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Autore: Roberto Turati    14/04/2020    1 recensioni
Una serie di racconti brevi ambientati alla fine di The Witcher 3, dopo il finale in cui Ciri diventa l'imperatrice di Nilfgaard, e in seguito a Blood & Wine.
 
Fulbert di Mag Turga è un giovane strigo della Scuola della Manticora che viaggia e lavora con quattro mostri i quali, per vari motivi, sono finiti per diventare suoi colleghi e amici. In onore del suo eroe Geralt di Rivia, si chiamano "i Guardiani degli Innocenti". Tra un contratto e l'altro e nel suo vagabondare, Fulbert è alla costante ricerca della manticora che attaccò il suo villaggio e uccise i suoi fratelli anni prima, quando lui stava ancora allenandosi per diventare uno scannamostri...
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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IL DEMONIO AL PASCOLO

Era l’inizio della primavera. I Guardiani degli Innocenti stavano viaggiando lungo un piccolo sentiero lungo la riva del Pontar, nell’Aedirn. Avevano speso tutti i soldi nelle provviste per svernare e lo strigo aveva in mente di prendere nuove scorte a Vengerberg. Quindi, per permetterseli, avevano bisogno di riempire la scorta di denaro e conoscevano un solo modo per guadagnarne: cercare un contratto. Per fortuna, nelle campagne c’era sempre qualche villaggio in cui i mostri causavano problemi. Lungo il percorso, trovarono diversi tabelloni con degli annunci, ma Fulbert li scartava tutti. Alla terza bacheca che oltrepassarono, Willy si spazientì:

«Sai che non possiamo riempirci le tasche se non facciamo niente, vero?»

Fulbert allargò le braccia:

«Lo so, ma con lavori da quattro spiccioli non possiamo permetterci quasi niente»

«E se cercassimo dei banditi e prendessimo il loro bottino? Otterremmo un po' di corone e io potrei bere il loro sangue: la mia sete sta iniziando a tornare» ammise la bruxa.

«Il discorso non fa una piega» commentò 

Lo strigo, rifletté, poi dichiarò:

«Facciamo così: controlleremo un ultimo annuncio, se neanche per quello ne varrà la pena, andremo in cerca di banditi»

«Idea bella!» esclamò Gurg.

Dunque continuarono il loro viaggio in direzione delle montagne di Mahakam, finché non intravidero un altro cartellone. Lo raggiunsero e diedero un’occhiata agli annunci. Con grande sorpresa dello strigo, uno degli avvisi attirò la sua attenzione:

C’È BISOGNO URGENTE DI UNO STRIGO

Un mostro sta divorando le nostre mucche, ce ne sta portando via una al giorno. Se muoiono tutte non avremo più niente, e abbiamo superato l’inverno a fatica. Se sei uno strigo e leggi questo annuncio, noi ti supplichiamo di venire al nostro villaggio al più presto. Non abbiamo molto, ma cercheremo di pagare come possiamo.


E, in fondo al testo, era segnato il nome del villaggio e le indicazioni per raggiungerlo. Fulbert veniva sempre colto dalla nostalgia quando sentiva nominare le mucche: gli ricordava di quando le allevava con la sua famiglia, da bambino, prima che fosse portato alla Scuola della Manticora. Quindi, senza pensarci due volte, strappò il contratto con un sorriso e annunciò:

«Ragazzi, abbiamo un lavoro!» dichiarò, allegro.

«Perché Fulbert prende lavoro che non dice paga?» chiese Gurg.

«Perché ci sono le mucche» confessò lo strigo.

«Davvero? Un giorno dovrai dirci perché sei fissato con loro» disse Aleera.

Giunti in vista del villaggio, Fulbert lasciò indietro i suoi compagni e ci andò da solo. Mentre percorreva le strade, gli abitanti si giravano curiosi a guardarlo. Vedendo le due spade alla sua schiena, capivano chi fosse e le reazioni variavano: gli allevatori sospiravano di sollievo, i bambini si fermavano a fissarlo affascinati e alcune madri più ansiose delle altre portavano i loro figli in casa, per paura che lo strigo li portasse via. Fulbert vide l’aldermanno del villaggio fuori dalla sua abitazione, intento ad osservare con aria assorta i campi in aratura che circondavano le abitazioni.

«Salve» salutò Fulbert, quando gli fu accanto.

