un destino inevitabile e da un passato doloroso.
Morwen lo guardò negli occhi: “Chi sono io?”
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aragorn, Legolas, Nuovo personaggio, Thranduil, Un po' tutti
Note: Lime, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Capitolo 10: UN’OMBRA A MORIA



“Non andartene docile in quella buona notte. Infuriati, infuriati, contro il morire della luce.” D.T.




La terra trema. Fuggi. Fuoco e ombra. Questo quello che ti attende. Fuggi. L’oscurità ti avvolge e ti fa precipitare nel vuoto. Fuggi. Sta correndo in un enorme salone, l’oscurità alle sue spalle che morde, brucia e uccide. La via è una sola e lei sta fuggendo disperatamente verso di essa. Sente che qualcuno è rimasto indietro ma non può fermarsi. La miniera è maledetta.

“Vattene. Vattene subito da questo posto”. Una voce le sibila all’orecchio. Una folata di vento gelido e subito dopo una calda rovente. Chiama i compagni, non c’è nessuno. È sola, le mura di Moria le si stringono addosso. Poi vede un’ombra prendere pian piano forma. Kludd.


Morwen aprì gli occhi e si accorse di essere ancora nella stanza dove coi compagni si era coricata per riposare. Sentì una presenza alle sue spalle e seppe con certezza di chi fosse. Si alzò in piedi per affrontarlo, i pugni serrati con rabbia. Ogni volta che si vedevano era la stessa storia.

“Ne ho abbastanza di te e dei tuoi giochetti mentali!”.

“Che ingenua che sei...”.

“Smettila!” lo ammonì sforzandosi di un urlare per non svegliare tutti.

Lui rimase calmo “Sai benissimo anche tu che i sogni che fai non sono merito mio”.

“Ti sbagli...io non so proprio un bel niente. Ma di una cosa sono certa, tu esisti solo per rendere la mia vita un inferno e non mi importa cosa hai da dire in tua discolpa; prima di conoscerti stavo bene!”.

“Se per te vivere una vita non tua è stare bene allora non ti do torto. Se volevi restare nell’ignoranza, circondata dalle menzogne del tuo paparino, ti conveniva restare a Bosco Atro”.

“Ma che diavolo stai dicendo?! Perché ora metti in mezzo Thranduil?”, la ragazza era molto confusa.

“Dovrai fare ancora molta strada ma prima o poi saprai la verità. Tuttavia, non è per questo che sono venuto a trovarti”. La zittì con un cenno e proseguì “Nelle viscere di questa montagna si cela un male terribile, credimi se ti dico che tu e i tuoi compagni siete in pericolo”.

“E io dovrei crederti?”.

“Scelta tua...Io, da parte mia, ho fatto il mio dovere e ti ho avvisata. Uscite al più presto e soprattutto non passate dal salone sotto al livello dei cancelli”.

L’ombra di Kludd si dissolse nel buio penetrante del salone abbandonato.

Morwen affondò il viso sudato tra i palmi delle mani reprimendo un urlo di rabbia e frustrazione. La presenza dello stregone e di ciò che le aveva detto l’avevano messa in crisi maggiormente. In quel momento avrebbe preso a pugni la montagna o qualunque cosa le fosse capitata sotto tiro. Attorno a lei i corpi addormentati dei suoi compagni di viaggio. Loro contavano anche su di lei e come membro della compagnia aveva responsabilità perciò si promise che avrebbe messo da parte il più possibile i sentimenti per portare a termine la missione. La terra di mezzo contava su di loro e per quanto opprimenti fossero i suoi problemi non erano nulla in confronto a quelli che gravavano sul mondo. Si ridistese cercando di riprendere sonno. Non seppe perché ma le venne in mente il ciondolo di agata blu, lo tirò fuori dalla sacchetta e lo strinse nel palmo. Fu come pervasa da una sensazione di pace. Chiuse gli occhi e in poco tempo si riaddormentò. Stavolta però fece un sogno diverso.

La voce di una donna le cantava una dolce ninna nanna e una mano le accarezzava i capelli. Due forti braccia la stringevano, la risata di un bambino fu l’ultima cosa che sentì.

La mattina dopo fu l’ultima a svegliarsi e Legolas ne parve piuttosto contento. “Mi rallegra vedere che hai dormito stanotte”.

