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Autore: GirlWithChakram    21/04/2020    2 recensioni
Un giorno d’estate, un giorno come tanti per Chloe, il cui compito è consegnare gli addobbi floreali per l’ennesima cerimonia.
Un giorno d’estate, un giorno speciale per Maxine, che sta per compiere il grande passo.
Un giorno d’estate, in cui a sbocciare non saranno solo i fiori.
Breve commedia Pricefield ispirata al film “Imagine Me & You”.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Chloe Price, Max Caulfield
Note: AU, Movieverse, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Dandelion
[Superare le difficoltà]
 

 
Il pickup partì a tutta velocità per lasciare il bel quartiere residenziale dei Graham. Chloe piantò il piede a tavoletta dopo quella che era stata quasi una corsa, pur di essere sicura di lasciarsi Eliot alle spalle. Voleva conservare un ricordo piacevole della serata e un’altra conversazione con quel tipo avrebbe sicuramente rovinato il tutto.
Seguendo l’istinto e la forza dell’abitudine, imboccò la strada che portava al Kabloom.
Avrebbe potuto girare la macchina per dirigersi verso casa, ma, essendo domenica, sapeva che al negozio avrebbe trovato Stephanie intenta a calcolare gli incassi della settimana.
Non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, ma aveva bisogno di parlare con una faccia amica per schiarirsi le idee e Steph era l’unica in cui riponesse totale fiducia.
Parcheggiò accanto all’utilitaria della collega e raggiunse la porta sul retro, sapendo che quella principale sarebbe stata chiusa dietro la saracinesca.
«Se state pensando di derubarmi» la apostrofò la voce della Gingrich «Vi ricordo che questo è un umile negozio di fiori e con i quattro spicci che abbiamo in cassa non coprirete il costo della benzina usata per arrivare fin qui.»
«Sono sicura che questa bella trovata sia in grado di dissuadere qualsiasi malvivente.»
Stephanie non alzò lo sguardo dal bancone, presa a suddividere le banconote in precisi mazzetti. «Non hai idea di quante volte abbia funzionato.»
La Price si avvicinò, senza ribattere.
«Allora» la incalzò l’amica «Com’è andata la fantomatica cena?»
«Bene, se non consideriamo il cibo alquanto indigesto e la corte indesiderata di un ospite a sorpresa» sbuffò l’altra, buttandosi seduta su un grosso vaso capovolto.
La fiorista raccontò gli eventi della serata, riportando battuta per battuta le avances di Hampden.
«È per via di questo soggetto che hai questa espressione desolata?» le domandò Steph, notando il volto rabbuiato della compare.
«No, non credo sia per quello» mugugnò.
«Si vede che qualcosa ti turba» disse l’altra «E sai cosa dovresti fare? Parlarne alla tua amica che è saggia e dispensa sempre buoni consigli, perché lei ti conosce bene e ti vuole aiutare.»
Chloe prese un respiro profondo. «Ti è mai capitato di incontrare qualcuno e sentire…» le parole si fecero confuse nella mente e provò a gesticolare per aiutarsi ad articolare il pensiero «Ma quella persona sta già con qualcun altro?»
«Certo, le belle ragazze sono sempre già impegnate» rispose la Gingrich «Ma non è questo che vuoi sentirti dire.»
«Tu cosa faresti in quella situazione?»
«Mi conosci: me ne fregherei e vivrei il momento, accada quel che accada. Ogni lasciata è persa.»
La Price la scimmiottò, facendole il verso.
«Tutta invidia» sbuffò Stephanie «Comunque, hai avuto la tua risposta. Tu, invece, cosa ritieni sia giusto fare?»
«Non bisogna intromettersi o causare sofferenza» disse «Ci si deve rassegnare all’idea che, se non può accadere, la soluzione è allontanarsi.»
«Quanto siamo tragici, oggi» commentò la collega «So io come risollevarti l’umore» proseguì, chiudendo in cassa la maggior parte dei soldi «Adesso andiamo a berci i nostri guadagni e domani vedrai che andrà meglio.»
L’oblio dell’alcol non era mai la scelta migliore, ma era pur sempre una soluzione.
Chiamarono un Uber, ben sapendo che non sarebbero state in grado di guidare, una volta trascorsa la nottata, e si fecero scarrozzare al loro locale preferito.
Una birra dopo l’altra, la testa di Chloe si fece più pesante e quando, alle prime luci dell’alba, lei e la collega approdarono sul divano di casa Gingrich, il ricordo del viso sorridente di Max sfumò per lasciare spazio ad un sonno inquieto.
 
