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Autore: DestinyIsland    13/04/2020    0 recensioni
" Dopo aver scoperto cos’era successo, Peter si gettò all’inseguimento dell’assassino che, intanto, venne braccato dalla polizia e fu costretto a chiudersi in una vecchia casa abbandonata minacciando gli agenti di non raggiungerlo. Entrato facilmente all’interno, Spider-Man lo neutralizzò in un attimo, dando sfogo alla propria rabbia e frustrazione picchiandolo a sangue. Ebbe per un attimo il terribile pensiero di ucciderlo, sarebbe stato così semplice, era lì inerme e senza via di fuga. Ma gli insegnamenti di suo zio gli rimbombarono in testa facendogli riacquistare lucidità e, in quel momento, capì cosa realmente significassero quelle parole. Prese il malvivente e lo consegnò alla polizia. Da quel giorno prese la decisione di schierarsi contro il crimine per proteggere gli indifesi e per adempiere al suo credo. Quella notte nacque Spider-Man."
La storia di Peter Parker, alias Spider-Man, arrampicamuri, tessiragnatele e chi più ne più ne metta. Il cammino di un giovane supereroe, dapprima inesperto, ma destinato a diventare uno dei grandi, ammirato da tutti. Ma la strada per diventarlo è lunga e faticosa e spesso una vittoria per il vigilante mascherato risulta comunque una sconfitta nella vita del suo alter-ego Peter.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harry Osborn, Mary Jane Watson, Peter Parker
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 2: INCONTRI





Il suono incessante della sveglia costrinse Peter Parker ad abbandonare il mondo dei sogni e catapultarlo nella vita reale. La faticosa vita reale. Si lasciò sfuggire un mugugno di fastidio mentre allungava un braccio per spegnere la sveglia, con molta cautela a causa di un episodio dello scorso anno, appena ricevuti i poteri, dove l’aveva fracassata con una manata. Si mise seduto sul letto stropicciandosi gli occhi e si avviò verso il bagno incrociando la zia che era già pronta e si stava recando in cucina per fare colazione.
«Buongiorno caro. Dormito bene?» chiese la donna.
«Abbastanza zia May.» rispose ancora insonnolito e chiudendosi la porta del bagno alle spalle.
Si fece una doccia e si vestì in poco tempo per poi fare una buona colazione lasciatagli da May.
«Petey io sto andando al F.E.A.S.T.» lo avvisò sua zia.
«Va bene.» rispose mentre mangiava le uova preparategli. 
«Mi raccomando non fare tardi a scuola e sta’ attento quando cammini in giro.»
«Stai tranquilla, so badare a me stesso. Buon lavoro.» la rassicurò il nipote.
Detto questo May se ne andò lasciando Peter finire la colazione in tranquillità. Il ragazzo era contento che dopo tutto quello che aveva passato, sua zia si fosse finalmente ripresa e avesse ricominciato ad essere attiva. La morte dello zio Ben appariva ancora un macigno nel cuore di entrambi, ma avevano imparato a conviverci e ad andare avanti contando l’uno sull’appoggio dell’altro, rincuorandosi a vicenda. La zia aveva anche trovato lavoro ad un centro di accoglienza molto bello ed efficiente, il F.E.A.S.T, dove aveva anche conosciuto un degli uomini più caritatevoli di New York: il signor Martin Li. La paga era buona e in più diceva che le faceva bene poter aiutare chi aveva più bisogno di sostegno e di riparo, era un’azione che le veniva dal cuore e che le toglieva un po’di quel peso per non aver potuto far nulla per suo marito. D’altro canto il nipote la capiva bene, in modi differenti volevano arrivare al medesimo fine. Peter finì la sua colazione, si lavò i denti e indossò la sua tuta rossa e blu per potersi così avviare verso scuola. Sperava solo che non ci sarebbe stato alcun contrattempo come spesso accadeva, tra rapine e inseguimenti l’amichevole Spider-Man di quartiere aveva il  suo bel da fare. Indossata la maschera, prese il suo zaino con il necessario per la scuola e i suoi vestiti da civile e si lanciò dalla finestra di camera sua. Iniziò a volteggiare rapidamente tra i palazzi, lasciandosi andare in qualche acrobazia divertente di tanto in tanto. Con le ragnatele impiegava molto meno tempo per arrivare al liceo rispetto a quando prendeva il treno, anche se molto spesso il tempo risparmiato veniva impiegato in attività da supereroe.
