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Autore: La_Birba    20/04/2020    1 recensioni
ciao a tutti :) questa storia l'ho pubblicata nel 2015 ma adesso la voglio correggere e modificare completamente.
Il nostro universo è diviso in quattro galassie, Nord, Est, Sud ed Ovest.
Quella del Nord, ovvero la mia, è la più ricca e benestante. La mia casata governa su tutto l'universo. Il Sud è simile ma molto più povero, solo qualche famiglia è benestante, in passato vi erano stati numerosi conflitti, che avevano portato solo più povertà, per la pretesa del trono e il mio matrimonio serviva a suggellare l'antica alleanza, così che nessuno potesse scordarsene. l'Est è composto da popolazioni di artigiani e costruttori, ogni cosa a palazzo è stata fabbricata da loro. La popolazione è molto più bassa di noi.
infine c'è l'Ovest, è la galassia più estesa e infatti quasi praticamente inesplorata. Ci sono circa tre milioni di pianeti contati al giorno d'oggi e non si sa quante stelle, ma nessuna traccia di vita.....FINO AD ORA.
non sono brava con i riassunti, lo so però datele una possibilità ;) grazie mille ;)
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Complotto

 




 

Che seccatura. Il giorno in cui avevo acquistato il mio nuovo giocattolo arrivava quell'inutile ragazza a scocciarmi. Non potevo proprio sopportare il “signor conte”, era uno sbruffone che secondo me voleva i nostri tesori, ma non aveva capito niente. Lui non sarebbe mai stato niente, ora contava meno di zero e anche dopo il matrimonio la sua posizione non sarebbe cambiata. La sala dei ricevimenti era piuttosto distante dalla mia camera, mi volevo fare attendere, ero o non ero il principe? Passai dunque prima dalle cucine per fare uno spuntino, prendendomi un'occhiataccia dalla vecchia megera che, a quanto pare, quel giorno amava interrompere ogni cosa che facevo. Prima o poi avrei visto la sua testa rotolare fino ai miei piedi. Mio padre voleva bene a quell'inutile donna era stata la sua balia, io non potevo sopportarla. Fin da piccolo non faceva altro che dirmi cosa NON dovevo fare. I miei genitori si erano rivolti a lei per educarmi dato che ero un bambino piuttosto vivace, non servì a nulla. Quando fui nuovamente sazio mi diressi a passi piccoli e lenti verso la sala dei ricevimenti. I migliori si devono sempre fare attendere! Mi fermai un paio di volte dalle finestre a guardare il mercato e tutti quei poveri insetti che vi si aggiravano. La cosa migliore l'avevo acquistata io idioti, glielo avrei voluto gridare apertamente! Il nostro castello era su una collina, l'unica di tutto il pianeta, infatti sovrastava su tutte le altre misere abitazioni. Davanti e ai lati del castello c'erano case, nient'altro che case e dietro c'era il mare. La mia camera si affacciava proprio su di esso. Era una delle poche cose che mi piaceva, adoravo quell'immensa distesa azzurra. Così impetuoso quando si arrabbiava che nessuno poteva fermarlo, poteva spazzare via un'intera città da solo, volevo la sua stessa potenza da un certo punto di vista. Io l'avevo fregato, non importava quando fosse grande l'onda che si sarebbe potuta creare, la collina su cui era il castello era comunque alta. Avrebbe solo spazzato via la vita di quei poveri stolti, non sarebbe stata una grande perdita in fin dei conti.

Dopo quello che credevo fosse passata almeno un'ora da quando ero stato chiamato, finalmente arrivai dinanzi alla porta. Sentii dei brusii strani. Tentennai un attimo per entrare, restai lì fuori a provare a capire cosa dicevano. Capii qualche parola e niente di più, la voce dei miei genitori non riuscivo a sentirla. Era strano mio padre aveva una voce cavernosa, riusciva sempre a spiccare tra le altre. Alzai le spalle, probabilmente stava ascoltando la conversazione senza intervenire. Aprii la porta,

“Buongiorno”

Si girarono a guardarmi, mio padre non c'era e neppure mia madre, solo un paio di servitori e il conte. Neppure Vasilisia sembrava esserci. Perchè diavolo ero stato chiamato se non c'erano neppure il re e la regina ad accoglierli?