“La stanchezza ha preso il sopravvento” scherzò lei.

Subito dopo si accorse che stava ancora tenendo in mano la collana, così la ripose nel sacchetto e si stirò i muscoli. Li aspettavano altre lunghe ore di marcia.

Morwen sentiva il freddo umido della miniera penetrarle le ossa. Stavano camminando da un bel po’ e non si vedeva altro che buio e roccia. Gandalf era sempre in testa e col suo bastone luminoso illuminava il terreno dinnanzi a loro. Subito dopo lo seguiva Gimli, che ogni tanto forniva lui un consulto nei punti dove la via era biforcata e dubbiosa. Frodo e Sam seguivano dietro di lui e davanti a Legolas. Poi venivano Merry e Pipino, fin troppo silenziosi da quando si erano addentrati i quei cupi corridoi. Boromir guardava loro le spalle e camminava a fianco a lei, mentre a chiudere la fila stava Aragorn, fosco e silenzioso. Nessuno di loro avrebbe mai immaginato quanto fossero vaste e intricate quelle miniere.

“Mi auguro che lo stregone sappia quello che fa”, borbottò Boromir.

“Me lo auguro anch’io” rispose Morwen.

La voce di Aragorn giunse loro da dietro “I vostri timori sono infondati. Ho fatto con lui parecchi viaggi e so per certo che non si smarrirà. Fidatevi”.

***

Continuarono la marcia scegliendo strade al posto di altre, evitando buche, pozzi cupi e trappole disseminate lungo il sentiero. Più avanzavano e più le insidie aumentavano; crepe, baratri e spacchi che non facevano altro che aumentare l’agonia, rallentandoli e prolungando la loro permanenza a Moria. La compagnia procedeva a passi stanchi e pesanti; la loro resistenza era messa a dura prova.

Quando sostavano non udivano assolutamente nulla, tranne forse il debole gorgoglio di acque invisibili. Eppure, c’era qualcos’altro che Morwen sentiva, e le parve che anche Frodo lo percepisse: passi. Erano passi leggeri, quasi un fruscio impercettibile che chiaramente non era un’eco o uno scherzo del loro udito. La donna si avvicinò al portatore dell’anello e si sedette vicino a lui. Non aveva ancora avuto l’occasione di parlargli da quando erano partiti ed era veramente incuriosita dal piccolo hobbit.

“Non hai un compito facile” esordì.

“Che lo sia o meno devo portarlo a termine”.

Morwen provò pena di fronte al suo sguardo afflitto e spaventato. Resistette all’impulso di abbracciarlo compassionevolmente e continuò a conversare.

“Sei forte Frodo. Voglio che tu sappia che io ci sarò sempre per sostenerti qualora ne avrai bisogno. E se mai dovessi dare la vita per proteggerti, lo farò”.

Frodo la guardò confuso. “Non mi conosci neanche…perché mai arriveresti a tanto?”.

“Non mi occorre conoscerti per capire che ne sei degno. Porti sulle spalle un fardello più grande di te e l’hai scelto tu. Questo è il minimo che io possa fare”.

Sulle labbra del mezz’uomo si stampò un sorriso “Ti ringrazio”.

Poi la mora diede voce al dubbio che da un po’ le si era insinuato nella testa. “Penso che qualcuno ci stia seguendo”.

L’altro ribatté allarmato “Allora non me lo sono immaginato!”.

Morwen si alzò in piedi “Penso che dovremo dirlo a Gandalf”.

Lo hobbit si alzò a sua volta e la seguì dallo stregone. Quest’ultimo stava seduto fissando il vuoto e fumando, lo sguardo corrucciato. Morwen avrebbe tanto voluto entrare nei suoi pensieri: se Gandalf era preoccupato, e così sembrava, allora dovevano essere in problemi seri e lei avrebbe voluto esserne al corrente. Avere tutto sotto controllo la rendeva tranquilla e al momento non lo era affatto.

I due gli esposero i loro timori e il vecchio li ascoltò in silenzio continuando a fumare. Quando finirono disse tranquillamente, come fosse una cosa di dominio pubblico “È Gollum. Ci segue da tre giorni”.

Frodo era confuso “Ma Aragorn mi aveva detto che era prigioniero a Barad-dûr”.

