Contest delle prime volte.
Prompt: 17 RoadTrip
LA
PRIMA VACANZA INSIEME
“Ragazzi,
mi raccomando…”
La
voce di Molly era, se possibile, più
preoccupata del solito. Harry sorrise, avere una mamma che si
preoccupasse per
loro era molto tenero, ma la signora Weasley sembrava scordarsi sempre
più
spesso che avevano affrontato ben di peggio di una gita in moto durante
le
vacanze di primavera.
“Sì,
mamma, non preoccuparti. Staremo
attenti e staremo lontano dalle strade trafficate, promesso”
la rassicurò
Ginny.
Ginny
guardò Harry e sorrise. Sua madre
era sempre un po’ esagerata ma effettivamente, dopo la morte
di Fred, era
comprensibile.
Hermione
si avvicinò e le porse una
minuscola borsetta. “Qui c’è tutto
quello che ti ho preparato: una pergamena
con gli incantesimi che potrebbero servirvi, due boccette di
inchiostro, due
piume, pergamene pulite e…”
La
giovane strega rise e prese la
borsetta, interrompendola: “Oh, Hermione, questa è
la prima vacanza che faccio
con Harry. Da sola con Harry. Secondo te… Dovrei
scrivere?”
Hermione
alzò le spalle, sorridendo un po’
spaesata. “Non si sa mai. Ti ho messo anche alcune pozioni ad
ampio spettro”
disse. Ginny l’abbracciò senza aggiungere
altro.
Hermione
era fatta così e non doveva più
stupirsi. Le piaceva programmare tutto e avere a disposizione ogni cosa
che
potesse servire. Se fosse stato per lei, sarebbe partita con quello che
aveva
addosso e la bacchetta.
Harry
si infilò il casco. Molly e Hermione
erano state categoriche: le strade babbane erano pericolosissime, il
casco era
obbligatorio!
Salì
a cavalcioni sulla sella, tirò la
leva della frizione, calcò il piede sulla pedivella per
l’accensione e la moto,
che era appartenuta a Sirius, si accese. Il rombo fu forte,
probabilmente
perché il motore era potente, e un’emozione
inaspettata si insinuò dentro di
lui. Harry pensò quasi di sentire un mancamento: meno di un
anno prima, quella
stessa moto aveva accompagnato lui e Hagrid via dalla casa degli zii,
quando
era successo tutto quel casino, quando era morto Moody,
quando… Per un attimo
il cuore si riempì di malinconia e lui ebbe paura di aver
fatto la scelta
sbagliata. Cercò di pensare a cose positive,
sospirò e il petto si svuotò
velocemente, fino a riempirsi di vibrazioni potentissime e ritmi
sfrenati,
suonati dal motore. Quella moto aveva trasportato anche spensieratezza
e
allegria, quando suo padre e Sirius avevano scorrazzato avanti e
indietro per
le strade di Londra. E lo avrebbe fatto ancora, per quella vacanza.
Anche se
lui non aveva la patente per guidare, l’aveva provata
più volte, prima di quel
giorno, perché voleva essere sicuro di fare tutto per bene.
Era la sua prima
vacanza con Ginny.
E
se invece fosse andata male? Sarebbe
stata colpa sua. Era stato lui a proporle quel viaggio per stare da
soli. Harry
adorava la Tana e tutta la famiglia Weasley ma una vacanza da solo con
Ginny,
ora ufficialmente la sua fidanzata, pensava fosse il premio migliore
del mondo,
dopo tutto quello che era successo.
Ginny
sorrise a Harry e si infilò anche
lei il casco. Aveva già una mezza idea di farlo sparire
nello zaino quando sarebbero
stati lontano da casa, perché le dava fastidio.
“Ehi,
non vorrai partire con quella
giacchina così leggera?” La voce di Hermione le
arrivò alle orecchie un po’
ovattata, per via dell’imbottitura all’interno del
casco.
“Perché?”
