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Autore: shilyss    14/04/2020    6 recensioni
Ecco a voi una raccolta di shot legate alla fanfiction "Tutte le tue bugie." Nonostante alcuni riferimenti alla long fic, potete leggere i vari capitoli anche considerandoli come testi scollegati rispetto alla storia madre.
Dal capitolo 1: Se Loki fosse stato meno sarcastico, se nei suoi occhi chiari Odino avesse visto l’ombra di un sincero pentimento, le cose sarebbero potute andare diversamente. Ma Lingua d’Argento era stato sprezzante e tronfio e si era presentato ammantato di tutta la sua feroce eleganza di fronte al padre adottivo che non lo aveva chiamato figlio, ma prigioniero. Un altro imperdonabile errore dovuto non alla mancanza di discernimento di Odino, ma all’amara constatazione di come Loki, il suo brillante figlio, non fosse poi così acuto come pensava e sembrava.
Dal cap. 4: Solo che Loki era un furfante travestito da principe, un cantastorie come nemmeno nelle piazze più oscure della città se ne trovava uno uguale.
Non tutto è come appare, quando di mezzo c'è il dio dell'inganno in persona.
Capitoli 3-9: Barbare usanze;
Cap. 10 - Forse era scritto nel destino.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Loki, Odino, Sigyn, Thor
Note: Lime, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La tela degli inganni'
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Capitolo 9

Vali

 

“Consegnami la principessa. Questo vostro figlio sarà la tua condanna, dio degli inganni. Ecco quello che volevi. Nel suo grembo c’è il lupo che divorerà tutti voi.”

“E io scatenerò il Ragnarok: così dice la Voluspa. È solo una profezia,” ribatté Loki. Si liberò con un gesto secco e infastidito di Theoric, che ancora osava trattenerlo per la manica e sfidò il vaticinio del mostro morente con la protervia ereditata suo malgrado da Odino, ma aveva visto. La visione gli era penetrata nella mente incuneandosi come una freccia e lasciandogli addosso la gelida sensazione di un destino ineluttabile, di una sofferenza che prometteva di essere lunga e atroce. Per un momento aveva sentito davvero il veleno scorrergli sulla pelle già martoriata, aprendo ferite vecchie e nuove. Raddrizzò ulteriormente le spalle già altere e promise morte e distruzione all’essere di fronte a lui – pronunciò nuove rune a costo di sfidare la sorte, per punire quell’essere orbo che osava predire una fine oscura non solo a lui, che ne era senz’altro degno, ma al figlio che la sua giovane moglie portava ancora nel grembo. Sarebbe morto meno in fretta, decise, ma con più dolore.

“Ha usato un altro incantesimo, mostro! Ti vuole distrarre!” proruppe Theoric troppo tardi perché la creatura potesse fare qualcosa, con la voce lamentosa e infinitamente bassa di chi sa di aver perso.

L’incubo emise un urlo inarticolato, perché la carne putrescente aveva preso a bruciare e quelle grida terribili, atroci, si accompagnarono a una scossa violenta, a una luce abbacinante che ferì l’occhio ancora sano della bestia sorprendendo sia Theoric che la principessa dei Vanir. Loki si spostò di lato per proteggere col proprio corpo la moglie e mosse il braccio sano per sfiorarla – la profezia riguardava anche lei, loro, e Sigyn ignorava che conoscere il futuro non regalava alcuna certezza. I profeti parlavano per enigmi, metafore e le loro parole avevano senso solamente quando ormai appartenevano al passato. Prima erano un’incomprensibile maledizione, nient’altro.

Gli antichi tunnel scavati nella terra tremarono per l’onda d’urto provocata dal seiðr e dai colpi ciechi che la bestia, resa pazza dal dolore, dava senza cognizione alcuna nel disperato tentativo di ucciderli. Desiderava portarli con sé nell’oltretomba, ma se non ci fosse riuscita lei, ci avrebbero pensato senz’altro i corridoi sotterranei del Tempio, tragicamente sul punto di collassare. Uno degli artigli scarnificati colpì il soffitto dello stretto passaggio e poi graffiò la parete più vicina a dov’erano loro, nel solo e unico tentativo che gli restava per ghermirli.