L’aldermanno, un tizio di mezza età ingobbito e con vestiti giusto un po’ meno conciati di quelli di tutti gli altri, si voltò verso di lui grattandosi la testa pelata.

«Oh, uno strigo! Meno male che uno è arrivato, alla fine»

«Sì, ho letto il vostro avviso. Sapete già di che mostro si tratta?»

«Non è a me che devi chiedere, faresti meglio a cercare i mandriani. Ora sono al pascolo, li troverai in riva al fiume»

«D’accordo, andrò a vedere»

«Anzi, al mandriano: da quando la bestia è comparsa, solo Alkai ha il coraggio di sorvegliare la mandria»

Fulbert trattenne un sospiro infastidito: gli dava fastidio quando i clienti divagavano e si perdevano in piccoli dettagli che non gli facevano né caldo, né freddo, quindi interruppe il cliente con una domanda:

« Da quant’è che vi mangia le mucche?»

«Non molto, in realtà: ha iniziato poco dopo l’inizio dell’inverno, con le prime fioriture»

Fulbert annuì, sentendo che era come si aspettava: molto probabilmente, era una creatura appena uscita dal letargo che era andata subito a recuperare le energie bruciate in inverno, più affamata che mai. E le mandrie di mucche erano la preda perfetta. Ringraziò e si allontanò, pronto ad iniziare. Per un attimo, ebbe l’impulso di tirare in ballo il pagamento, ma alla fine decise di aspettare: non sempre trattare in anticipo finiva bene, per lui.

«Aaaaaaaah! Mostri!»

Il giovane vaccaro seduto davanti al fiume, quando sentì la mandria agitarsi e muoversi, si voltò e vide uno strigo seguito da una donna coi capelli neri e tre creature mostruose avanzare verso di lui. Le mucche, in un primo momento, ebbero quasi la sua stessa reazione, ma quando videro che i mostri non attaccavano si placarono, pur rimanendo guardinghe. Lui, invece, balzò in piedi e cominciò a correre a perdifiato verso il suo villaggio, terrorizzato. La donna, però, scattò con una velocità sovrumana e lo raggiunse in un lampo: gli si parò davanti e, con una semplice spintarella sul petto, lo fece cadere seduto sull’erba.

«Calmo! Se volesse ucciderti, ti avrebbe già succhiato ogni goccia di sangue» disse lo strigo.

«Ma che cazzo…»

«Sì, so cosa stai pensando: uno strigo che sta con dei mostri invece di ucciderli? Può sembrarti strano, ma con molti»

«Non uccidetemi! Ho una moglie al villaggio!»

«Donna umana strana: accoppiata con maschio fifone» commentò il troll.

«Scommetto che anche Laurent era così, da normale! Ho sentito che a Toussaint tremano come foglie appena vedono un cane rabbioso» ridacchiò Willy.

Il lupo mannaro lo zittì con un ringhio stizzito. Fulbert fece un altro tentativo di calmare il mandriano a parole, ma siccome non smetteva di urlare e supplicare, decise che cercare di parlargli era inutile e lo ipnotizzò col segno Axii:

«È normale che loro quattro siano qui, non c’è niente di strano» scandì, tracciando il segno con le dita.

«Giusto, è ovvio: sono al sicuro» biascicò il giovane, in trance.

Fulbert gli rivolse un sorriso rassicurante:

«Visto? Non ti faranno del male. Ora, cosa sai dirmi del mostro? Uno di voi l’ha mai visto, sentito?» domandò Fulbert.

«A che serve chiedere a lui? Possiamo cercarlo da soli: posso fiutarlo, se vuoi» suggerì Laurent.

Lo strigo fece spallucce:

«Preferisco sempre raccogliere più informazioni che posso, prima di cominciare. Allora, mandriano, cosa puoi dirci?»

Il villico ci pensò un po’ su, poi rispose:

«Nessuno l’ha mai visto bene, perché pensiamo a salvare le mucche. A volte, però, mi è sembrato di vedere una montagna pelosa, feroce come una bestia e veloce come un fulmine. Un attimo c’è calma, subito dopo il mostro è arrivato dal nulla e una mucca è morta! Quando ruggiva, sembrava un tuono»

«Non è granché, potrebbe essere parecchie cose»

Aleera scosse la testa:

«Fulbert, è inutile. Dovremo capire cos’è da soli»

Fulbert annuì:

«Non è un problema. Se viene una volta al giorno, il bosco intorno al pascolo sarà pieno di tracce. Qualcuno vuole venire con me?»