Morwen esclamò “Evidentemente è fuggito! Vorrei proprio sapere come...”.

Poi, per la prima volta da quando avevano cominciato a parlare, Gandalf rivolse loro uno sguardo eloquente. “Fuggito o lasciato andare?”.

La mora sbottò “Quel viscido vuole l’anello”.

Gandalf riprese con la sua solita calma “Lui odia e ama l’anello, proprio come odia e ama sé stesso. Non si libererà mai del bisogno di averlo”.

Stavolta fu Frodo a esprimere la sua rabbia. “Vorrei che Bilbo l’avesse ucciso quando poteva”.

“Tuo zio ne ha avuto pena” ribatté lo stregone zittendolo, “molti di quelli che vivono meritano la morte e molti di quelli che muoiono meritano la vita. Tu sei in grado di giudicare Frodo?”.

Morwen osservò lo hobbit riflettere su quelle parole e non poté non pensare a cosa sarebbe successo se davvero Bilbo l’avesse ucciso. Di sicuro ci sarebbero stati meno problemi. Spesso non condivideva la filosofia di Gandalf, ma la rispettava.

“Il mio cuore mi dice che Gollum ha ancora una parte da recitare, nel bene o nel male, prima che la storia finisca”.

“Deduco perciò che tu non abbia intenzione di fare niente in proposito” intervenne Morwen, lo sguardo serio e penetrante.

“Non aver fretta ad elargire morte” la ammonì Gandalf.

“Perché? Non è ciò che lui darebbe a noi?”.

“Hai ancora molto da imparare”.

Poi Frodo sedette sconsolato. “Vorrei che l’anello non fosse mai arrivato a me, vorrei che non fosse accaduto nulla”.

“Vale per tutti quelli che vivono in tempi come questi, ma non spetta a loro decidere” lo consolò lo stregone, “Possiamo solo decidere cosa fare con il tempo che ci viene concesso. Ci sono altre forze che agiscono in questo modo, a parte la volontà del male. Bilbo era destinato a trovare l’anello, nel qual caso anche tu eri destinato ad averlo, così come Morwen era destinata ad aggregarsi alla compagnia” disse guardando la ragazza. “Credo sia un pensiero incoraggiante”.

Frodo sembrò sollevato da quelle parole e anche su Morwen ebbero un buon effetto. Si sentì rincuorata e più fiduciosa. Poi Gandalf decise la via da intraprendere e dopo poco si trovarono in una sala molto più ampia rispetto a quelle incontrate finora. Lo stregone aumentò la luce del bastone e tutti rimasero di stucco. Una meraviglia architettonica si estendeva sopra e attorno a loro. Colonnate altissime e maestose sostenevano il soffitto di quello che doveva essere stato il salone principale.

“Ammirate, il grande reame della città dei nani: Nanosterro”.

Morwen era senza parole tanto l’enormità di quell’arte l’aveva colpita. Dovette ammettere che i nani erano dei grandi artefici. Gimli aveva gli occhi che brillavano di luce propria mentre, con la bocca leggermente aperta, vagava con lo sguardo dappertutto. Fu Pipino a rompere l’incantesimo.

“Mi chiedo come facciano dei nani a creare strutture così alte”.

“Io direi volando Pipino” lo prese in giro Merry.

Morwen non capì se ciò che disse il giovane Tuc era dettato dalla sua sincera innocenza o se stesse al gioco del cugino, sta di fatto che non poté fare a meno di ridere.

“Certo che i nani non smettono di sorprendermi”. Poi si girò “Avanti Gimli, vogliamo una dimostrazione di volo”.

Il nano però non rispose; era già scattato in avanti per varcare una porta a lato del salone. Essa apparteneva ad una larga stanza equilatera, fiocamente illuminata da un pozzo aperto verso il cielo. La luce di tale pozzo cadeva dritta su un blocco rettangolare di pietra bianca, che aveva tutta l’aria di essere una tomba.

Gimli infatti, si inginocchiò dinnanzi ad essa afflitto e il resto della compagnia si avvicinò per comprendere la sua reazione. Gandalf lesse le iscrizioni riportate nei linguaggi degli uomini e dei nani.

“Qui giace Balin, figlio di Fundin, Signore di Moria”.

“È morto dunque” disse Boromir.