“Dobbiamo allontanarci,” sibilò Loki. La tracotanza che gli era propria venne seppellita dalla puntuale consapevolezza che stavano correndo il serio rischio di morire lì sotto, intrappolati come topi, tra le fiamme.

L’estremità ossea e sanguinolenta grattò ancora il muro e, ritraendosi, scheggiò e ruppe la trappola di ghiaccio in cui era imprigionato Theoric. Il Vanir, terrorizzato, afferrò il mantello nero di Loki e prese a gridare nuovamente con tutto il fiato che aveva in gola, tra le schegge trasparenti. “Non puoi lasciarmi morire! Andrò dai Nani, dagli Elfi, lascerò Vanheim! Mio padre…” boccheggiò, ma l’ingannatore lo afferrò per la gola e strinse, sentendo la carotide pulsare sotto le sue dita. Sulla pelle l’uomo aveva ancora il segno rosato lasciato dal pugnale dell’ingannatore nella sala del consiglio[1]. Avrebbe dovuto solamente premere con più forza le dita.

“Tuo padre saprà che sei crepato accidentalmente qui sotto,” ghignò l’Ase, “e che io ho tentato con tutte le mie forze di salvarti. Che sfortuna!” sorrise, e lo spinse via, verso l’imboccatura, in direzione dell’artiglio cieco e rabbioso che, ancora, cercava le loro carni. Lo aveva condannato a qualcosa di peggiore che morire per mano sua; uno spettacolo cui avrebbe voluto assistere, che attendeva da tempo – dal giorno in cui, nella sala del trono, aveva osato intervenire per vendicarsi della libera scelta di Sigyn o forse da prima, dal momento in cui aveva preteso che lei si fidanzasse con lui, ma avrebbe dovuto rinunciare a un simile piacere e scappare, percorrere i tunnel prima e uscire di lì, mettersi in salvo[2]. Theoric incespicò, cadde; il mostro, avvolto dalle fiamme e animato da una qualche forza millenaria e oscura, gli si avventò contro. Tentò di rialzarsi e fuggire tra le urla, ma subì la stessa infelice sorte di Loki: la sua carne venne perforata dallo scheletrico artiglio[3].

“Andiamo, presto!” L’ingannatore spinse Sigyn verso l’uscita; non c’era niente da vedere, ma lei fece resistenza e gli si appese al braccio. “Così suo padre penserà che è morto da eroe.”

“Lo so, ma non abbiamo tempo, è spacciato,” replicò stizzito. In un altro momento, avrebbe senz’altro apprezzato l’arguta e analitica valutazione di sua moglie; le avrebbe detto con una punta di soddisfazione che era così che parlava una regina, ignaro del fatto che, nel giro di pochissimi mesi, Sigyn avrebbe davvero sfoggiato la corona dei Vanir sul proprio capo[4].  Sì, senz’altro si sarebbe messo a lodarla per le sue considerazioni razionali e brillanti, ma non l’avrebbe ascoltata perché Theoric doveva pagare per ogni volta che aveva posato le labbra sulla sua pelle, per ogni occasione in cui si era illuso che gli appartenesse. La tirò via ripetendole che era troppo tardi e dovevano mettersi in salvo; non poteva più usare incantesimi perché era sfinito e i cunicoli stavano diventando insicuri. Non riuscirono a fare nemmeno un paio di passi: una scossa improvvisa fece crollare il soffitto e Loki dovette fare un balzo indietro per impedire di venire colpito dai sassi e dai detriti. Dietro di loro, Theoric urlava. Erano rimasti intrappolati.

