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Autore: MadLucy    15/04/2020    4 recensioni
[Tomarry | canon divergence –Voldemort non esiste | mpreg | preg!Harry | slytherin kind of fluff | lovechildren OC]
Per l'ennesima volta in quegli ultimi due anni di matrimonio, gli sembrò solo una miracolosa apparizione perfetta quella casualmente atterrata al tavolo della cucina, e non il marito che aveva sposato e scelto lui, Harry Potter. Fissandolo –forse proprio per convincersi e rimarcare il proprio diritto e possesso su quell'uomo meraviglioso– senza controllare le parole che scivolavano dalla lingua, Harry si udì dire: «sono incinto.»
Tom non reagì all'istante. Era ancora abbastanza concentrato sul lavoro in ufficio imminente da dedicare alle sue parole una corsia secondaria. Quando però passarono il filtraggio della coscienza, alzò la testa di scatto, con aria accusatoria, nient'affatto rassicurante, un misto tra un rimprovero e un'invettiva. «Cosa hai detto?»
«Perchè devi sembrare un mago oscuro che mi stia minacciando con la bacchetta puntata persino in un momento simile?» protestò Harry, immediatamente sulla difensiva. Era un pessimo inizio. D'altronde, Tom non accoglieva nessuna notizia come un marito normale avrebbe fatto.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley, Rose Weasley, Tom Riddle/Voldermort | Coppie: Harry/Voldemort
Note: What if? | Avvertimenti: Mpreg | Contesto: Altro contesto
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Di caffè doppi e arbitri irlandesi








Potrei dirglielo stasera a cena. Ha aperto un ristorante di elfi fantastico qui dietro. Harry si rese conto di essersi ustionato la lingua con il caffelatte e scostò la tazza dalla bocca, infastidito. Tom non si accorse di nulla. Sfogliava in fretta la Gazzetta del Profeta, apparentemente senza trovarci niente di interessante, con la fredda espressione inchiodante di giudizio che, anche quando distratto, riservava ad ogni cosa; l'increspatura della fronte era segnale dell'agglomerato irrisolto di un pensiero di lavoro. La caffettiera fischiava tra loro. Non è un po' banale dirlo a cena? Anche Hermione ha detto che ha fatto così. Però ha bruciato il tacchino. Cattiva idea cucinare quando sei nervoso. No, meglio non cucinare. Noi non ne abbiamo mai parlato. Non sarebbe meglio sondare le acque prima di buttarsi con una cosa del genere?!
«Tom...» tentennò Harry, del tutto in crisi. 
«Ho bisogno di caffè immediatamente» ribattè lui, come se si fosse solamente ricordato di dare segno di vita, e agitando la bacchetta fece planare la caffettiera sulla propria tazzina. Di lì a pochi istanti sarebbe uscito, diretto, come ogni mattina per le otto e mezza, al suo ufficio al Dipartimento di Analisi e Valutazione dei Manufatti Oscuri, distaccato dalla sede del Ministero ma all'interno del suo regime. Era impeccabile come al solito: i suoi capelli non erano come quelli di tutti i comuni mortali, ma compatti, come smaltati, e nemmeno un ciuffo usciva dai ranghi (ogni mattina davanti allo specchio usava un incantesimo non verbale di cui Harry non aveva mai afferrato la formula). Il tessuto della camicia era liscio e splendente e la cravatta sembrava un gioiello tanto era lustra e il nodo armonioso. Per l'ennesima volta in quegli ultimi due anni di matrimonio, gli sembrò solo una miracolosa apparizione perfetta quella casualmente atterrata al tavolo della cucina, e non il marito che aveva sposato e scelto lui, Harry Potter. Fissandolo –forse proprio per convincersi e rimarcare il proprio diritto e possesso su quell'uomo meraviglioso– senza controllare le parole che scivolavano dalla lingua, Harry si udì dire: «sono incinto.»
Tom non reagì all'istante. Era ancora abbastanza concentrato sul lavoro in ufficio imminente da dedicare alle sue parole una corsia secondaria. Quando però passarono il filtraggio della coscienza, alzò la testa di scatto, con aria accusatoria, nient'affatto rassicurante, un misto tra un rimprovero e un'invettiva. «Cosa hai detto?»