Hermione
scosse la testa. “In moto c’è
freddo. Non va bene. Devi metterti qualcosa di più pesante e
poi…” Ginny
sospirò, mentre Hermione guardava il cielo grigio. Non
vedeva l’ora di partire.
Prima le raccomandazioni di sua madre, poi quelle dell’amica,
ci mancavano solo
suo padre e tutti gli altri. Per fortuna, erano al lavoro. Anche Ron
era al
Tiri Vispi.
“Non
preoccuparti, andrà tutto bene” la
rassicurò con noncuranza Ginny. Poi salì sulla
sella dietro a Harry, che si
voltò a guardarla, e lei gli appoggiò le mani sui
fianchi. Per fortuna suo
padre non era riuscito a ricostruire quel sedile orribile che
c’era accanto
alla ruota posteriore. Lei preferiva un viaggio a stretto contatto con
Harry,
piuttosto che starsene seduta quasi per terra a guardarlo dal basso.
Salutarono
con la mano e, finalmente,
Harry diede gas a quel drago metallico e partirono
lungo la
strada.
Ginny
si sentì molto eccitata, stavano
partendo.
No. Erano partiti. Era la loro prima
vacanza insieme.
Si strinse più forte al ragazzo e sentì la
mano di Harry sulla sua, per un brevissimo momento, prima di tornare a
posarsi
sul manubrio.
La
strega iniziò a rabbrividire dopo
appena mezz’ora. Passò un’ora,
iniziò a piovere e, nonostante gli incantesimi
per non bagnarsi, Ginny sentiva i pantaloni intirizziti. Dopo due ore,
incominciò a battere i denti e i tremiti che le scuotevano
il corpo si fecero
troppo evidenti per poterli nascondere ancora.
***
“Mi
dispiace” disse Ginny, bevendo il tè
bollente e avvolgendo le mani intorno alla tazza per scaldarsi.
Harry
si stupì. “Non scusarti, non è stata
colpa tua, ma mia!” esclamò, sentendosi
responsabile. Era stata colpa sua,
Harry lo sapeva bene. Quell’idea assurda del viaggio in moto,
loro, che erano
maghi e potevano andare dove volevano con la materializzazione. Non
c’era
bisogno di un viaggio. Ginny si era ammalata ed era successo a causa
sua. Ora,
rannicchiata in quel bellissimo letto matrimoniale
all’interno della tenda da
campeggiatori magici, rabbrividiva di febbre e non di eccitazione.
“È
stata una cattiva idea, non dovevamo…”
La
voce di Ginny, un po’ bassa a causa del
malanno, era fermissima mentre lo interrompeva. “Non
è stata una cattiva idea!
E ho solo un po’ di febbre. Guarda: Hermione mi ha messo nel
beauty almeno tre
pozioni contro malanni vari e io ho già preso quella giusta.
Sono stata stupida
a non averle dato retta quando mi aveva detto che avrei avuto freddo.
Io non lo
sapevo e…”
“Dovevo
dirtelo io. Dovevo pensarci…”
“Hai
già salvato il mondo magico, Harry,
smettila di preoccuparti per tutti. Ti prometto che domani ripartiamo
col drago”
gli disse con un sorriso stanco, usando il nomignolo che usava per la
moto.
Tutti
e due guardarono fuori dalla
finestra osservando la pioggia.
Forse
dopodomani,
pensò Harry.
***
Quando
si svegliarono, il giorno dopo,
piovigginava ancora e il cielo era grigio. Harry decise per un
incantesimo di
copertura per la pioggia e Ginny pensò a quello inferiore
per evitare che
l’acqua potesse schizzare da sotto la moto. Era ancora un
po’ stanca, ma non
voleva assolutamente rovinarsi la vacanza, così prese un
altro sorso della
pozione di Hermione.