Il licantropo si offrì. Quindi dissero al mandriano che per quel giorno poteva tornare a casa in anticipo e, lasciato il resto del gruppo a sorvegliare la mandria, lo strigo e Laurent andarono a cercare una pista che li aiutasse a riconoscere il mostro.

La foresta era molto tranquilla. Gli uccelli cantavano senza sosta tra le frasche, segno che intorno non c’erano minacce, almeno per il momento. Fulbert e Laurent trovarono le prime tracce praticamente subito: al limitare del pascolo, sparse qua e là, c’erano le carcasse sventrate di tutte le mucche che il mostro aveva divorato nei giorni precedenti e che i contadini non avevano mai tolto di mezzo.

«Ha un odore fortissimo, hrrrrrrrr… hrrrrrrrrrr…» ringhiò Laurent, arricciando freneticamente il naso da lupo.

Fulbert inspirò a fondo e, a sua volta, sentì un pungente tanfo che sapeva di selvatico, muschio, sudore, urina e terriccio; così intenso che gli fece girare la testa. Era una traccia ben distinta, facilissima da seguire. Quindi iniziarono a seguirla e si addentrarono nel bosco. Dopo diversi minuti, il licantropo fu preso dalla foga di seguire la pista e cominciò a trottare a quattro zampe attraverso gli arbusti, tanto che Fulbert fu costretto a corrergli dietro per non perderlo. Alla fine, superato un tratto di foresta particolarmente fitto, lo ritrovò fermo in riva ad un piccolo fiume, un affluente del Pontar. Fulbert osservò il corso d’acqua con le mani sui fianchi: non era né molto profondo, né così largo. Guardando per terra, vide delle impronte d’orso.

«L’odore sparisce qui» spiegò Laurent.

«Ha attraversato il torrente. Vuol dire che dovremo cercare altri indizi dall’altra parte»

Al lupo mannaro bastò prendere la rincorsa e spiccare un lungo balzo per ritrovarsi subito sulla sponda opposta, mentre lo strigo fu costretto a guadare e a bagnarsi dalla vita in giù. Quando fu dall’altra parte, si scrollò l’acqua dai gambali con un sospiro stizzito e si sforzò di ignorare i brividi di freddo che gli venivano all’inguine, a contatto con l’aria. Continuarono a cercare tracce per un pezzo, poi Laurent si rizzò in piedi e annusò l’aria con molta attenzione.

«Cos’hai trovato?» chiese Fulbert.

«C’è un orso morto qui vicino»

«Fai strada: magari è stato ucciso dal mostro»

Il licantropo seguì la nuova pista fino ad una radura. Lì, ai piedi di un platano, trovarono la carcassa di un orso, come preannunciato. Era disteso su un fianco, orrendamente massacrato e circondato da un lago di sangue. Nei dintorni era pieno di impronte, segni di graffi e altre macchie di sangue: c’era stato uno scontro. Di solito, Fulbert avrebbe cercato di identificare la creatura dalle ferite sulla bestia morta, ma bastò guardare la forma e la dimensione delle impronte per svelare il mistero.

«Allora?» chiese Laurent.

«Ho scoperto il colpevole. Possiamo tornare dagli altri, decideremo bene cosa fare»

«D’accordo»

 

Quando tornarono al pascolo, trovarono gli altri appostati ai margini del prato, a sorvegliare i dintorni. Mentre li raggiungevano, Fulbert batté la mano sul dorso di un paio di vacche con un vago sorriso, in memoria della sua infanzia.

«Scoperto qualcosa?» chiese Aleera

«Sì: il nostro divoratore di mucche è un demonio – lo strigo fece un ghigno malizioso – Ehi, Aleera, ti ricordi quella volta nel Velen, quando ti davo ancora la caccia? Arrivò un chort e provò a mangiarti, sembrava che gli piacessi. Che ne diresti di fare da esca?»

La bruxa lo fissò e scoprì un po’ i denti, infastidita:

«Se ti dicessi che voglio bere un sorso del tuo sangue ogni notte per tenere a bada la mia sete, accetteresti?»