 

 

Thor non raggiunse mai la grotta sotterranea col suo lago, non vide il mostro morto dopo aver infilzato con un artiglio l’ultima delle sue vittime. Osservò con orrore il tunnel crollato, però, chiedendosi se Loki e sua moglie fossero ancora vivi o meno. Il re degli Æsir aveva già pianto la morte di suo fratello in almeno due occasioni: con un brivido rammentò la fitta di dolore provata quando l’altro s’era lasciato cadere nell’abisso oltre il Bifrost, la disperazione assoluta che gli aveva stretto il cuore nel vederlo esalare l’ultimo respiro nella terra degli Elfi Neri. Morire sotto una frana non gli si addiceva, non era possibile: Loki era troppo scaltro e pieno di sé per accontentarsi di una fine del genere – eppure c’era una qualche grandezza nel rimanere sepolti vivi sotto un Tempio vecchio quanto l’Yggdrasill dopo averlo distrutto. Pensò a Sonje e all’occhiata supplichevole che gli aveva rivolto vedendolo andare via, al suo broncio così simile a quello dell’unica persona capace di capirlo con uno sguardo, in grado di ricordare il tempo in cui Odino e Frigga erano i sovrani di Asgard e i Nove Regni erano diversi. Se suo fratello fosse morto, una parte di Thor – la giovinezza – sarebbe svanita con lui per sempre. Alzò Mjollnir, limitandone l’intensità in maniera tale da evitare nuovi crolli e pregando intimamente le Norne che il muro di detriti di fronte a lui non fosse la tomba di Loki e di Sigyn, che il suo intervento non peggiorasse le cose. La potenza dell’antica reliquia scaturì in tutta la sua violenza, incanalata da una forza che non dimorava unicamente nel braccio poderoso del dio del tuono, ma risiedeva nella sua anima volitiva di re guerriero. I detriti si fecero polvere e Thor davanti a sé non vide né udì nulla. Poi, lo raggiunse un fascio di luce che anticipava qualcosa di potente, vibrante, vivo e conosciuto, un’onda di potere che si scontrò con quella del proprio martello: il seiðr di quell’impiastro di Loki.

A causa della fitta nube generata dai detriti, Thor iniziò a tossire. Lo raggiunse un rantolo sofferente e pensò che suo fratello fosse ferito. Lo chiamò, muovendosi alla cieca.

“Ah, finalmente. Muoviti, aiutami a togliere questi massi; non ci passiamo.” La voce di Loki era carica di un velo di dolore che il tonante riconobbe subito.

“Sei ferito!?”

“Un graffio,” fu la risposta laconica e vagamente scocciata dell’Ase, che ancora non era altro se non una voce seminascosta dalle pietre

“Ha una spalla ferita!” Lo corresse Sigyn e, nella nota ansiosa che colse nella voce di lei, Thor capì che le condizioni di suo fratello erano peggiori di quanto lui non volesse ammettere.

“La stessa che gli ho rotto?” s’informò con sospiro avanzando nel cunicolo liberato e spostando i vari massi[5]. Si riferiva all’ultimo scontro avuto col fratello, quando Loki aveva chiesto la mano di Sigyn. “Sì,” sospirò la donna.

“Allora gli farà male. Arrivo.”

Spostò un enorme macigno che ostruiva il passaggio e, finalmente, se li ritrovò davanti, scarmigliati e impolverati. Lo colpì immediatamente l’aspetto sofferente di suo fratello. Parte dell’armatura era stata spazzata via ed entrambi gli spallacci erano andati distrutti. L’ingannatore era pallido, segno evidente di come avesse usato troppa magia e perso un’eccessiva quantità di sangue. Si teneva in piedi più per la propria determinata insolenza che per altro, decise.

