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Autore: Red1701    16/04/2020    2 recensioni
Sono abituati a combatte con edifici in fiamme, lo fanno per lavoro tutti i giorni.
Lo fanno come caserma, come squadra, come compagni. Insieme.
Ma se uno di loro rimane intrappolato da solo, allora è tutto un altro paio di maniche.
[SasuSaku as always]
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Sasuke/Sakura, Shikamaru/Ino
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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First part.

 
 
«Ce ne sono altri?»
«Uzumaki sta portando fuori gli ultimi due con Haruno. Avete contattato altre ambulanze?»
Sasuke lasciò l’ennesima persona ad Ino, uno dei due paramedici della caserma 17 per cui lavora.
Era stata una giornata piuttosto tranquilla, ma a metà turno la sirena li aveva chiamati per un’esplosione in una clinica privata al di là della città. Non era di competenza della loro caserma, e quando arrivarono sul posto capirono perché erano stati chiamati anche loro.
A quanto pare tre persone avevano deciso di farsi saltare in aria, e l’intera ala sud era crollata al suolo. Si poteva vedere fino alla parete opposta dell’edificio se si guardava da quella che una volta era la porta principale, ma nelle altre stanze il fuoco e le macerie erano imponenti ostacoli con i quali loro e altre caserme stavano cercando di lottare.
Si diresse verso il comandante Hatake, il suo capo, e stette in silenzio pronto ad ascoltare qualsiasi direttiva avesse per lui e la sua squadra.
«Tenente, tutta la tua squadra è fuori da lì?» gli chiese l’argenteo. Era un uomo piuttosto risoluto quando si trattava di lavori come quelli, ma Sasuke riuscì comunque a leggere una sfumatura di tensione nella sua voce.
Lo sapeva benissimo che quella struttura era una trappola mortale; durante tutti gli anni di lavoro aveva imparato benissimo a riconoscere e distinguere i momenti in cui poteva “giocare” a fare l’eroe da quelli in cui doveva solo arrendersi e lasciare che il fuoco avesse la meglio, e più passavano i secondi più si rendeva conto che in quella situazione avrebbe sicuramente vinto il fuoco.
«Dei miei è rimasto Nara, e alcuni dell’autopompa sono ancora dentro»
«Uzumaki. Uzumaki rispondimi»
Il comandante cercò di contattare l’altro tenente senza avere risposta. Cominciava ad innervosirsi.
«Capo, sono Uzumaki. Siamo quasi fuori, e avvisate i paramedici perché siamo con quattro civili di cui uno in situazione critica»
«Chi c’è con te» gli chiese. Avere i nomi precisi di chi ancora era lì dentro era il modo per assicurarsi che tutti gli altri erano fuori, al sicuro.
«Haruno, Nara e Akimichi»
«Portate il culo fuori da lì, ora. Yamanaka, Hyuga, portate qui altre barelle»
Le due ragazze arrivarono subito con un paio di barelle vuote e i borsoni con l’attrezzatura. Era stata creata una zona per il triage dei civili suddivisa in base al codice d’emergenza; purtroppo quelli con il cartellino nero erano più di quelli che avrebbero voluto vedere.
Importanti pezzi della struttura caddero al suolo e dall’intero edificio provenne un rumore raccapricciante.
«Dove diavolo sono. Se non vedo quell’idiota di Shikamaru comparire entro tre secondi gli faccio il culo» disse Ino stringendo il materassino della barella tra le dita.
E come se lui sapesse cosa lo aspettava a casa se non si fosse presentato al più presto, uscì da un buco che avevano ricavato dalla caduta delle macerie del soffitto del pian terreno.
Portarono fuori per primo quello più grave che Hinata trasportò via verso l’ambulanza più vicina, e mentre Ino aspettava che gli altri civili rimasti uscissero per constatare il livello d’emergenza, Sasuke era in attesa della zazzera bionda del suo migliore amico e di due paia di occhi che conosceva come le sue tasche.
«Dobe»
Appena vide Naruto lo chiamò offrendogli una mano per uscire da quello spazio così stretto il più velocemente possibile. Il biondo gli appoggiò una mano sulla spalla e si piegò per respirare. Per la prima volta nella sua carriera aveva temuto di non riuscire ad uscire e di rimanere intrappolato in mezzo alle fiamme.
Respirò profondamente un paio di volte senza la maschera addosso, e si ritrovò la corvina da parte con la bombola dell’ossigeno e una mascherina che accettò più che volentieri. La polvere e il caldo avevano messo a dura prova i suoi polmoni ben allenati.
Il moro si voltò per cercare l’unico elemento mancante, ma da quel buco non uscì più nessuno. Si guardò intorno fulmineo, magari era uscita e la Yamanaka l’aveva già portata sull’ambulanza per vedere come stava, ma la bionda era a pochi metri da lui con gli occhi spalancati.
«Ino» la chiamò ridestandola da qualche pensiero. Lei si girò e capì subito quello che le aveva implicitamente domandato pronunciando solo il suo nome. Scosse la testa con lo sguardo vitreo.