***
 
Il Best Deal, essendo l’unico supermercato di tutta Arcadia Bay, era sempre molto frequentato. Il lunedì pomeriggio non faceva eccezione, raccogliendo tra le corsie delimitate da variopinte confezioni i più disparati esempi di umanità.
Tra le schiere di affaccendati acquirenti si annoveravano gli sposini Graham, riuniti dopo una mattinata trascorsa a svolgere i rispettivi impieghi lavorativi.
Maxine aveva passato diverse ore a sistemare gli scatti per l’ultimo album di cui si stava occupando. In qualità di fotografa per il Bay Theatre, era suo compito catturare ogni scena principale delle varie opere che vi venivano rappresentate sul palcoscenico e spettava sempre a lei documentare le prove, raccogliendo numerose testimonianze fotografiche da sottoporre a scenografi e stage managers.
La rappresentazione del momento era una commedia di uno scrittore amatoriale, nulla di indimenticabile, ma la cui disposizione dei pochi oggetti di scena e dei personaggi aiutava a creare i giusti giochi di luce per l’inquadratura perfetta.
La giovane donna camminava serena, ancora beandosi dell’ottimo lavoro compiuto.
Accanto a lei avanzava il marito che, sopravvissuto ad un’altra mattina in laboratorio, era contento di lanciarsi con il carrello come un bimbo dispettoso, rischiando di urtare gli altri avventori.
Non avevano ancora avuto modo di discutere gli eventi della sera precedente, ma l’occasione si presentò non appena Warren mancò solamente di un soffio il carico di una donna dai capelli color melanzana, che ricordarono ad entrambi quelli della loro nuova amica fiorista.
«Stai pensando anche tu quello che sto pensando io?» chiese la moglie, sorridendo.
Il consorte fece un cenno con il capo.
«Per quanto la cena non sia stata delle migliori, sono pronta a scommettere che il nostro piano abbia avuto successo.»
«Intendi il tuo piano di mettere insieme Chloe ed Eliot?»
Lei annuì, afferrando un pacco di noodles. «Lui l’ha seguita di corsa, scommetto che l’avrà raggiunta e convinta ad andare a bere qualcosa. Il suono che senti in lontananza sono campane a nozze.»
«Dai, tesoro, non hai colto?»
La Caulfield aggrottò le sopracciglia.
«Andiamo, è il ventunesimo secolo» la biasimò Graham, con finto tono polemico «Pensavo fossi più aperta mentalmente.»
«Mi vuoi spiegare di cosa stai parlando?»
«Credevo vi foste parlate, quando eravate in terrazzo» replicò lui «Ma se non te lo ha detto… Ciò che devi sapere di Chloe è che lei…»
Maxine fremette, incuriosita.
«Che lei è proprio qui!» esclamò l’uomo, sbracciandosi «Che piacere rivederti!»
La Price alzò lo sguardo dal proprio carrello, sorpresa di trovarsi davanti la coppietta felice. «Ciao» salutò cordialmente, sentendosi tirare una manica da Stephanie che l’accompagnava.
«Assurdo, stavamo giusto parlando di te» disse Warren, spostando gli occhi dalla fiorista alla donna che era con lei.
«Mi auguro fossero buone parole» ribattè.
Il quartetto si fissò con curiosità.
La Gingrich a quel punto tirò una gomitata alla compare.
«Ah, sì, questa è Steph» la presentò, gesticolando nella sua direzione.
«È un piacere» risposero in coro i due sposi.
«Loro sono Warren e Max.»
«Un piacere, davvero» commentò Stephanie «Anche voi alle prese con la spesa settimanale?»
«Esatto» confermò la Caulfield.
«Bene» mormorò Chloe.
«Allora, divertitevi» riprese la sua collega, spingendola verso il reparto surgelati «Ci si vede in giro!»
Le due donne si allontanarono e Maxine si voltò verso il marito, ancora in attesa di sapere cosa avesse da dirle.
«È quello che stavo cercando di spiegarti» sussurrò «Chloe è gay.»
La moglie si arrestò di colpo. «È gay?»
«Più di Ellen DeGeneres e Rosie O’Donnell messe assieme» affermò Warren «Dici che quella potesse essere la sua ragazza?»
Max non rispose, persa nei propri pensieri.

 
***
 
«Allora, cosa stavamo dicendo? Di pensare ad una serata D&D con Mikey?» domandò la Price, facendo finta che l’incontro di poco prima non fosse mai avvenuto, spingendo il carrello ad una velocità quasi pericolosa.
«Frena, saetta!» la fece arrestare la Gingrich «Che razza di scena era quella?»
«Una scena che avrei tanto voluto risparmiarmi, soprattutto oggi, visto che ho ancora gli stessi abiti di ieri sera e la faccia di una che si è bevuta l’equivalente di mezzo Pacifico.»
L’amica la squadrò da capo a piedi, soffermandosi sulla maglietta spiegazzata, i pantaloni con una piccola patacca di sugo e il viso pallido segnato da occhiaie marcate. «In effetti hai un aspetto orribile.»
«Grazie» ribattè l’altra «Fa sempre piacere quando mi riempi di complimenti.»
«Te l’avevo detto di andare a casa per cambiarti e farti una doccia, ma tu hai insistito per andare subito al Kabloom e poi venire qui a comprare… Neppure so bene cosa.»
Chloe virò con sicurezza verso la corsia degli alcolici, caricando un paio di confezioni di birra.
«Certo che lei è carina» continuò Steph, ragionando ad alta voce «Non proprio il mio tipo, di solito a me piacciono meno etero di così.»
«Stronza» sibilò la Price «Questa potevi risparmiartela.»
«Non è solo etero, è pure felicemente maritata» proseguì imperterrita Stephanie «Questa storia ha le giuste premesse per essere un disastro di dimensioni epocali.»
Proprio in quel momento, dal corridoio adiacente, sbucarono di nuovo i Graham.
«Oh, ciao!» li apostrofò Stephanie «Ci si rivede! Stavamo giusto parlando di voi, questa volta.»
La coppia sorrise.
«Noi stavamo discutendo della nuova ricetta per le polpette che devo provare, così da renderle commestibili» disse Warren «Visto che l’esperimento di ieri è stato un disastro.»
«Ma che carino» commentò la Gingrich «Non lo trovi carino?» chiese, strattonando ancora una volta la compare.
«Un vero marito modello.»
Il quartetto tornò a studiarsi in un silenzio quasi surreale.
«Steph, sei gay?»
La domanda di Graham colse tutti alla sprovvista.
Maxine si portò le mani alla bocca per sopprimere quella che poteva sfociare in un’imprecazione.
«Se sono gay!?» esclamò la diretta interessata, saltellando sul posto «Sono estasiata da questo interessamento e anche molto omosessuale.»
«E voi due…?» insinuò Warren, sposando l’indice dall’una all’altra.
«No» risposero all’unisono, gesticolando animatamente.
«Ci ho provato e riprovato» sospirò Stephanie, stirando un braccio a cingere le spalle dell’amica «Ma poi ho capito che posso avere di meglio.»
L’uomo rise di gusto, ma fu l’unico ad apprezzare l’ironia della Gingrich.
«Fa piacere che qualcuno riconosca il mio esemplare senso dell’umorismo» gongolò Steph.
Chloe fece una smorfia.
«Adesso vi lasciamo stare, promesso» proseguì la donna, prendendo sottobraccio l’amica «Ma spero di essere invitata anche io, la prossima volta, per assaggiare le famigerate polpette.»
«Ci puoi scommettere» le assicurò Graham «A presto, allora!»
«Ciao» si salutarono la Price e la Caulfield, condividendo un sorriso imbarazzato per l’irruenza dei rispettivi accompagnatori.
«Sei così bella quando sorridi davanti all’ineluttabilità di vedere il tuo cuore infranto» commentò Stephanie.
«Ti ucciderò molto lentamente e mi assicurerò che tu soffra come mai prima d’ora» sussurrò la fiorista, senza perdere il sorriso rivolto alla coppia.
«Così potrò assillarti come fantasma per ripeterti: “te lo avevo detto”.»
«Andiamo alle casse, prima che decida di appenderti per gli alluci al reparto macelleria.»
 
