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Autore: Amantide    21/04/2020    0 recensioni
Tra le mura di Hogwarts, Newt è alle prese con un'idea che gli permetterebbe di approfondire le sue conoscenze sulle creature magiche e Leta non perderà l'occasione di farsi coinvolgere nel suo folle piano.
Genere: Avventura, Commedia, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leta Lestrange, Newt Scamander
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Angolo dell'autrice: anche questa storia volge al termine e come sempre molte cose non sono andate come mi ero prefissata all'inizio. Dovevo chiuderla molto più rapidamente di come ho fatto, erano previsti due capitoli e ne ho scritti tre e tante scene hanno trovato una strada che non era quella che avevo in mente per loro, ma il bello di scrivere è anche questo e alla fine sono contenta del risultato. Il mio momento di tediarvi però è finito, vi lascio al finale di questa breve storia che spero sia di vostro gradimento.




 
PARTE III



Steso sul letto a pancia in giù, Newt sfogliava il suo taccuino di appunti con aria svogliata. Era consapevole di essere ad un punto morto; aveva già passato in rassegna tutti i reparti della biblioteca più volte, dal punto di vista teorico non c’era più nessun dato o informazione che potesse acquisire, quello che gli mancava era la pratica e cominciava a pensare di aver già aspettato troppo. 
“Ehi Newt!” Lo chiamò il suo vicino di letto inserendo la testa tra le tende del baldacchino in cui si era rintanato. “È l’ora del tè, che ne dici di scendere in sala comune per una merenda con gli altri?” chiese con i tipici modi cortesi che ben si addicono a un tassorosso.
Newt si voltò quanto bastava per incrociare lo sguardo del compagno: “Ti ringrazio del pensiero Mike, ma sto bene qui.” 
Il ragazzo sembrò accontentarsi del sorriso che Newt gli dedicò perché annuì e la sua testa sparì oltre le tende senza provare ad insistere, poi i suoi passi si allontanarono dal letto e Newt li sentì perdersi oltre la porta del dormitorio.
Qualche minuto più tardi il ragazzo si costrinse a chiudere il taccuino (ne sapeva praticamente a memoria il contenuto) e nel riporlo tra le sue cose si trovò tra le mani una vecchia pergamena ingiallita, era la bozza di un vecchio lavoro di gruppo di erbologia, lo sguardo di Newt si posò sulle firme in basso, erano due, accanto alla sua c’era quella fine ed elegante di Leta.
Newt sentì una stretta allo stomaco, le immagini del pomeriggio precedente ad Hogsmeade gli invasero la mente e in un impeto di rabbia accartocciò la pergamena e la gettò in fondo al baule.
 
L’indomani nelle prime ore del pomeriggio Newt raggiunse il settimo piano con l’intenzione di cominciare a mettere in atto il suo piano. Aveva passato l’intera nottata sveglio, e non solo perché due dei suoi cinque compagni di dormitorio russavano sonoramente, ma perché si sentiva pervaso dall’adrenalina, come sempre ogni volta che si preparava a fare qualcosa che avrebbe potuto cacciarlo nei guai. Giunto al suo sesto anno ad Hogwarts ormai conosceva bene quella sensazione. 
Aveva con sé la sua solita borsa logora da cui traboccavano tutti i taccuini e le pergamene su cui aveva preso nota di ogni minima informazione sull’ashwinder fosse riuscito a recuperare in quei mesi di ricerca, mentre il sacchetto con la polvere volante era sigillato e al sicuro all’interno di una delle tasche interne. 
Dopo quanto era avvenuto alla Testa di porco si era guardato bene dal coinvolgere Leta anche perché, com’era convinto fin dall’inizio, sarebbe stato meglio fare tutto da solo. Newt sapeva bene che quando si aveva a che fare con creature magiche c’erano sempre una serie d’imprevisti che bisognava mettere in conto; soprattutto se ciò che si sa della creatura in questione è un resoconto neanche troppo dettagliato del suo aspetto e di parte delle sue proprietà magiche. Tante erano le lacune circa il suo temperamento e la sua indole, infinite le domande circa la sua evoluzione e le sue sottospecie. Lacune che Newt sperava di poter almeno parzialmente colmare con l’esperimento che stava per mettere in pratica.