“Grazie Boromir per averci detto l’ovvio” rispose Morwen. Poi avanzò per osservare meglio la stanza, sentendo lo sguardo infastidito del gondoriano trapassarle la nuca.

Un particolare colpì la sua attenzione: ai piedi della tomba lo scheletro di un nano stringeva ancora tra le mani un grosso tomo polveroso. La giovane lo prese e lo aprì cominciando subito a tossire e starnutire, tanta era la polvere impregnata tra le pagine consunte. Boromir ridacchiò soddisfatto e lei lo guardò male. Gandalf le si avvicinò per esaminarlo. Legolas, nel frattempo, consigliava di non indugiare lì oltre ma di proseguire ed Aragorn capì che l’elfo doveva aver percepito un pericolo in agguato. Intanto Gandalf aveva cominciato a leggere le ultime rune scritte.

“Hanno preso il ponte e il secondo salone. Abbiamo sbarrato i cancelli ma non possiamo resistere a lungo. La terra trema. Tamburi. Tamburi negli abissi. Non possiamo più uscire. Un’ombra si muove nel buio. Non possiamo più uscire. Arrivano”.

Morwen aveva i brividi al solo immaginare gli ultimi istanti di vita di quei nani. Dalle pagine traspariva tutta l’angoscia che dovevano aver provato. Il tetro silenzio che si era creato tra i presenti venne bruscamente interrotto da un tonfo metallico improvviso, al quale tutti trasalirono. Si scopri che era stato Pipino, il quale, armeggiando con uno scheletro ancora equipaggiato di armatura e armi, aveva fatto cadere il teschio con l’elmo nel pozzo sottostante, portandosi poi dietro tutto il resto del corpo, secchio e catena inclusi. Il rumore echeggiò sinistro per tutti i cunicoli e mettendo un gran timore a tutti.

Aragorn rivolse allo hobbit uno sguardo esasperato mentre Gandalf non si trattenne.

“Idiota di un Tuc! Ti sembra che stiamo facendo una passeggiata hobbit? Gettati tu la prossima volta e liberaci della tua stupidità”.

Al contrario di ciò che potevano pensare però, il pericolo non era scampato, anzi, era stato appena risvegliato. Cominciarono a sentire dei tamburi; dapprima il suono era debole e lontano, poi divenne sempre più forte e vicino e i colpi più frequenti. Morwen rivolse a Legolas uno sguardo pieno di sgomento.
Aragorn annunciò cupo “Stanno arrivando”.

Sentirono corni e strilli acuti in lontananza. Il rumore frettoloso di molti piedi che stavano per raggiungerli. Boromir si affacciò alla porta e per poco non venne colpito da due frecce che si infilarono nella porta a pochi centimetri dal suo viso. Rientrò nella stanza riferendo ciò che aveva visto.

“Sono a centinaia: orchi e alcuni Uruk di Mordor. Temo inoltre ci sia un Troll in mezzo a loro”.

“Sbarriamo questa porta e teniamo la porta orientale libera per poter scappare!” suggerì Gimli.

“Già, lasciamola aperta così che possano entrare e finirci per davvero” ribatté con sarcasmo Boromir.

“Da quella porta non proviene nessuna minaccia” fece notare Aragorn, “Se la chiudessimo allora saremmo intrappolati qui definitivamente”.

“Se così è allora perché non fuggiamo subito da quella parte?” chiese Morwen.

Gandalf intervenne a dare man forte ad Aragorn “Quella porta non è collegata al salone; non sappiamo dove porti. Non servirà fuggire ciecamente con gli inseguitori alle calcagna; ci raggiungerebbero subito. Prima di tutto dobbiamo contenere il nemico dandoci così un minimo di vantaggio per la fuga”.

Dopo qualche secondo di esitazione Morwen sguainò la spada “Spero abbiate ragione”.

Boromir la imitò, ancora leggermente contrariato. Nel frattempo, i passi si erano avvicinati sino al corridoio. Aragorn, Boromir e Legolas si precipitarono a chiudere la porta bloccandola con spade rotte, lance e pezzi di legno. Poi si ritirarono al centro della stanza con gli altri aspettando il nemico. La porta cominciò a subire colpi a raffica; dietro, le grida degli orchi, chiamavano morte e distruzione. Morwen, tra Aragorn e Legolas, sentiva montare l’ansia. Finora non aveva mai combattuto contro una minaccia di quella portata. E se tutto il suo addestramento non fosse servito?