«Forse, se non avessimo altra scelta. Ma siccome lasciarti succhiare i banditi funziona, direi di no»

«Infatti. Quindi no, non farò da esca»

«D’accordo. Valeva la pena chiedere»

«Allora qual è il piano?» domandò Laurent.

Fulbert fissò la foresta, si mise le mani sui fianchi e disse:

«Senza dubbio, il demonio verrà a mangiare anche oggi. Lo aspetteremo e lo abbatteremo»

Tutti furono d’accordo col piano. Dunque, ognuno iniziò a prepararsi per lo scontro.

CIRCA UN’ORA DOPO…

Le mucche stavano ancora pascolando nella tranquillità più totale, segno che il mostro era ancora lontano. Anche il lupo mannaro, che aveva appena pattugliato il limitare del bosco per ormai più di venti volte, non fiutava il forte odore di selvatico lasciato sulle carcasse avvicinarsi. Intanto Fulbert, seduto su una roccia a guardare la mandria, stava passando dell’unguento anti-ancestrali sulla spada d’argento per prepararsi. Sapeva che non aveva senso chiedere, ma gli venne comunque spontaneo chiedere ad Aleera se sentiva o fiutava qualcosa. La bruxa, che si era già spogliata per cominciare il combattimento in fretta, scosse la testa. Finito di ungere la spada, lo strigo si alzò e andò sulla riva del fiume, da Willy e Gurg, per chiedere se il godling aveva finito di costruire le bombe che Fulbert gli faceva usare sempre, per compensare al suo fisico gracile. Li trovò intenti a disegnare sulla sabbia della sponda.

«Ehi, che state facendo? Avete finito con quelle bombe?» indagò.

«Facciamo quello per cui non ci ringrazi mai: lavoriamo sul logo!» sorrise Willy, fiero.

Guardando bene, Fulbert vide che i due stavano facendo vari tentativi di disegnare un emblema che fungesse da simbolo per il loro gruppo. Era da mesi che Willy insisteva che i Guardiani degli Innocenti dovessero avere dei biglietti da visita con cui pubblicizzarsi, quindi cercava di disegnare un simbolo che li rappresentasse.

«Non male, ma le bombe?» insisté.

Il godling sbuffò:

«Perché non vuoi prendermi sul serio? Sì, con le bombe ho finito, le ho messe tutte nel mio sacco»

«Molto bene. Adesso preparatevi: il demonio potrebbe arrivare da un momento all’altro. E per l’ennesima volta, Willy: non è che non ti prendo sul serio. Sono contento che tenga così tanto a noi, ma non voglio che ti faccia false speranze. Dubito che la gente si fiderebbe di voi, se vi vedesse; per questo parlo solo io coi clienti»

«E non mi piace per niente. Dovremo pur farci rispettare, prima o poi, no? Non mi piace stare nell’ombra mentre continui a prenderti tutto il merito per i mostri che noi quattro ti aiutiamo ad ammazzare. Gurg è d’accordo e anche Laurent: gliel’ho chiesto!»

«Gurg vuole che gente dice grazie» borbottò il troll.

Fulbert serrò le labbra, capendo le motivazioni del godling; ma ora non c’era tempo per affrontare l’argomento più spinoso per il gruppo, quindi disse:

«Ascolta, quando avrai trovato il nostro logo, vedremo una volta per tutte cosa fare. D’accordo?»

«Solo se lo giuri»

«E va bene: lo giuro»

«Allora ci sto»

«Guardiani di Innocenti famosi un giorno?» chiese Gurg.

«Gli conviene mantenere la parola, bestione! Adesso andiamo» gli rispose Willy.

Il godling si arrampicò su un macigno al centro del pascolo, prese la fionda mise la sacca con le bombe accanto a sé, pronto a tirarle. Il gruppo continuò l’attesa finché, finalmente, Laurent emise un rapido ululato dal limitare del bosco, dando l’allarme. Infatti, pochi secondi dopo, sentirono un fragoroso ruggito che penetrava le orecchie e spaventò le mucche, le quali iniziarono a trottare in direzione del villaggio. Fulbert tirò un sospiro profondo e bevve una boccetta di Tuono per dare il massimo. Insieme ad Aleera e Gurg, raggiunse il licantropo e stette pronto alla battaglia. Le fronde degli alberi furono scosse, gli uccelli volarono via spaventati e il demonio uscì allo scoperto, con la bava alla bocca. Rimase interdetto alla vista di loro quattro e indugiò per un secondo; poi, però, fece finta di niente e si lanciò all’inseguimento delle mucche in fuga.