“Ti sei perso il meglio,” l’informò Lingua d’Argento con uno scintillio divertito negli occhi, ma faceva fatica a parlare. “C’era un mostro. All’inizio pareva una noiosa ninfa, ma poi… oh, avresti dovuto vederla: aveva degli artigli spaventosi,” raccontò stirando le labbra in un sorriso sofferente. La difficoltà nell’articolare le frasi non nascondeva l’entusiasmo per aver ucciso da solo un mostro tanto orribile, ed era lo stesso di quand’erano ragazzi e ogni creatura affrontata e abbattuta era una meraviglia da condividere.

Il re di Asgard si sporse per cercare di vedere i resti dell’essere, ma un altro crollo aveva chiuso definitivamente la sua tomba. Sospirò scocciato. “Lo vedo dall’armatura che è stato un incontro interessante. Vi siete abbracciati? Hai un aspetto orribile Spero ti sia preso almeno una reliquia.”

“Troppo seiðr.” Loki s’inumidì le labbra accostandosi a suo fratello. “Lei… lei è incinta,” spiegò, “devo portarla subito via di qui. Tu…” Raccolse le parole, aggrottò la fronte. Era stremato.

“Tu occupati di Theoric, Thor. Non vogliamo che muoia come un eroe, qui sotto,” concluse per lui Sigyn.

“Ma meriterebbe di crepare,” sibilò l’ingannatore gettando un’occhiata al corpo che giaceva poco distante da loro.

Il giovane re seguì lo sguardo di suo fratello e vide Theoric riverso a terra. Un pezzo d’osso – l’immenso artiglio del mostro – era conficcato nella sua carne, vicino alla schiena. Sigyn fissava il ferito a labbra strette; aveva gli occhi accesi da un furore inaspettato e il re di Asgard pensò che il tono secco usato da sua cognata tradiva una storia che non gli era stata ancora raccontata, ma di cui erano intuibili diversi dettagli.

“Ecco dov’è la tua reliquia,” commentò con un filo d’ironia rivolgendosi all’ingannatore.

“Incantevole, non trovi?”

La risposta di suo fratello era stata ironica e caustica e Thor lo fissò negli occhi. “Non guarirà mai del tutto. Farlo sopravvivere potrebbe essere una crudeltà.”

Loki stirò le labbra mostrandogli i denti bianchi e regolari, sfoggiando un sorriso feroce, senza gioia. “Tutti devono qualcosa al dio degli inganni. Riportagli suo figlio,” concluse.

Il tonante spostò lo sguardo su Sigyn e, vedendola appoggiare silenziosamente il marito, annuì.

 

 

Sonje sollevò il grosso gatto di pezza e fissò i suoi occhi fatti con due bottoni. “Mamma e papà torneranno presto, Tooh. E anche zio. Tu non devi piangere,” spiegò con aria grave. Era quasi ora di cena e Freya le carezzò la testolina bruna sperando che la smettesse di fare capricci e mangiasse qualcosa. Consolava l’animale per tranquillizzare se stessa, ma c’era una scintilla di fierezza, in lei, che le fece pensare a Loki.

La piccola si girò verso la prozia scuotendo la testa, trattando. “Cinque minuti, ancora cinque minuti!” supplicò preparando delle lacrime strazianti.

Sigyn, ricordò la donna, era stata una bambina più tranquilla, mite, silenziosa. Bastava darle un libro e si metteva a leggere per delle ore, addormentandosi col volume tra le dita. Freya all’epoca aveva lodato il carattere obbediente della nipotina, ma si era chiesta che destino l’attendesse e quale uomo avrebbe potuto farle da marito. Aveva creduto che un nobiluomo cortese e gentile riuscisse a farla felice e non si era opposta affatto quando Theoric aveva chiesto di fidanzarsi con lei. Chi altri avrebbe potuto invaghirsi di una ragazzina troppo seria com’era lei?

