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Autore: Pervinca95    17/04/2020    2 recensioni
Nora Gigli frequenta l'ultimo anno del liceo quando decide di trovarsi un piccolo impiego come babysitter per aiutare sua mamma con le spese.
Peccato che, troppo tardi, si renderà conto che i bambini di cui dovrà prendersi cura sono i fratelli di Riccardo Sodini, il ragazzo per cui la maggior parte del genere femminile della sua scuola ha un debole.
*
Dalla storia:
Appena si fu girato gli feci una boccaccia. Fu un impulso al quale non potetti resistere.
"Come hai detto che ti chiami?"
Mi bloccai con un piede già fuori dalla porta. Che mi avesse beccata?
Virai con lo sguardo su di lui, fermo a fissarmi con le mani nelle tasche dei jeans.
Evitai di fargli notare che non ci eravamo ancora presentati. "Nora", risposi guardinga.
Abbassò un attimo gli occhi mentre si mordeva il labbro inferiore per trattenere una risata. Quando li rialzò, l'azzurro delle iridi luccicava di spasso. "Fossi in te, Nora, mi darei un'occhiata" affermò con un sottile tono schernente. "Prendilo come un consiglio" aggiunse senza risparmiarmi il suo sorrisino. Poi ruotò di nuovo le suole e si avviò verso la cucina.
Quando uscii da quella casa mi prudevano le mani.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Nella Tana Del Lupo 








Suonai al campanello che riportava i cognomi Sodini e Curti con un mattone d'ansia nello stomaco. 

Speravo ardentemente che i bambini a cui avrei dovuto fare da babysitter fossero tranquilli e disciplinati. In caso contrario, non sarei stata pronta ad avere a che fare con dei piccoli teppisti che probabilmente indossavano ancora i Pampers. 

Nella mia mente si proiettò l'immagine di due bambini con occhiali da sole scuri, giacchetto di pelle nero e pannolone allacciato saldamente. 

Sorrisi per quella sciocca fantasia e mi sfregai le dita agitata. 

<< Chi è? >> domandò una voce femminile dal citofono. Dal tono sembrava piuttosto seccata, ma cercai di non concentrarmi su quel particolare molesto e mi avvicinai al campanello. 

<< Sono Nora Gigli >> risposi timidamente. 

La serratura del portone scattò istantaneamente. 

Lanciai uno sguardo interrogativo al campanello, in attesa che la signora aggiungesse altro, ma quando sentii il rumore della cornetta che veniva agganciata scrollai le spalle ed entrai nel condominio. 

Be', come benvenuto non era stato dei più calorosi. 

Salii le scale in fretta senza guardarmi troppo attorno, del resto non c'era molto da vedere. Le pareti erano bianche e piuttosto sporche, ma quel particolare non mi meravigliò essendo un condominio vecchio. Vecchio, non antico. 

L'ascensore era in stile con tutto il resto. Si chiudeva con inferriate e sportelli in vetro, e da quel che avevo potuto notare era abbastanza angusto. 

Raggiunto il quarto piano, i miei occhi corsero ad una signora sulla cinquantina che mi attendeva sulla soglia di casa. Era bassa, leggermente tozza, coi capelli raccolti in un disordinato chignon ed un sorriso amichevole. 

Per qualche ignoto motivo mi ispirò subito simpatia. 

Le sorrisi di rimando e le andai incontro per porgerle la mano. << Salve >> pronunciai impacciata. 

L'ansia che covavo nello stomaco iniziò ad allentare la morsa dinanzi alla schiera di denti bianchi della signora. 

<< Ciao Nora, chiamami pure Caterina. >> La sua mano si strinse vigorosa attorno alla mia ed i suoi piccoli occhi s'illuminarono entusiasti. << Vieni, ti presento le due pesti. >> 

Aveva davvero detto pesti? 

Sfoderai un sorriso plastico ed annuii sempre meno convinta del mio primo lavoro. 

Il mio incubo sui due gangster in Pampers si stava avverando ed io non avevo alcuna chance di fuga. 

Seguii Caterina per uno stretto e buio corridoio arredato con antichi mobili in legno e quadri dall'aspetto spento e severo. Il pavimento era in marmo marrone con spruzzate di bianco, nero e beige che comunicava austerità e freddezza. 

D'un tratto udii degli striduli schiamazzi capaci di farmi pentire, in meno di mezzo secondo, della mia folle idea di cercarmi un impiego. 