“Principe, ben trovato. Ci avete messo del tempo, vi abbiamo disturbato forse?”

“Effettivamente sì!”. Non mi importava di offendere le persone, era giusto sapessero che non avevo alcuna voglia di essere lì. In effetti non ero bravo nel seguire le regole di cortesia e ospitalità.

Notai poi in fondo alla stanza una chiazza rossa per terra, non compresi subito cosa potesse essere. Il mio unico pensiero fu che dovevamo far uccidere anche quegli inutili servitori, li mantenevamo e non sapevano neppure far bene un lavoro così facile? Subito dopo mi raggiunse un odore acre, il mio sguardo non riusciva a staccarsi da quella chiazza.

“ Oh avete notato laggiù, è sangue”. Mi voltai a guardare il conte, i stava avvicinando a me, con uno strano sorriso. Non connessi subito la sua frase. Il mio cervello cercò di elaborare le informazioni, ma era come in tilt.

“Già, sangue reale. È un vero peccato si dice che sia blu, invece a quanto pare è rosso, come noi comuni plebei!”. Un brivido mi percorse sulla schiena, ogni parola era stata ben scadita apposta, sembrava la voce di un serpente.

Continuavo a non riuscivo a capire il suo discorso, eppure il mio corpo si mosse e indietreggiò di qualche passo.

“Non hanno fatto molta resistenza, erano persone deboli i vostri genitori! Guardate come vi hanno cresciuto, siete un ragazzo ingrato, l'unica cosa che meritate è la morte!”

Mi si scagliò contro, ebbi la prontezza di spostarmi ma mi ferì un braccio con la spada che fino a prima aveva tenuto dietro la schiena. Era sporca di sangue, ma non solo del mio. Fu un lampo, mi voltai verso i servitori, ora stavano tenendo in mano la testa del re e della regina. Il conte si scagliò di nuovo su di me, mi alzai e scappai.

“Corri ragazzo, corri! Non avrai posto dove nasconderti, sei odiato e disprezzato in tutte le galassie!”

Scoppiò poi a ridere sguaiatamente. Sembrava la risata di un pazzo, correvo tenendomi bene saldo il braccio ferito. Mi faceva un male assurdo. Arrivai in camera senza incontrare nessuno e la chiusi alle mie spalle. Mi accasciai poi dalla porta, piangendo. Avevo il fiatone, per la corsa e per la paura. Non riuscivo ad accumulare aria, ogni parte del mio corpo stava tremando. Non avevo mai pianto, ma ero sotto shock, avevo visto i miei genitori morti, un uomo aveva cercato di uccidermi in casa mia. Non ero di certo una persona coraggiosa, ero troppo giovane per morire, dovevo diventare re e morire di vecchiaia. Quello che mi stava capitando non era certo degno per me. Avevo la testa tra le mani. Cercavo di elaborare un pensiero non sconnesso, dovevo ragionare, ma nella mia mente c'erano solo le immagini di quelle teste mozzate e di quel sangue.

Mi sentii poi toccare e sobbalzai spaventato urlando. Era stata la selvaggia, anche lei aveva fatto un salto all'indietro. Era rannicchiata, si poggiava in terra non solo con i piedi ma anche con le mani. Al diavolo anche lei, avevo ben altro da pensare, alla mia vita per esempio. Presi una maglia e me la avvolsi al braccio ferito, bruciava dannatamente. Aprii la finestra e guardai giù, se mi fossi buttato da una simile altezza sarei morto di certo, ma anche se rimanevo lì sarei comunque morto. Ero in trappola ormai. Mentre ero lì che stavo facendo i miei calcoli per riuscire a sopravvivere da quell'assurda situazione vidi un fulmine passarmi vicino. Era stata velocissima, la ragazza aveva preso la rincorsa e si era tuffata. Appena toccò l'acqua aspettai per vederla riemergere, aspettai invano. Non la vidi più. Dopo poco sentii dei rumori fuori dalla mia stanza.