“Stai sempre vicino a qualcuno di noi. Non isolarti capito?” le ordinò l’elfo guardandola fissa negli occhi scuri.

Lei capì che non doveva discuterne; l’ultima cosa che avrebbe fatto era contraddirlo in quel momento delicato. Annuì “Facciamoli a pezzi”.

***

Lo scontro infuriava già da un po’, eppure Morwen non avvertiva un minimo segno di stanchezza. L’adrenalina la faceva scattare senza sosta a trafiggere il nemico che ormai era ovunque. Aiutò Pipino ad uccidere un Uruk e impedì che un orco finisse Gimli bloccando il fendente partito alle spalle del nano.

“Non è leale!” ringhiò prima di trapassarlo senza pietà.

Poi l’attenzione di tutti si voltò verso la porta, dalla quale fece irruzione un troll di caverna. Boromir aveva visto giusto. Il troll cominciò a mulinare la sua mazza colpendo tutto ciò che gli si parava davanti, compresi i suoi viscidi alleati. Ad un certo punto sembrò prendere di mira Sam. Lo hobbit era caduto nel tentativo di schivare un colpo ed ora la morte incombeva su di lui. Aragorn e Boromir, con un tempismo perfetto, distolsero il troll dal suo obiettivo tirando la catena che stava già attaccata al suo collo butteroso. Il mostro si girò furioso colpendo il biondo, che volò letteralmente andando a sbattere con violenza contro una parete. Un orco stava per finirlo, sempre se non lo fosse già stato, quando Morwen corse in sua difesa uccidendolo. Preoccupata per il compagno si chinò su di lui.

“Boromir mi senti? Svegliati!” e cercò di rianimarlo schiaffeggiandolo.

Poi vide che respirava ancora e tirò un sospiro di sollievo prima di rilanciarsi nella mischia di lame. In tutto quel trambusto si accorse di aver perso di vista Frodo. Si era detta tra sé di tenerlo d’occhio perché la ferita del pugnale Morgul di certo non l’avrebbe aiutato. Legolas scagliava frecce senza sosta e Gandalf ne abbatteva in gran quantità. Finalmente lo vide: Frodo era in compagnia di Merry e Pipino e stavano scappando dal troll. Un colpo di mazza si infranse sul pavimento dividendo Baggins dagli altri due e rendendolo più vulnerabile. Il troll infatti, se la prese con lui e Morwen corse in suo aiuto. Prese una lancia e trafisse il mostro che però non diede segni di cedimento; anzi, la colpì di rimando mandandola a sbattere contro una colonna. Sentì delle fitte lancinanti alla schiena e non seppe rialzarsi per impedire quello che accadde poco dopo. Il troll infilzò Frodo con la stessa lancia.

Morwen sentì montare una rabbia che neanche immaginava di possedere. Appena riacquistò la mobilità si scagliò come una furia sul mostro, menando una raffica di colpi con la sua spada. Merry e Pipino, anch’essi pieni d’ira, le darono man forte saltandogli sulla schiena e colpendolo all’impazzata. I tre vennero ben presto raggiunti dal resto della compagnia che, visto ciò che era accaduto, avevano eliminato in fretta tutti gli orchi concentrandosi poi solo sul più grosso. L’ultimo scontro non durò molto e finì con una freccia di Legolas dritta nella giugulare del bestione. Il tonfo che provocò cadendo al suolo fu l’ultimo rumore di quella maledetta battaglia che aveva portato alla morte del portatore dell’anello.

Morwen era ancora sconvolta. L’aveva visto cadere trafitto, aveva ancora impressa nella mente quella smorfia di dolore sul suo volto. Non poteva crederci. Aveva fallito, non era riuscita a proteggerlo. Ma chi vuoi prendere in giro? Non sei in grado di difendere neanche te stessa e hai avuto la presunzione di poter difendere un compagno. Sei patetica. Tentò di scacciare quelle voci che sapevano di cruda verità, ma non ci riuscì. Poi avvertì due braccia avvolgerla in un energico abbraccio. Sentì la voce di Legolas sussurrare al suo orecchio.

“Come stai sorellina?”.