«Dove diavolo è Sakura?» chiese al suo migliore amico prendendolo per le spalle.
Non era uno molto sentimentale, soprattutto non quando erano fuori per una chiamata. Doveva essere sempre il più razionale possibile per poter affrontare al meglio il problema -era diventato il tenente della squadra proprio perché era impeccabile in quello che faceva- ma in quel momento anche il suo cuore risalì velocemente in gola.
«Era dietro di me. Te lo giuro Sas’ke, l’avevo dietro»
Naruto si era tolto la mascherina dell’ossigeno e si era trascinato dietro il suo migliore amico fino al comandante che si era accorto subito che all’appello mancava qualcuno.
«Capo, Haruno è ancora dentro»
Kakashi guardò in faccia i due uomini che si trovava di fronte e trasse un respiro profondissimo. Sapeva bene quanto quei tre erano legati, e se la ragazza non fosse uscita subito quei due sarebbero sicuramente corsi dentro all’edificio per cercarla. Sapeva bene anche che non c’era modo possibile per impedirgli di rientrare, ma non voleva proprio perdere due suoi uomini dopo un intervento del genere. Era un miracolo che nessun altro non fosse rimasto là sotto.
«Haruno, rispondi»
L’intera caserma 17 era alle spalle del loro comandante con gli occhi fissi su quel buco, e il silenzio che avvolgeva quelle persone era quasi assordante. Nessuno aveva più avuto né il coraggio né la forza per muoversi, e i vigili del fuoco e i paramedici delle altre caserme presenti sulla scena avevano preso il loro posto nell’attivo consapevoli che ognuno di loro avrebbe fatto lo stesso se un loro compagno si fosse trovato ancora sotto quelle macerie.
«Haruno» la voce dell’argento tuonò minacciosa verso la ricetrasmittente posta sulla sua spalla destra. Non poteva perdere quella ragazza, e non riusciva neanche ad immaginarsi di perdere uno dei suoi uomini.
«Sakura-chan!»
Il biondo provò a sua volta a contattare l’amica. Quei tre erano amici da quando erano nati, complice il fatto che i loro padri avevano lavorato tutti nella stessa caserma e le loro madri erano amiche fin dai tempi del liceo. Avevano inevitabilmente seguito le orme dei genitori e si erano ritrovati nella stessa caserma fin dal momento in cui erano diventati candidati. A quel tempo l’Hatake, allievo molti anni prima del padre di Naruto, gli aveva fatto un favore e li aveva confermati tutti e tre sotto al suo comando.
«Io torno dentro»
Sasuke si era già messo la maschera e con passo svelto si diresse verso quel mostro che puzzava terribilmente di morte. Non aveva la minima intenzione di abbandonarla là sotto, e non solo perché era una sua collega ed amica, ma anche perché dopo anni di cecità sentimentale era sceso a patti con il suo cuore e gli aveva lasciato la possibilità di provare dei sentimenti per qualcuno che non fosse sé stesso, i suoi genitori o suo fratello Itachi.
Certo, ad entrambi gli amici voleva un bene immenso –cosa che non avrebbe mai ammesso ad anima viva- ma solo nell’ultimo anno si era reso conto di provare qualcosa di vero nei confronti della ragazza. E per qualche strano scherzo del destino anche lei provava per lui le stesse cose, ma tra il lavoro e l’orgoglio di entrambi la cosa era rimasta a qualche bacio rubato nell’appartamento di lui e ad una notte a casa di lei in cui si erano amati come se l’esistenza di uno dipendesse dall’altro.
«Uchiha, non ci provare»
Ma lui non lo sentiva neanche più il comandante, voleva solo ritrovare quella lunga chioma di capelli rosa in cui tre mesi prima aveva finalmente affondato le dita scoprendone la morbidezza e il profumo.
«Sasuke Uchiha, è un ordine» il tono con cui aveva pronunciato quelle parole l’aveva bloccato a metà percorso.
«Sakura, cazzo. Rispondimi»
Al contrario dell’amico, Naruto era riuscito a restare un po’ più lucido e continuava a chiamare la ragazza con la ricetrasmittente.
Era dietro di lui, l’aveva vista due secondi prima di trovarsi la mano di Sasuke tesa per aiutarlo ad uscire di lì, e non poteva essersi smaterializzata improvvisamente.
Si girò verso l’Hatake e si limitò a guardarlo con il volto contratto dell’ansia e dal terrore. Quest’ultimo di infilò la sua maschera e si rimise il casco lanciandosi di corsa verso il palazzo. Era vero, non voleva assolutamente perdere altri dei due suoi uomini, ma non voleva neanche rimanere lì impalato a sperare in un miracolo che non sarebbe mai arrivato.
«Capo» lo chiamò Shikamaru muovendosi per seguirlo.
«No, non entra nessuno oltre a me. State qui e state in ascolto»
«Ha meno di un minuto» aggiunse poi
«Allora facciamo si che bastino per entrare ed uscire» rispose, poi riprese a correre e sparì in mezzo alle macerie.
L’intera zona era caduta nel silenzio più totale.
 