***
 
“Ciao. Volevo scusarmi con te e la tua amica per il comportamento di Warren al supermercato, ma soprattutto per aver invitato Eliot a tua insaputa, ieri sera. Spero mi darai un’occasione per farmi perdonare.”
Erano le otto di sera, Chloe era impegnata ad innaffiare le piante prima della chiusura, quando il messaggio comparve sullo schermo del suo telefonino, abbandonato sul bancone. In un primo momento ignorò il segnale sonoro dell’apparecchio, continuando ad occuparsi del Ficus Benjamin giunto dal vivaio solo da qualche giorno, poi, convinta di trovarci un promemoria della madre che le ricordava cosa mangiare, premette il pulsante di sblocco.
Vedere il nome di Max irradiarsi dalla fredda luce del cellulare la colse di sorpresa.
Aprì la chat e rabbrividì nel vedere una dozzina di emojis a caso tra faccine ed animaletti accodati al testo.
«Perché mai le ho detto che detesto quei cosi?» sbuffò, cominciando a pensare ad una risposta.
Iniziò a camminare per il Kabloom, marciando tra le schiere arboree come un generale intento a passare in rassegna i propri soldati.
Il telefono giaceva inerte tra le sue mani, in attesa di essere risvegliato.
«Pensa, Price, pensa.»
“Non c’è nulla da perdonare” digitò “Anche se ho trovato Eliot più indigesto delle polpette”.
«Non posso parlare così male del suo amico» si redarguì, cancellando in fretta la frase.
“Non sono necessarie scuse” riformulò “È stato un piacere essere vostra ospite, tentativo di matchmaking a parte.”
Finalmente soddisfatta, diede l’invio.
“P.S.” si affrettò ad aggiungere “Niente più emojis.”
Con un sospiro, si abbandonò sulla sedia dietro la cassa. Aveva ancora alcuni mazzi da sistemare e un paio di piante da potare, prima di chiudere per la notte e non poteva perdere tempo restando in attesa di una risposta che sarebbe potuta non arrivare.
Il senso del dovere ebbe il sopravvento e la fioraia concluse il lavoro senza lasciarsi distrarre.
Nel momento in cui la saracinesca calò sull’entrata e la porta sul retro venne chiusa a chiave, Chloe si reputò libera di dedicarsi a qualcosa che non avesse rami o spine.
“Prometto di non provare mai più a vestire i panni di Cupido, anche se speravo potesse diventare una nuova occupazione redditizia.”
“A tal proposito” replicò “Non mi hai parlato della tua attuale professione, so solamente che riguarda la fotografia.”
Da quella breve interazione la Price scoprì che la sua nuova amica lavorava in teatro, ma collaborava in qualità di libera professionista con alcuni nomi importanti tra riviste ed artisti. Da una passione giovanile, era riuscita a costruirsi una carriera di tutto rispetto che sembrava renderla felice e soddisfatta di sé. Lo stesso effetto che il Kabloom aveva su di lei.
Lo scambio di messaggi proseguì per buon parte della serata, interrotto solamente dal rientro di Chloe a casa e da una più che necessaria doccia. Parlarono del più e del meno e si accordarono, dopo le insistenze di Max sul farsi perdonare, di trovarsi per fare colazione insieme a Chris durante il fine settimana.