<< Sono qua dentro >> mi informò la signora, indicando una porta di vetro decorata dalla sagoma colorata di un pavone. 

Immediatamente immaginai che quella fosse la gabbia in cui venivano rinchiuse le due bestie feroci. Ci mancava solo che Caterina aprisse la porta, lanciasse una bistecca e richiudesse in fretta e furia. 

Sorrisi cercando di apparire a mio agio e mi introdussi nella stanza dopo di lei. 

<< Bambini, lei è la vostra tata >> annunciò con tono gentile, prendendomi sotto braccio. 

I miei occhi rimbalzarono da una peste all'altra mentre mi chiedevo quale dei due mi avrebbe dato più filo da torcere. Apparentemente erano degli angioletti, anzi, una dei due era un angioletto. Il maschietto, invece, aveva uno sguardo serio e per niente simpatizzante. Mi fissava con i suoi grandi occhi blu come se mi disprezzasse o, peggio, come se volesse farmi sparire. 

Dirottai l'attenzione sulla bambina che tra le piccole mani teneva una bambola spelacchiata e sorrisi intenerita dinanzi al suo sguardo spaesato. 

Caterina li richiamò con la mano e fece loro segno di avvicinarsi. << Su, venite a presentarvi. La tata vuole giocare con voi >> affermò sorridente. 

Mi abbassai sulle ginocchia ed attesi che i bambini facessero la prima mossa. Speravo che col gesto di stringerci la mano avremmo stipulato un tacito accordo di civiltà, specialmente col bambino. 

La bimba si alzò da terra e mi venne incontro intimidita. Si strinse la bambola al petto e mi osservò di sottecchi coi suoi curiosi occhi azzurri. I boccoli castani le ricaddero sulle guance rosate e la frangetta le coprì le lunghe ciglia nere. 

Era uno splendore. Riusciva ad intenerirmi e farmi sciogliere con una sola occhiata. 

Le sorrisi cordiale e protesi una mano verso di lei. << Ciao, io sono Nora >> mi presentai in un sussurro. << Tu chi sei? >> 

La piccola alzò lo sguardo su sua mamma, che le sorrise incoraggiante, e poi lo riportò su di me. Si mise una manina davanti alla bocca e nascose una fila non continua di piccoli denti. << Sono Irene >> mormorò prima di scappare ridacchiando e battere i piedi per terra. Si accostò al fratello maggiore e lo guardò con occhi illuminati di divertimento. 

Toccava all'osso duro adesso. E neanche a farlo a posta, mi stava fulminando con lo sguardo. 

Mi sforzai di sorridergli, per non apparire già troppo di parte, e battei le mani sulle gambe. << E tu come ti chiami? >> domandai col tono più ilare di cui disponessi.  

Il bambino mi osservò senza battere ciglio ed incrociò le braccia sul petto. 

Perché quel minuscolo essere di appena sette anni riusciva a farmi sentire una totale cretina? Mi sembrava di essermi appena rivolta ad un muro. 

Il gangster in miniatura alzò il capo e guardò sua madre. << Non voglio nessuna tata >> dichiarò piccoso. << È scema >> aggiunse senza farsi troppi scrupoli. 

Ero allibita.

<< Tommaso! >> esclamò scandalizzata Caterina. << Non si offendono le persone. Vai a presentarti come si deve senza fare storie >> ordinò perentoria. La mascella contratta e gli occhi sprizzanti di rabbia la rendevano ancora più autoritaria; al che il nano da giardino decise di ubbidire e mi si piazzò di fronte.

<< Sono Tommaso >> disse incolore. Mi guardò con più odio di prima e ritornò al suo posto sul tappeto per giocare col gameboy. 

Tra tutti i bambini che avrei potuto beccare, mi era capitato proprio quello con la luna storta e l'occhiata omicida. Un grandissimo colpo di fortuna. 

<< Mi dispiace moltissimo, Nora >> si scusò la signora, mortificata. 

Mi sollevai in piedi e le sorrisi, raddrizzandomi la borsa sulla spalla. << Si figuri, non ci sono problemi. >> E invece sì che ce n'erano! Era ovvio che quel bambino mi avrebbe torturata fino a farmi impazzire e che al novanta percento delle probabilità avrebbe cercato di uccidermi una volta rimasti soli in casa. Avrei dovuto munirmi a dovere in attesa di un suo attacco. 