Dopo
aver risistemato la tenda e tutte le loro
cose nello zaino, risalirono sulla moto e ripartirono. Purtroppo la
visibilità
era ancora scarsa, così viaggiarono lentamente lungo quelle
strade quasi
deserte, ma con insistenza puntarono a Nord, per tagliare il
più possibile il
tragitto e magari riuscire a costeggiare un po’
l’oceano, come avevano
programmato alla Tana.
“Stai
bene?” le chiese Harry quando si
fermarono per sgranchirsi le gambe.
Ginny
annuì, togliendosi il casco per
respirare. Aveva da poco smesso di piovere e
l’umidità aveva riempito l’aria
quasi immediatamente.
Voltò
il viso verso il cielo e si stupì di
vederlo azzurro. Sorrise. Il cielo era sereno: sarebbe andato tutto
bene.
Ripartirono
poco dopo e, mentre
percorrevano una di quelle strade deserte da cui si vedono solo campi e
coltivazioni, pascoli e frutteti, il sole lanciò uno dei
suoi raggi sui ragazzi
e iniziò a scaldare il mondo.
Ginny
cominciò a godersi il viaggio: senza
più le protezioni per il meteo, sentiva il calore del sole
sulla schiena e la
brezza scivolarle intorno al collo, come una sciarpa fresca e
avvolgente allo
stesso tempo. Si raddrizzò con la schiena e
staccò le mani dal torace di Harry,
tenendolo per i fianchi. Sentì sotto il suo tocco anche il
ragazzo stiracchiarsi
e rilassarsi al calore del sole.
Sfiorò
la bacchetta e con un ‘evanesco’,
fece sparire il suo casco. Harry se ne accorse, rallentò e
si fermò.
Si
tolse anche il suo, girandosi verso di
lei. “Senza casco?” chiese. Ginny alzò
le spalle.
“Magari
solo un pochino, che dici? Questo
sole è fantastico.”
Harry,
a cui il casco dava tremendamente
fastidio, annuì e lo porse alla ragazza per farlo
evanescere.
Quando
ripartì, più piano di prima, con
una buona dotazione di occhiali da sole e sciarpe, decise di prestare
più
attenzione al paesaggio. C’erano ancora delle pozzanghere
lungo la strada, ma
sempre meno, andando verso Nord. Presto avrebbe fatto freddo, e si
sarebbero
ricoperti, così cercò di godersi quel momento
particolare.
Indicò
a Ginny alcuni ermellini che
scapparono quando il rombo della moto fu troppo vicino e anche alcune
lepri dal
manto marrone, che si fermarono a osservarli chinando la testa mentre
passavano
davanti a una piccola collinetta e Ginny rise quando li
salutò con la mano,
facendo scoppiare a ridere anche Harry.
Un
piccolo mulino la cui ruota girava
nell’acqua di un ruscello, fece di Harry un professore, che
spiegò il suo
funzionamento a una Ginny stupita e interessata.
Piccoli
uccelli in stormo passarono sopra
le loro teste, lasciando il cielo pieno di grida acute e battiti di ali
fruscianti.
Ginny
si strinse di più a Harry e appoggiò
la guancia sulla sua schiena, chiudendo gli occhi. Poteva illudersi di
sentire
il battito del suo cuore, ma sapeva che lui indossava troppi maglioni
di sua
madre per essere una cosa possibile, e quando capì, invece,
che il suo cuore
che batteva a mille per l’emozione, si scoprì
felice. E innamorata. Allargò le
mani sul petto di Harry e lo strinse. Lui si voltò,
toccandole la mano. “Hai
fame?”
Oh,
sì, Ginny aveva fame. “Ci fermiamo a
mangiare?” chiese.
Harry
si guardò intorno, non c’era niente.
Niente davvero. Solo prati e pascoli, campi e collinette. Quello che
sembrava
un infinito muretto bianco che delimitava la strada e nessuno, a parte
gli
animali. Tirarono fuori la cartina da una delle tasche e osservarono la
strada.
Ancora un’oretta e sarebbero arrivati a un piccolo paesino,
probabilmente lì
avrebbero trovato un posto dove mangiare.