 
***
 
Nei giorni che seguirono il fatidico lunedì, le conversazioni tra le due donne si intensificarono in attesa della domenica.
Giunta la mattina stabilita, Maxine si alzò di buon’ora, diede un rapido bacio sulla guancia di Warren, ancora addormentato, e si preparò ad uscire in modo da essere puntuale. Gettò solo una rapida occhiata al telefono per controllare che non fosse comparso qualche imprevisto dell’ultimo minuto ad intralciare i suoi piani, prima di lasciare l’appartamento e raggiungere il garage dove l’attendeva la sua fidata automobile arancione.
Eccezion fatta per un paio di corridori e persone intente ad accompagnare fuori i propri cani, le strade di Arcadia Bay erano deserte. Era troppo presto per i devoti in attesa delle funzioni religiose o per gli appassionati di camminate che calcavano i sentieri dei boschi, ma era l’ora d’oro per un giovane supereroe, che attendeva impaziente sull’uscio di casa.
La Caulfield parcheggiò all’imbocco del vialetto degli Eriksen. Dalla porta riuscì a scorgere Charles scarmigliare con fare giocoso i capelli del figlio, un gesto di tale tenerezza da farla sorridere di cuore.
«A dopo, papà!» udì il cuginetto salutare il genitore, per poi vederlo scapicollarsi verso l’autovettura.
La portiera si aprì e si richiuse alla velocità della luce.
«Ciao, Max!» trillò il bambino, accomodandosi sul sedile posteriore.
«Ciao, Chris» rispose lei «Allaccia la cintura che partiamo.»
Ubbidiente, il piccolo Eriksen ripose lo zainetto accanto a sé e si mise in sicurezza. «Andiamo, non possiamo far aspettare Power Girl!»
«Stai tranquillo» lo rassicurò la cugina, mettendo in moto «Siamo troppo galanti per far aspettare una signora.»
Giunti al negozio, lasciarono l’auto nel parcheggio e raggiunsero di gran carriera l’entrata, ma entrambi si sorpresero nel vedere la saracinesca abbassata. Non avevano mai avuto occasione di osservarla prima e Christopher non riuscì a trattenersi dal saltellare esaltato davanti al colossale graffito del bocciolo di rosa.
«Guarda, è bellissimo!» gioì «Dici che lo ha disegnato Chloe?»
«Non lo so» replicò Maxine «Potremo chiederglielo presto, però» continuò, notando il pickup rosso raggiungere posteggio sul retro.
«Scusate il ritardo» si sbracciò la Price «Mi sono dimenticata di puntare la sveglia.»
Al protégé non interessò sentire quella giustificazione. «L’hai fatto tu?» domandò, gli occhi ancora sgranati e pieni di meraviglia.
«Modestamente, è una delle mie opere migliori» gongolò la fiorista «Da giovane ero un asso con le bombolette.»
«Ma quindi sai disegnare bene? Sapresti fare un fumetto?» proseguì Chris come fosse un interrogatorio.
«Temevo che un giorno me lo avresti chiesto» rise la donna «Ma sono tanti anni che non disegno più. La mia arte, adesso, è interamente dedicata ai fiori.»
«Ti prego» mugolò lui «Lo faresti per Captain Spirit?»
A vedere il viso del bambino assumere l’espressione più supplice possibile, Chloe non riuscì a dirgli un “no” secco. «Forse, se trovassi un po’ di tempo potrei provare ad abbozzare una tavola, per farti contento…»
Christopher squittì entusiasta.
«Non ti darà pace fino a che non avrà un intero albo illustrato, ne sei consapevole?» mormorò la Caulfield «È un piccoletto cocciuto.»
«Vediamo se le mie armi di distrazione funzionano» replicò la fioraia, facendole l’occhiolino «Chi vuole fare una gara di abbuffata di pancakes e cioccolata calda?»
«Io!» esultò Eriksen, mulinellando le braccia «Posso mangiare anche cento pancakes!»
«Crisi evitata» sorrise la Price «Ora dovrò solo spendere cinquecento dollari per sfamare il piccolo pozzo senza fondo.»
«È mio cugino» contestò Maxine «Mi occuperò io del conto.»
«Prima dobbiamo decidere dove andare a mangiare» ribattè Chloe «Anche se c’è un solo posto in tutta la città se si vuole cominciare la giornata con tanto buon cibo.»
«Two Whales» indovinò il biondino, applaudendo «Mi piacciono i loro waffles.»
Le due amiche si misero d’accordo per prendere l’auto per raggiungere il diner, concordando di scegliere l’utilitaria della Caulfield, perché il pickup non era propriamente in regola in materia di sicurezza.
Il trio raggiunse la tavola calda in una decina di minuti e Christopher a malapena aspettò che il veicolo si fermasse, prima di fiondarsi come un proiettile verso la porta d’entrata.
«Forza, sbrigatevi!» gridò impaziente.
«Siamo sicuri che suo padre non gli dia qualcosa di strano per renderlo così iperattivo?» mormorò la fiorista «In negozio è facile tenerlo impegnato con disegni e qualche lavoretto, ma oggi sembra avere l’energia di cento Captain Spirit.»
«Credo sia per il fatto che è ricominciata la scuola» spiegò Max «Non gli permette di sfogarsi quanto vorrebbe e carica le batterie per sfruttare il fine settimana al massimo.»
«E così siamo noi a dover subire gli effetti di questo terremoto irrefrenabile» Chloe scosse la testa «Quale amaro destino…»
«Vedrai che tra qualche settimana andrà meglio» la rassicurò la Caulfield, invitandola con la mano a procedere per raggiungere il bambino.
All’interno, il Two Whales si dimostrò più movimentato del resto della cittadina. Un cameriere girava armato di caraffa per il caffè, riempiendo le tazze di mezza dozzina di marinai e una coppia di poliziotti in pausa dal servizio.
Tutti si voltarono ad osservare la porta quando la campanella trillò per indicare l’entrata dei nuovi avventori, ma, sfumato l’interesse per la novità, ciascuno tornò a concentrarsi sulla propria tazza o il proprio piatto.
I tre si accomodarono ad un tavolo, la Price accanto al giovane Eriksen come da specifica richiesta, mentre la cugina si sedette dall’altro lato, di fronte a loro.