Lei congiunse le mani e mi restituì un sorriso dispiaciuto. << Tommaso è un po' scontroso con chi non conosce. >> Un po'? Quello le sembrava un po'? Mi pareva fin troppo riduttivo.

<< Non ci sono problemi, poi avremo modo di conoscerci meglio >> la rassicurai senza credere ad un quarto di quanto avevo detto. Tra me ed il bimbo selvaggio non ci sarebbe stata nessun tipo di conoscenza civile, ma solo una guerra senza esclusione di colpi. 

<< Sicuramente >> affermò Caterina, animandosi. << Adesso vi lascio soli che ho da fare un bel po' di commissioni. Sarò qui per le sette. Per qualsiasi cosa mio figlio è in casa >> tagliò corto dirigendosi a passo spedito alla porta. << A dopo, piccoli >> concluse salutando con la mano i due figli. Si richiuse la porta alle spalle e nella stanza calò il silenzio. 

Che splendida situazione. 

Avevo immaginato che il primo incontro sarebbe avvenuto in tutt'altro modo. 

In primis avevo creduto che la signora sarebbe rimasta ad osservarmi per farsi un'idea di me ed in secundis non mi era stato comunicato che sarei dovuta restare in quella casa per la bellezza di tre ore.

Mi voltai a guardare i bambini e m'imbattei in un paio di occhi azzurri che mi scrutavano con aspettativa. Sorrisi alla piccola Irene, appoggiai la borsa ed il giubbotto sul divano di pelle beige ed infine mi sedetti sul tappeto davanti a loro. 

<< Che bella bambola che hai >> esclamai enfatizzando la mia espressione facciale. 

La bambina se la staccò dal petto e me la mostrò con un sorriso timido. << Tommaso le ha strappato i capelli >> confessò cercando di pettinarla con la manina. 

Non mi meravigliava che quel teppistello fosse stato capace di rovinargliela. Gli si leggeva in faccia la sua propensione ad uccidere o sciupare le bambole altrui. 

Me la mise tra le mani ed io la osservai con una stretta al cuore. Quella disgraziata aveva davvero pochissimi capelli, oltretutto mal ridotti. 

<< È bella lo stesso >> affermai con un sorriso. << Come si chiama? >> 

Irene si mise a sedere permettendo che la gonna rosa che indossava si aprisse a ventaglio. << Ambrogina >> rispose frapponendo la lingua tra i denti in un gesto timido. << Ha un anno. >>

Stirai il vestito rosso della bambola e spalancai gli occhi mostrandomi stupita. << Allora è molto piccola. >> 

<< Come la tua testa >> s'intromise una vocina acida e impertinente. 

Cercai di non fare caso alle parole del malefico nano da giardino e virai la mia attenzione su di lui con un sorriso. << Vuoi giocare con noi, Tommaso? >> proposi pacifica. Chissà quante altre babysitter aveva già fatto scappare a gambe levate, quel piccolo demonio. 

Il sopracitato alzò lo sguardo dal gameboy e mi lanciò un'occhiata a dir poco raggelante. << Non gioco con le bambole. Non sono una femmina. >> E non sarebbe potuto essere più chiaro. 

<< Possiamo fare qualche altro gioco tutti insieme >> insistetti restituendo Ambrogina a Irene. 

Gli occhi della peste non si animarono neanche un po'. << Non mi va >> rispose secco. 

Quel bambino era più freddo di un ghiacciolo. Da grande sarebbe diventato Voldemort, ed in quel momento era in versione Tom Riddle. Non a caso si chiamava Tommaso. 

Coincidenze? Non credevo proprio. 

Mi costrinsi a non far cadere la mia maschera di solidale e pacifica babysitter e mantenni il sorriso. << Volete fare merenda? >> 

Tom Riddle mi osservò in silenzio. Irene invece balzò in piedi, fece battere le mani della bambola e picchiò i piedi per terra in preda all'eccitazione. 

<< Ci sono i biscottini al cioccolato >> trillò con gli occhi accesi di entusiasmo. << Andiamo, Tommaso >> aggiunse raggiungendo il fratello per prenderlo sotto braccio. 

Il nano malefico si alzò in piedi e lanciò il suo gameboy sul divano come fosse stato un pezzo di carta. Non solo era privo di emozioni, ma pure violento. 

Dovevo appuntarmelo mentalmente. 