«Sono quasi arrivato e fortunatamente nessuna emer…»
Spider-Man venne interrotto dal suo sistema anticrimine che gli stava segnalando una rapina a qualche isolato di distanza.
«Perfetto. Grande Peter Parker, parli sempre troppo presto.» si lamentò rivolgendosi a se stesso.
Lanciò il suo zaino su un tetto lì vicino e cambiò direzione per recarsi al luogo segnalato ad alta velocità. Avrebbe risolto la situazione velocemente. Intanto il gruppo di rapinatori stava svaligiando in fretta e furia un piccolo negozio di antiquariato, urtando qualsiasi cosa gli capitasse a tiro, per fuggire prima dell’arrivo della polizia. Derubarono anche il contenuto della casa mettendolo in un borsone sotto lo sguardo terrorizzato e afflitto dei proprietari che guardavano impotenti la scena.
«Grazie per la gentilezza! Ahahahah!» li schernì ridendo un rapinatore correndo fuori dal negozio.
Ma non fece in tempo a fare un passo che venne afferrato da qualcosa e si ritrovò attaccato al muro da una ragnatela. I compagni, vedendo la scena riconobbero subito il vigilante che era sopra di loro attaccato al muro.
«Oh no, è Spider-Man!» esclamò uno di loro.
«La mia fama mi precede a quanto pare. Bravo bambino, risposta esatta.» disse prendendoli in giro.
Due di loro tirarono fuori una pistola e iniziarono a sparargli, cercando così di far scappare gli altri disarmati. Spider-Man evitò con grande facilità i proiettili, afferrò le armi dei due con le ragnatele e le lanciò in testa agli altri due che tentavano la fuga. I due caddero a terra disorientati, mentre il vigilante si catapultò sui due malviventi che avevano tentato di sparargli e li mise k.o. con due calci ben assestati. Poi tirò a sé gli altri due e li scaraventò a terra, bloccando tutti e quattro in una grande ragnatela.
«Mi dispiace, ma i bambini cattivi meritano una punizione. Ricordatevi di queste sculacciate la prossima volta che avrete in mente un’idea tanto stupida.»
Prese il borsone con la refurtiva e lo lanciò ai proprietari che lo guardarono stupefatti.
«Ecco a voi. Per gentile concessione del vostro amichevole Spider-Man di quartiere.» gli disse salutando con un gesto della mano.
«G-grazie.» rispose la donna balbettando mentre quest’ultimo spariva dalla sua vista con un balzo.
Peter controllò l’orario sperando che non fosse in ritardo. Le 8:25. Poteva farcela, doveva volare come mai prima d’ora e rivestirsi in tempo record. Recuperò lo zaino sul tetto dove l’aveva lasciato e si lanciò vicino alla Midtown High School, in un vicolo, per cambiarsi d’abito e ritornare ad essere il non famigerato Peter Parker. Uscì dal vicolo in abiti civili e, sentendo la campanella suonare corse all’entrata appena in tempo.
“Fiuu, ce l’ho fatta.” pensò rilassandosi.
La Midtown High School era un liceo abbastanza tranquillo, come tutte le scuole aveva i suoi pro e i suoi contro, ma a Peter non era mai pesato andarci. Soprattutto per il fatto che fosse un grande appassionato delle discipline scientifiche e un bravo studente. Questo lo aveva fatto diventare, fin dalla tenera età, un facile bersaglio per i classici bulli che si divertivano a rendere la permanenza a scuola peggio di quella che era.
«Ehilà secchione!» esclamò una voce alle sue spalle.
Peter si girò e constatò, con sua grande scontentezza, che chi lo aveva chiamato era colui che lo aveva preso di mira sin dalle scuole medie e che lo continuava a tormentare ancora oggi: Flash Tompson. Era capitano della squadra di football della scuola, il classico tipo tutto muscoli e poco cervello che attirava irrimediabilmente molte ragazze e soprattutto l’attenzione. Lui e Flash erano stati amici d’infanzia e avevano avuto un legame stretto fino alle scuole elementari. Arrivati alle scuole medie, per qualche motivo, Flash si era allontanato ed era passato dall’essere suo amico all’essere il suo tormento. Molto spesso Peter si domandava cosa avesse portato Eugene(il suo reale nome) a quel cambio repentino, ma probabilmente era stata la crescita.