“Andiamo
avanti, allora?” chiese Harry.
Ginny,
con ancora il viso rivolto al sole,
annuì.
Ripartirono
e lei continuò un po’ a
guardare il panorama e a stringersi a Harry. Quando ormai mancava poco
a
raggiungere il paese, subito dopo aver oltrepassato una collinetta che
ostacolava la visuale, si presentò una scena piuttosto
inusuale. Beh, inusuale
per dei maghi che viaggiavano su una moto magica perché per
i babbani che
abitavano da quelle parti non doveva essere una cosa strana.
“Ma
cosa…” esclamò Ginny, dietro di lui.
Harry spalancò gli occhi. Decine di pecore camminavano a
velocità spedita lungo
la strada, venendo loro incontro. Un cane dal pelo lungo e bianco
correva sopra
al muretto, saltando su e giù sul prato, abbaiando ogni
volta che un animale si
fermava. Il rumore dei campanacci era altissimo, sovrastato solo dal
rumore
delle zampe sulla strada e dall’abbaiare del cane.
Per
un attimo Harry rimase paralizzato:
tutte quelle pecore stavano correndo nella loro direzione. Cosa sarebbe
successo? Si voltò verso Ginny per vedere se fosse
spaventata, ma non capì la
sua espressione.
Quando
vide tutto quel bianco, rumoroso e
polveroso, muoversi velocemente, Ginny non si rese conto di cosa stesse
succedendo. Probabilmente il sole le aveva dato alla testa,
pensò, strizzando
gli occhi e, quando gli animali furono troppo vicino per tornare
indietro e
cambiare strada, li riconobbe e scoppiò a ridere.
“Ma…
Sono pecore?” chiese, ancora ridendo
e girandosi da tutte le parti quando le pecore circonadarono la moto,
qualcuna
senza degnar loro di uno sguardo, qualcuna fermandosi e allungando il
naso e la
bocca verso di loro.
“Sì”
rispose Harry, sollevato dalla sua
reazione. “Ci sono anche delle capre, guarda!”
continuò, indicando con il
braccio alzato.
Ginny
guardò nella direzione indicata e
vide chiaramente qualche capretta e anche un cane che correva a fianco
delle
pecore, sopra il muretto e un signore che correva nella loro direzione
agitando
un braccio in alto.
L’uomo,
con una giacca militare e uno
smanicato grigio scuro, si avvicinò e Harry lo
salutò alzando una mano.
“Salve!”
“Scusate,
ragazzi! Purtroppo il prato che
attraverso di solito per il pascolo si è allagato e abbiamo
dovuto passare per
la strada per non impantanarci.”
Quando
si fermò, davanti a loro, Harry lo
osservò: un uomo sulla cinquantina, forse, con un
abbigliamento campagnolo e un
bastone artigianale ricavato da un grosso ramo di un albero. Non sapeva
cosa
dire o cosa fare. Dovevano aiutarlo?
Sentì
Ginny ridere dietro di lui e si
girò: una pecora le stava leccando la parte scoperta della
caviglia, fra la
scarpa e i jeans.
La
ragazza saltò giù dalla moto, cercando
di accarezzare la pecora sulla testa ma questa non si fece prendere e
scappò
via, dietro alle altre.
“Vuole
una mano?” chiese lei al pastore,
guardando Harry che annuì.
“Non
c’è bisogno, grazie, più avanti
c’è un
punto in cui ho intenzione di farle deviare. Mi basta il mio
Park...” Indicò il
cane, che correva ancora avanti e indietro a fianco della mandria,
abbaiando
quando qualche pecora si fermava a mangiare l’erba che
spuntava dagli angoli
della strada o dal muretto, facendole riprendere la via.
Ginny
continuò a guardare quel gregge con
gli occhi spalancati e Harry, ricordandosi del pranzo, chiese
all’uomo: “C’è un
posto dove si può mangiare qui vicino?”