Il più improbabile e meno indicato di tutti: Loki. Il feroce Ase che si era trasformato nel padre di una bimbetta a cui persino la figlia di Njord trovava difficile dire di no, specie se entrambe non desideravano altro se non vedere le ombre di Sigyn e dei due Æsir spuntare dalle macerie del Tempio.

“Sonje, non puoi restare qui, andiamo,” mormorò con un filo di voce prendendole la mano. La bambina obbedì trascinandosi dietro l’inseparabile animale di pezza e mettendo svogliatamente un piede davanti all’altro, ma prima di arrivare alla tenda della donna si voltò un’ultima volta e proruppe in un grido estasiato.

Erano tornati. 

La bambina corse incontro ai genitori e puntò senza esitazione alcuna l’adorato padre. La penosa risalita aveva messo a dura prova Loki; il pallore che rendeva ancora più affilati i suoi tratti era evidente e non riusciva più a nascondere gli effetti del colpo inferto dal mostro, ma questo non impedì a Sonje di avvicinarglisi e buttargli le braccia al collo scoccandogli un sonoro bacio sulla guancia, felice che fosse tornato. Fu Thor a venire in soccorso del dio degli inganni; prese in braccio la bambina, mentre, con l’altro, sostenne appena il fratello e imboccò la direzione che conduceva alla tenda dei guaritori, seguito dappresso da Sigyn. Vedendo la madre con i capelli corti Sonje scoppiò in un pianto rapido e breve – amava toccare le lunghe ciocche bionde e s’incantava nel vedere come fossero simili all’oro delle collane, identica, anche in questo, a suo padre.

“Ricresceranno,” la consolò Thor, gettando un’occhiata divertita alla smorfia dipinta sul volto affilato suo fratello, anche lui profondamente indispettito per la drammatica perdita dell’incantevole capigliatura d’oro della principessa dei Vanir.

 

 

Era scesa la notte, ormai. Sigyn trasse un lungo, lento respiro: l’incubo era finito. Stava bene. Era stata visitata e le sue condizioni, salvo un paio di graffi e di lividi che le erano stati prontamente medicati, erano più che buone. Nonostante il terrore provato e la caduta, anche il bambino stava bene. Era opportuno che trascorresse per precauzione qualche giorno a letto, tutto qui. E Loki era già in piedi, ovviamente. Aveva preso a girare per l’accampamento con un braccio appeso al collo, come se niente fosse. Di fronte alle sue perplessità circa la mancanza di riposo cui si costringeva il marito, Thor si era stretto nelle spalle. “È un Ase e un guerriero valoroso,” aveva commentato laconico.

A Sigyn si era stretto lo stomaco. Non aveva mai visto suo marito nelle oscure vesti di mago. Le era capitato diverse volte di vedere il dio degli inganni tornare da una battaglia e, in un paio di occasioni, il principe era stato ferito in maniera anche abbastanza seria, ma non lo aveva mai osservato mentre usava il seiðr per offendere né uccidere i propri nemici. Si era sentita male quando, tronfio e pieno di sé come al solito, aveva offerto in dono a Njord nientemeno che un serpente marino e lui l’aveva canzonata bonariamente, ma questo accadeva molti anni prima, quando ancora lei e quello che sarebbe diventato suo marito neanche litigavano ai banchetti.

“Piccola principessa, adesso non ti può fare niente. Dovevi vederlo prima,” le aveva detto sfoggiando il suo sorriso di lupo.

 

Un lupo. Al ricordo, il suo cuore perse un battito: presa com’era dal desiderio di mettersi in salvo assieme alla propria famiglia, Sigyn aveva relegato in un angolo della mente la profezia fatta dal mostro prima di morire. Si toccò la pancia dove cresceva suo figlio: davvero avrebbe dato alla luce colui che sarebbe stato in grado di distruggere Loki? Sentì il palato farsi secco, la bocca amara. Per un momento la creatura dentro di lei le apparve estranea – il figlio maschio del dio dell’inganno, un uomo che, a sua volta, si era macchiato della colpa di aver ucciso il proprio padre naturale e combattuto contro quello adottivo. La scia di sangue che legava tra loro Odino, Laufey e Loki si sarebbe allungata coinvolgendo anche lei, loro, Sonje, il piccolo senza nome? Erano maledetti, costretti a ripetere i loro errori?

