Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: Frieda B    19/04/2020    0 recensioni
Immaginate un mondo monarchico.
In questo mondo, un paese con due Re.
Dello stesso sesso.
Innamorati.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
       I due Re


     Che vi fossero due regnanti posti a capo d'uno stesso regno, non era poi tanto strano: re e regine son soliti prender mogli et mariti quanto basta ad assicurarsi discendenza.
Perciò, quando re Aemilius annunciò il suo matrimonio, la notizia non parve così strana.
        Il Re era una brava persona.
Qualcuno diceva che le lunghe punte della corona servivano a nasconde l'aureola da santo. Aemilius, figlio di Flavius, aveva la nomina d'esser buono, ma buono davvero. Di quei sovrani taciturni, riflessivi, che sono saggi e parsimoniosi di sorrisi, e che non vogliono mai far la guerra.
Perciò, quando disse che avrebbe contratto matrimonio, la sua corte si interrogò sull'identità della futura sovrana: sarebbe stata figlia del re di Spagna? O contessa di Francia? Marchesa d'Inghilterra? Con quale territorio italico avrebbe stretto accordo il figlio del Re Flavius? Le congetture ebbero modo di crescere, poiché il Re non disse altro.
Era di poche parole, Aemilius.
Annunciate le nozze, sorrise e si ritirò.
Chi avrebbe sposato il Re? Preparava alleanze per una nuova guerra? Eppure egli non era affatto un guerriere e di strategia militare ne capiva ben poco.
 
 
Tanto furbo parve a certuni, quando annunciò l'entità della sua promessa sposa. Anzi. Del suo promesso sposo.
Aemilius non era un guerriero, non conosceva le strategie militari e gli dava noia occuparsi di razzie e scorribande. Egli preferiva rifugiarsi in altro. Alla spada, la penna. Perciò saggia parve la scelta di sposare Rianus. Egli era un buon comandante, cento uomini aveva sotto di sé e cento altri sarebbe stato in grado di comandarne. A corte, tutti conoscevano il suo nome e le sue gesta e la sua spada. Era rispettato, ammirato, quando attraversava la navata centrale della vecchia chiesa cattolica, ora sala del trono, si sollevavano sempre frasette graziose che incorniciavano il suo passaggio: pettegolezzi gentili sul suo conto.
 
Aemeilius e Rianus si strinsero la mano, per la prima volta davanti a tutti, il giorno della cerimonia, che venne celebrata nella vecchia chiesa dedicata alla Vergine, in cui non venivano celebrate Sante Messe da ormai quattro secoli. Il cristianesimo, alla fine, era passato di moda. E così tutte le religioni.
Rianus si inginocchiò davanti ad Aemilius, con la mano sul petto. Il Re gli porse la corona e lui la baciò, promettendo così fedeltà al regno. Poi si levò in piedi e baciò le sue labbra, promettendosi così fedeltà al suo sposo.
La platea si levò in un gran battere di mano e festoso su il banchetto che seguì. Un grazioso tavolo rotondo ricoperto di fiori era posto al centro della sala gremita e tutt'intorno i sudditi venivano a porge i loro omaggi al Re e al suo sposo.
Il popolo non sembrava dispiaciuto di avere due uomini per sovrani. In molti conoscevano Rianus, poiché egli si era messo in mostra quando, due anni prima, una tremenda epidemia di colera aveva attaccato la regione più ad est del regno. Rianus era partito con i suoi uomini aiutando la disposizione di alcuni ospedali da campo. Aveva assistito i feriti ed aveva distribuito da mangiare. Allo stesso modo, tre anni prima di quest'evento, quando i barbari avevano attaccato da nord, egli non aveva esitato ad estrarre la spada ed aveva difeso i villaggi dei contadini che avevano subito per primi l'attacco.
Per questi motivi e per altri, Rianus era molto amato. Quanto o più di Aemilius stesso, considerato da alcuni un sovrano troppo debole.
Aemilius amava il suono dolce dell'arpa e il canto delle sirene; alla sua corte ospitava poeti, pittori, scultori ed altri artisti. E trovò strano innamorarsi di Rianus.
Perché il Re s'era proprio innamorato.
 