“Ragazzo, so che sei qua dentro. Anche se la porta è fatta in cobeck prima o poi brucerà e quando accadrà ti prenderemo!”.

Era il conte, maledizione il cobeck era sì indistruttibile ma altamente infiammabile, avevamo fatto rivestire ogni cosa con una membrana, ma poteva durare al massimo un'ora. Era davvero giunta la mia fine? Il braccio mi doleva, ma non poteva finire così. Presi la ricorsa imitando la ragazza e mi buttai. Dopo fu tutto buio.

 

Mi risvegliai tutto dolorante, non riuscivo a ricordare nulla. Ero incerto se fosse stato tutto un sogno, aprii gli occhi e mi misi seduto a fatica. Ero in mezzo a degli alberi, sdraiato per terra su un cumulo di foglie. Ero solo però, dopo poco sentii dei rumori dietro di me. Provai a girarmi per vedere chi fosse, ma ero bloccato da qualcosa. Chiusi gli occhi, ormai non potevo più fare nulla. Sperai solo in una morte veloce e indolore. Qualcuno mi toccò la ferita al braccio, stavo per gridare ma mi bloccò. Era la selvaggia! Mi aveva salvato? Perchè l'aveva fatto? Mi porse delle cose verdognole, non compresi cosa dovevo farmene, capì solo quando lei ne mangiò una. Ero il principe, se n'era scordato? Mi voltai dall'altra parte, vidi con la coda dell'occhio che alzò le spalle e continuò a mangiare. Avevo i crampi allo stomaco, probabilmente avevo dormito per giorni e dunque non avevo più mangiato. Presi una di quelle cose, chiusi gli occhi, mi tappai il naso e me la infilai in bocca. Mandai giù senza masticarla. Non avevo sentito il gusto fortunatamente, mentre lei mangiava tranquilla, io facevo quegli immensi sforzi per mandare giù quel cibo che era davvero poco appetitoso.

“Perchè mi hai salvato?”

Era una domanda che continuava a ronzarmi in testa, la stavo per stuprare e invece lei si era preoccupata della mia vita. O era masochista o era pazza! Non mi rispose. Passammo alcuni giorni in quello strano posto, non parlavamo mai, lei spariva per quasi tutta la giornata e tornava ogni tanto con del cibo che non si poteva considerare tale. Io ero legato mani e piedi con delle liane intrecciate, come se davvero potessi andare da qualche parte. Ogni tanto quando ero solo ripensavo ai miei genitori, non ero stato un figlio modello anzi! Non ero ancora riuscito a capire il perchè di tutto ciò che era successo. Mio padre era un buon re da quello che avevo sentito dire, non aveva nemici. Ero sicuro che se gliene avessi dato la possibilità sarebbe stato anche un buon padre. Mi sentivo dannatamente in colpa, provavo un odio irrazionale verso il conte. Nel giro di pochi minuti mi aveva strappato ogni cosa a me cara, l'avrebbe pagata! Piano piano riuscii a riprendermi, a muovermi, ad alzarmi.

Un giorno lei arrivò, mi slegò e mi buttò addosso degli stracci. Mi fece cenno di muovermi e vestirmi e poi si voltò dall'altra parte. Guardai meglio quelle stoffe, voleva farmi sembrare un povero plebeo?! Non potevo accettarlo, non mi sarei abbassato a quel livello.

“Scordatelo! Non metterò mai questi stracci!”