«Posso avere i pancakes e i waffles?» chiese Christopher, impugnando una forchetta come un soldato pronto alla battaglia.
«No, giovanotto» decretò la sua mentore «Devi scegliere.»
«Max» mugolò in tono supplice «Dille che posso avere tutti e due…»
«Mi dispiace, ma anche tuo papà concorderebbe con Chloe, penso tu sappia che lo facciamo per il tuo bene.»
Lui piagnucolò un po’, ma fu sufficiente ricordargli che, in qualità di supereroe, non poteva certo fare i capricci come un bambino qualsiasi. Tanto bastò a fargli tornare il sorriso e a convincerlo ad ordinare una cioccolata, insieme ad un piatto di pancakes.
«Una porzione anche per me» si decise la Price «E una tazza di caffè bella grande.»
«Per me, invece, della cioccolata e un biscotto della casa» aggiunse la Caulfield.
Il cameriere annuì dopo aver appuntato tutto e, con un sorriso, andò a consegnare il biglietto in cucina.
«Allora, scricciolo» disse la fiorista «Com’è la quarta elementare?»
Tra un’accurata descrizione di ogni singolo compagno di classe e una pioggia di complimenti per la sua maestra, la signorina Marsh, la tavola venne imbandita, lasciando che la bocca di Captain Spirit si riempisse di enormi bocconi dolci.
«Kate è davvero un’ottima insegnante» confermò Max «Ci conosciamo fin da quando eravamo al liceo e già allora diceva di voler diventare un’educatrice. Non ho mai conosciuto nessuno tanto ispirato a seguire una vocazione.»
«Sembra una donna molto interessante» commentò la fioraia, avvicinando la tazza alle labbra «Era presente al matrimonio?»
«Era la mia damigella d’onore.»
La Price cercò di mettere a fuoco i ricordi, evocando l’immagine di una biondina dal sorriso pacato e l’atteggiamento mite.
«È la maestra di Chris dall’anno scorso e lui la adora» proseguì Maxine, intingendo il biscotto nella bevanda «Ma non quanto adora te.»
«Modestamente, sono piuttosto adorabile» si pavoneggiò Chloe.
«Anche io lo sono!» si intromise il piccolo Eriksen, sputacchiando briciole di frittelle davanti a sé.
«Nessuno lo stava mettendo in dubbio» lo rassicurarono le due, sorridendo.
Dopo qualche momento di silenzio, Chris spinse la propria tazza verso la mentore. «Ne vuoi un po’?»
La fiorista si illuminò. «Solo se mi permetti di farci un’aggiunta.»
I cugini la fissarono, incuriositi.
La Price sgusciò verso il bancone e sussurrò qualcosa al cameriere.
«Cosa stai escogitando?» chiese Max, aggrottando le sopracciglia.
«Vedrai.»
Seguirono due minuti di un interrogatorio a cui la Price fece fronte con un ostinato silenzio ed un ghigno beffardo, che le si ampliò non appena un nuovo piatto venne posato a tavola.
«Bacon?» osservò Christopher, stringendo tra l’indice e il pollice una striscia di carne croccante.
«Bigfoot Bacon, il migliore di tutta Arcadia Bay» sentenziò la donna «Vale ben più dei tre dollari che costa.»
«Non credo di capire» commentò la Caulfield «Cosa ha che vedere con la cioccolata?»
«Tutto.»
Sotto lo sguardo esterrefatto dei due cugini, Chloe afferrò una fetta di pancetta fritta e la intinse nel fondo della tazza.
«E ora, il tocco finale» sogghignò, versando una lacrima di sciroppo d’acero sul bizzarro boccone.
Eriksen la guardò stralunato.
«Provalo» disse al protégé.
Lui scosse la testa con decisione.
«Forza, apprendista.»
Il bambino non cedette.
«Se lo faccio assaggiare a Max, poi mi darai retta?»
Sentendosi chiamata in causa, Maxine scattò sull’attenti.
«Solo se dice che è buono» concordò Captain Spirit, adocchiando la cugina.
La fioraia offrì il pezzo di bacon all’amica. «Lo so che potrà sembrare strano, ma bisogna dare un’occasione alle cose inaspettate di poterci sorprendere.»
La Caulfield non riuscì a distogliere i propri occhi da quelli di Chloe. Era stata ipnotizzata dalle sue parole e vedere quell’assurdo pezzo di pancetta ricoperto di sciroppo e cioccolata era come sentirsi sussurrare all’orecchio un segreto di inestimabile valore.
«Fidati di me.»
Max inspirò a fondo, poi serrò le palpebre ed aprì la bocca.
«Mordi.»
Ubbidì, preparandosi a sputare, non molto elegantemente, il boccone in un tovagliolo. Ma quando la sapidità della pancetta le animò la lingua, per essere subito contrastata dal gusto avvolgente della bevanda, arricchita dalla punta di dolcezza dell’acero, comprese cosa stesse cercando di trasmetterle la fiorista. Per quanto potesse pensare che quella combinazione fosse insensata, quasi ai limiti dell’impossibile, l’unione di tutti quei sapori creava qualcosa di prezioso ed indimenticabile. Serviva solamente avere il coraggio di provare per poterlo scoprire.
«Allora?» domandò il piccolo Eriksen, incuriosito.
Maxine deglutì e un sorriso le fiorì sulle labbra.
«Visto?» commentò la Price, strizzandole l’occhio «Adesso digli quanto è buono.»
«Lo è davvero, Chris» confermò, prendendo un pezzo di bacon per replicare la bizzarra ricetta.
Il bambino, rassicurato, assaggiò a propria volta l’invenzione della mentore, restandone colpito quanto la cugina.
Il gruppo continuò a gustare quell’insolita colazione e quando giunse l’ora di lasciare il Two Whales, Christopher chiese se potesse portare via una scorta di ingredienti per replicare la ricetta a merenda.
«Prometto che ti porterò qui tutte le domeniche, se continuerai a venire a trovarmi» giurò la fioraia, portandosi la mano destra al cuore «Facevo sempre colazione così quando avevo la tua età e guarda come sono venuta su bene!»
«Sei la migliore» esultò Chris, tramutando la propria giacca in un mantello «Questa è la colazione dei supereroi!»
«Ovviamente, l’invito è esteso anche a te» proseguì Chloe, rivolta a Maxine «Sempre ammesso che tu non abbia di meglio da fare.»
La Caulfield scosse la testa. Le domeniche sarebbero diventate il loro giorno speciale.
 