Lei si staccò dall’abbraccio e lo guardò negli occhi, le lacrime che lottavano per uscire. “Frodo” disse solamente.

Tutti ora stavano davanti al corpo inerme del mezz’uomo, steso a pancia in giù.

Aragorn lo voltò e tutti rimasero sconvolti a ma felici nello scoprire che era ancora vivo.

“Sto bene” disse infatti, “Non sono ferito”.

Aragorn non se ne capacitava “Dovresti essere morto”.

Morwen non gliene dava torto; d’altra parte quella lancia avrebbe trafitto anche un Uruk.

Gandalf sorrise sollevato. “In questo Hobbit c’è più di quanto non colpisca la vista”.

Frodo tastò sotto le vesti scoprendo la cotta che gli aveva donato suo zio Bilbo.

“Mithril!” Gimli riconobbe subito l’artefatto nanico.

“Tu sei pieno di sorprese Frodo Baggins” constatò Boromir.

Per quanto fosse felice, Morwen sapeva che dovevano sbrigarsi a lasciare quell’orrendo posto. Infatti, cominciarono a sentire altri strilli in lontananza. Stavano tornando e chissà in quanti sarebbero stati stavolta.

“Al ponte di Kazhad Dum, presto!” esclamò Gandalf.

Si precipitarono giù dalle scale attraverso la porta orientale mentre Boromir la sprangava dall’esterno per rallentare in nemico. Fuggirono per un miglio. Non si sentivano più i rumori dell’inseguimento, niente passi, né grida, né voci. Era tutto fin troppo strano. Poi l’aria iniziò a farsi calda e pesante, davanti a loro comparve una luce.

“Siamo salvi! Vedo la luce del giorno” esclamò Pipino, ma Aragorn lo smentì.

“Quella non è la luce del giorno”.

Morwen ebbe un brutto presentimento.

Gimli esclamò “Dobbiamo proseguire oltre, ho capito dove siamo: ci troviamo al livello immediatamente sotto i cancelli. Siamo vicini non possiamo fermarci ora”.

Morwen sentì dei brividi freddi percorrerle la schiena. Il livello sotto i cancelli. Pensò all’avvertimento di Kludd e al sogno. Sperò con tutto il cuore che non ci fosse davvero in agguatto nulla di terribile.

In poco tempo si trovarono in un salone con doppia fila di colonne scolpite come tronchi maestosi. Il rullo di tamburi tornò a tormentarli e fu subito seguito da grida e scalpiccii sinistri. Finalmente arrivarono dinnanzi ad un baratro, attraversato da uno stretto ponte in pietra senza alcun parapetto; e aldilà di esso, la porta esterna. Se fossero riusciti ad attraversarlo sarebbero stati in salvo.

I ranghi di orchi si sparpagliarono come se lasciassero spazio a qualcosa di molto più orribile ed oscuro. Gandalf si girò verso il resto della compagnia.

“È un Balrog, un demone del mondo antico. Di certo non un nemico alla nostra portata. Fuggite attraverso il ponte. Io lo terrò occupato...”.

Tutti gli ubbidirono, tranne Aragorn e Boromir che rimasero al suo fianco. Ci sarebbe rimasta anche Morwen se Legolas non l’avesse letteralmente trascinata via. La scura figura fiammeggiante si lanciò su di loro e giunse al ponte.

“Andatevene subito!” tuonò Gandalf; e dopo un attimo di esitazione, i due uomini lo ascoltarono.

Dopo che tutti ebbero passato il ponte, si girarono verso colui che era rimasto a coprirgli le spalle. Lo stregone era sul ponte e dava loro la schiena. Reggeva nella mano sinistra il fedele bastone e nella destra Glamdring scintillava, fredda e bianca, minacciando il demone.

“Tu non puoi passare! Sono un servitore del fuoco segreto e reggo la fiamma di Anor. A nulla ti servirà il fuoco oscuro, fiamma di Udùn! Ritorna nell’ombra!”.

Il Balrog strideva ma non osò fare altri passi.

Gandalf ribadì urlando “Tu non puoi passare!”, dopodiché batté il bastone a terra facendo crollare il ponte sotto il demone, che cadde stridendo nell’abisso sottostante ancora reggendo la sua frusta infuocata.