«Flash. Vedo che sei di buon umore oggi.» rispose con indifferenza.
«Ogni volta che ti vedo sono di buon umore pavido Parker, perché penso che se mi fosse andata male sarei potuto diventare come te.» lo schernì il biondo appoggiato dal suo fedele compagno Kenny.
Spesso l’eroe mascherato avrebbe voluto infrangere tutti i suoi principi e i suoi valori per poter dare una bella lezione a quel presuntuoso. Lo avrebbe potuto fare a pezzi, ma nonostante la tentazione non avrebbe abusato dei suoi poteri. Anche se a volte il quarterback lo metteva a dura prova.
«Tranquillo Flash, peggio di così non credo potresti arrivare. Spero.» ribatté Parker.
«Oh il secchione Parker ti ha zittito. Eh amico?» ridacchiò Kenny in direzione dell’amico che di rimando gli fece una smorfia.
«Non dire cazzate, il pavido Parker che zittisce me? Ma per favore.»
Intanto il vigilante se l’era data a gambe, mentre i due discutevano, per recarsi nell’aula di biologia per la lezione della prima ora. Il professore non era ancora arrivato e nella classe tutti gli studenti parlottavano tra loro, quando Ned lo salutò.
«Ehi Pete. Ben arrivato.» gli disse porgendogli il pungo.
«Ciao amico. Sono appena arrivato da una rapina.» lo informò battendogli il pugno e parlando a bassa voce, anche se nella classe regnava la più completa confusione.
«Oh, e com’è andata?» chiese curioso
«Erano una banda di dilettanti, non mi hanno fatto neanche sudare.» rispose con noncuranza.
«Certo che detta così sembra sia una passeggiata.»
«Più o meno. Ma spero che continui ad esserlo e di non avere nemici pericolosi come quelli di Iron-Man.»
«Lo spero anche io amico.» disse dandogli una pacca sulla spalla.
Il professore entrò invitando tutti gli studenti a sedersi. Quell’intera giornata di scuola volò in un baleno tra le varie lezioni e arrivò molto presto il momento di ritornare a casa.
«Che fai stasera?» chiese Ned all’amico mentre uscivano da scuola.
«In teoria niente, ma in caso ci fosse qualche emergenza dovrò svolazzare qua e là per la città.» rispose Peter.
In quel momento gli squillò il cellulare: era zia May.
«Pronto, zia May?»
«Peter, ascoltami devo comunicarti di una cena stasera.» parlò la zia.
«Ah si? E chi viene a cena?» domandò curioso.
«Ti ricordi di quella mia amica, Anna Watson? Ecco qualche giorno fa sua nipote Mary Jane si è trasferita da lei a causa di alcuni problemi familiari, ha la tua stessa età così ho pensato di presentarvi e farvi fare conoscenza.» spiegò la donna.
«Ehm…si ok. Non c’è problema.»
«La cena sarà alle otto, per cui fai in modo di trovarti a casa per quell’ora.»
«Certo May, sarò puntuale.» la rassicurò il ragazzo.
«Ottimo. Ci sentiamo più tardi tesoro.»
«Ciao.» la salutò terminando la chiamata.
A quanto pare i piani erano leggermente cambiati, tutto grazie ad un’idea di zia May. Beh magari sarebbe stato divertente, anche se ne dubitava.
«Tutto bene amico?» chiese Ned.
«Si tutto bene, mia zia ha organizzato una cena con una sua amica e la nipote che si appena trasferita da lei.»
«Oh capisco, una cenetta intima. Chissà magari questa ragazza è anche carina.» lo stuzzicò ghignando.
«Anche se fosse non potrei comunque pensare di intraprendere una relazione. Ho a malapena il tempo per me stesso, non saprei come fare in quel caso. Oltretutto sarebbe pericoloso, è già sbagliato che tu stia a stretto contatto con me.» disse triste.