Passeggiando per le strade del suo castello, s'era fermato più volte ad osservarlo dalle sottili finestre. Aveva disposto che alcune di queste fossero sempre aperte, perché fosse facile ed immediato guardare i sotto e scrutare la popolazione; e approfittando del suo stesso ordine, Aemilius si soffermava a guardare i soldati allenarsi. Rianus aveva chiesto uno spazio per allenare i suoi uomini e lui, dato che era un Re magnanimo, sebbene non trovasse utilità nell'addestrare uomini così arduamente in tempo di pace, gliel'aveva concesso. Da quel giorno, Aemilius osservava Rianus dalle finestre dei corridoi del castello. Qualche volta aveva incrociato lo sguardo suo e gli aveva sorriso; e se ci fossero state domande, avrebbe sempre potuto dire: sono io il Re, e mettere tutti a tacere.
Dopo qualche tempo, Rianus cominciò a ricambiare i sorrisi, finché un giorno ebbe l'indecenza di seguire il Re fino alla soglia dell'area a lui riservata per chiedergli una breve udienza per un certo affare. Quando Aemilius gli chiese di cosa si trattasse, egli rispose: “il vostro sorriso, sire” ed il Re si sentì per sempre legato a lui, indissolubilmente.
 
In pochi mesi Rianus divenne Re davanti al popolo e gli fu concesso di entrare negli appartamenti reali.
La prima notte di nozze fu sfortunatamente interrotta da una triste faccenda: la povera cugina del Re morta di parto.
La seconda notte scoppiò un incendio nelle stalle e il Re dovette occuparsi di tale faccenda (che, ad ogni modo, si concluse assai positivamente).
La terza notte venne anticipata al pomeriggio, poiché Aemilius era stanco d'aspettare. Lasciò scritto un biglietto nella divisa di Rianus e gli consigliò di recarsi nelle loro stanze per l'ora di pranzo. Quando Rianus aprì la porta, lo trovò placidamente steso sulle coperte d'azzurro e d'oro, nudo, con la corona sulla testa, a mangiar chicchi d'uva scarlatta.
Rianus richiuse seccamente la porta alle sue spalle e le sue labbra si fecero in un ghigno. S'avvicinò, puntò le ginocchia sul materasso e gli prese il viso con una mano. Lo baciò e sorresse la corona sul suo capo, tutte le volte che minacciava di cadere. Aemilius se la tolse e la mise da parte, stendendosi sul copriletto ed attirandolo a sé.
 
 
Nel regno di Spagna, c'erano due regine.
Bactria aveva sposato la bella Caelia e governavano insieme, in pace e prosperità, da tredici anni. Il loro regno era il più prospero ed invidiato tra quelli vicini: la guida di due giovani e furbe donne aveva molto giovato alla stabilità del paese, lacerato da secoli di lotte per il potere.
Aemilius si chiedeva, quand'era tra le braccia di Rianus o lo guardava dormire, se la loro serenità sarebbe durata altrettanti anni.
Bactria aveva avuto un figlio col suo primo marito e quindi la discendenza era assicurata. Ma loro cos'avrebbero fatto? Avrebbero potuto adottare un figlio maschio: e avrebbero passato la vita a chiedersi quando li avrebbe assassinati per prendere il potere.
Tutti questi poteri scomparivano quando ritornava ad osservare Rianus duranti gli allenamenti e lo vedeva giovane e forte e bello; e ancora quando sedeva accanto a lui e discorreva coi sovrani che avevano invitato, gioviale e cortese; o quando lo vedeva ridere dinnanzi ai giullari o spalancare quelle folti ciglia scure che aveva davanti alle strane esibizioni dei contorsionisti che, a suo dire, era il genera d'arte che preferiva.
 
