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Autore: Voglioungufo    20/04/2020    2 recensioni
Superhero!AU | NaruSasu | ShiSaku | ObiRin
Sasuke è il supereroe Mille Falchi che garantisce giustizia alla città di Konoha ed è innamorato di Naruto, il suo migliore amico. Peccato che Naruto sia innamorato di Mille Falchi senza sapere chi sia in realtà.
Per Sasuke si presenta il grande dilemma: fare finta di nulla o rivelargli la propria identità segreta?
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Naruto Uzumaki, Obito Uchiha, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha, Shisui Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Chi non muore ci si rivede!
La storia è ferma da più di un anno, lo so, ma avevo perso interesse nello scriverla. Però mi spiace averlo fatto, visto che non era troppo lunga ed era abbastanza leggera. Ho pensato quindi di riprenderla in mano, nonostante il tempo passato! Mi spiace avervi lasciati appesi così a lungo ;__;
Un piccolo promemoria per ricordarci dove eravamo stati lasciati:
Nei panni di Mille Falchi, Sasuke è stato ferito gravemente da dei criminali, costringendolo a restare a casa per riprendersi. Ma Shisui, stanco di vederlo rischiare la vita, ha deciso di costringerlo a smettere con la vita da Supereroe ha installato sensori alla casa che impediscono a Sasuke di uscire usando i suoi poteri. Nel mentre che Sasuke resta bloccato a casa a riprendersi dalla ferita, succedono due cose. La prima: Naruto va a trovarlo a casa e decide di restare a dormire da lui la notte, scoprendo così di non essere del tutto indifferenze al migliore amico. La seconda cosa: compare improvvisamente Obito Uchiha che, mentalmente instabile, distrugge e cancella dall’esistenza un parco cittadino.
Ora vi lascio al nuovo capitolo ^^
 
Oh, ovviamente un enorme ringraziamento ad Ary che ha assecondato questo mio “capriccio” di riprenderla in mano e ha betato il capitolo <3
 
 
 