«Andiamo Pete anche tu hai il diritto di vivere. Cerca di lasciarti andare per una volta.»
Peter sbuffò. Ned la faceva troppo facile, le sue responsabilità non potevano essere paragonate a quelle di Spider-Man che risultavano ben pesanti da portare. “Da un grande potere derivano grandi responsabilità” significava quello. Per fare la cosa giusta, Peter avrebbe sempre dovuto sacrificare qualcosa della sua vita personale, perché il suo obbligo morale non andava di pari passo con quella che era la sua vita. Era molto complicato. Ma quando aveva scelto di diventare ciò che era, aveva anche scelto di farsi carico di quel peso e l’avrebbe portato senza esitazioni. Lo aveva giurato alla morte dello zio Ben.
«Lasciamo perdere ora. Devo passare al Bugle a lasciare alcune foto a quel bisbetico di Jameson.» disse cambiando argomento.
«Spero ti paghi bene almeno.»
«Non mi posso lamentare, anche se qualcosa in più non sarebbe male.»
«Si immagino. Beh buona fortuna amico, ci sentiamo stasera.» lo salutò avviandosi verso l’autobus.
Peter ricambiò il saluto e lo guardò allontanarsi. Si avviò verso il vicolo più vicino e si travestì da Spider-Man per recarsi al Daily Bugle. Arrivò in pochi minuti e si arrampicò sul palazzo per arrivare alla finestra dello sgabuzzino dove si trovavano le cianfrusaglie e gli attrezzi di pulizia. Usava ormai molto più spesso quell’entrata “secondaria” che la porta principale ormai. Ritornò a vestire i suoi comuni abiti e uscì lentamente dalla porta senza che nessuno lo notasse, presi com’erano dal lavoro frenetico del giornalista.
«Signorina Brant deve assolutamente fissare l’appuntamento con quel politico da quattro soldi! Fasswell non ti pago per guardare fuori dalla finestra, ho bisogno di un dannato scoop!»
 Quella era proprio la voce del suo “tranquillissimo” capo. Evidentemente la giornata di oggi si era rivelata poco produttiva in fatto di notizie e grosse novità, lo si capiva dal tono esasperato e infastidito di Jameson mentre riprendeva qualunque giornalista gli capitasse a tiro. Forse a J.J.J. avrebbero fatto piacere un po’ di foto da mettere in prima pagina e gli avrebbe anche elargito una buona somma. Entrò nell’ufficio del direttore ma ancor prima di parlare fu fermato dall’uomo.
«Parker! Sei venuto qui a cianciare? Muoviti, va’ subito a fare qualche fotografia di quell’aracnide di Spider-Man e portamela qui in due virgola tre secondi!» urlò Jameson.
«In realtà signor Jameson io le avrei già. Eccole.» disse mostrandogli i suoi scatti fatti ieri.
Jonah le osservò scrutandole attentamente e senza dire una parola.
«Allora?» chiese Peter.
«Che vuoi un biglietto di auguri?! Robbie mettiamole in prima pagina domani! Non sia mai che quel tessiragnatele abbia la vita facile per un giorno!» esclamò.
«Ehm…signore.» fece per dire il ragazzo.
«Che vuoi?!» gli rispose scorbutico.
«Potrebbe darmi il mio pagamento?» chiese sperando in un accenno di generosità da parte del direttore del Daily Bugle.
«Trecento dollari. Prendili e torna quando avrai altre foto!»
«Si certo. Grazie.»
Jameson si era rivelato il solito spilorcio. Era l’unico in città ad avere settimanalmente fotografie del famigerato Spider-Man e non lo prendeva mai in considerazione, soprattutto dopo il successo che riscuoteva. Ma Robbie l’aveva avvertito di non sfidare la poca pazienza di Jonah, altrimenti avrebbe potuto dire addio anche a quella misera busta paga che, nonostante tutto, a lui faceva comodo per se stesso e per aiutare in minima parte la zia che lo stava tirando su da sola. Uscì dalla redazione e, travestitosi per l’ennesima volta in Spider-Man, volò via.
«Beh per la cena manca ancora un po’, tanto vale fare qualche giro di ricognizione e vedere che aria tira nella buona vecchia New York City.»