Raggiunse l’arazzo di Barnaba il babbeo e, dopo aver rivolto un’occhiata al fondo del corridoio per accertarsi di essere solo, cominciò a camminarci davanti con il cuore che palpitava. C’era quasi, l’ingresso della stanza delle necessità gli si palesò davanti con il solito aspetto che aveva ogni volta che la evocava: un portone di legno piuttosto sgangherato avvolto da enormi e intricate radici secolari.
Improvvisamente un rumore di passi lo fece trasalire, qualcuno stava arrivando. Guardò la porta che si stava ancora formando, la maniglia era sempre l’ultima ad apparire e quando capì che non sarebbe comparsa in tempo decise di allontanarsi e di camminare verso la figura in avvicinamento come se fosse semplicemente di passaggio. Non ci mise molto a riconoscere la sagoma di Leta, dopotutto l’avrebbe riconosciuta tra mille. Accelerò il passo nella speranza di raggiungerla prima che notasse la porta misteriosa alle sue spalle e a due passi da lei finse di rovesciare accidentalmente la borsa. Subito si abbassò per raccogliere pergamene e appunti vari sperando che lei facesse altrettanto dando quindi il tempo alla porta magica di scomparire del tutto.
“Newt!” esclamò lei chinandosi per aiutarlo “è tutto il giorno che ti cerco!”
Lui sollevò un istante lo sguardo come se fosse tentato di replicare, poi riprese a riordinare le sue cose a testa bassa senza dire una parola.
“Dopo che ieri non sei venuto a Hogsmeade avevo voglia di vederti…” spiegò la ragazza cercando insistentemente il suo sguardo.
“Chi ha detto che non ci sono venuto?” sbottò Newt toccato sul vivo.
“Ho visto i tuoi compagni che attraversavano in gruppo la strada principale diretti al Manico di scopa ma tu non c’eri, e non ti ho visto nemmeno dopo, quando li ho incrociati da Mielandia.”
“Il fatto che non girovagassi con gli altri tassorosso non significa che non ci fossi, sai fin troppo bene che non amo passare il tempo con i miei compagni di casa.”
“Beh, mi spiace non averti incrociato allora, avrei passato volentieri del tempo con te.”
Newt sentì le viscere contorcersi, Leta gli faceva sempre quell’effetto ma adesso sentiva anche una punta di rabbia che non aveva mai provato prima.
“In tutta sincerità quando ti ho vista alla Testa di porco mi sembravi troppo impegnata per passare del tempo con me… e forse anche per accorgerti della mia presenza” concluse il ragazzo con il suo tono più educato mentre richiudeva la borsa e la caricava in spalla con gesto fulmineo. “Ma dopotutto io non sono un campione del quidditch, quindi mi chiedo perché mai avresti dovuto notarmi.” Aggiunse con un velo di tristezza nella voce.
Leta accusò il colpo in silenzio, poi aprì la bocca per ribattere ma Newt le aveva voltato le spalle e mosse un passo per andarsene.
“Lo farai oggi non è vero?” domandò prima che potesse allontanarsi.
Newt rimase un momento interdetto poi scosse il capo. Non aveva altro da aggiungere.
“E allora cosa ci fai al settimo piano?”
“Camminare mi aiuta a pensare” rispose Newt guardandola di sbieco da sotto il suo ciuffo di capelli arruffati, ma nella sua voce c’era poca convinzione. 