Si sedette lentamente sul morbido giaciglio della tenda, chiedendosi quanto dolore le avrebbe riservato il futuro, se l’amore potesse frenare una catena inevitabile di eventi, cosa Loki pensasse davvero del vaticinio cui aveva risposto con tanta leggerezza e perché il mostro voleva lei. Cosa avevano interrotto distruggendo il Tempio retto dalla Sacerdotessa Sublime, la cui morte era ancora impressa nella sua mente?

Il flusso di pensieri e ricordi venne bloccato dall’entrata nella tenda del dio degli inganni in persona, seguito a ruota da Sonje, che gli saltellava attorno entusiasta e lo tirava per la lunga giacca.

“Ho parlato con i guaritori,” annunciò diretto.

Lei annuì, pronta ad accogliere tra le sue braccia la bambina, in cerca di un bacio e un abbraccio. La strinse a sé respirando il suo profumo dolce, di biscotti e infanzia. La profezia era sempre lì, in un angolo del suo cuore, spaventosa.

“Mamma, tu e papà avete fatto pace, dovete baciarvi,” ordinò la bimba, “l’ha detto zio Thor.”

Sigyn lanciò un’occhiata interrogativa al marito e l’Ase, sospirando, si avvicinò alla branda dove lei era seduta.

“Da quando obbedisci alle richieste di tuo fratello?” domandò lei inarcando un sopracciglio.

“Tua figlia non mi lascia in pace,” spiegò il dio degli inganni tra i denti, “ed è una proposta che non trovo poi così sgradevole,” ammise. Le mise una mano sulla nuca scoperta e l’attirò a sé, baciandola, finalmente, sulle labbra, ghermendole un sospiro. Si guardarono negli occhi e l’Ase vide un’ombra scura negli occhi di sua moglie. Sigyn abbassò il capo e Loki si rivolse alla figlia col tono grave che usava quando voleva spiegarle qualcosa d’importante o desiderava che le obbedisse.

“Adesso vai da tuo zio, ho bisogno di parlare da solo con la mamma.”

Sonje sarebbe voluta rimanere con i genitori, ma annuì con una certa riluttanza e, dopo aver riempito Sigyn di baci, si decise a imboccare l’uscita della tenda.

L’ingannatore seguì con lo sguardo la bambina finché non vide che Thor l’intercettava. “Si chiamerà Vali,” esordì guardando sua moglie negli occhi. “Avrà i tuoi colori.”

Lei si accarezzò il ventre piatto. Voleva chiedergli cosa avrebbe preso da lui, invece. “Ti farà del male?”

Loki non rispose immediatamente. Socchiuse gli occhi e si concesse un lungo sospiro. “Le profezie sono oscure e vanno interpretate. Ce ne sono di orribili su di me. In effetti, alcune si sono rivelate esatte,” proseguì osservandola, in attesa di una reazione.

Sigyn si guardò le mani piccole e bianche, prive della bella fede fatta dai Nani. Poi volse il capo verso di lui. “Cos’hai visto?”

“Scene senza importanza e altre che sembravano fondamentali. Ma sono frammenti di futuro. Allontanate dal loro insieme sono incomprensibili, ingannevoli.” Nei suoi occhi verdi scintillò una luce feroce e Sigyn si chiese con un brivido se Vali avrebbe ereditato quello sguardo. “Dimmi quello di cui hai paura,” l’incalzò lui.

“Tu hai ucciso Laufey. Tu hai combattuto Odino. Lui combatterà te? Che voleva dire?”