Si lanciò nel vuoto e si attaccò all’ultimo momento ad un palazzo con una ragnatela, dandosi un’enorme spinta che lo fece volare ad alta quota. Svolazzò per qualche volta in ogni parte della città, risolvendo i problemi più semplici e comuni, come il salvataggio di un gattino bloccato su un albero di Central Park, a quelli di un certo spessore come rapine, furti, inseguimenti e sommosse contro la polizia. Continuò a girovagare fino a sera, quando si accorse che si erano fatte le 7:40 e decise di rincasare così da potersi fare una doccia e farsi trovare pronto alle 8. Dopo un intero pomeriggio di ronda gli ci voleva proprio. Arrivò rapidamente vicino al suo palazzo e si cambiò d’abito.
«Oh sei tornato.» lo accolse zia May vedendolo rientrare.
«Si May. Vado a farmi una doccia, ne ho proprio bisogno, ho corso per un lungo tragitto.» le disse Peter.
«Certo Petey.»
Si fece una doccia rigenerante e per l’occasione si vestì un po’ più elegante mettendosi un jeans nero e una camicia bianca. Nel frattempo la zia aveva già apparecchiato e preparato tutto l’occorrente per la cena, gli ospiti si sarebbero presentati a momenti. Infatti il campanello suonò dopo poco.
«Ecco sono arrivati.» disse zia May dirigendosi verso la porta.
Quando la aprì Peter vide subito la signora Anna Watson, sempre gentile e cordiale e che lo aveva anche lei visto crescere poiché amica stretta della zia. Spostò un momento lo sguardo e intravide quella che doveva essere la nipote di Anna. Peter rimase semplicemente senza fiato, non si aspettava di certo una sorpresa del genere. La ragazza era di una bellezza mozzafiato, lunghi capelli rosso fuoco e occhi verdi smeraldo in cui sembrava ci si potesse specchiare.
«Tu devi essere Mary Jane. Sei ancora più bella di come ti aveva descritto tua zia.» si complimentò May con la ragazza.
«Grazie signora Parker. E’ molto gentile.» rispose cordialmente.
«Oh chiamami May. Prego accomodatevi.» le fece passare mettendosi a lato della porta.
Le due passarono e videro Peter, appoggiato al tavolo della cucina, leggermente imbarazzato e che non aveva idea di come introdursi. Ma ci pensò sua zia ad intercedere per lui.
«Mary Jane, lui è mio nipote Peter. Anna lo conosce da molto tempo.»
«Oh certo che lo conosco, l’ho visto praticamente crescere. E ora che ti guardo meglio sei diventato più alto.» disse la signora Watson rivolgendosi sorridendo a lui.
Salve signora Watson. La trovo bene.» ricambiò il saluto.
Poi si rivolse alla ragazza.
«Molto piacere. Sono Peter.» si presentò porgendo la mano alla rossa.
«Mary Jane. Piacere mio.» sorrise.
«Bene mettiamoci a tavola.» disse May.
Iniziarono a cenare gustando i manicaretti preparati da May e parlando del più e del meno.
«Allora Mary Jane, come sono andati i tuoi primi giorni da questa matta di tua zia?» chiese sua zia per rompere un po’ il ghiaccio.
«Oh molto bene May. La zia è un po’ soffocante alle volte ma è fantastica.» rispose la ragazza ricevendo un’occhiata divertita dalla zia.
«Hai già scelto la nuova scuola che frequenterai?»
«Ho pensato di andare alla Midtown. E’ una buona scuola e non è troppo lontana da casa.» spiegò la giovane.
«Ah certo! Peter frequenta quella scuola, potresti andare con lui domani per iscriverti.» disse lanciando un’occhiata al nipote che dal canto suo si fermava spesso ad ammirare la figura della ragazza senza che se ne accorgesse.
«Non ci sono problemi, se vuoi venire ti accompagno volentieri.»
«Grazie, mi farebbe piacere.» acconsentì.
Le due donne si guardarono e risero. I due avrebbero trovato molto presto una certa complicità.
«E tu Peter? Come va la scuola?» chiese Anna.
«Oh beh l’anno è iniziato da pochissimo, ma direi bene.» rispose il ragazzo.