Mi sollevai baldanzosa e tesi un braccio ad Irene. << Mi fai vedere dove si trova la cucina? >> le domandai affabile. 

Lei avvolse la mia mano con la sua, piccola e calda, e mi trascinò fuori dal salotto. 

Fu una sensazione piacevole. Era bello sentire quelle corte dita che si stringevano attorno alle mie, in una presa calda. 

Risalimmo per lo stretto corridoio fino alla porta d'ingresso, poi svoltammo a destra e raggiungemmo una porta chiusa. 

<< I biscotti sono qua >> m'informò Irene su di giri. 

Le sorrisi ed abbassai la maniglia rivelando un ambiente piccolo, ma ordinato e pulito. Sulla parete di destra si trovava la cucina di legno scuro, sulla parete di sinistra un tavolo con cinque sedie che si intonavano a tutto il resto. Di fronte a noi svettava una porta finestra da cui penetrava una luce soffusa attraverso delle tende di mussola bianca. 

Irene mi lasciò la mano e corse al tavolo, tirò una sedia con fatica e ripuntò i suoi grandi occhi azzurri su di me. << Mi aiuti a salire? >> 

<< Certo >> esclamai con un enorme sorriso. Quella bambina era la dolcezza fatta persona, era impossibile non amarla. L'opposto del fratello. 

Quest'ultimo mi sorpassò con pigra arroganza, senza mancare di colpirmi la gamba con una spalla, e si sedette accanto alla sorella. 

Non mi sorprese constatare come non si fosse minimamente offerto di aiutare la sorellina. 

Raggiunsi Irene e la presi sotto le braccia. << Pronta? >> le domandai divertita. 

La piccola annuì e si strinse Ambrogina al petto. 

Ridacchiai per la sua espressione concentrata e la sollevai da terra fino a metterla delicatamente a sedere sulla sedia. << Voilà >> dichiarai passandole una mano sui capelli per appiattirle un boccolo impazzito. << Stai comoda? >> Mi sporsi per guardare il suo viso e lei annuì con un sorriso elettrizzato. 

<< Ho fame. >> La voce annoiata di Tom Riddle mi ricordò, purtroppo, che in quella stanza era presente anche lui. 

<< I biscotti dove sono? >> domandai mentre facevo accomodare Ambrogina su un'altra sedia. 

Il teppistello sorrise spavaldo e congiunse le piccole mani sul tavolo. << Cercali. >> 

Ovvio, che sciocca domanda la mia. Ma se credeva che sarei scappata a gambe levate solo per quel piccolo dispetto si sbagliava di grosso. Il nano non sapeva con chi aveva a che fare.

Appoggiai una mano sulla spalla di Irene e le sorrisi teneramente. << Me lo dici tu dove sono i biscottini? >> 

La piccola annuì e scalpitò con le corte gambe in preda all'euforia. Si girò e m'indicò un barattolo di ceramica che adocchiai sul pianale della cucina. 

Mi avvicinai a prenderlo e lo posai sul tavolo, in mezzo ai due. Lo stappai delicatamente, timorosa che mi si sgretolasse tra le mani, e da subito si diffuse nell'aria un vibrante aroma di cioccolato. 

<< Che belli >> affermai con un'espressione piacevolmente colpita. << Uno alla volta mettete la mano dentro e prendete un biscotto, va bene? >> 

Sembrò che non avessi neanche parlato. Il nano pestifero ficcò la sua mano dentro il barattolo e ne estrasse una decina di piccoli biscotti che gettò sul tavolo. 

Ci mancò poco che non gli staccassi la testa e lo prendessi a calci nel sedere. 

Era evidente, voleva la guerra. 

Irene rise di quel gesto ed io andai a sedermi in una delle sedie a capotavola, accanto al demonio. 

Lo guardai con un'espressione severa, cercando di monitorare la vena che mi pulsava sulla fronte, e congiunsi le mani con calma. Il sadico bimbo ricambiò il mio sguardo con un sorrisetto cattivo. 

<< Non si gioca col cibo, Tommaso >> dissi calibrando il tono. << E non si lancia come hai fatto tu. >> 

In tutta risposta, Tom Riddle mi fece il verso con tanto di boccacce e voce stridula. 