«Perchè devi sembrare un mago oscuro che mi stia minacciando con la bacchetta puntata persino in un momento simile?» protestò Harry, immediatamente sulla difensiva. Era un pessimo inizio. D'altronde, Tom non accoglieva nessuna notizia come un marito normale avrebbe fatto. Dopo qualche momento d'immobilità assoluta, si sfregò il viso con la mano, in un gesto quasi esasperato. 
«Dannazione, Harry. Perchè me l'hai detto prima che andassi al lavoro? Adesso non riuscirò a metterci un minimo di cervello» brontolò. 
Harry sapeva che era un meccanismo di protezione dallo sconquasso delle emozioni, ma si sentì in dovere di fargli presente quanto fosse inappropriato. «Ti dico che sono incinto e pensi ancora al lavoro! E comunque non rientrava nei piani che te lo dicessi ora, solo che... mi è scappato.» Si torse le mani, e Tom gli dedicò un'occhiata piena di compassione, come se pensasse: solo a te può "scappare" una cosa simile. 
«Ne sei assolutamente certo o l'hai scoperto con un incantesimo dei tuoi?» inquisì. Harry si offese.
«Si dà il caso che io sia un Auror, Riddle, gli incantesimi dei miei ogni tanto funzionano. Ad ogni modo, mi è arrivato questo ieri sera.» Gli mostrò un foglio di pergamena arrotolato: recava il timbro e l'intestazione dell'Ospedale San Mungo per Malattie e Ferite Magiche. Aveva sudato freddo tutta la notte, e ora che Tom scrutava i risultati degli esami con aria indecifrabile la situazione era peggiorata. Quando ebbe finito, glie la riconsegnò, composto. 
«Un emocromo davvero equilibrato, complimenti» fu tutto quel che gli uscì. 
«Vogliamo concentrarci per un attimo sul trascurabile dettaglio che aspetto un bambino?» gemette Harry. Era abbastanza certo di ciò che provava in proposito, come di una tana di calde coperte che lo posizionava con certezza nel mondo. Da quando si era inoltrato nella vita adulta aveva iniziato a pensare, così in astratto, che avrebbe desiderato diventare genitore, godere di quell'allegria e quella gioia che si respirava in casa Weasley. Erano i sentimenti di Tom che, come quasi sempre accadeva, gli erano inaccessibili. Suo marito sentiva l'esigenza di schermarli.
Tom lo sogguardò, pensieroso, gli occhi leggermente stretti, come se gli stesse prendendo le misure. «Cosa vuoi fare? Vuoi tenerlo?»
«Perchè, tu no?» replicò Harry, timoroso.
«Beh, sì» si affrettò a precisare Tom. «Ma la scelta spetta prima di tutto a te. Pensavo che potessi... sì, insomma, avere paura.»
"Avere paura" era un eufemismo. «Ho una paura mostruosa, ma questo non vuol dire che prenda in considerazione di non tenerlo.» Non avevano mai discusso l'argomento insieme perchè si trattava di un tasto dolente per entrambi, ma soprattutto per il giovane Riddle, che ancora faticava a parlare del suo passato e venirci a patti, come una ferita mai rimarginata; menzionare l'orfanotrofio Wool's aveva tuttora il potere di farlo sprofondare nel malumore. Il candore dell'infanzia era un territorio tabù per entrambi, da cui si sentivano banditi come esploratori inadeguati, ignoranti. 
Tom manteneva lo sguardo fisso, e Harry temette che stesse per sbugiardarlo, per azzerare le sue certezze in poche parole, dicendogli ciò che già sospettava, ovvero che non ne sarebbero mai stati in grado. Invece sospirò, come fosse stato vinto.
«Va bene, faccio un altro caffè» si arrese, riposizionando la caffettiera con un tocco di bacchetta. «Dammi una pergamena. Spedisco un gufo e dico al signor Blingecorn che oggi non verrò.»
Harry s'illuminò. «Stai bigiando per me?»
Suo marito parve stizzito dall'insinuazione. «Non sto bigiando. Cerco solo di dare spazio alle priorità, come hai suggerito tu stesso.»
Harry roteò gli occhi al soffitto. «Tom. Non hai "bigiato" nemmeno la mattina prima del nostro matrimonio.» Anche se poi era stato puntualissimo, come di consueto nella sua vita calibrata al millimetro.