Era finita, Gandalf aveva avuto la meglio. Si girò per raggiungere la compagnia quando la frusta maledetta gli artigliò il piede sbilanciandolo. Cadde ma si tenne aggrappato, rimanendo sospeso sul precipizio.

“Fuggite sciocchi!”.

Furono le sue ultime parole prima di cadere, seguendo il destino di colui che aveva precedentemente sconfitto.

Frodo urlò, Boromir lo trattenne dal fare sciocchezze prima di portarlo via insieme agli altri hobbit verso la via d’uscita. Gli orchi tornarono a scagliare frecce, Morwen ed Aragorn erano rimasti a fissare l’abisso infernale, ancora sconvolti. La ragazza si sentì afferrare e trascinare via, si attaccò a sua volta al braccio di Aragorn, scuotendolo dal suo stato. Appena fuori dalla miniera vide i compagni affrontare il lutto in modo diverso. Chi piangeva, chi sedeva afflitto e chi nascondeva tutto dietro una maschera di impassibilità. Lei non piangeva. Per quanto Gandalf fosse stato un ottimo leader, non riusciva a vederlo più di ciò. Non aveva avuto l’occasione di conoscerlo bene e questo la rattristò. Era certa che se lo avesse conosciuto come lo conoscevano Frodo, Aragorn o Legolas avrebbe reagito diversamente. Ciò non tolse però il fatto che fosse molto scossa per tale perdita. Abbracciò Legolas per confortarlo. Nessuno disse nulla, il dolore era troppo.

Gimli lottava per tornare nella miniera in chissà quale remota e impossibile speranza di salvare lo stregone, ma era sempre quel dolore ad agire al posto suo, accecandolo. Boromir lo tratteneva, sul volto un’espressione puramente sconvolta e addolorata.

“Legolas...falli alzare”.

Morwen guardò il ramingo, meravigliata ed allo stesso tempo arrabbiata. Come poteva riuscire ad essere obiettivo in un momento come quello? Come poteva essere così insensibile da non capire che erano tutti devastati? Legolas aveva lo sguardo perso nel vuoto e sembrò non sentirlo.

Boromir protestò “Concedi loro un momento, te ne prego”, la voce rotta.

La donna si trovò d’accordo col gondoriano, un’altra volta. Pensò che in fin dei conti erano simili in molte cose, e la pensavano uguale su molte altre. Inoltre, non l’aveva mai visto così afflitto e le provocò pena.

“Stanotte queste colline brulicheranno di orchi, dobbiamo arrivare ai boschi di Lothlórien” continuò imperterrito Aragorn.

Morwen si avvicinò a Boromir e gli mise una mano sulla spalla in segno di conforto “Per quanto possa sembrarci difficoltoso, credo abbia ragione. Dovremmo muoverci”.

Il capitano la guardò e la donna vide un gran dolore nei suoi occhi che non seppe dire altro, si limitò a guardarlo a sua volta. Poi lui si alzò in piedi e si recò da Pipino e Merry per esortarli ad alzarsi. Morwen si occupò di Sam, mentre Aragorn chiamava Frodo, che si era leggermente allontanato.

Ricominciarono a camminare ed Aragorn prese il posto di Gandalf alla guida della compagnia. Il paesaggio attorno rispecchiava i loro animi; era bello e maestoso ma aveva un che di turbolento e triste. A nord, i picchi innevati delle montagne di Moria, li sovrastavano e all’estremità della valle un torrente scorreva giù, in numerose piccole cascate. Morwen pensò dovette trattarsi della Scala dei Rivi Tenebrosi. Non vi era nome più azzeccato. A sud, le Montagne nebbiose si allungavano a perdita d’occhio e la superficie del Mirolago, rivolta verso Nord, era senza increspature e le sue sponde, ricoperte di erba soffice, erano in contrasto col paesaggio brullo che si stagliava loro davanti. Gimli si fermò ad ammirarlo, ma il suo animo era così pesante che non poté goderselo appieno.