***
 
Le settimane si susseguirono in fretta e la metà di ottobre giunse in un lampo, tra vortici di foglie variopinte e scrosci di pioggia. Arcadia Bay immersa nei colori dell’autunno era la cornice perfetta per abbozzare la tavola di un fumetto.
Chloe, album da disegno alla mano, attendeva seduta sul cofano del pickup nel parcheggio della Blackwell Elementary. Picchiettò la punta della matita sulla pagina affollata di sottili tracce di grafite. Il suo protégé si era fatto più insistente riguardo “Le avventure di Captain Spirit e Power Girl” e non perdeva occasione per ricordarle l’impegno preso durante una delle loro domeniche trascorse insieme.
Gli alberi quasi spogli e le strutture del parco giochi dell’istituto erano un buon soggetto per esercitare un talento che, ormai da anni, si era ridotto a qualche scarabocchio improvvisato con fare distratto.
«Questi rami fanno schifo» borbottò, continuando a torturare la matita tra le dita «E questa luce è anche peggio.»
Il sole, offuscato da una sottile colte di nubi, non si offese.
«Ormai si sarà fatta ora di entrare» decretò, dopo aver tentato di raffigurare un corvo intento a beccare briciole tra l’erba.
Estrasse il cellulare dalla tasca dei jeans con un movimento fluido e constatò di avere giusto il tempo di fumare una sigaretta, prima di dover raggiungere l’aula della quarta per “Mostra e Racconta”.
Per dieci lunghi giorni, aveva affiancato il piccolo Eriksen tutti i pomeriggi per aiutarlo con l’ambizioso progetto di illustrare alla classe il funzionamento del sistema solare. Armati di cartapesta, colla vinilica e tempere si erano accampati nel retrobottega del Kabloom per modellare pianeti, orbite e satelliti. Ci era voluta accurata progettazione ed una invidiabile dose di fil di ferro per far sì che le varie sfere formassero un unico complesso, ma alla fine il duro lavoro li aveva ripagati con un Sole e otto dettagliati pianeti. La Price aveva dovuto cedere sull’aggiunta di Plutone, che si ostinava a definire parte della conta ufficiale, nonostante l’arbitraria decisione della comunità scientifica.
Chloe balzò giù dal cofano, schiacciando il mozzicone sotto la scarpa.
«Si va alla ricerca della quarta.»
Il complesso scolastico era piuttosto ampio ed orientarsi, nonostante le indicazioni approssimative di Christopher, non era facile.
I corridoi apparivano identici gli uni agli altri e le porte delle aule non avevano nulla che le distinguesse, fatta eccezione per una targhetta di plastica con il numero della classe o il nome del laboratorio.
Errando in quel dedalo tappezzato di cartelloni e progetti di arte, la fiorista, dopo cinque minuti buoni di solitario vagabondaggio, riuscì ad individuare una persona di spalle. Decisa a chiedere direzioni, si appropinquò realizzando, ad ogni passo, che la figura aveva un’aria familiare.
«Mi sapresti indicare dove si trova la classe della signorina Marsh?» domandò, avvicinandosi per indagare il sospetto che si stava sempre più concretizzando in certezza «Anche se comincio a pensare di essere di troppo.»
Maxine si voltò e, riconoscendo la fioraia, sorrise.
«Chris non mi aveva detto che si sarebbe fatto accompagnare da qualcun altro» proseguì «Quando mi ha chiesto di essere presente ho pensato che fosse perché sia tu sia suo padre eravate già impegnati.»
La Caulfield scosse il capo. «Glielo avevo detto che sarei venuta per fargli da supporto morale, intanto mi ero già accordata per incontrare una collega di Kate per un laboratorio di fotografia.»
Chloe si fece un appunto mentale di scoprire di più su quel progetto, ma poi si concentrò sulla missione impellente. «Allora, puoi indirizzarmi verso il nostro cosmonauta del giorno?»
«Seguimi» affermò Max e, senza aspettare una qualche replica, prese la mano dell’altra e iniziò a guidarla, filando lungo i corridoi come due studenti ribelli pronti a marinare una lezione.
Quel frammento di genuino divertimento non durò a lungo, perché la porta della classe quarta apparve dopo appena un paio di svolte, lasciandole un po’ affannate e con un sorriso stampato in volto.
Dopo essersi presa un momento per ricomporsi, Maxine bussò ed entrò, trascinando con sé la fioraia.
L’aula era un’accozzaglia di colori, tra cartine geografiche, poster di varia natura ed altri progetti che i bambini avevano portato con sé per la giornata. Il rumoreggiante gregge di studenti era tenuto sotto controllo da una selva di adulti di ogni età che cercavano, un po’ impacciatamente, di conversare in attesa dell’inizio dell’attività.
«Max!» esclamò una biondina, distaccandosi dal gruppo «Chris mi aveva detto che saresti venuta per lui» continuò, congiungendo le mani in una posa molto composta.
Era la damigella che la Price ricordava dal matrimonio, solo che, invece di sfoggiare un bel vestito azzurro, sembrava scomparire dentro una gonna nera e un maglioncino scuro che sarebbero sembrati più adatti ad una donna del triplo dei suoi anni. Invariato dalla cerimonia era, però, il sorriso caldo e cordiale.
«So che si è impegnato tanto per fare una bella figura» rispose la Caulfield «Ha lavorato sodo per più di una settimana.»
«Il risultato si vede» commentò la maestra, gettando l’occhio all’elaborato diorama «Per caso gli hai dato una mano?»
«No, ha trovato un altro aiutante» replicò, gesticolando verso l’amica «Questa è Chloe.»
«Molto piacere» si presentò la fiorista, offrendo la mano.
«Il piacere è tutto mio» ribattè l’insegnante «Sono Katherine.»
Le due non ebbero modo di conoscersi oltre, perché due bambine iniziarono a litigare sull’ordine di presentazione e l’educatrice si vide costretta ad intervenire per evitare che le due arrivassero a tirarsi i capelli.
Notando le ultime arrivate, il piccolo Eriksen si distaccò dal resto della classe. «Siete qui!» esultò, sbracciandosi.
«Te lo avevo promesso, scricciolo» rispose la mentore «E poi devo assolutamente sentire il tuo epico discorso che hai voluto tenermi segreto fino all’ultimo.»
Christopher si esibì nel più ampio sorriso possibile, poi venne richiamato all’ordine per cominciare a disporre il materiale per l’esposizione.
Una fila di sedie venne approntata al fondo dell’aula per permettere ai vari incoraggiatori di prendere posto. Max e Chloe si sedettero affianco e, quando Chris si fece avanti per prendere parola, gli sorrisero per tranquillizzarlo.
Il bambino incontrò lo sguardo delle due donne e si sentì investire dal loro affetto, prese un respiro profondo ed iniziò a parlare.
«Lo spazio si estende per migliaia di anni luce. Gli anni luce non si misurano in giorni o mesi, ma in miglia, anche se non sono riuscito a capire bene perché.»
La fiorista, insieme a tanti altri, ridacchiò divertita.
«La galassia in cui ci troviamo è la Via Lattea, che comprende centinaia di sistemi, tra cui il nostro. Il sole è al centro» proseguì, mostrando la stella nel mezzo del complesso «E intorno a lui orbitano otto pianeti. Prima erano nove, perché c’era Plutone, ma poi lo hanno tolto. Alla mia amica Chloe piaceva e voleva metterlo nel modello, io invece volevo inserire il pianeta del supercattivo Mantroid, ma lei ha detto che se non mettevo Plutone allora non se ne aggiungeva nessuno.»
La Price dovette serrare i denti per non scoppiare in una risata.
«Chloe mi ha anche raccontato un mucchio di cose sui nomi dei pianeti, che prendono i nomi dagli dei latino-americani.»
«Oh, merda…» sghignazzò la Price «Lo sapevo che non dovevo dirgli dell’origine latina dei nomi.»
Max si voltò a guardarla, mentre Chris proseguiva nell’illustrare alla classe le varie orbite.
La fioraia sorrideva, soddisfatta del lavoro del proprio apprendista, e la sua espressione, tanto rilassata quanto fiera, aveva un ché di magnetico che fece mancare un battito al cuore della Caulfield. Percepì un moto, una sorta di forza inarrestabile che la spingeva verso quella donna e le faceva desiderare di conoscerla meglio, la stessa forza che l’aveva portata ad accompagnare Christopher la prima domenica al Kabloom e a cercare, con quella scusa, un legame.
Mentre nelle sue orecchie rimbombavano le nozioni del piccolo Eriksen, Maxine desiderò perdersi nel vuoto cosmico per poter riflettere in silenzio.
 