“Al
paese c’è il pub di mio cugino, non
potete sbagliare, ditegli che vi mando io e vi tratterrà
bene!” Indicò la
strada che stavano percorrendo, da dove era venuto lui, e riprese il
cammino
insieme alle pecore e alle capre.
Aspettarono
che il gregge passasse e,
ancora con la risata di Ginny nelle orecchie, Harry riaccese la moto e
ripartirono.
***
“È
stato bellissimo! Non mi era mai
capitato di essere circondata da una mandria di pecore lungo la
strada!”
Ginny
era allegra e a Harry bastava
questo. Perché se lei era felice, lo era anche lui.
“Neanche
a me, effettivamente” ammise lui,
ridacchiando.
La
ragazza si allungò sul piccolo tavolo
nel pub e gli prese la mano. “Una prima volta per tutti e
due!” I suoi occhi
brillavano e Harry si innamorò ancora di lei, sapendo
benissimo che si riferiva
a un’altra prima volta.
“Ti
prometto che sarà una vacanza
stupenda” disse Harry, dopo un po’.
“Harry,
è già una vacanza stupenda!” lo
rassicurò lei, stringendogli più forte la mano,
senza lasciare il contatto con
i suoi occhi. Il ragazzo annuì.
“Cosa
vi porto?” Joe, il corpulento oste,
cugino del pastore, fece la sua comparsa al tavolo con grande piacere
di Harry
e Ginny: avevano una gran fame.
***
Il
giorno seguente, dopo un’intensa
nottata piena di risate e piccole confidenze fatte tenendosi
abbracciati, Harry
e Ginny salirono sulla moto molto più carichi e speranzosi.
Verso l’ora di
pranzo la strada si era già fatta noiosa e Harry le chiese,
visto che erano in
una zona deserta come il giorno prima: “Cosa dici se
provassimo a staccarci da
terra?”
Ginny
non riusciva a credere alle sue
orecchie: avrebbero volato? Volato con quel drago?
E come sarebbe stato?
I suoi occhi si spalancarono smaniosi: un’altra prima volta.
“Oh, sì, sarebbe
fantastico!”
“Magari
tu controlla che non ci veda
nessuno, che dici?”
Ginny
annuì e si toccò la bacchetta,
fasciata sulla coscia, pronta a lanciare l’incanto di
disillusione
all’occorrenza.
Harry
accelerò in un punto in cui la
strada seguiva un rettilineo e poi schiacciò il pulsante
viola sul manubrio,
gridando a Ginny: “Tieniti forte!”
La
moto velocemente si staccò da terra e
Harry sentì il vento scompigliargli i capelli molto
più di prima, riuscendo a
vedere l’azzurro del cielo e le nuvole avvicinarsi.
Indicò con il dito un
piccolo stormo di uccelli e li sorpassarono in velocità,
passando di lato,
voltandosi a guardarli e ricambiando la loro occhiata curiosa.
Scoppiarono
a ridere e Ginny dovette
tenersi più forte per non sbilanciarsi.
Quella
sera mentre montarono la tenda in
un piccolo bosco, Ginny, di spalle, voltò un po’
il viso verso Harry
dicendogli: ”Hai avuto un ottima idea, oggi. Mi è
piaciuto tantissimo volare
così per la prima volta. E ora siamo quasi in Scozia. Domani
andiamo verso
ovest? Mi piacerebbe vedere l’oceano…”
Harry
le si avvicinò da dietro e
l’abbracciò, affondando il naso nei suoi capelli.
“Andremo dove vuoi. È la
nostra prima vacanza e io farò in modo che sia la
più bella di tutte!”
“So
cosa possiamo fare stasera, perché
questa vacanza sia la più bella, Harry, ed è una
cosa che piace molto anche a
te…” disse lei, girandosi fra le sue braccia e
baciandolo. Era il ragazzo
migliore del mondo e Ginny si sentiva fortunata ad averlo nella propria
vita.