Aragorn li guidò alla sorgente dell’Argentaroggia e da lì seguirono il suo corso, come aveva stabilito Gandalf. Avrebbero raggiunto i boschi laddove il fiume avesse imboccato il Grande Fiume. Dall’alto di un pendio la compagnia guardò il suo corso. Morwen vide la loro destinazione in lontananza. Le acque si inoltravano attraverso le terre pianeggianti, fino arrivare ad una foschia dorata. Aveva sempre sentito parlare dei boschi di Laurelindórinan, la Terra della valle d'oro cantante. Thranduil le raccontava sempre storie meravigliose sul suo conto e fin da piccola sognava di cavalcare con Dagor in quella dimora degna di un Valar. Ora finalmente l’avrebbe vista, anche se la situazione era molto diversa da come se l’era immaginata. Dagor non era lì con lei, un enorme peso incombeva sulle loro spalle e un compagno li aveva lasciati per sempre. No, il contesto era decisamente pessimo.

“È davvero ciò che penso che sia?” chiese rivolta a Legolas.

“Si sorellina, è Lothlórien”.

***

Dall’alto di una torre oscura due occhi di ghiaccio scrutavano le distese pianure di Gondor. Kludd era pensieroso. Come avrebbe fatto ad aiutarla se si ostinava a non credergli? Come avrebbe potuto conquistare la sua fiducia? La sfida che si era preposto si stava rivelando più ardua del previsto. La ragazza non era poi così debole come credeva.


Nota dell'autrice:


Rieccomi da voi tesssoriii💖

Rieccoci qui amici dopo un’interminabile attesa. Mi scuso di cuore con tutti voi per avervi tenuto sulle spine per così tanto tempo. Ho voluto farvi un regalino e, data la critica situazione in cui ci troviamo, spero di rallegrare con questo capitolo questa Pasqua, definiamola, “alternativa”.

“Ora che sei in quarantena non hai più scuse per continuare a scrivere!” direte giustamente voi. Ebbene vi prometto che mi metterò di più impegno anche se l’università si fa sempre sentire. Eh già, quella non si ferma e gli esami devo darli lo stesso.

Non mi dilungo oltre e vi auguro una serena, per quanto possibile, Pasqua coi vostri familiari. Un abbraccio speciale va a chi invece i suoi familiari per vari motivi non ha potuto vederli. Speriamo in tempi migliori e intanto decidiamo cosa fare col tempo che ci viene concesso.

"È come nelle grandi storie, padron Frodo, quelle che contano davvero, erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi sapere il finale, perché come poteva esserci un finale allegro, come poteva il mondo tornare com'era dopo che erano successe tante cose brutte, ma alla fine è solo una cosa passeggera, quest'ombra, anche l'oscurità deve passare, arriverà un nuovo giorno, e quando il sole splenderà sarà ancora più luminoso, quelle erano le storie che ti restavano dentro, anche se eri troppo piccolo per capire il perché, ma credo, padron Frodo, di capire ora, adesso so, la persone di quelle storie avevano molte occasioni di tornare indietro e non l'hanno fatto... andavano avanti, perché loro erano aggrappati a qualcosa."
"Noi a cosa siamo aggrappati Sam?"
"C'è del buono in questo mondo, padron Frodo... è giusto combattere per questo!"


Ancora Buona Pasqua e alla prossima volta!


Ps: Vi spoilero che nel prossimo capitolo si parlerà della storia di un’altra persona. Immagino vogliate sapere subito di chi si tratta eh? Provate ad indovinare voi! Scrivete nei commenti chi è secondo voi! Vi voglio numerosi eeeehhh

Pps: ArUmOsS94 mi ha dato una bella idea nel commento dell’ultimo capitolo. Vi darò i nomi delle possibili ship di Morwen. Quelle che avete pensato voi ovviamente. Ho evinto che non sapete con chi shipparla perché la sottoscritta vi sta creando una bella confusione (LOL). Comunque, eccovi i nomi delle ship così potrete nominarle anche nei commenti. Se avete nomi migliori da propormi ben venga perché alcuni non mi convincono ahaha.

Morwen/Legolas 🡪 Morlas
Morwen/Aragorn 🡪 Aragwen
Morwen/Boromir 🡪 Borwen
Morwen/Kludd 🡪 Kludden

E voi per quale tifate? Sono curiosaaa

Un bacio enorme ai miei fedelissimi lettori e recensori in particolare sissi04, ArUmOsS94, RedelNord, Princess_of_Erebor, Emma Wayne, LaViaggiatrice. Mi invogliate sempre a dare il meglio. Vi lovvooo

Kia

   
 
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