 
V
 
 
Alcuni giorni dopo Sakura decretò che Sasuke poteva tornare a scuola. La febbre era scesa del tutto e anche la ferita allo stomaco si era rimarginata, andando ad aggiungersi alle altre che segnavano già tutto il suo corpo. Purtroppo non gli fu resistituito il cellulare, nemmeno quando provò a convincerla con la classica scusa “E se succede un incidente come faccio a contattarti?!” Sakura glielo riconsegnò.
Naruto era stato felicissimo di rivederlo, lo aveva frastornato di chiacchiere per l’intera durata della mattinata, senza fermarsi nemmeno durante le spiegazioni dei professori. Sasuke dovette ammettere a se stesso di essere altrettanto felice. La prigionia in casa era stata pesante, era rimasto chiuso in camera per tutto il tempo senza scendere nemmeno ai pasti. Non aveva voluto incontrare Shisui, perché sapeva che se si fossero incrociati avrebbero iniziato a litigare. Almeno Sakura tentava di mantenere le loro scarne conversazioni su un livello civile.
Tornare a scuola aveva anche un altro sapore: usciva dal raggio d’azione dei sensori. Aveva messo nello zaino il costume di Mille Falchi, deciso a indossarlo appena finita la scuola per poter vigilare la città. Sarebbe stato fuori il più tardi possibile, in modo da rimediare a tutto quello che aveva combinato. Doveva essere successo qualcosa, forse un improvviso aumento della criminalità, perché tutti a scuola erano tesi e preoccupati. Aveva tentato di captare qualcosa origliando i sussurri dei professori, ma non aveva capito nulla se non che la polizia stava lavorando a qualcosa di così grosso che forse sarebbero intervenute le forze segrete statali. Doveva assolutamente mettere mano a un giornale e notiziario, in quel momento si pentì di essere rimasto tutto il tempo in camera lontano dal telegiornale locale.
Aveva anche intenzione di fare una capatina nella stanza di Naruto, così da spiegargli la situazione e fare in modo che non si preoccupasse; aveva già ideato la scusa perfetta.
Con quei pensieri, la campanella della fine delle lezioni arrivò lentissima. Come un fulmine ripose tutto nel suo armadietto e si allontanò da Naruto con una scusa.
“Ma abbiamo karate fra qualche ora” provò a fermarlo.
“Mi dispiace, ma salto. Non sto ancora abbastanza bene per tornare” si giustificò.
Ovviamente non tornò a casa, si infilò invece nel primo vicolo vuoto e si nascose dietro una montagna di spazzatura. Indossò il costume, attento che non passasse nessuno, poi nascose lo zaino tra l’immondizia che sembrava essere lì da almeno cent’anni.
Calatosi nel proprio alterego, come prima cosa si teletrasportò vicino a un’edicola per recuperare una copia di giornale mentre il proprietario era distratto. Si premurò di lasciare a terra i soldi per pagarlo, quindi si spostò sulla terrazza di un grattacielo, dove in equilibrio sul cornicione cominciò a leggere le notizie.
Fortunatamente la sua improvvisa scomparsa non era ancora stata segnalata, ma in compenso i criminali avevano ricominciato ad avere un picco di attività. C’erano stati piccoli furti agli sportelli di prelievo e in alcuni ventiquattro ore perlopiù, ma Sasuke era certo che era solo questione di giorni prima che si rendessero conto della sua scomparsa e tentassero colpi più coraggiosi.
Girò pagina e lesse la prima notizia in alto. Congelò di colpo e aumentò la presa sul giornale, stropicciandolo.
Il Parco Susanoo era stato cancellato dalla città.
Che. Cosa.
Rilesse la notizia, scioccato da una simile assurdità. Era successo più di una settimana fa, la data combaciava con uno dei giorni di febbre. Nessuno sapeva cosa fosse davvero successo, come fosse possibile una cosa del genere.
Un momento prima c’era il Parco Susanoo in tutto il suo splendore, l’attimo dopo era sparito e al suo posto c’era un cratere degno di una scena apocalittica. Tutte le persone che lo stavano frequentando: scomparse.
Sbatté le palpebre, cercando di vedere oltre l’incredulità. Non doveva pensare che fosse impossibile, perché era successo e lui… lui era bloccato nella sua fottuta casa da Shisui.
Digrignò i denti e sentì un fiotto di rabbia. Cercò di non crogiolarsi troppo in essa, perché doveva trovare una spiegazione a quel mistero.