Loki s’inumidì le labbra, in cerca di un modo semplice per spiegarle un concetto ostico su cui lui aveva riflettuto per anni senza giungere a una reale soluzione. Infine, trovò l’esempio calzante.

“Per Sonje sei quasi morta. Se ti avessero fatto una profezia su di lei, sarebbe venuto fuori che tua figlia ti avrebbe quasi uccisa due volte. Sono solo parole,” concluse sfiorandole le dita e intrecciandole con le sue.

Al ricordo del parto e dello scampato processo, gli occhi di Sigyn si fecero lucidi. “E sarei morta, per lei. La amo più di me stessa,” gli confessò. Fece una pausa e poggiò la testa sulla spalla sana del marito. Lui la lasciò fare.

“Perché mi aspettava? La principessa incinta di un re straniero,” ripeté.

“Le era stato promesso che, se ti avesse incontrata, sarebbe stata libera. In effetti è così, non è più prigioniera.”

Sigyn sospirò accigliandosi. “Non è la verità. Non tutta, almeno.”

“Non eri tu. È Vali. È lui che temevano. Non volevano che nascesse.” Loki sciolse l’intreccio delle loro dita e le sfiorò il ventre snello. Sentì la nuova vita che cresceva in lei e aveva già visto.

“Perché?” l’incalzò la dea della fedeltà.

“Perché per difenderlo avremmo distrutto il loro ordine. Perché lui è legato a Vanheim in un modo che noi non comprendiamo ancora e che a loro non piaceva.”

“Prima dicevi che le profezie sono solo parole,” mormorò Sigyn alzando appena la testa dorata per guardarlo negli occhi.

“Dicono che nostro figlio sia il lupo della profezia,” ammise Loki, “quello che distruggerà il mondo così come lo conosciamo. La Sacerdotessa e quelle prima di lei desideravano mantenere l’ordine e difenderlo dal caos. È il prezzo da pagare per avermi sposato, temo. Un destino avvelenato. In fondo, io scatenerò il Ragnarok, Sigyn. Ma che significa, davvero? Nostro figlio non può essere da meno. Non fidarti delle profezie: se ci crederai, si risolveranno nel peggiore dei modi.”

“Tu menti e vuoi solo consolarmi.”

“Tu hai sposato il dio degli inganni e hai scelto di essere la madre dei suoi figli. Sei coraggiosa, piccola Vanir.”

 

 

 

“Un’altra volta! Raccontamela un’altra volta!”

Nonostante l’ora tarda, Sonje era ancora sveglissima. Gli occhi verdi e vispi scintillavano d’ammirazione per la storia magnifica che Thor le aveva raccontato già tre volte, facendo ben attenzione a usare sempre le medesime parole. La bambina stringeva tra le braccia il grosso gatto di pezza e non riusciva a stare ferma con i piedi. Colpa della comparsa scenica dei suoi genitori e della notizia magnifica che l’aveva riempita d’orgoglio.

“Com’è avere un fratello, zio Thor?”

Una gran seccatura, una che non t’immagini neanche, avrebbe voluto rispondere il re di Asgard. Invece, l’Ase si limitò a scompigliare i ricci neri della nipote.

“Vi divertirete un sacco, insieme,” predisse fiducioso, lanciando un’occhiata alla tenda semiaperta dove si intravedeva la testa bruna del dio degli inganni e parte della sua spalla fasciata. Rannicchiata accanto a lui, con la testa posata sul braccio sano, dormiva Sigyn. Thor sapeva benissimo che suo fratello stava astutamente fingendo di dormire. Gli tornò alla mente una conversazione antica, avuta in una fredda alba, ad Asgard.

“Come tu e papà?”

“Ma certo, piccolina,” la rassicurò e, con stoica pazienza, prese a raccontare per la quarta volta e forse non ultima volta di come l’astuto dio degli inganni fosse riuscito, da solo, a espugnare il Tempio e a salvare la sua sposa prigioniera e tutte le altre donne lì rinchiuse, arrivando persino a uccidere un orrendo mostro.

