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Autore: Baudelaire    18/04/2020    6 recensioni
Chiedo perdono se ho scomodato Oriana Fallaci, prendendo in prestito il titolo di un suo libro.
Questo è un piccolo racconto di una Vita che poteva essere, ma non è stata.
Un racconto che vuole solo essere un inno alla Vita, il più grande dono che possa essere concesso.
Genere: Drammatico, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sangue.
Ed è il terrore.
Non so cosa questo significhi, ma di sicuro niente di buono.
Lui mi guarda, leggo la stessa paura nei suoi occhi.
Ma no, non può essere… Non adesso che sei arrivato tu, dopo nove mesi di tentativi. L’orologio biologico è impietoso, abbiamo aspettato troppo, e ora c’è solo la paura di non poterti stringere tra le braccia.
Corriamo in ospedale, il cuore a mille.
Mi fanno entrare, mi sdraio sul lettino.
Ecografia.
Lo vedo, quel puntino di luce.
Ti vedo, piccolino.
Sei proprio tu, è la prima volta che ci incontriamo.
Ma la dottoressa è evasiva, dice e non dice.
Come dovrei interpretare questo silenzio?
Mi rispedisce a casa, con un gran dubbio nella testa.
“Se succede ancora, deve tornare subito qui.”
Profetiche le sue parole, perché si avverano.
Succede di nuovo, ma stavolta la dottoressa di turno mi sbatte in faccia l’atroce verità.
“Non c’è battito.”
Ti ho perso.
Neanche il tempo di averti, e sei già volato via.
Torniamo a casa, con la morte nel cuore.
È notte.
Una volante ci ferma per un controllo.
Proprio adesso, proprio oggi.
Il poliziotto non è molto gentile e sono tentata di mandarlo al diavolo.
Ma mi trattengo, e faccio lo stesso con queste lacrime che vorrebbero uscire per urlare tutto il dolore.
Una notte insonne, agitata, piena di incubi.
Ma non è finita. La dottoressa è stata molto chiara.
“O aspettiamo che perda altro sangue, ma potrebbe spaventarsi, potrebbe avere grosse perdite e stare male. Oppure facciamo il raschiamento, per pulire tutto. Così ha più possibilità di restare di nuovo incinta.”
Optiamo per la seconda. Non voglio vedere altro sangue. Voglio che finisca qui.
Torno in ospedale.
La signora nel letto accanto al mio è molto gentile, è qui da giorni, ha grossi problemi difficili da risolvere.
Mi parla, mi sorride. È molto comprensiva.
Ed è una mamma, capisce il mio dolore, cerca di alleviarlo come può, e lo apprezzo molto.
Mi portano in sala operatoria, c’è il mio ginecologo.
Ci penserà lui.
Mi addormenteranno, così non vedrò niente, non sentirò niente, e quando mi risveglierò sarà tutto finito.
È così fredda questa stanza, asettica, come il mio cuore.
Freddo questo tavolo su cui giace il mio corpo inerme, insieme alla mia anima svuotata, delusa, sconfitta.
Tu sei ancora dentro di me.
Non ti sento, ma ci sei.
Eppure, il tuo cuore non batte. Sei aria, voli libero in cielo, già lontano da me.
E quando mi sveglierò, avrai lasciato anche il mio corpo.
Sarai libero, amore mio.
Libero di essere, libero di andare.
Libero.
Ed è così. Mi risveglio nel mio letto, accanto alla signora tanto dolce.
È fatta.
Sei andato.
E adesso io dove andrò? Che farò senza di te?
Piango, non riesco più a trattenere le lacrime.
La signora è senza parole, non sa più cosa dirmi. Mi parla della nipote, alla quale è successa la stessa identica cosa.
“E adesso è mamma.” – mi dice.
La sua voce è speranza per il mio cuore angosciato.
A malapena riesco ad assaggiare la terribile cena che mi portano.
E poi torno a casa, con i dolori alla pancia di cui mi avevano avvisato.
Durano qualche giorno, li sopporto, così come sopporto la tua assenza che urla, su questo divano morbido sul quale avrei potuto veder crescere il pancione, stringerti a me, donarti il mio latte.
Niente di tutto questo mi sarà concesso.
 
Ma la vita è buona, magnanima, generosa.
Mi hanno detto di aspettare due cicli.
Ed è quello che faccio.
Esattamente due mesi dopo, arriva il tuo fratellino.
Un’altra piccola luce di speranza, che stavolta rimane con me, non mi abbandona.
 
 
Ma non ti ho mai dimenticato.
Stringo tra le mani la tua foto, l’unico ricordo sbiadito che ho di te.
Chissà se eri quella femmina che tanto desideravo. Chissà se avresti indossato abitini rosa e scarpette di vernice, oppure pantaloni e magliette come il tuo fratellino.
Non lo saprò mai.
Nessuno lo saprà.
Non sapremo il tuo nome, non conosceremo il tuo volto, il tuo sorriso, non vedremo il tuo corpo crescere e diventare forte, pronto per affrontare la vita.
La tua Vita si è spezzata ancor prima di comporsi, perché eri troppo ansioso di riunirti al Cielo, al quale appartieni.
Allora resta tra gli angeli, piccola Luce.
Un giorno, quando la tua mamma non sarà più…
… Quel giorno ci ritroveremo.
   
 
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