Harry la trascinò dentro la tenda e quella sera se la ricordarono per parecchi anni a venire.
***
Il
giorno dopo, era un po’ più freddo ma
non pioveva, e la strada era ancora silenziosa e deserta. Era una
fortuna, per
loro, visto che erano un mago e una strega e che Harry non possedeva
dei
documenti babbani regolari per guidare quella moto. Fino a quel momento
non
avevano incontrato quasi nessuno e chiunque avevano incrociato non era
per
niente interessato alla patente di Harry, così Ginny, si
raddrizzò e appoggiò
il viso sulla spalla di Harry e sussurrò vicino al suo
orecchio: “Sto per farti
una proposta indecente…”
Harry
per poco non sbandò e la moto perse
equilibrio, ma lui riuscì a mantenere il manubrio saldo e a
riportarla dritta,
prima di fermarsi.
Si
girò e guardò stranito una Ginny
particolarmente divertita.
“Ok,
forse non così indecente, dai…” Ma la
giovane strega rise ancora.
“Sentiamo.”
“Mi
insegni a guidare?”
Ginny
vide gli occhi di Harry spalancarsi
e immaginò già che le rispondesse di no.
Sospirò, ma non disse niente, anche se
a fatica.
Fece
per parlare dopo un po’, per
ricordargli che neanche lui in fin dei conti aveva la patente ma stava
guidando, quando le disse: “Scendi”.
Come?
Ginny non capiva, ma allungò un
piede fino a toccare terra e scese. Ancora a bocca aperta,
osservò Harry fare
la stessa cosa e appoggiare il drago al cavalletto.
Harry
pensava di essere impazzito. Aveva
appena imparato a usare quella moto, cosa poteva insegnare a Ginny?
Molte cose
gli venivano istintive e non sapeva neanche se le facesse nel modo
giusto. Ma
ci provò.
Quando
scese, appoggiò la moto al
cavalletto centrale e si fece da parte.
“Vai,
sali” disse.
La
ragazza lo guardò spalancando gli occhi
e con un gran sorriso. Lei alzò la gamba per salire sulla
sella: era un po’ più
bassa di lui, ma la moto non era alta, quindi non ebbe
difficoltà. Ma Harry
sapeva che l’avrebbe avuta dopo, quando avrebbe dovuto
sostenerne il peso.
“Appoggia
questo piede qui sulla pedalina
e l’altro mettilo qui” spiegò, aprendo
la pedivella per l’accensione. “Prova a
spingere piano, così, brava… Senti quando diventa
più duro da spingere?” Quando
la ragazza annuì le spiegò come accendere il
motore. “…Ecco, e dopo, un bel
colpo, vai!”
Quando
il motore si accese, Ginny fremette
di soddisfazione: sentiva il rombo e tutte le vibrazioni sotto il
sedere. Poi
Harry le spiegò come scendere dal cavalletto e si
raccomandò per il peso della
moto. Effettivamente, come dovette sostenere da sola il manubrio e
tutto quel
veicolo solo con la forza delle braccia, Ginny sentì un gran
carico sulle
spalle. Non era mica come stare sulla scopa!
Però
sentire quel drago che ruggiva
fra le sue gambe era favoloso. Sorrise quando riuscì a
piantare il peso sui
piedi e a reggere la moto. Il motore continuava a vibrare, facendole
sentire
una sensazione nuova. Si sentiva tutt’uno con
quell’affare babbano.
Harry
vide la sua espressione e capì ciò
che stava provando: doveva essere la stessa cosa che aveva sentito lui,
una
forza incredibile crescere dentro e credersi di una potenza inaudita,
come
quando la sua bacchetta aveva sconfitto Voldemort.
Annuì
sorridendo e continuò a istruirla.
Le fece mettere due dita sulla leva della frizione e poi si
chinò.
“Ora
metti il piede qui, guarda…” spiegò.