«Quella era solo una celebrazione.» In qualche modo doveva sempre spuntarla. «Adesso è diverso.»
Mentre lo osservava scrivere la lettera, Harry pensò a chi l'avrebbe letta per prima. «Bellatrix mi odierà ancora più di quanto non faccia già, visto che la privo della tua vista per un giorno intero.»
«Sai, Harry, la tua incondizionata infatuazione per me non si estende automaticamente a tutto il resto del modo» osservò Tom con sarcasmo, senza alzare la testa.
Harry inarcò le sopracciglia scettico. Avere un fidanzato bello ben sopra la media era una grande benedizione e un grande fardello, soprattutto quando si rientrava nella media. Sospettava che persino Hermione, al terzo anno di scuola, ci fosse cascata. Allo stesso tempo, Tom era candidamente inconsapevole dell'effetto che produceva nelle persone; ma era una delle cose più adorabili nella sua figura altrimenti ben poco adorabile. 
«L'ho detto prima a Ron e Hermione che a te. Non te la prendi, vero?» Erano passati dall'insultarlo per averli svegliati nel cuore della notte a strillare –soprattutto Hermione, qualcosa che faceva tipo "oh Harry è davvero, davvero... Harry! Non vedo l'ora di abbracciarti!" e Ron qualcosa del tipo "miseriaccia". 
Tom fece una smorfia sdegnosa. «Mi domando se sia possibile per uno di voi tre soffiarsi il naso senza che gli altri due lo scoprano subito. Era solo naturale che fosse così.»
Mentre sorseggiava il caffè, Harry torse di nuovo le mani sul tavolo, maltrattando il suo pensiero peggiore. «Io voglio questo bambino con tutte le mie forze, ma solo se anche tu lo vuoi con la stessa intensità.» Che a Tom interessassero i bambini, non sembrava proprio; parevano piuttosto rievocargli brutti ricordi. Si sentiva a disagio in loro presenza, Harry lo aveva notato. Il loro intuitivo acume e la loro sincerità senza filtri, compresa tutta la componente esuberante del correre e toccare, lo molestavano. Però sarebbe stato il loro bambino. Una continuazione di Tom, era la prima cosa che aveva pensato Harry leggendo il responso dell'ospedale, la prima cosa che gli aveva morso il cuore, e mia. Io e lui insieme in qualcuno, noi ma senza il dolore. Avere dentro di sè una parte dell'uomo che amava era un pensiero così bello da essere quasi intollerabile: ci si sentiva sopraffatti ad irrorarlo. Che tale perfezione potesse essere riproposta, riofferta all'universo, custodita e accudita, era solo un piano di giustizia divina. Ma forse che anche suo marito, così come Harry, vedeva il germoglio della speranza e della rigenerazione in una nuova vita? 
«Certo che lo voglio» rispose Tom inaspettatamente, ma con un movimento oculare che ne rilevava l'imbarazzo nell'esprimere quel messaggio. «Sarebbe... la nostra seconda possibilità.»
«Credo di sì.» Harry si stupì che ci fosse arrivato così spontaneamente. Forse che anche lui sotto sotto ci aveva già riflettuto? Da parte sua, non poteva garantire quanto fossero pronti. Magari lo volevano, ma cos'avevano da dare a un figlio? Quanto potevano essere solidi e affidabili? Sarebbero stati all'altezza, in grado di ricreare una serenità che non avevano mai vissuto? «Il fatto che non abbiamo avuto una bella famiglia non ci impedirà di formarne una, o fare da genitori, no?» aggiunse.
Tom gli dedicò un sorriso distratto. «Tu sarai splendido, ovviamente. Si vede già da come sei con Rose...»
«... chi non desidererebbe un padre come te?» si affrettò a obiettare Harry, per schivare quel complimento limpido e quell'ovviamente. Tom aveva sempre eccelso in ogni compito che si era trovato ad assolvere nella vita, e senza dubbio avrebbe calzato a pennello anche l'investitura di genitore, forte e responsabile, severo e coscienzioso. Harry la vide finalmente come una vera e propria rivalsa contro il destino per ribaltare ciò che era stato: l'idea di rimettere al mondo Tom e dargli tutto ciò che gli era stato sottratto lo riempiva di amore. Compiendo un gesto abituale dalla mezzanotte di quel giorno, si guardò l'addome assolutamente piatto e comune, dove però doveva già stare succedendo qualcosa di straordinario. «Sarà interessante vedere cosa esce fuori.»