«Fermalo, Willy!» esclamò lo strigo.

Il godling prese una mitraglia e la caricò nella fionda. Prese bene la mira e, prima che il demonio afferrasse una mucca, gliela lanciò. La bomba colpì il mostro sul dorso e la rosa di esplosioni infuocate lo fece rovesciare al suolo.
La bestia, dopo essersi contorta nell’erba in preda alla confusione, si rialzò e scosse la testa, con la pelliccia bruciata e la pelle annerita. Infuriato, raschiò la terra con gli artigli ed emise un ruggito di sfida. Aleera si trasformò e, velocissima, gli sfrecciò davanti e lacerò la gola con una sferzata degli artigli. Il taglio non fu abbastanza profondo da uccidere il demonio, che provò subito a contrattaccare. La bruxa schivò agilmente e diventò invisibile.

Intanto, Fulbert si portò ai fianchi del demonio e lo ferì con due fendenti. Il mostro ringhiò e provò a colpirlo con una cornata. Lo strigo evitò l’attacco rotolando, ma non fece in tempo a salvarsi da una zampata che venne subito dopo. Colpito col dorso dell’arto, Fulbert fece un volo di tre metri e finì lungo disteso sull’erba, senza fiato. Si rialzò più in fretta che poté e riprese la spada, che gli era caduta. Il demonio gli si parò di fronte e sollevò gli artigli per finirlo, ma il rosso fu più svelto e scagliò il segno Igni. La pelliccia sul petto della bestia prese fuoco e il demonio prese a scuotersi e scalpitare nel tentativo di spegnere le fiamme. Lo strigo ne approfittò per affondargli la lama nel torace, sperando di colpire i polmoni, ma li mancò.

Laurent compì un balzo e si aggrappò al dorso del demonio. Cominciò a mordergli il collo e a graffiargli le tempie ringhiando, mentre la creatura ancestrale si dibatteva e correva a sbattere contro gli alberi per disarcionarlo. Aleera, senza farsi vedere, colpì le zampe posteriori per fargli perdere l’equilbrio e Gurg, appena il mostro si girò verso di lui, urlò e sferrò un poderoso pugno che lo stordì e lo fece cadere a terra, rompendo anche un paio di zanne. Laurent scese a terra e affondò i denti nella gola. Fulbert, vedendo un’apertura, sollevò la spada per infilzare la testa del mostro; tuttavia, all’ultimo, il demonio ebbe un impulso d’energia e si alzò di scatto: il lupo mannaro rimase appeso alla sua gola.

«Oh no…» mormorò Fulbert.

«Ne lancio un’altra!» avvisò Willy, da lontano.

Capendo che stava per lanciare una seconda bomba, tutti fecero del loro meglio per allontanarsi e ripararsi. La mitraglia colpì il demonio subito dopo che ebbe lanciato lontano Laurent. Il licantropo sbatté la schiena contro un albero e rimase a terra, rintronato. Questa volta, l’esplosione ruppe le punte delle corna, ma non fece cadere la bestia. Stanco di quegli attacchi a distanza, il demonio si guardò in giro e si accorse di Willy. Prima ancora che il godling potesse imprecare, la creatura ancestrale partì alla carica verso di lui, a testa bassa. Willy fece appena in tempo a saltare giù dal macigno: un istante dopo, il mostro travolse la roccia e la frantumò. Il sacco, rimasto su di esso, volò via e le bombe si sparpagliarono in giro. Il demonio scosse la testa per la botta, si girò e fissò Willy col terzo occhio. Tutte le sue ferite guarirono e la bava che gli colava dalle fauci brillò al Sole.

«Aiuto!» gridò il godling.

Fulbert accorse e, prima che il demonio potesse attaccare di nuovo, raccolse una bomba samum da terra e la lanciò davanti al mostro. Il lampo di luce abbagliò quasi tutti e confuse il demonio. Lo strigo cercò di fare più danni possibili colpendolo alle zampe, ai fianchi e al petto, ma alla fine il mostro si riprese e lo colpì con una cornata. Fulbert finì di nuovo a terra e, questa volta, la sua armatura si danneggiò. Le fiale delle pozioni si frantumarono, spargendo il contenuto in giro. Sentendo un bruciore al petto, Fulbert si mise seduto e guardò: era stato ferito. Il demonio fece per attaccare, ma Aleera gli si parò davanti di colpo e gridò a pieni polmoni. L’urlo supersonico della bruxa stordì il mostro e lei ne approfittò per saltargli in testa. Una volta aggrappatasi, gli cavò il terzo occhio con gli artigli: ora non avrebbe più potuto ipnotizzarli, se avesse voluto. Il demonio ruggì dal dolore e la sua furia salì alle stelle.