«Sai MJ, Peter è una specie di genio delle scienze. E’ uno degli studenti più brillanti.» parlò rivolgendosi alla nipote.
«Ma no, sta esagerando.»
Dannazione! Essere elogiato per le sue abilità di secchione davanti ad uno schianto di ragazza non era proprio il massimo, anche se effettivamente era la verità. Ma la ragazza a quanto pare non sembrò trovarlo ridicolo.
«Davvero Peter? Devi essere molto intelligente , io non ci ho mai capito granché. Potresti aiutarmi a recuperare alcuni argomenti?» domandò MJ.
«Oh s-si certo, v-volentieri.» balbettò lui.
Quella ragazza lo aveva incredibilmente colpito. In genere al liceo le ragazze non lo avevano mai attratto se non fisicamente, ma la loro capacità di ragionamento era strettamente limitata a smalto e rossetto. Mary Jane pareva un tipetto molto sveglio e carismatico oltre che affascinante.
«Oh Peter, ho visto le tue ultime fotografie sul Daily Bugle. Non so come tu faccia a fare certi scatti.» si complimentò la signora Watson.
Allo sguardo interrogativo della rossa, il giovane spiegò.
«Lavoro al Daily Bugle part-time come fotografo freelance. Faccio fotografie a Spider-Man.»
« Davvero?! Wow e l’hai visto in azione?» chiese animata da un nuovo entusiasmo.
«Beh si. Lo vedo spesso in azione e cerco sempre di scattare foto decenti. Anche se quello spilorcio di J. Jonah Jameson ha sempre qualcosa da ridire.» ridacchiò Peter.
La ragazza sembrava interessata al suo lavoro come fotografo di Spider-Man, ma più che altro era una grande fan dell’arrampicamuri. Sarebbe stato bello una volta tanto poter sfruttare il suo status da supereroe, ma la responsabilità prima di tutto. Finirono il dessert e le due donne iniziarono a chiacchierare nel salotto, così Peter propose ad MJ di andare in camera sua per lasciarle conversare tranquille. Alla ragazza parve una buona idea tanto che accettò immediatamente. Entrati nella stanza del ragazzo, stranamente ordinata rispetto all’ordinario, Mary Jane osservò alcune apparecchiature tecnologiche a cui Peter stava lavorando e ne rimase molto colpita.
«Allora…come va adesso?» le chiese Peter titubante.
La ragazza gli lanciò un’occhiata interrogativa.
«Intendo…so che hai avuto alcuni problemi in famiglia. Mi chiedevo se stessi bene.» spiegò il ragazzo che non voleva risultare eccessivamente invadente.
La ragazza sospirò.
«Sai…i problemi derivano tutti da mio padre. Da qualche tempo è diventato un uomo inaffidabile, scorbutico e arrogante. Lui…picchiava mia madre, ha cercato di farlo anche con me ma ho saputo tenergli testa. Nonostante tutti gli abusi, mia madre non ha mai voluto sporgere denuncia, non so neanche per quale motivo. Ma mi ero stancata di vivere in quella situazione, così ci ho pensato io a denunciarlo e sono entrati in gioco i servizi sociali affidandomi alla zia Anna.»
«Cavolo Mary Jane, mi dispiace molto. Dev’essere stato orribile.»
«Lo è stato. Ma ora sono più tranquilla perché quel pazzo è in prigione, mia madre si sta riprendendo per ricostruirsi una vita, e io sono contenta di stare dalla zia.» disse Mary Jane rilassando lo sguardo.
«Già, è una bella notizia.»
«Tu invece? Come mai sei stato affidato a tua zia?» chiese curiosa.
«Beh…i miei genitori…sono morti in un incidente aereo quando ero molto piccolo. Zia May e zio Ben mi hanno preso con loro e allevato come se fossi figlio loro, e in effetti mi sento tale. Non ricordo nulla dei miei genitori, e molto spesso quasi non riesco a ricordare nemmeno i loro volti.» rispose il ragazzo rievocando pensieri che non avevano presa su di lui da un po’.
«Oh, anche tu non te la sei passata bene eh? Scusa se ti ho fatto ripensare a ricordi spiacevoli.» gli disse la rossa seriamente dispiaciuta.