La mia espressione rimase immutata durante tutto il suo teatrino. Ne avevo già fin sopra i capelli di quel dannato teppistello, ma di certo non avrei calpestato il mio orgoglio dandogliela vinta. Quella pustola immonda non aspettava altro che mi arrabbiassi per poi sparlare di me con sua madre. 

Appena ebbe finito, mi alzai e raggiunsi Irene per passarle un biscotto. << Tieni, piccola, mangiane uno. >> 

Quella santa di una bambina lo prese senza fare storie e se lo mise in bocca. 

Che fosse lodato il cielo, su due almeno una era sana di mente. 

Mentre ero piegata sul tavolo ad osservare Irene, scorsi un movimento sospetto nel corridoio. Alzai il capo di scatto e sgranai gli occhi per lo spavento. Ci mancavano solo i fantasmi e poi sarei davvero potuta scappare da quella casa. 

Cinque secondi più tardi un ragazzo immise piede nella cucina. Inizialmente sembrò non notarmi, tant'era preso dal cellulare che teneva in mano, poi alzò il capo e mi scagliò addosso i suoi interrogativi occhi azzurri. 

Sollevò un sopracciglio con l'aria di uno che era appena stato disturbato e si fermò sulla soglia. << E tu chi sei? >> domandò secco. 

Maleducazione portami via. Doveva essere un carattere genetico che si tramandavano tra fratelli maschi. 

Lo fissai senza l'ombra di un sorriso. Prima il piccolo Tom Riddle, adesso arrivava Voldemort in carne ed ossa, non ero psicologicamente pronta. << Sono la babysitter. >> 

Il ragazzo continuò ad esaminarmi senza un briciolo d'interesse per una decina di secondi. Infine aprì il frigorifero, ne estrasse una lattina di RedBull e si eclissò dalla stanza con passo lento e gli occhi nuovamente puntati sul telefono.   

La sua maleducazione mi lasciò a dir poco sbigottita. Sia lui che il fratello minore concorrevano al premio come più grande cafone della storia. Si vedeva lontano un miglio quanto duramente lottassero per strapparsi il titolo a vicenda. 

Eppure quel paio di occhi azzurri non mi erano affatto nuovi. Ero sicura di averli già visti, anche se non da così vicino. 

Che cognomi erano incisi sul campanello?

Signore!

Sgranai gli occhi di colpo e mi tirai su dritta con uno scatto fulmineo. 

Sodini

Come avevo fatto a non sospettarlo prima? Ero caduta nella tana del lupo senza nemmeno rendermene conto. 

Riccardo Sodini era iscritto al mio liceo e frequentava il mio stesso anno. Eravamo in classi diverse, ma questo non aveva assolutamente impedito che la sua nomea di bello della scuola e di portento in qualsiasi sport si diffondesse a macchia d'olio. 

Era stressante sentire sempre le ragazze parlare di lui o dei suoi amici. Stressante se a farlo erano in particolar modo le mie amiche. 

Non volevo immaginare quali sarebbero state le reazioni di Francesca, Vanessa e Linda quando glielo avessi raccontato. Di una cosa ero certa: quelle tre, come molte altre ragazze, si sarebbero scannate pur di stare al mio posto. 

 

 

 

 

 

 

Angolo dell'autrice:

Ciao a tutte, ragazze!

Come state? Come state trascorrendo questa quarantena?

Spero tutto bene! 

Per chi già mi conoscesse sono certa che vi starete chiedendo: "ma com'è che questa, dopo tempo immemore, invece di aggiornare le storie storiche ne pubblica una nuova?"

Avete perfettamente ragione, ma dato che non avevo capitoli nuovi al momento ho pensato che sarebbe stato bello tenerci compagnia, come ai vecchi tempi, con una storia.

E così, considerando il periodo, ho deciso di cominciare a pubblicare questa (di cui ho dei capitoli pronti) con il solo scopo di esservi vicina e, perché no, strapparvi un sorriso. 

La cosa che più vorrei è davvero questa, sapere che avete sorriso o riso nel leggere questa nuova bizzarra creazione. 

Ciò non significa che ho abbandonato le altre storie, anzi, ho intenzione di rimettermi in pari e dedicarmi ai nuovi capitoli, ma ci vorrà tempo. 

Intanto spero vivamente che questi nuovi protagonisti vi possano tenere compagnia e divertire e magari farvi innamorare come hanno fatto con me *_* (anche se io sono di parte >.<). 

Vi mando un bacione ed un abbraccio stritolante!!! 

  

  
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