La risposta più probabile era una causa naturale, del resto sembrava il cratere di una meteora, ma in quel caso era impossibile che nessuno se ne fosse accorto! Un corpo celeste non colpisce la terra senza che venga previsto dalla NASA o avvistato da qualcuno.
Nemmeno la polizia sembrava volersi muovere verso il versante dell’incidente e stavano cercando un colpevole. Il giornale riportava che, subito dopo il disastro, un testimone aveva visto un uomo al centro del cratere ridere isterico, prima di scomparire a sua volta.
Scomparire. Come faceva lui quando si teletrasportava.
Una piccola consapevolezza cominciò a strisciare nella sua mente, come una vipera velenosa. Iniziò a sentire paura, quel tipo che provava solo quando la mente tornava indietro alla sua infanzia nel laboratorio.
Quello che era successo era pericolosamente simile alle sue abilità e se proprio doveva esserci qualcuno dietro tutto quello… poteva essere solo un individuo al quale era stato modificato il corredo genetico. Quindi qualcuno che era stato studiato nei laboratori Uchiha.
Tremò a quella prospettiva e perse la presa sul giornale, alcune pagine cominciarono a volteggiare verso il basso, ma lui non ci badò.
Si disse che non era possibile. I laboratori erano stati distrutti, ricordava quanto fosse stato ampio l’incendio che aveva distrutto l’edificio, era impossibile si fosse salvato qualcosa. Più della metà degli scienziati erano morti, anche Madara che aveva portato a fondo con sé tutti i progetti segreti. Senza contare che ora l’Uchiha Corps produceva frullatori. Frullatori, santo Dio!
No, no e no. Non c’era possibilità che avessero ripreso a fare esperimenti in segreto sui supersoldati. Era una prospettiva che non doveva nemmeno vagliare, al massimo l’unica cosa che stavano progettando erano dei nuovi super-frullati.
Ma allora…
Si sforzò di pensare, cercando una soluzione. Non aveva nessuna prova che fosse stato causato da un uomo con i superpoteri, ma al momento era la spiegazione più probabile. Qualcun altro aveva iniziato a fare esperimenti sui super soldati? Probabile, ma sarebbe stata una coincidenza troppo sospetta se gli esperimenti riusciti avessero sviluppato gli stessi poteri cercati dai laboratori Uchiha.
C’era solo un’altra spiegazione possibile: lui e Itachi non erano gli unici sopravvissuti. Qualche altro bambino era riuscito a scappare dai laboratori la notte dell’incidente e ora era a piede libero. Probabilmente anche voglioso di vendicarsi, il Parco Susanoo era stato finanziato dalla nuova Uchiha Corps, anche questa poteva essere solo una coincidenza? Stavano cominciando a diventare troppe.
Si stropicciò gli occhi da sopra il costume, cercando di risvegliare i suoi ricordi sugli altri bambini tenuti prigionieri. Erano quasi tutti orfani senza nessuno, bambini che se anche fossero spariti nessuno li avrebbe notati… o parenti diretti di Madara, come lui, Itachi e Obito.
Si fermò, il respiro bloccato in gola e cercò di ricordare meglio il cugino più grande. Erano in stanze vicine, l’essere nipoti del CEO gli aveva dato il privilegio di trovarsi in una zona diversa dei laboratori, lontani delle altre cavie. Su di loro erano anche stati fatti solo gli esperimenti più sicuri, quelli che erano già stati testati sugli altri bambini. Sapeva però che dei tre piccoli Uchiha, solo lui aveva risposto bene alla modifica genetica. Suo fratello era diventato cieco e si era indebolito molto dal momento che il suo organismo aveva cercato di espellere i corpi estranei. Di Obito ricordava solo quello che sussurravano i medici, che era fuori controllo e che tutti i suoi valori vitali erano instabili, sballati. Aveva dato per scontato che fosse morto durante l’incidente, come tutti gli altri bambini.
Ma forse si era sempre sbagliato. Forse Obito era vivo da qualche parte, con i suoi valori instabili e il desiderio di vendetta.
Si tolse il becco dal viso, il pensiero gli aveva fatto mancare l’ossigeno e aveva bisogno di prendere una lunga boccata d’aria. Condivideva il senso di vendetta, frullatori o meno avrebbe voluto cancellare l’Uchiha Corps dalla faccia della terra per sempre. Ma sradicare dall’esistenza un intero parco, coinvolgere civili innocenti che non c’entravano nulla con loro… quello era sbagliato.
Doveva trovarlo e fermarlo, e purtroppo quello era un lavoro solo per supereroi: come negli stupidi fumetti di Naruto, era comparso il supercattivo.
 