Riuscì a spezzare la commozione di quel momento, e Tom fu sollevato di poterlo sgridare. «Cosa dovrebbe "uscire fuori", Potter? Un cane a tre teste?»
«Questo mi ricorda che dobbiamo dirlo a Hagrid. E a Silente! E a Sirius e Remus! Anche Teddy avrà qualcun'altro con cui giocare.» Harry si era ravvivato di colpo. «E a tutti gli altri Weasley, e a Luna e Neville! Di chi mi sto dimenticando?»
«Fai pure tutta la lista della tua marmaglia Grifondoro» lo liquidò Tom. «Io... lo dirò a Bellatrix.»
Harry annuì con approvazione. «Mi manderà delle belle congratulazioni all'Avada Kedavra.»
«Harry! Smettila subito! Solo perchè una persona è Serpeverde non significa che voglia ucciderti!»
«Gli altri no, lei sì. Il giorno del nostro matrimonio aveva più o meno la stessa faccia che avevo io quando presi l'Ossofast a dodici anni...»
«Ti ordino di piantarla di sparlare della mia segretaria!»
Harry fece un ghigno impertinente. «È palese che non sei pronto per questa conversazione. Però quando dici "ti ordino" mi piace un sacco.»
«Ah sì?» Tom si allentò delicatamente il nodo della cravatta. «Punti ai gemelli, Potter?»

***

Ron e Hermione arrivarono alle otto, puntualissimi, al numero 7 di Mersey Lane a Godric's Hollow. Fu Harry ad aprire la porta, e mentre abbracciava Hermione disse a Ron, sopra la sua spalla: «i Cannoni di Chudley le hanno prese di brutto, eh?»
«Non me ne parlare! Quello non era un fallo, ci mancava solo l'arbitro irlandese...» Rose e Hugo si infilarono in casa precedendo i genitori. 
«Prima che iniziate a parlare di Quidditch, proporrei di metterci almeno a tavola» intervenne Tom, con un sorriso di fiele. 
«Oh, Tom, rilassati! Io e Harry abbiamo bisogno di chiacchierare, non ci vediamo da una vita» protestò Ron, affabilmente soddisfatto di quel rimprovero che sottintendeva l'onore della gelosia.
«Quattro giorni» precisò Tom tra i denti.
«Esatto.» Ron riprese a maledire i Kenmare Kestrels. Hermione si levò il cappotto e aiutò Tom con un paio di incantesimi ad apparecchiare. Rose, una stanga di ragazzina con le lentiggini e una coda di capelli ramati, sedette accanto ad Altair, e gli chiese come stava con il suo sorriso mite e gentile. Invece Hugo, uno gnomo fulvo dalle guance paffute, era ancora nella fase in cui tallonava la madre ovunque. Ascoltando Ron, Harry attizzò il caminetto alla babbana, chiamò Eirene a tavola dalla tromba delle scale e diede una controllata alla culla. La cena prevedeva Yorkshire pudding e scotch eggs, ma per i bambini Tom aveva solo impanato le cotolette. 
«Peccato perchè le prese di Hawthorne mi piacevano tantissimo nella prima parte della partita, stava andando tutto alla grande» commentò Harry, imburrando un pezzo di pane. 
«I manici di scopa non si sono minimamente incrociati» blaterava Ron. «Sono str–sciocchezze.»
«Ron, piantala, stai dando sui nervi a Tom» gli fece presente Hermione, occhieggiando nervosamente il padrone di casa e tagliando la cotoletta di Hugo. 
«Tom ci è abituato, ha sposato un po' anche noi» mugugnò Ron, senza smettere di masticare. L'espressione di Tom diceva tutto su ciò che pensava di quell'affermazione. 
Silente arrivò solo alle nove, a cena ormai ultimata, e quando apparve nel caminetto, facendo lampeggiare le fiamme di viola, Harry si alzò dalla sedia sorridendo entusiasta. 
«Oh, Albus, ce l'hai fatta! Abbiamo l'idromele, comprato apposta per te.»
«Viziate troppo questo povero vecchio, Harry» replicò Silente, accettando il suo abbraccio e stringendo la spalla di Hermione. «Brutta serata per i Cannoni quella di ieri» sospirò poi in direzione di Ron.