***
 
«Corri, Chloe! Alla prossima danno barrette di cioccolato!»
Faticando a star dietro a Captain Spirit, vestito di tutto punto dalla maschera fino al mantello, la Price avanzò di buon passo lungo la via di villette a schiera. Era un strada non molto dissimile a quella in cui era cresciuta lei e la folla di bimbi spinti a fare “dolcetto o scherzetto” era tale e quale a quella che calcava Cerdar Ave di anno in anno.
Vialetti e giardini erano tutti decorati per la festa, come da tradizione. C’erano scheletri di carta che ondeggiavano dagli alberi, lenzuoli macchiati di rosso appesi vicino alle finestre, qualche lapide abbandonata nell’erba e un paio di bare con tanto di zombie meccanico segnalavano le dimore dei più impegnati per far parlare di sé. Ciò che non poteva mancare davanti a ciascuna porta, però, era una bella zucca intagliata, con un ghigno più o meno ampio e con grandi occhi, triangolari o tondi a seconda delle preferenze, che scrutavano gli avventori in cerca di caramelle.
Christopher, raggiunto l’uscio, si attaccò al campanello e, quando i padroni vennero ad aprire, li investì con uno squillante: «Dolcetto o scherzetto?»
La coppia, un uomo e una donna ormai avanti con gli anni, gli sorrisero, porgendo una ciotola traboccante di snack avvolti in carte colorate.
«Che bel supereroe abbiamo qui» commentò la vecchina «Chi sei? Oggi abbiamo avuto già due Spiderman e ben quattro Batman, ma un costume così non lo avevamo mai visto.»
«Perché io sono Captain Spirit!» affermò il piccolo Eriksen, gonfiando il petto.
«E chi ti accompagna? Anne Bonny?»
La fiorista, nel proprio raffazzonato costume da pirata, fece spallucce. Dopo essere stata chiamata Barbanera e Jack Sparrow per mezzo isolato, quello era un miglioramento.
«No, lei è Chloe» ribattè Chris, cacciando la manina dentro il contenitore per arraffare più dolciumi possibile.
I due guardarono la giovane ed offrirono anche a lei le caramelle.
Mentore ed apprendista ringraziarono e poi, riposto il bottino dentro i propri sacchi, si spostarono nuovamente sul marciapiede.
«Sono le nove e quaranta» affermò la Price, sbirciando il telefono «Tuo padre ha detto che gli zii sarebbero venuti a prenderti alle dieci.»
«Ancora una casa» pigolò il bambino con tono supplichevole «È l’ultima, davvero.»
«Lo hai detto dieci minuti fa, scricciolo» gli rammentò lei, sollevando la benda che portava sull’occhio destro «Stai trasportando più dolci di quanto pesi, direi che possiamo dichiarare missione compiuta e tornare alla nostra base segreta per assaggiarne qualcuno.»
«Va bene» capitolò lui, avviandosi lungo il viale verso il parcheggio in cui li attendeva il pickup.
Il viaggio verso il Kabloom fu silenzioso perché Eriksen spese l’intero tragitto concentrato a riempire la propria sporta con i gli spuntini zuccherati che dovevano, teoricamente, appartenere all’autista.
Quando raggiunsero il negozio, entrarono dal retro, aspettando di sentire un’altra auto fermarsi nel parcheggio.
Si tennero impegnati scartando un paio di merendine e cioccolatini, poi Chloe cercò di piegare una delle cartacce in modo da ricavarne un fiore, fallendo miseramente.
«Tanto quelli veri sono comunque più belli» decretò, rinunciando all’impresa.
«Prima di conoscere te, pensavo che i fiori fossero roba noiosa e da femmine» commentò Captain Spirit, giocherellando con un nastrino da imballaggio «Ma adesso mi piacciono.»
«Ah, davvero?» domandò «E quale ti piace di più?»
Lui si preparò a rispondere, ma il rumore di una vettura in avvicinamento distrasse entrambi.
Qualcuno bussò alla porta e la Price si precipitò ad aprire.
«Ho ricevuto precise istruzioni per riportare questo giovane supereroe a casa» disse Maxine, sorridendo ai due.
La fiorista rimase sconcertata, aspettandosi di vedere Ryan o Vanessa, e le ci volle qualche secondo per riattivare il cervello.
«Sembra quasi che siate scontenti di vedermi…» mormorò la Caulfield «Posso tornare indietro e lasciarvi continuare con i vostri piani segreti.»
«No, assolutamente» si affrettò a rimediare Chloe, tentando di rettificare il potenziale torto «È solo che ci aspettavamo di trovare i tuoi genitori.»
«Sono rimasti a casa di amici» spiegò «Così sono venuta io.»
«Possiamo restare un altro po’, Max?» chiese il cuginetto «Tanto domani non c’è scuola.»
«Tu non avrai scuola» replicò la fioraia «Ma magari tua cugina deve alzarsi presto.»
«Non preoccuparti» ribattè la diretta interessata «Possiamo fermarci, sempre che per te non sia un problema.»
La Price scosse la testa con un po’ troppo entusiasmo. «Allora, Chris stava giusto per dirmi quale fosse il suo fiore preferito.»
Le due donne si fecero silenziose, aspettando la risposta del bimbo.
«A mamma piacevano tanto i tulipani» bisbigliò Christopher, come se stesse confidando loro un segreto «I suoi preferiti erano quelli gialli, perché diceva che erano del colore del sole» proseguì «Glieli portiamo sempre, quando andiamo a trovarla al cimitero.»
La Caulfield fu tentata di interromperlo, per evitargli di rivisitare qualche brutto ricordo, ma Chris sembrava riuscire a parlarne con serenità, la voce ferma e gli occhi appena lucidi.
«Penso la rendano felice, per questo sono i miei preferiti.»
«È una ragione validissima, ometto» sentenziò Chloe, chinandosi per poggiargli una mano sulla spalla «Sai che anche io ho una storia come la tua?»
Il piccolo Eriksen la osservò, curioso.
«Ho perso il mio papà quando ero giovane e ancora adesso gli porto i suoi fiori preferiti, perché sono sicura che lo apprezzi.»
«Chloe, io non sapevo…» mormorò Max, cercando il suo sguardo «Mi dispiace…»
Lei fece un cenno con la mano. «Gli piacevano i denti di leone. Hai presente, Chris? Sono quei fiori gialli che sbucano in tutti i prati a primavera e poi diventano delle morbide sfere bianche.»
«Oh!» esclamò «I soffioni!»
«Proprio quelli» confermò «Li raccoglievamo insieme le domeniche al parco e ne aveva persino presi alcuni da piantare nel nostro giardino dietro casa. Quando un incidente se l’è portato via, ho strappato tutti i denti di leone in cortile, perché non potevo sopportare di vederli.»
I due cugini le si fecero vicini.