**

Naruto cominciava a sospettare di avere la scabbia, o qualsiasi altra malattia altamente contagiosa come la peste bubbonica, perché non era possibile che tutti lo scansassero schifati.
Mogio si allontanò lungo la strada, il borsone che colpiva il suo fianco a ogni passo. Le lezioni di karate senza Sasuke erano sempre un inferno, un po’ come la scuola. Certo in palestra almeno non c’erano i bulli, ma lo avviliva sempre quando si arrivava al momento dei combattimenti in coppia, dove bisognava scegliere un compagno. Ovviamente, come nelle partite di pallavolo, lui rischiava sempre di non essere scelto da nessuno, nemmeno quelli di cintura bianca. Almeno quando c’era Sasuke combatteva con lui, era la sua garanzia e l’unica persona che gli impediva di essere del tutto solo.
Fece un piccolo sorriso a quel pensiero, ma lo scacciò subito per l’imbarazzo. Era da quando avevano dormito insieme quella sera a casa sua che si sentiva strano ogni volta che pensava a lui. Provava un senso di felicità e gratitudine che gli scombussolava lo stomaco, come se avesse inghiottito delle caramelle frizzanti. Lo stare lontani in quella settimana gli aveva fatto capire quanto fosse fondamentale, era diventato la presenza fissa della sua vita. Anche solo poter allungare la mano per toccarlo e sentirlo vicino a lui lo faceva emozionare.
Quei pensieri lo fecero arrossire, si rendeva conto da solo di quanto fossero intimi. Inoltre non poteva negare a se stesso che dormire con lui fosse stato diverso dall’ultima volta che era successo, aveva reagito a quel corpo caldo contro di sé.
Cosa c’è che non va in me?!
In realtà la risposta era molto semplice, annidata da qualche parte nel suo cervello, ma faceva di tutto per non notarla. Sasuke era il suo migliore amico, solo quello, e lui era innamorato di Mille Falchi.
Il pensiero del supereroe lo fece oscurare. Da quanto non lo vedeva? Da quella volta che gli aveva parlato delle cicatrici. Aveva creduto che si fossero avvicinati, invece aveva avuto l’effetto opposto, lo aveva fatto fuggire via.
Con quei pensieri tristi tornò nel suo appartamento, non si stupì di scoprire che Jiraiya non era ancora rientrato dal suo ufficio. Era un giornalista e ultimamente era stato molto impegnato per via della notizia del Parco Susanoo. Se ci pensava gli veniva la pelle d’oca, quello che era successo era al di là di ogni sua comprensione.
A meno che non voglia prendere sul serio l’opzione del supercattivo.
In quel caso Mille Falchi lo avrebbe preso a calci in culo, dattebayo!
Mentre era perso in quei pensieri non si aspettava di trovare proprio Mille Falchi dentro la sua stanza. Quando lo vide rimase così sorpreso che lasciò cadere la borsa dalla spalla.
“Tu…” boccheggiò con la bocca aperta.
“Chiudi la porta a chiave, non vorrei essere visto”.
Scombussolato fece come gli diceva. “Sono solo a casa, comunque”.
Mille Falchi era seduto scomposto sulla sua sedia girevole, appoggiato allo schienale con fare stanco e una gamba alzata verso il petto, il mento appoggiato al ginocchio e una mano aggrappata alla caviglia. Aveva tolto il becco metallico, quindi riusciva a vedere la parte inferiore del suo viso e le labbra piegate in una smorfia triste.
“Stai bene?” chiese preoccupato. Abbandonò la borsa all’entrata e gli si avvicinò. Per qualche motivo, oltre alla felicità di vederlo lì, si sentiva anche in ansia.
Mille Falchi non disse nulla, solo quando gli fu abbastanza vicino si aggrappò con una mano alla sua maglietta e se lo tirò contro in un abbraccio un po’ scomodo.
“Scusa se non sono venuto ultimamente” disse. La sua voce era un po’ distante, fredda, come se continuasse a rimuginare su qualcosa.
Non seppe bene cosa dire e lasciò che lo abbracciasse, stringendosi contro di lui e aggrappandosi alla maglietta. Nebulosamente Naruto pensò che questa era un’altra differenza con Sasuke: Mille Falchi era molto più affettivo e tattile; Sasuke invece ogni volta che lo sfiorava si irrigidiva e lo allontanava, non lo cercava mai. Era una cosa che segretamente lo aveva sempre ferito ed era bello per una volta sentirsi cercato, poter dare conforto fisico a qualcuno.
“Scusami tu” disse spezzando il silenzio. “Vengo da karate e devo puzzare tantissimo”.