Lei mi saltò addosso e mi mise la mano al collo, solo in quel momento notai le sue unghie lunghe e affilate. “ Fallo, oppure giuro che sarò io a ucciderti!”. Era la prima volta che sentivo la sua voce, era chiara, limpida ma minacciosa. Scandì ogni parola perfettamente ma con uno strano accento, a volte mi era venuto il dubbio che non mi capisse, invece sapeva parlare perfettamente la mia lingua. Si alzò e se ne andò. Io feci come mi aveva detto, dovevo sopravvivere per vendicare i miei genitori, non dovevo fare lo schizzinoso, dovevo rendermene conto. Eppure il contatto di quella stoffa sgualcita e sporca sulla mia pelle mi creava non poco disturbo. Anche lei si era cambiata, aveva una specie di tunica molto larga e lunga con un cappuccio che le copriva i capelli. Si era messa anche una sciarpa per coprire come meglio poteva la sua carnagione. Non faceva tutto quel freddo, era piuttosto mite il clima. Anch'io dovetti indossare il cappuccio. Mi legò poi una mano alla sua con un pezzo di corda, stringendo fin troppo il nodo. Ci avventurammo per quella natura selvaggia e arrivammo vicino alla piazzola della cittadina. Con quelle tuniche ci confondevamo con i popolani più poveri. In lontananza si vedeva quella che una volta era stata la mia casa. Si sentì uno squillo di tromba, per tutta la città echeggiò una voce robotica, distorta, non umana.

Con il presente annuncio, desidero avvisarvi mio caro popolo che la famiglia reale è morta, del principe ormai sono quindici giorni che non si hanno più notizie, ormai è considerato morto anch'egli. Il conte Maximilian, cugino secondo del nostro amato e ormai defunto re, è stato eletto regnante delle quattro galassie. Evviva il nuovo re!”.

La voce si espanse in tutto lo spazio, tutti i pianeti ormai mi reputavano morto. Mio padre era stato sostituito, il suo posto era stato preso da quel bastardo, non potevo sopportarlo. Possibile che agli abitanti andasse bene tutto quello? Serrai i pugni nervoso. La ragazza mi diede uno strattone e mi tirò via. Dalla piazza centrale dove vi era il mercato sentii udire un grido, non sembrava disperazione, era gioia?! Erano felici della mia morte e di quella dei miei genitori? Possibile che quei bastardi avessero complottato ogni cosa? Quel maledetto voleva essere re, ma io ero vivo e presto o tardi mi sarei ripreso ciò che mi spettava. Tutti loro sarebbe morti, uccisi dalle mie stesse mani. Mi pregustavo già la loro fine. Il mio odio cresceva ogni momento di più.

"Avremo finalmente un re giusto e saggio!"

"Evviva il nuovo re!"

Ovunque si sentivano solo quelle frasi. Quei maledetti popolani, lo dicevano lì di fronte a me, avrei voluto ucciderli in quello stesso momento. La selvaggia mi condusse dall'astroporto, dove atterravano le navicelle provenienti da ogni pianeta. C'era una sola guardia a controllarlo ed era vistosamente ubriaco, gli altri erano tutti presi dai festeggiamenti. Entrammo in una medio-piccola astronave inosservati. Lei mi abbandonò lì dentro, la seguii con lo sguardo. Stese la guardia con un calcio sotto la mascella e prese tutte le chiavi in suo possesso. Ritornò e me le gettò addosso, mi fece cenno di accenderla. Appena trovata la chiave, lo feci non perchè me lo aveva detto lei, ma perchè volevo anch'io lasciare quel posto pieno di bugiardi e traditori. Non inserireii le coordinate, la navicella si alzò in volo e mi allontanai per la prima volta dalla mia casa. Giurai a me stesso che sarei tornato e avrei vendicato mio padre e mia madre.

"Maximilian goditi il trono finchè puoi perchè non durerà molto!"





 

  
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