Loki, poco distante, socchiuse appena un occhio e valutò che suo fratello era un pessimo narratore e che il motivo del suo fascino era racchiuso nel suo ristretto pubblico: una bambina che non aveva ancora sviluppato il buon gusto e mostrava per il tonante una dubbia predilezione e un gatto di pezza che, per sua fortuna, di stoffa aveva anche le orecchie. Quasi senza accorgersene, lasciò scivolare una mano sulla pancia piatta e tesa di Sigyn e così s’addormentò.

 

Continua?

 

L’angolo di Shilyss

Care Lettrici e cari Lettori,

Anzitutto, grazie e scusate. Scusate per aver aggiornato dopo un anno esatto dall’ultimo capitolo, grazie per aver avuto fiducia nel fatto che finissi questa storia.

Significa tanto ♥, soprattutto in questi giorni. Scrivendola ho scoperto di amare immensamente quest’universo che ho creato e Sonje e Vali, tanto che ho deciso di proseguire “Giochi pericolosi,” che è il diretto seguito di questa storia. Avendo tante long in ballo non sarà semplicissimo, ma… ho fiducia. E spero di sentire il vostro sostegno ♥♥ è importante, davvero.

Per questo capitolo il merito va al pungolamento di Ciop ♥: con insistenza, pazienza e intelligenza mi ha convinta a mettere la parola fine alla storia del tempio.

 

Come avrete notato, non ho chiuso la raccolta. Questo perché sono previste altre due shot (nel progetto originario erano plottate) quindi… può darsi che le troverete, ecco.

Sul finale: Loki doveva salvare Sigyn e l’ha salvata, ma Theoric non è morto. So che lo volevate vedere stecchito, ma Loki gli ha riservato una fine peggiore. Gli ha salvato la vita e lui non guarirà mai del tutto dalle sue ferite. In questo modo non sarà mai un eroe. Sul tempio: Sigyn e suo figlio dovevano essere divorati dal mostro perché su Vali pesa una maledizione, un presagio. È un qualcosa che viene accennato appena e troverà spiegazione in Giochi pericolosi. Vi ho dato un bello spoiler, sappiatelo.

 

 

Per ulteriori info, tante foto di Loki, di Sigyn e di Tom e un po’ di divertimento… c’è la mia pagina facebook   https://www.facebook.com/Shilyss/ . Sbirciate pure nel mio profilo per leggere altre storie: vi consiglio la madre di questa saga, “Tutte le tue bugie” l’ultima Scintille nel buio , ormai ufficialmente una long! ♥ ^^. Tra l’altro anche questa storia parla di Sigyn e di un ordine religioso, ma in verità questo è un mio kink e le due storie non hanno niente in comune. ^^

 

Ricordo che Vanheim, il Tempio, così come sono intesi e descritti, con questo ordinamento sociale, politico e culturale sono una mia idea: vi pregherei di non utilizzarla ♥. Anche il personaggio di Sigyn, tolto quello che trovate alla voce “Sigyn” su Wikipedia, è una mia personale interpretazione/reinterpretazione/riscrittura. Questo è un enorme “What if.”

Il personaggio di Sonje è un mio OC, il personaggio di Vali no, ma ciò che vale per Sigyn vale anche per lui.

A presto e grazie per tutto l’affetto/sostegno/cose – e continuate a sostenermi, non m’abbandonate in una valle di lacrime XD,

 

Shilyss



[1] Come succede nei capitoli 3 o 4 della storia ^^.

[2] Come viene raccontato in Tutte le tue bugie e nei primi capitoli di questa storia.

[3] Negli scorsi capitoli Loki è rimasto ferito a una spalla e ha gli spallaci rotti.

[4] Come verrà raccontato in “Giochi pericolosi.”

[5] Ricordate Tutte le tue bugie?

   
 
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