“Sì, un pochino” confermò arricciando il naso.
Rise. “Mi aspetti mentre faccio la doccia? Un minuto?”
“Un minuto” concesse.
Naruto non se lo fece ripetere due volte: volò nella doccia, dove si lavò a tempo record e non si fermò nemmeno ad asciugare i capelli. Tornò nella stanza che gocciolava ancora con solo i boxer addosso e scoprì che Mille Falchi era sul suo letto. Lo raggiunse stendendosi al suo fianco, facendo combaciare il loro corpi. Il supereroe alzò subito una mano e gli sfiorò con le dita la pelle morbida della pancia, girando attorno all’ombelico.
“Hai una pelle così bella… mi piace il colore” mormorò.
Si ritrovò ad arrossire. “Oh, ehm… parenti caraibici?” offrì.
Arrossì ancor di più quando, con un sorriso, Mille Falchi si abbassò a baciargli lo stomaco. Quel solo piccolo gesto riaccese Naruto come una fiaccola. Ne fu anche scombussolato perché improvvisamente aveva immaginato che fosse Sasuke a compierlo ed era stato… be’, strano. Non era il caso di pensare al suo migliore amico, doveva bloccare quei pensieri che gli stavano mangiando il cervello come tarme.
Prese quindi il viso del supereroe fra le mani e lo spinse verso l’alto, in modo da poterlo baciare. Appena le loro labbra entrarono in contatto sentì una scossa partire dalla punta dei piedi fino a quella dei capelli. Non sapeva se fosse per via dei suoi superpoteri, ma ogni volta che approfondiva quel contatto gli sembrava di essere colpito da un fulmine.
Mille Falchi reagì subito alla sua proposta implicita, lo afferrò per le spalle e si mise meglio fra le sue gambe divaricate, iniziando a strofinare i loro bacini in modo sempre più concitato. Non smise di baciarlo, né mollo la presa sulla sua pelle e dopo qualche minuto di quella presa febbricitante Naruto cominciò a sentirsi a disagio. Era frastornato dagli input piacevoli dati dalla bocca del supereroe e dallo scontrarsi dei loro inguini, ma cominciava a fare male. La stretta sulle sue spalle era troppo forte, sentiva la pelle pulsare di dolore e le ossa comprimersi per la pressione delle dita e quel che era peggio diventava più forte ogni secondo che passava.
Provò a staccarsi dal bacio. “Mille Fa…”
L’altro sembrava avere la mente totalmente obnubilata, prese a baciargli la gola e mordicchiarlo, senza accorgersi che la sua presa stava diventando troppo forte e dolorosa. Un fiotto di panico si mescolò nel suo stomaco insieme all’eccitazione e cominciò ad avere davvero paura di rompersi. Si agitò ancor di più, dimenandosi alla sua presa che lo inchiodava al letto.
“Mille Falchi!” ansimò con più urgenza.
Ma il supereroe o fraintese o non lo sentì, perché continuò a stuzzicare e stringere, spingendosi sempre di più contro di lui.
Cominciò a sentirsi gli occhi umidi perché stava facendo troppo male, si sentiva davvero spezzare. Faticò a racimolare tutta la sua forza e tentare di spingerlo via, chiamandolo ancora una volta. Ovviamente non riuscì a fare leva neanche di un millimetro, ma Mille Falchi si accorse della forza che tentava di spingerlo e con un sussultò si rese conto di quello che stava succedendo. Più veloce di un battito di ciglia, si catapultò sul fondo del letto, lontano da lui.
Anche se non c’erano più le dita a premere, Naruto continuò a sentire la pelle bruciare. Si portò una mano alle spalle, ma anche il semplice sfiorarsi la pelle gli fece male. Non se ne preoccupò troppo e alzò lo sguardo su Mille Falchi, ora lontano. Aveva la bocca socchiusa in una o perfetta di raggelo, la pelle visibile del volto arrossata furiosamente e sembrava tremare.
“Io… mi dispiace” disse e sembrava sul punto di vomitare. “Scusami, mi dispiace”.
Naruto si sentì in colpa e male per lui, allungò una mano per farlo riavvicinare.
“Non è colpa tua” disse. “Sei solo… troppo forte” e offrì un sorriso divertito.
Ma Mille Falchi non l’accettò, né prese la mano e si avvicinò. Continuò a fissarlo con vergogna e rimpianto.
“Non voglio farti male” mormorò e per un momento Naruto sospettò che non si riferisse solo ai lividi che gli aveva lasciato.
Ma non ebbe il tempo di dire niente che era scomparso dal suo letto, teletrasportandosi da un’altra parte e lasciando al suo posto una tegola scheggiata.
La fissò sentendosi solo e ferito.
 