«Non scusarti di nulla. Quello che ho vissuto non lo posso cambiare, è passato. Anche se a volte fa male pensarci.» la rassicurò Peter.
«Tuo zio Ben si è separato da tua zia?»
«No lui…è morto l’anno scorso. Tentativo di rapina in casa finita male.»
«Ah…ecco…mi dispia-» fece per dire MJ.
«Ti prego non finire quello che stavi per dire. Non lo potevi sapere e poi ormai c’ho fatto l’abitudine, non c’è un attimo di pace nella mia vita.» sbuffò facendo un sorrisetto per farle capire che non si era intristito.
«Sai Peter, mi sembra come se ti conoscessi da tempo.» gli rivelò.
«Stavo per dire la stessa cosa.»
I due scoppiarono a ridere nel medesimo istante, consci che tra loro era nata una piacevole amicizia grazie anche alla rivelazione del loro passato turbolento. C’era uno strano feeling naturale nonostante si conoscessero da poche ore e questa consapevolezza rallegrava l’umore di entrambi. Passarono il resto del tempo ridendo e scherzando, parlando anche di Spider-Man e Peter scoprì quanto la ragazza ammirasse lui e il suo operato.
“Dannato senso di responsabilità.” si disse.
«MJ vieni è ora di andare!» esclamò la Anna Watson dal salotto.
I due ragazzi uscirono dalla camera, presentandosi in salotto, e venendo accolti dallo sguardo divertito delle due donne.
«Che stavate facendo?» domandò Anna alla nipote.
«Oh niente zia, parlavamo delle cose che abbiamo in comune.» rispose sapendo che la volesse stuzzicare.
«Petey mi raccomando, sii giudizioso.» lo ammonì May.
«Andiamo zia May, che diavolo vai blaterando?!» esclamò il giovane, imbarazzato.
Accompagnarono le due Watson alla porta per gli ultimi saluti.
«Mary se domani mattina passi da scuola fammi un fischio, così ti accompagno in segreteria per l’iscrizione.» le ricordò Peter.
«Puoi contarci, ho lasciato il mio numero su un foglietto in camera tua. Scrivimi più tardi e salvati il mio numero.» rispose quasi sussurrando per non far impicciare le due zie.
«Sarà fatto.»
«Beh allora, a domani tigrotto.» fece voltandosi e seguendo Anna.
Il Parker rimase spiazzato davanti a quel nomignolo affettuoso che gli aveva affibbiato la rossa. Se lo sarebbe segnato di sicuro.
«Allora…com’è andata?» gli chiese la zia chiudendo la porta.
«Bene direi. E’ molto simpatica e…carismatica si, carismatica. E poi…beh…»
«Puoi anche dirlo che sei cotto ragazzo mio.» lo prese May divertita.
«Ma no May! Come ti viene in mente?!» esclamò Peter.
«Non ci sarebbe niente di strano. Ormai hai sedici anni e anche tu hai certe…»
«No basta non voglio più ascoltarti! La la la la la non ti sento!» fece versacci mentre si chiudeva in camera.
Entrato, si appoggio alla scrivania sospirando e si accorse del biglietto con il numero della Watson scritto sopra. Aveva promesso di scriverle e di salvarsi il suo numero, ed è quello che avrebbe fatto.
“Mi aspetto che salvi il mio numero con quel nomignolo, sappilo.” scrisse.
Dopo qualche secondo gli arrivò la risposta.
“Detto fatto Tigrotto.”
Il giovane vigilante si lasciò scappare un sorrisetto ebete, mentre in lui si inseriva la consapevolezza che fooooooorse era in minima parte attratto da Mary Jane. Anche se era stato sempre scettico su queste cose. Come si poteva provare un sentimento del genere per una persona che si conosceva a malapena? Eppure, in quel momento, non sapeva darsi delle spiegazioni. Il suo flusso di pensieri venne interrotto improvvisamente dal suo sistema anticrimine che segnalò un’effrazione ad una certa distanza da casa sua. Peter sbuffò mettendosi il costume da Spider-Man. Sarebbe stata una lunga nottata.





Angolo Autore
Ecco il secondo capitolo. Grazie a chi seguirà, recensirà o solo leggerà la storia.

 
   
 
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