Non si aspettava uno scenario del genere.
Certo, non che si aspettasse di trovare la strada completamente libera, ma dalla descrizione di Shikamaru di pochi istanti prima non si aspettava neanche tutto quello.
Dove non c’erano le macerie ad ostacolargli il cammino c’era l’incendio che si era fatto più vasto e imponente che mai. Doveva trovare la ragazza al più presto, altrimenti da quel casino non ne sarebbe uscito vivo neanche lui.
«Haruno» chiamò ancora, ma lo scoppiettare del fuoco sovrastava la sua voce già di per se attituta alla maschera.
Ripercorse quel tratto di strada che Naruto gli aveva descritto per filo e per segno, e con non poca fatica trovò uno spazio in cui ripararsi per un momento.
«Comandante sono Uzumaki»
«Ho fatto il percorso che mi hai detto ma non ho trovato nessuno»
Il tenente gli disse ancora qualcosa, ma le imprecazioni dell’Uchiha avevano sovrastato tutto. Se ne era accorto da anni che quei due erano un po’ più che amici, ancora quando nessuno dei due l’aveva anche solo realizzato e lei stava con quel chirurgo dai capelli rossi. Gli ricordavano un po’ i suoi amici Rin e Obito ai tempi dell’accademia di polizia.
«Sakura rispondi a questa cazzo di radio. Non ti permettere di morire lì dentro»
Sasuke aveva pronunciato quelle due frasi dimenticandosi per un momento di qualsiasi persona avesse intorno. Non era il momento di preoccuparsi di risultare umano agli occhi dei suoi compagni, era il momento di trovare la ragazza. La sua ragazza, viva.
 
Non ti permettere di lasciarmi.
 
Quando le parole finirono e Kakashi rimase solo con il rumore del fuoco, prese un respiro profondo e si sistemò bene il casco in testa. Sapeva di avere al massimo trenta secondi, dopodiché doveva volare fuori da lì.
Si guardò intorno, ed analizzando la situazione improvvisamente si accorse di un suono che non aveva sentito prima ma che conosceva molto bene.
Annullò quella distanza che lo separava da quella sirena d’emergenza e trovò quello che stava cercando sotto ad un blocco di cemento per fortuna non così grosso da dover richiedere l’aiuto di altri.
Lei era a terra, svenuta, con un rivolo di sangue che le usciva dalla bocca e con la maschera in mille pezzi. Si accertò per prima cosa che respirasse, e con immensa gioia notò che i vetri erano caduti a terra senza provocarle danni al volto. Bastava già lui ad avere delle cicatrici in volto in quella caserma.
Spostò delicatamente il peso dal suo corpo e prima di portarla in salvo afferrò la sua radio.
«Yamanaka, voglio una barella pronta e un’ambulanza libera subito»
Quando Ino rispose al suo ordine sentì anche i sospiri degli altri colleghi a cui si unì. Era contento di averla trovata e di avere ancora tempo a sufficienza per uscire, ma non si era accorto di una cosa.
Una barra di metallo le si era conficcata nella parte sinistra del petto e pericolosamente vicino al cuore. La stabilizzò velocemente con delle garze e un po’ di scotch che la Hyuga gli aveva dato prima di entrare e con calma la prese in braccio.
Ripercorse i suoi passi e con molta fatica raggiunse quello spazio da cui vedeva la testa del tenente.
«Ino la barella» urlò il biondo distogliendo lo sguardo dal comandante e afferrando il lettino. Prese la sua migliore amica dalle braccia dell’uomo e con metà caserma attaccata a quel materassino con le ruote la spinsero velocemente fino all’ambulanza già pronta per partire.
«Ci vediamo al Med» urlò la bionda prima che Shikamaru chiudesse le porte e battesse su una di esse per dirle che poteva partire.
Sasuke, nel frattempo, aveva solo avuto la forza di vedersi passare di fronte il corpo inerme della ragazza. Era senza maschera, casco e giaccone, e Ino le aveva strappato la maglietta per poter controllare meglio quel bastone che era conficcato nel petto dell’amica. Sperava con tutto cuore che stesse bene, ma già il fatto che fosse viva l’aveva aiutato a non crollare a terra.
«Caserma 17, andiamo» urlò il comandante, e tutti erano già balzati sui camion pronti per raggiungere l’ospedale.
   
 
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