“Schiacci in giù. Ecco, così hai messo
la prima, brava. Ora, per partire, devi
lasciare piano la frizione, mentre acceleri, deve essere una cosa
bilanciata,
non veloce, ma piano piano, come quando con la scopa devi partire e la
tiri
verso di te… Brava, sì,
così…”
Quando
Ginny, seguite le istruzioni di
Harry, riuscì ad avanzare piano con la moto,
spalancò di nuovo gli occhi: stava
guidando un drago! Un drago metallico, ma un drago.
Non riusciva a
spiegarselo, ma le sembrava davvero di stare a cavalcioni di un Ungaro
Spinato.
Purtroppo la moto si spense subito dopo e lei ci rimase male.
Harry
le spiegò come lasciare la leva
della frizione e le insegnò come usare le marce. Ci volle
una buona mezz’ora,
ma dovette ammettere che Ginny stava imparando molto più
velocemente di come
aveva fatto lui.
Ginny
riuscì a non far più spegnere il
motore e ad aumentare le marce e poi a scalarle. Come le piaceva! Harry
l’affiancò per un po’ e in qualche punto
corse anche, ma sembrava contento e le
sorrideva mentre le dava altri suggerimenti.
Il
drago
fra le sue gambe ormai faceva le fusa come un gattino. Poteva sentire
come il
motore rispondeva alle sue manovre e ogni volta che cambiava marcia,
muovendo
il piede, capiva di farlo senza neanche pensarci, ma al momento
giusto.
“Sto
guidando un drago!” gridò al
cielo, sorridendo.
La
moto non andava velocissima, ma a lei
sembrava di avere in mano il mondo: il vento che le spettinava i
capelli e il
sole sul viso la facevano sentire invincibile e man mano che acquisiva
velocità, si sentiva sempre più potente. A un
certo punto della strada, capì di
aver staccato troppo Harry, perché sentiva la sua voce
lontana e, come le aveva
spiegato prima di partire, frenò lentamente
finché la moto non arrestò la sua
corsa scivolando un pochino sulla ghiaia. Ma poi si spense. Merlino!
Schiacciò
di nuovo sulla pedivella per
rimetterla in moto, ma non si riaccese. Poi si ricordò: la
leva della frizione,
doveva tenerla tirata. Ci riprovò, ma non
funzionò.
Si
girò a guardare in direzione di Harry,
che si stava avvicinando velocemente, e le gridò di
schiacciare più volte sul
primo pedale che le aveva fatto usare. Parlò di
‘marce’, di ‘folle’ e le
spiegò
come rallentare e fermarsi senza far spegnere la moto. Ginny non
capì proprio
tutto, specialmente la storia dei termini strani, ma decise di non
preoccuparsi
e cercò di seguire lo stesso le istruzioni. Fece quello che
lui le aveva detto
e riuscì a riaccenderla. Lasciò di nuovo la
frizione piano piano e
ripartì.
Dopo
un’altra mezz’ora si sentiva
un’esperta: partiva, accelerava, rallentava e frenava senza
far spegnere il drago. Quando si
fermò l’ultima volta ad
aspettare Harry, gongolava dondolando sedere e piedi. Sembrava una
bambina. Una
bambina che ballava.
Harry
era quasi stanco: era corso accanto
alla ragazza per tutto il tempo mentre le stava insegnando e
rimpiangeva la
Firebolt come non aveva mai fatto. Ma quando le si fermò di
fianco l’ultima
volta, capì che ne era valsa la pena: a Ginny brillavano gli
occhi come non
mai, forse come dopo il loro primo bacio in sala comune. Sembrava una
regina e
lui si sentiva orgoglioso di lei. Era la sua ragazza, la miglior
giocatrice di
Quidditch e, ora, era la domatrice di quel drago,
come lo chiamava lei.
Quando
le fu vicino, si chinò, appoggiando
le mani sulle ginocchia. “Fai salire anche me, adesso,
perché sono stufo di
correrti dietro!” esclamò, con il fiatone.