**

Sasuke non riusciva a smettere di insultarsi mentre saltava tra un tetto e l’altro. Ormai si era fatto molto tardi ed era scesa la notte, sarebbe dovuto tornare già da un pezzo, ma si sentiva troppo agitato. Aveva bisogno di calmarsi, altrimenti una volta a casa Sakura avrebbe capito subito perché fosse così sconvolto.
Sono un idiota.
Lo era dal momento esatto in cui aveva deciso di cedere e iniziare quella patetica cosa con Naruto. Non solo gli stava mentendo spudoratamente, la sua presenza gli faceva male! Non poteva permettersi di perdere il controllo su se stesso e fargli male, non se lo sarebbe mai perdonato, non era colpa sua se non era fatto come le persone normali.
Atterrò malamente sul tetto di una casa e perse la presa sul tegolato, rischiando di cadere. Riuscì prontamente a sostituirsi con qualcosa e tornare sul tetto senza un graffio. Ma una volta lì si sedette e si prese il viso fra le mani.
Perché ormai avrebbe fatto del male a Naruto. Non si trattava solo della sua superforza, ma anche di Obito. Se c’era davvero lui dietro quel disastro, allora c’era una persona che sapeva della sua identità segreta. Obito non poteva essere così stupido, sicuramente aveva già collegato che dietro all’eroe di Konoha si celava uno dei bambini modificati dell’Uchiha Corps e l’unico possibile era lui, Sasuke. Obito sapeva chi fosse e questo era un grave pericolo per tutti quelli che lo conoscevano.
Cominciò a non riuscire più a respirare, nel panico. Obito era impazzito da bambino e ora voleva cancellare l’Uchiha Corps, questo era sicuro. Anzi, voleva cancellare qualsiasi cosa avessero fatto, perfino un innocuo parco cittadino. C’era la possibilità nemmeno troppo remota che questo desiderio di cancellazione coinvolgesse anche lui e Itachi. Anche loro, proprio come quel parco, erano un prodotto dell’Uchiha Corps, che ne testimoniava l’esistenza. Anche se Sasuke l’avesse ignorato, prima o poi sarebbe venuto a cercarlo per completare la sua follia e questo metteva in pericolo tutte le persone che conosceva. Metteva in pericolo Naruto. Non poteva permettere che qualcuno scoprisse il suo legame con il ragazzo, né da Sasuke né da Mille Falchi, per il suo stesso bene. Doveva allontanarlo. Era l’unica azione sicura da fare.
Ignorò quanto quel pensiero gli facesse male, in quel momento Naruto era la persona più importante della sua vita, non era facile. Ma proprio per quello doveva stargli il più lontano possibile.
Con quell’ultima risolutezza, tornò a casa. Si materializzò in giardino, ben attento a non farsi vedere, e si cambiò lì. Una volta rimessi i vestiti borghesi, rientrò in casa pronto a sopportare le accuse di Shisui.
Ma quest’ultimo non c’era. Confuso, arrivò fino alla cucina dove trovò solo Sakura. Era così concentrata dal notiziario da non accorgersi di lui finché questo non si schiarì la gola.
“Sasuke, hai fatto tardi!” considerò distratta.
“Ero con Naruto” mentì. “Ci siamo fermati a prendere un gelato dopo karate”.
“Quindi non hai tanta fame? Ti ho messo comunque da scaldare qualcosa nel microonde”.
“Va bene, magari più tardi. Grazie” mormorò, sorpreso che fosse così remissiva dal suo ritardo e gli prestasse così poca attenzione. I suoi occhi continuavano a saettare sul telegiornale, come se fosse in attesa di una notizia.
“Uhm, Shisui?” chiese.
“A lavoro”.
Annuì, sentendosi a disagio. Tutto sommato era sollevato di non essere stato ripreso, ma quel nervosismo di Sakura gli fece paura. Forse anche loro avevano collegato i puntini su Obito… non sapeva se fosse un bene o meno.
“Vado in camera”.
Sakura non rispose, troppo concentrata sulla televisione.

 

**

 

L’autobus ripartì, lasciando la figura scura in mezzo al nulla. I passeggeri erano stati molto felici di vedere quello strambo tipo, che indossava un cappotto pesante e lungo in quella stagione primaverile, lasciare l’autobus. Però erano rimasti altrettanto perplessi di vederlo scendere in quella fermata in mezzo al nulla, con solo un parcheggio di macchine che in quel momento era completamente vuoto.
L’uomo si guardò attorno, la strada vuota e nessuna anima viva in giro. Si rese conto di aver sbagliato fermata, che quello non era il suo quartiere. Eppure era sicuro di dover scendere lì, perché…?
Con un sospiro, cominciò a camminare al fianco della strada. C’era un forte vento che lo tirava dalla parte opposta, ma non se ne curò. Affondò una mano nelle tasche del cappotto e prese il telefono. Era vecchissimo, quelli senza il touchscreen, lo schermo era rotto, attraversato da profonde crepe, e alcuni tasti mancavano. Ovviamente era spento, ma l’uomo non ci fece nemmeno caso e cominciò a digitare un numero per poi portarselo all’orecchio.
“Ehi, tesoro, sono io. Lo so, mi dispiace. Ma farò tardi anche questa sera, ho sbagliato la fermata dell’autobus. No, non preoccuparti, non occorre che tu venga a prendermi. Lo so, vivo proprio con la testa sulle nuvole, mi dispiace. Iniziate pure a mangiare, vi raggiungerò presto. Sto arrivando…”
Si fermò, era arrivato vicino a una recinzione dove un grosso cartello segnalava la proprietà privata e il divieto di andare sul terreno, quel posto apparteneva all’Uchiha Corps. Socchiudendo gli occhi, riuscì a vedere un casermone e delle ciminiere. Ricordò perché era sceso a quella fermata.
“Ti amo anch’io, tesoro. Ci vediamo dopo” salutò.
Obito Uchiha lasciò cadere il telefono a terra e attraversò la recinzione.

 

   
 
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