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Autore: rukias    15/04/2020    1 recensioni
[Altered Carbon]
Mi sono innamorata di questa serie tv, e non so neanche io precisamente il perché, ma semplicemente, un giorno come un altro ho visto una puntata durante la reclusione a casa per la quarantena, e mi sono sentita piena. Ho sentito il bisogno di scrivere immediatamente qualcosa, e questo è quello che la mia mente ha prodotto. Che la mia anima ha prodotto.
Siamo sommersi dall'oscurità, e questo non vale solo per i protagonisti del telefilm e della one-shot. Vale per tutti noi.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I ricordi sono tutto quello che abbiamo.
Ci rimangono attaccati sulla pelle e difficilmente ci abbandonano. Anzi, non lo fanno praticamente mai. Anche quando pensiamo che ciò che abbiamo vissuto in realtà è stato dimenticato, basta un suono, un odore, un colore... Un semplice attimo. E quel ricordo ritorna. Ciò che sembrava perduto ci percuote le corde dell'anima, creando spasmi nel nostro corpo.

Le ossa iniziano a tremare, e le mani e i piedi a vagare senza una meta, pensando di poter raggiungere ciò che desiderano.
Ma è tutto nella nostra mente. Basta solo riuscire a dominarla.

 
___________________________________________________
 
Takeshi Kovacs si risvegliò dal suo sonno tormentato in un letto dalle lenzuola bianche. Trovò il braccio destro penzolante dal bordo, e uno strano sapore metallico si risvegliò nella sua bocca. Aprì lentamente gli occhi e ciò che vide fu il soffitto ricoperto di sangue.
Il primo ricordo del suo risveglio era quello di ogni altro risveglio da ormai tre secoli. Un semplice nome: Quellcrist Falconer.
Il silenzio che lo circondava sembrava essere rilasciato dalle mura di pietra di quella stanza per penetrare volontariamente nella sua nuova custodia.
«Cazzo» si mise a sedere al centro del materasso, mentre stringeva le estremità della sua testa tra il pollice e l'indice della mano sinistra. La fascia bianca poggiata sullo stomaco era diventata scarlatta, dimostrando la fuoriuscita del sangue e il braccio destro sembrava ancora danneggiato dalla battaglia della sera precedente. Nonostante ciò, decise di muoverlo, urlando forte per il dolore.
 
L'eternità non ci appartiene,
 corrompe anche i migliori di noi.
 
La sua voce melodiosa risuonava continuamente e senza interruzioni nella mente di quell'uomo vestito di semplici boxer, accompagnata dalla sua figura olografica.
Era una pazzia, lo sapeva. Era tutto frutto della sua mente, e tutto ciò che gli restava per ricordare. Malgrado la sua consapevolezza, non avrebbe mai potuto arrendersi. Non voleva farlo.
 
I fantasmi ci fottono il cervello trascinandoci verso il basso e rendendoci deboli. Dall'alto, ti guardano con uno sguardo severo, e sembra quasi che ti prendano in giro, facendosi beffe di te. Muovono i tuoi fili ridendo, trattandoti come un burattino, e, al contempo, rendono i tuoi bordi più sbiaditi, sempre più irriconoscibili. Ti lasciano confondere con ciò che si trova intorno a te.
Solo quando capisci che è troppo tardi, ti rendi conto di essere diventato a tua volta un fantasma.

Il suo unico desiderio, ormai da troppo tempo, era ritrovarla.
«Tu non sei più qui, porca puttana,» le onde della sua voce rimbalzavano sulle mura ritornando nella sua mente come un boomerang, facendogli più male del suo braccio ferito «ed io lo so, maledizione!»
«Il miglior posto per nascondere una cosa è il primo dove cercherebbero,» ed eccola lì, fasciata dalla tunica che indossava prima di scoppiare in una nube di fuoco e fumo nel cielo, immobile e splendida nel casino di quella camera «nel posto più ovvio non guarda nessuno, Tak» dopo avergli presentato uno dei suoi soliti enigmi, scomparve.
Era stanco, stanco di tutte quelle complicazioni e degli ostacoli che trovava lungo il cammino.
Era uno spedi, e l'unico suo obiettivo doveva essere continuare a combattere, perseverando il compito che lei gli aveva affidato. Che aveva affidato a tutti loro, in realtà, ma che soltanto lui poteva portare a termine.
Malgrado tutto, avrebbe pensato a quella guerra soltanto dopo averla trovata, per combatterla con lei. Fianco a fianco, come trecento anni prima.
I pianeti erano in guerra da sempre ormai, e nessuno ricordava di un momento in cui non ci fosse stata. Era l'unica certezza in un'eternità dannata.
La guerra permetteva di andare avanti, di continuare a trovare uno scopo per il quale vivere, permetteva di avere un'ambizione nella quotidianità perenne: la vittoria.
 
La guerra è come una brutta relazione,
vuoi uscirne, ma a quale prezzo?
 