Ginny
rise. Si era divertita, ma ora
poteva lasciare il drago a Harry. Oppure… “Che ne
diresti di far volare questo drago?”
Harry spalancò gli occhi: aveva
appena imparato a guidare e voleva già volare? Beh,
effettivamente chi meglio
di Ginny sapeva domare qualcosa che potesse volare?
Brillarono
gli occhi anche a Harry.
“Puntiamo verso l’oceano?”
***
“Allora,
com’è andata la vostra prima vacanza?”
Hermione riempì le tazze di tè, ma i maschi
rifiutarono. Ne allungò una a
Ginny, mentre la ragazza raccontava, e appoggiò un piattino
di biscotti vicino
a Harry e Ron, vicino al succo di zucca.
“È
stata stupenda! Non sai quante cose ci
sono capitate!” esclamò Ginny, rubando un biscotto
dalle mani di Ron.
Il
fratello sbuffò e ne prese un altro.
Harry sorrise. Quando Ginny raccontò della febbre, Hermione
si tappò la bocca
con le mani e quando parlò delle pecore
l’amica rise della sua risata.
“C’è
stata anche un’altra cosa,
veramente…” le suggerì Harry, quando la
giovane strega finì di rispondere alle
domande, fin troppo dettagliate, di Hermione.
Ginny,
con gli occhi spalancati, quasi
gridò: “Giusto! Ho guidato un drago per la
prima volta ed è stato
favoloso!”
Hermione,
che stava bevendo un sorso di
tè, si strozzò e iniziò a tossire, ma
nessuno intorno a lei le prestò
attenzione, perché Ron chiese a sua sorella dove avesse
trovato un drago e
Harry invece scoppiò a ridere, dicendo che intendeva
un’altra cosa, mentre
Ginny divenne rossa, guardando il suo ragazzo.
“Scusa,
Harry, non volevo… È stato
bellissimo anche… Non intendevo…” Harry
rise ancora più forte, scuotendo la testa per rassicurarla,
e Hermione
chiese, quando riuscì a smettere di tossire: “Ma
di cosa state parlando?”
“Oh,
Harry mi ha chiesto di sposarlo e io
gli ho detto di sì!” esclamò Ginny,
guardando Harry con occhi dolci e prendendogli
la mano.
Subito
dopo fu il turno di Ron di
strozzarsi con il succo di zucca.
***Sono tantissime le note che vorrei mettere, prime fra tutte la moto di Sirius, (che la Rowling non specifica e ho dovuto controllare i film) che è una Triumph Bonneville T120 (l’ho presa dal primo film, perché quella del settimo film, non era ‘corretta’ per via delle date di fabbricazione) e ho scoperto dopo che quelle cavolo di moto inglesi degli anni ‘70 hanno cambio e freno al contrario rispetto a molte moto di oggi e io ci ho messo una vita a riscrivere i paragrafi e a togliere ogni riferimento sbagliato (l’ho fatto due volte perché prima ho invertito destra con sinistra, poi mi hanno fatto notare che frizione e acceleratore restano sempre lì e allora alla fine, non ho più messo destra e sinistra da nessuna parte…) beh, spero che sia venuta comunque comprensibile.
Altra nota che vorrei scrivere è che la parte in cui Harry chiede a Ginny di sposarlo (se vi ho incuriositi, logicamente) la trovate nella mia long, durante le vacanze di primavera. Avevo sempre pensato di scrivere questa os e quando ho visto il prompt del contest, ho subito pensato che dovesse essere questo. Dovevo solo riuscire a metterci dentro almeno una prima volta (e lì, ho notato, mi ha preso un po’ la mano…😅) e guidare un drago, ho pensato che fosse proprio la cosa giusta.
Grazie a chi ha letto fin qui. Anche se in questo periodo scrivo un po’ così, così alla Merlino, per intenderci, e quindi questi Harry e Ginny avrebbero potuto meritare di più… ma spero di riprendermi presto.
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