«E anche peggiore per me» biascicò lui. 
Altair venne subito incontro all'ospite, trotterellando. «Buonaserasignore!» trillò con una vocina acuta. 
«Altair!» Silente lo scrutò dalla testa ai piedi: corpicino agile, gambette magre dalle ginocchia secche e lisci capelli neri sistemati dietro le orecchie, ma con una frangia sforbiciata sulla fronte. «Quanti anni hai adesso? Solo sei? Sembri già un giovanotto.»
«GrazieprofessorSilente!» s'illuminò il bambino, radioso in volto. 
«Finchè non sarai uno studente di Hogwarts, Albus andrà benissimo» lo rassicurò Silente, facendo l'occhiolino.
«Un brillante studente di Hogwarts, già si capisce» intervenne Tom, con aria d'importanza. «Altair è molto ordinato e tranquillo, niente a che fare con Quidditch o cose simili.» L'incalcolabile disprezzo con cui pronunciò quella parola divertì Harry. 
«E non deruba i suoi coetanei, anche questo è un indizio non da poco dell'ottima persona che diventerà» aggiunse candidamente. Tom gli rifilò un'occhiataccia. Rose, timidissima, avvampò e sussurrò un saluto a distanza; Hugo accettò una stretta di mano, seppur schivo come un animaletto del sottobosco. 
«E la piccola Eirene come sta?» chiese a quel punto Silente, cercandola con lo sguardo. Sentendosi nominare, la bambina si precipitò giù dalle scale, facendo gonfiare la gonna del vestito nero e arancione, e si aggrappò al fianco del padre, che la prese in braccio con un sorriso indulgente. Aveva quattro anni ed era bianca come una bambola di porcellana. I capelli corvini che accomunavano tutta la famiglia erano lunghi fino alle spalle e gli occhi verdi, dalla forma irregolare, un po' piegati verso il basso, avevano la sfumatura della giada chiara di Lily Potter. Le davano un'espressività consapevole e quasi ironica. Subito dopo aver esaminato l'ospite, affondò il viso contro il collo di Tom, nascondendosi. 
«Sta sulle sue, ma non si lasci ingannare, è già pestifera. Bisogna sempre tenerla d'occhio» ridacchiò. «Appena ti distrai trasforma i tuoi documenti in pipistrelli.»
«Non è successo un anno fa?» domandò Ron a Harry, perplesso.
«Non glie lo perdonerà mai» rispose lui con contrizione.
«Un po' di intraprendenza non nuoce, soprattutto in giovane età» decretò Silente. Solo allora si mise a tavola per sorseggiare l'idromele. Con la coda dell'occhio, però, controllava sempre la direzione dello sguardo di Eirene, che lo spiava credendosi inosservata; poco dopo vegliò, curiosa e noncurante al tempo stesso, il volto del fratellino incassato tra le copertine. Harry era appena andato a raccoglierlo dalla culla, e adesso esibiva il fagotto con affettuosa fierezza. 
«Ah, ecco il nuovo arrivato» si compiacque Silente, intenerito. «Ciao, Ulysses.» Era un neonato di pochi mesi e, oltre a una lanugine nera sulla testa e grandi sbadigli, non aveva molto da offrire agli ospiti. 
Silente approfittò di un momento in cui Ron stava intrattenendo Rose, Hugo e Altair con le novità dal negozio di scherzi e Tom e Hermione discutevano dei rispettivi lavori al Ministero, con Eirene che dormiva in grembo alla madrina.
«Sono contento che tutto si sia risolto in questo modo» disse a Harry, che contemplava la scena in completo appagamento.
«Cosa intendi dire?» rispose lui, riscuotendosi di colpo. 
Silente sorrise con una malinconia venata di stanchezza. «Tom è stato fortunato a incontrarti, Harry.»
«E io a incontrare lui» confermò Harry, amorevolmente. Non coglieva il punto, ed era un bene che non lo cogliesse, era proprio il fulcro dell'intera faccenda.
«Certo» assentì Silente. «Davvero non ci terrei in nessun'altra occasione ad apparire così villano, ma posso chiederti di aprire una nuova bottiglia, se ce l'hai? All'idromele non resisto...»









 
  
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