Gli esseri umani possedevano la presunzione di poter governare mondi infiniti grazie alla loro immortalità, illudendo ad una parità di potere. La realtà, tuttavia, non era semplice come sembrava. I più potenti conservavano quella briciola di potere, paragonandosi ad un dio, eppure comportandosi come un semplice diavolo. In quei luoghi il debole veniva sopraffatto, e la sua voce schiacciata da quella di chi si trovava più in alto.
 
L'individuo non ha mai meritato di fondersi con le grandezze dell'universo. In precedenza, la morte sembrava poter rendere chiunque misero di fronte a quest'ultimo, vanificando la sensazione di grandezza. Tutti, in un modo o nell'altro, erano uguali sotto quell'aspetto.
La nascita delle pile aveva illuso l'umanità, facendo credere a tutti che esistesse una possibilità per abolire le disuguaglianze: un mondo dove i ricchi e i poveri avessero potuto camminare sotto braccio, illuminando la strada di una vita serena e pacifica.
Ma gli esseri umani sono egoisti e bramosi di poter sin dalla loro creazione, e il desiderio realizzato di una vita eterna ha portato con sé la nascita del desiderio di possedere per sé tutta quell'immortalità. I diversi pianeti si illudevano di regalare possibilità e splendore, mentre, nel frattempo, smaltivano i poveri nelle strade devastate e i ricchi in lussuose ville modificabili con una semplice intelligenza artificiale.
Eppure, Kovacs non avrebbe mai potuto odiare la creatrice - e futura oppositrice - delle pile.
Lei non era stata soltanto una grande insegnante, lei era la sua eroina. Lo era stata senza volerlo sin dall'alba dei tempi, regalandogli una famiglia e un luogo da chiamare casa. Proprio per questo, la sua bocca socchiusa, la sua pelle limpida e i suoi grandi occhi neri bramosi che lo guardavano quella notte perseguitavano le sue notti e i suoi continui sogni ad occhi aperti.
La foresta era stato il loro rifugio d'amore, e, al loro risveglio, l'erba fresca li aveva avvolti di umidità mattutina. «Non è stata solo una scopata» si erano rassicurati a vicenda, sussurrandosi quella frase ininterrottamente.
A piedi scalzi, si diresse nella doccia. Il getto freddo d'acqua accarezzava la pelle nuda di quel corpo seminuovo, facendo scivolare via il sangue e stuzzicando le numerose ferite. Tracciò con un dito i tagli che creavano costellazioni sulla sua carne, soffermandosi su una: una coltellata verticale sul pettorale sinistro. Tastò con rabbia e malinconia la cicatrice che si stava formando, grattando con un'unghia una piccola crosta di sangue su una delle estremità. Fu per quel semplice atto, quel gesto abitudinario, che ricordò.
 
Si trovava nella sua stanza all'hotel di Poe, al quale quest'ultimo aveva deciso di dare un nome, ma che in quel momento gli sfuggiva. In quel momento era impegnato a guardarsi attorno, vedendo comparire gli uomini (o le donne, che differenza fa?) dalle divise e dai caschi neri, uno per volta. Lentamente.
Lo circondarono, puntandogli addosso qualche nuovo fucile finanziato dal Protettorato. Kovacs esaminò mentalmente gli imminenti attacchi dei suoi nemici e, poco prima che uno di loro sparasse, si lanciò dietro ad una poltrona, usandola come scudo. In quell'attimo di tempo si rese conto che era spacciato. Quello sarebbe stato troppo anche per lui. Maledì sottovoce Poe e la sua disattenzione, per poi dedicarsi ad incolpare se stesso. Aveva fallito, e adesso loro l'avrebbero trovata al posto suo.
Sospirò guardando verso la finestra, facendosi immergere ad occhi chiusi dalla luce mentre aspettava la fine... Ma la fine non arrivò, e al suo posto, un angelo dal mantello nero oscurò il chiarore che poco prima gli riscaldava il viso. Aprì gli occhi, e ciò che vide fu per lui un'apparizione. Il suo angelo, che senza neanche guardarlo negli occhi, sferrò un calcio a mezz'aria colpendo tre dei dieci soldati, riversandoli a terra privi di conoscenza.
Dopo un attimo di stupore, lo spedi si alzò da terra, sentendosi invincibile. Insieme a lei, avrebbe sconfitto anche l'Inferno. Insieme colpirono quei bastardi e poche ore dopo, tra suoni di urla e ossa rotte, il pavimento si trovò cosparso dei loro cadaveri immersi in un lago di sangue.
Takeshi si voltò, e, prendendo il suo viso tra le mani, la guardò profondamente negli occhi. «Mi hai salvato, ancora una volta.»
«Io non ti dimenticherò mai,» quel sussurro fu accompagnato da una pugnalata, e l'oscurità più profonda si impossessò dei suoi occhi, accasciandolo a terra. «non farlo neanche tu.»  E ciò che aveva cercato e ritrovato dopo tutto quel tempo, scomparve in un attimo.
 
...Siamo sommersi dall'oscurità, Tak.
   
 
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