«Finiscilo, prima che si ribelli!» esclamò Fulbert.

Aleera stava per lacerargli la gola, questa volta per davvero, ma non fece in tempo: il demonio la schiacciò a terra pestando la fronte sull’erba. Prima che la vampira si riprendesse, la premé al suolo con una zampa, la afferrò con le zanne e la fece a pezzi. Quando la strattonò, la gamba destra rimase a terra, poi le amputò il braccio sinistro serrando le mascelle. Sopportando il dolore, Aleera urlò ancora e il demonio la sputò con un muggito. Fulbert e Willy recuperarono due stelle danzanti tra gli esplosivi e le lanciarono insieme. Questa volta, tutto il corpo del demonio diventò un falò vivente. In preda al panico, il mostro si arrese e provò a fuggire nella foresta, ma la strada gli fu sbarrata da un ultimo ostacolo: Gurg. Il troll piantò bene i piedi per terra, alzò le braccia e afferrò le corna del demonio quando lo raggiunse. Ormai reso folle dalle fiamme, dalla furia e dal dolore, il demonio si limitò a continuare ad avanzare, dando inizio ad una sorta di braccio di ferro: la creatura ancestrale spingeva in avanti, avanzando a fatica e lasciandosi erba carbonizzata dietro, mentre Gurg spingeva a sua volta, cercando di frenarlo e scavando dei solchi per terra coi piedi quando il demonio cercava di proseguire. Alla fine, si ritrovarono a tenersi fermi a vicenda. Era l’occasione perfetta:

«Continua a tenerlo immobile!» esclamò Fulbert.

Mentre il troll faceva del suo meglio per non farsi sopraffare, lo strigo li raggiunse, scivolò sotto la testa del demonio e la trapassò da parte a parte: la lama d’argento penetrò nel mento del mostro e fuoriuscì dal cranio, trapassando il cervello. La bestia si accasciò a terra, senza vita. Fulbert tirò un sospiro di sollievo: ce l’avevano fatta.

«Quando Gurg in caverna con famiglia, spinge dentro e fuori rocce. Gurg migliore a spingere!» esclamò il troll.

«Buon per te» commentò lo strigo.

Willy recuperò tutte le bombe e le rimise nel sacco, poi andò a vedere come stava Laurent: era svenuto per lo schianto, ma si stava già riprendendo. Si scrollò un po’ e si guardò in giro, confuso:

«Hrrrrr… cos’è successo?»

«Il demonio è morto» rispose Willy.

«Capisco. Mi dispiace per aver aiutato poco. Non mi aspettavo quel colpo» borbottò il licantropo.

Intanto, mentre si puliva la faccia dal sangue del demonio, Fulbert raggiunse Aleera, che era tornata nella sua forma umana: stando in ginocchio e stando in equilibrio con l’unico braccio, la bruxa guardava i suoi arti amputati con sguardo avvilito, mentre i segni dei morsi sul suo corpo si richiudevano lentamente.

«Non essere triste, tanto ti ricresceranno!» la confortò.

«Lo so, sto pensando che ora dovrò farmi aiutare da te a camminare» rispose lei.

«Eddai, ti vergogni davvero così tanto?»

«Non sono abituata alla generosità»

Fulbert le porse la mano e lei si aggrappò a lui, quindi la aiutò ad alzarsi. Il gruppo si radunò sulla riva del Pontar e Willy cominciò a mettere fretta allo strigo affinché andasse a ritirare in fretta la ricompensa: aveva fame e non vedeva l’ora che andassero a fare rifornimento a Vengerberg.

Fulbert tornò al villaggio portandosi dietro la testa del demonio come trofeo. Raggiunse la casa dell’aldermanno e gettò il capo mozzato a terra, di fronte al capovillaggio. I contadini si radunarono, incuriositi, e si sollevò un brusio da cui traspariva un misto tra ammirazione e paura, quello che la gente provava tutte le volte quando uno strigo finiva un lavoro.