Un giorno, glielo chiese: “hai mai paura?”
“Di che genere di paura dovrei spaventarmi di più?”
“Non so, Rianus. Ci sono tante paura spaventose,” rispose il Re.
“E' naturale che io ne abbia, di paure; e che una le batta tutte. E' così per tutti gli esseri che vivono. Gli animali temono il freddo, la fame, ma più di tutto i predatori; le piante temono il freddo e più di tutto, la mancanza di luce del sole. E io che sono un uomo, c'è solo una cosa che temo di più al mondo.”
“E quale sarebbe tale cosa? E' la stessa per tutti gli uomini?”
“Oh, no, mio caro. Ogni uomo ha la sua paura più paurosa. E' questo che ci differenzia dagli animali e dalle piante. Io,” disse circondando le sue spalle con un braccio, “non ho paura che del dolore.”
“Dolore fisico?”
“Dell'anima. Che poi è il vero dolore.”
“Potresti esser gentile,” domandò il Re, “e dire che tale dolore dell'anima verrebbe certo dalla mia morte o, per così dire, dal mio assassinio?”
“E sia, potrei dirlo; ma soffrirei poco quel dolore.”
“Veramente così poco patiresti per me?”
“Così poco tempo perché ti raggiungerei subito,” sussurrò Rainus con un sorriso che si concluse solo incontrando le sue labbra.
 
 
Aemilius e Rainus vissero felici il matrimonio per tre anni e mezzo.
Dopodiché, qualcosa in loro mutò. Rainus non aveva mutato un solo aspetto del suo carattere; e Aemilius, ch'era un uomo sempre turbato e insicuro, continuamente lo tormentava con certe domande.
“M'ami?”
“E molto.”
“Dimmi quanto.”
“Quanto vasto è il cielo.”
“Il cielo su tutto il regno?”
“Tutto quanto il cielo che esista.”
Rainus era poco paziente e i primi anni cominciò a sentirsi insoddisfatto. La corte lo lusingava e guardava sempre le sue labbra; e non quelle di Re Aemilius. Quest'ultimo aveva perso il suo potere rapidamente. Il nuovo Re era certo più saggio e giudizioso di lui, più svelto a rispondere, di più buon gusto per il teatro e l'arte. Rainus era capace di cacciare e cucinarsi un buon pasto. Ed, in ultima analisi, era un sovrano perfetto. Aemilius gli chiese un giorno di celare questa sua perfezione
“Hai paura che ti rubi il trono?”
“Ce l'ho.”
“Ma il trono è già mio,” rispose sorridendo il secondo Re.
Da quel giorno Aemilius non fu più lo stesso. Temeva d'esser avvelenato e prese l'abitudine di far assaggiare la sua cena ai domestici, dinnanzi a lui e scegliendo egli stesso quale parte del piatto assaggiare; e li faceva bere dal suo bicchiere e girare le pagine del suo libro e controllare il suo letto. Era diventato paranoico. Non si concesse più al piacere della lussuria ed una sera disse a Rainus e che non avrebbe più condiviso il letto con lui. Rainus gli chiese le ragioni della sua decisione, ma egli scelse di non parlare.
Seguirono mesi bui, una terribile epidemia di peste condannò il sud del paese. Aemilius impedì a Rainus di recarsi lì in prima persona ed il comandante si sentì frustrato ed impotente, soprattutto perché la città più colpita era quella che lo aveva messo al mondo.
I suoi ordini erano confuso e lo disorientavano.
Aemilius aveva lasciato che lui prendesse il ruolo di guida dell'esercito e non aveva mai dato giudizi sulle sue decisioni. Adesso le criticava tutte, anche pubblicamente. Rainus era molto stanco ed infelice.
Trascorse cinque anni e Aemilius ormai dava segni di squilibrio mentale. Le sue labbra erano sempre macchiate di sangue e Rainus sospettava che si stesse avvelenando, un po' per volta. Forse per scongiurare il rischio di un avvelenamento o, chissà, per uccidersi egli stesso.
“Il Re è matto!” dicevano tutti e Rainus s'accorse che non poteva più smentire la voce quando vide Aemilius affacciato ad una finestra con i polsi sanguinanti. Il suo sangue gli aveva macchiato i piedi nudi e la pietra, tutt'intorno.
Lo sorresse e lo strinse a sé. Gli baciò la fronte. “Dolce Re, dovete riposare,” disse. Lo prese tra le braccia e lo portò nelle sue stanze. Lo fece stendere a letto e gli sistemò, delicato, delicatissimo, le coperte sul corpo. “Ecco qual è la tua paura più paurosa, Aemilius caro. La paura del tradimento ti ha essa stessa tradito rendendoti folle.”
Aemilius sorrise e chiuse gli occhi.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Frieda B