«Ma poi, sai cosa è successo? Con la primavera, loro sono rispuntati, incuranti della mia furia. Devi sapere che il dente di leone è un simbolo di forza, rappresenta il superamento di ogni difficoltà ed è con quello spirito che ho cominciato a guardarli e sono tornata ad amarli.»
Eriksen chiese un muto abbraccio.
La Caulfield osservò in silenzio. Si sentiva di troppo in quel quadretto di tragedia condivisa che, però, sembrava aver reso ancora più saldo il legame tra la fioraia e il suo protégé.
«Adesso che ne dici di guardare qualche video sul mio telefono, mentre io e tua cugina parliamo un momento?»
Lui annuì. «Non voglio fare tardi, però. Max deve tornare da Warren.»
Quella frase incrinò il sorriso della fiorista.
«Chloe, posso chiederti una cosa?» proseguì, come se avesse una realizzazione improvvisa «Perché tu non hai un marito? Non vuoi vivere felice e contenta?»
«Chris» intervenne Maxine «Questi non dovrebbero essere affari tuoi…»
«No, lascia che indaghi» replicò la Price, rivolgendosi quindi al bambino «Io voglio vivere felice e contenta con una persona e trascorrere con lei il resto della mia vita, ma quella persona, se mai arriverà, sarà una donna. Riesci a capire?»
Lui annuì.
«Davvero?» bisbigliò la cugina, incredula.
«Certo che capisco» affermò «Vuoi vivere con una ragazza perché sono più ordinate e non fanno mai la lotta. Però, quando sarò grande, potrai sposare me, così avrai un marito.»
Chloe scoppiò a ridere e gli scompigliò i capelli. «Comincia a crescere, poi si vedrà.»
Captain Spirit, a quel punto, si ritirò sulla sedia dietro la cassa a guardare la sua web-serie preferita, lasciando modo alle due donne di conversare in pace.
«Sbaglio, o hai appena dato a Chris l’illusione di un matrimonio?»
La fioraia sorrise. «Non me la sentivo di spezzargli il cuore, soprattutto dopo quanto ci ha detto su sua madre.»
«Emily era una donna molto solare e vitale, è stata un perdita tragica per tutti, ma lui l’ha vissuta peggio di chiunque altro.»
«Lo posso capire» ribadì la Price «Perdere un genitore ti segna nel profondo.»
«A tal proposito…» disse la Caulfield.
«Non c’è niente da aggiungere, tranquilla» la frenò l’altra «Ho già sentito tutte le frasi di circostanza possibili.»
Lei fece un cenno col capo. «Volevo solo dire che tuo padre sarebbe stato molto orgoglioso di vederti vestita da pirata ad Halloween per fare contento un bambino.»
«Merda!» strepitò la fiorista, ricordandosi solo allora di avere ancora un tricorno in testa e una benda penzoloni al collo.
«Ti sta molto bene questo look» sogghignò l’amica «Pronta a prendere il largo sulla Kabloom, capitano?»
«Non prendermi per il culo» mugugnò, mettendo il cappello sottobraccio.
Max sorrise e l’altra non potè far a meno di ricambiare, nonostante l’orgoglio ferito.
«Non ti ho mai chiesto come mai tu abbia chiamato così il negozio» cambiò improvvisamente argomento Maxine «Me lo sono domandato spesso.»
«È una storia breve» rispose la fiorista «All’inizio Steph ed io abbiamo messo insieme una sfilza di nomi divertenti, quasi per gioco, che potessero andar bene per l’attività.»
La Caulfield ascoltava intrigata.
«Il primo penso fosse stato “Game of Thornes”, a seguire “Enchanted Florist”, “Eufloria” e altri. Poi ho creduto di aver avuto l’illuminazione con “Blumenstrum”, che significa “tempesta di petali” in tedesco, ma la mia brillante socia sosteneva che sembrasse il nome di un movimento neonazista.»
«Perché, invece, “Kabloom” non suona come una cellula terroristica radicale?» commentò Max.
Chloe rimase senza parole, colta alla sprovvista.
L’altra cercò di rimediare, notando che l’ilarità non veniva colta. «Non voleva essere un’offesa, trovo che sia un nome molto bello ed originale…»
La Price, però, decisa ad avere una sorta di vendetta, cominciò a fare la finta offesa e a tenere il muso come una bambina.
Le due andarono avanti a suon di battute per un quarto d’ora buono, quando il loro dialogare venne interrotto da un lieve russare.
Sporgendosi verso il bancone, notarono Chris, appoggiato al ripiano con la testa sulle braccia, che dormiva sereno.
«Credo sia meglio che andiate» decretò la fioraia, avvicinandosi all’apprendista per sollevarlo di peso.
I tre raggiunsero l’auto con Captain Spirit ancora nel mondo dei sogni, assopito a tal punto da non accorgersi di venir depositato sul sedile ed assicurato con la cintura.
«Aspetta un momento, devo prendere una cosa» disse Chloe, prima che Maxine partisse alla volta di casa Eriksen.
Di corsa, la fiorista rientrò per recuperare i dolcetti guadagnati durante la serata. «Mi avrebbe accusata di averglieli rubati, altrimenti.»
«Grazie, di tutto» replicò la Caulfield «Sono sicura che a Chris abbia fatto molto piacere passare questa sera con te.»
«Il sentimento è reciproco.»
«E anche io sono stata molto contenta di aver speso un po’ di tempo con te» aggiunse Max, distogliendo lo sguardo. Non avrebbe mai avuto il coraggio di dirle che era stata lei ad offrirsi all’ultimo momento di recuperare il cugino, pur di avere una scusa per vederla.
«Idem come prima» replicò la Price.
Si augurarono la buona notte e Maxine sparì presto lungo la strada deserta, continuando a chiedersi se stesse dando  a qualcosa di inaspettato l’occasione di poterla sorprendere.

 
 
***

 


NdA: signore, signori e affini, vi do ancora una volta il benvenuto nel mio angusto angolo di sfogo. Un'altra settimana è giunta e, come promesso, è giunto anche un nuovo capitolo. Siamo ormai a metà della storia e, ancora sperando nel favore degli dei, mancano solo due settimane alla conclusione. Si accettano scommesse sulla riuscita o meno di quest'impresa.
Ringraziamenti: vorrei proprio vedere come reagirebbe wislava se mi dimenticassi di metterla in elenco, una volta, ma visto tutto il lavoro di cui si fa carico sarebbe estremamente scortese e scorretto, perciò un grazie a lei per prendersi cura delle mie trame e far sì che abbiano la giusta forma per vedere la luce; un grazie ad axSalem che non manca mai di lasciarmi un bel commento a cui le mie risposte non sono mai all'altezza; infine, grazie a tutti gli altri lettori che di volta in volta tornarno a seguire lo svolgersi della vicenda.
Direi di chiuderla qui. Mi auguro che stiate bene e al sicuro in questi tempi inusuali e spero di ritrovarvi al prossimo aggiornamento.
 
 
   
 
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