«Ci sei riuscito davvero? Quasi stento a crederci!» esclamò l’aldermanno, ammirato.

Fulbert annuì:

«Il vostro divoratore di mucche era un demonio. Sicuramente stava cercando prede facili per prendere peso e tornare in forma dopo l’inverno. Problema risolto! Però questa è la stagione degli accoppiamenti: niente esclude che la sua compagna possa farsi viva, se ne aveva già trovata una. Nel caso, pubblicate un altro annuncio»

«Sempre che potremo ancora permetterci un altro come te. Allora, signor strigo, quanto vuoi?»

Fulbert si morse le labbra, pensieroso:

«Vediamo, quanto avete?»

«Non molto. Abbiamo accumulato a stento cinquecento corone negli ultimi tempi, ma con le tasse del mese prossimo non dureranno molto»

«Allora che ne dite di duecentocinquanta? Di solito un demonio o un chort valgono trecento e passa, ma non voglio mettervi in difficoltà»

«Metà di quello che abbiamo? Ah! Costi caro, mutante! Ma direi che te le meriti. Vado a prendere l’oro»

«Grazie»

Ignorò il fatto di essere stato chiamato “mutante”: non poteva farci niente. L’importante era tenere le persone al sicuro dai mostri pericolosi e ottenere la giusta ricompensa per il suo lavoro.

AL TRAMONTO…

«Duecentocinquanta? Che avari! Hanno provato a darci di più, prima che la guerra finisse!» si lamentò Willy.

«Non fa niente: a Vengerberg i prezzi sono bassi, di questi tempi» fece spallucce Fulbert.

Ora che avevano finalmente guadagnato un gruzzolo, i Guardiani degli Innocenti erano tornati ad attraversare la campagna, diretto alla capitale dell’Aedirn. Gli arti di Aleera si erano rigenerati solo a metà, per cui lo strigo tagliò un bastone da un albero e glielo fece usare come stampella, visto che non poteva certo passare tutto il viaggio a tenerla abbracciata alle sue spalle. Intanto, discutevano su che scorte fare una volta arrivati.

«Carne! A Gurg manca fare sciuppa: carne e verdura!» suggerì Gurg.

Fulbert fece un sospiro amareggiato:

«A me servirebbe anche un cavallo nuovo. Ma non so se mi conviene, visto che un certo troll ha il brutto vizio di buttare tutti i miei cavalli nella “sciuppa” appena mi allontano!» lo rimproverò.

«Ma Gurg fame! Cavalli saporti, brodo sempre buono fanno»

Willy fece un sorrisetto:

«E i cardi non li prendi? Non prendi dei cardi per ringraziare la nostra succube preferita?»

«Cosa? No, Aurora è a posto con noi! Per ringraziarla per averci ospitati nella sua caverna, le ho già concesso di spassarsela con me per qualche notte»

«Speriamo che non faccia venire un infarto a qualcun altro, mentre non ci siamo: non so se gli abitanti di Cava Triste la perdonerebbero ancora» affermò Aleera.

«Con le succubi c’è sempre questo rischio, ma confido che la timidezza di Aurora la aiuti a trattenersi. Comunque, tu vuoi qualcosa, Aleera?»

«Al mercato c’è una femmina di pettirosso in gabbia, dovresti liberarlo»

«Come lo sai? Te l’ha detto un uccello?»

«Sì: ho sentito un pettirosso, nella foresta. È triste, perché hanno catturato la sua compagna»

«D’accordo, lo cercherò»

A quel punto, Laurent drizzò le orecchie e annusò l’aria:

«È quasi notte. Ci fermiamo? Intanto, posso vedere se in giro ci sono cervi che posso cacciare per voi»

Furono tutti d’accordo. Così, mentre il lupo mannaro spariva di corsa nella foresta, il gruppo si fermò e cominciò a raccogliere legna per accendere un fuoco. Intanto, all’orizzonte, si vedevano già le prime luci di Vengerberg. Quando il falò fu acceso, Fulbert diede un’occhiata alle prime stelle e si rilassò, soddisfatto per quella giornata di lavoro, e si mise a meditare. Magari l’indomani, se tutto sarebbe andato bene, avrebbero potuto trovare un nuovo incarico, in città.

   
 
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