“Con una borsa carica di libri e appunti…” osservò Leta incrociando le braccia al petto e lasciandosi sfuggire un sorriso. “Te l’ho già detto che sei pessimo a mentire?” Azzardò sperando in una reazione, ma il ragazzo si chiuse ancora di più e chinò il capo in segno di sconfitta. Prima di allontanarsi però trovò la forza di replicare: “beh, dovresti darmi ripetizioni allora, perché al contrario tu sei molto brava.”
Con quell’ultima frase si allontanò definitivamente da Leta, sapeva che lei aveva colto l’antifona ma non era certo di cosa desiderasse ottenere veramente. Per quanto non si sentisse portato per le relazioni, con Leta aveva stretto un legame speciale e pensare di perderlo per via di uno stupido battitore del settimo anno aveva messo sottosopra le sue convinzioni.
Cercò di scacciare tutti i pensieri inerenti a Leta, non aveva dimenticato il motivo della sua visita al settimo piano ed era deciso più che mai a portare a termine il suo piano. Concentrarsi sull’ashwinder l’avrebbe aiutato a non rimuginare su Leta. 
Scese le scale e percorse un paio di corridoi del sesto piano, conosceva Leta abbastanza bene da sapere che non avrebbe mollato il colpo facilmente quindi decise di farle credere di aver fatto ritorno al dormitorio per poi salire nuovamente al settimo piano e tornare alla stanza segreta.
Sostò per un quarto d’ora abbondante nel bagno dei ragazzi al sesto piano, appoggiato ad un lavandino tirò fuori uno dei suoi taccuini e cominciò a rileggere le informazioni essenziali come se si stesse preparando ad un interrogazione. Fortunatamente gli studenti rimasti ad Hogwarts durante le vacanze erano veramente pochi quindi nessuno disturbò il suo nascondiglio per tutto il tempo che vi trascorse.
Dopo aver consultato l’orologio un paio di volte, Newt uscì a passo spedito dal bagno e tornò al settimo piano davanti all’arazzo incrociando solo una coppia di corvonero e un paio di fantasmi. Cinque minuti più tardi riuscì finalmente ad entrare nella stanza e a richiudersi la porta alle spalle.
Appena dentro tirò un sospiro di sollievo e non riuscì a trattenere un sorriso. Si trovava all’interno di una sala stipata di attrezzature di ogni genere, c’erano gabbie, ceste di vimini, funi, attrezzi da giardinaggio, secchi e contenitori di vetro di ogni forma e dimensione ricolmi di acqua più o meno stagnante. 
Camminò a passo spedito tra gli oggetti accatastati in modo precario e dopo una svolta a destra e una a sinistra raggiunse un piccolo spiazzo in cui troneggiava un grosso camino. Posò la borsa a terra e come prima cosa accese il fuoco con un colpo di bacchetta, era pur sempre dicembre e la temperatura era piuttosto rigida, poi prese dalla borsa il sacchettino che conteneva la polvere volante e senza pensarci più di mezzo secondo la svuotò tra le fiamme che ardevano nel camino provocando una fiammata improvvisa che lo costrinse ad arretrare di qualche passo.
Rimase qualche istante a fissare il fuoco, incantato dalle fiamme che danzavano proiettando strane ombre sul soffitto, poi si sfilò il maglione e cominciò a gironzolare per la stanza controllando che tutto fosse in ordine. Come prima cosa si avvicinò ad una grossa cassa contrassegnata con una X rossa e ci sbirciò all’interno quanto bastava per controllare che le sue due acromantule stessero bene, dopo l’incidente nel dormitorio sarebbe stato troppo rischioso continuare a nasconderle sotto al letto, quindi aveva provveduto a trovargli una sistemazione più adeguata. Verificò che tutto fosse in ordine, i pixie e gli avvincini erano nei loro acquari-stagno e sembravano stare bene. Si appuntò il tutto sul diario che portava sempre con sé e mentre proseguiva il giro sentì un rumore alle sue spalle.
Si voltò di scatto pronto a correre dietro a qualunque delle sue creature fosse responsabile di quel trambusto e si ritrovò a fissare Leta che cercava di liberarsi da un rete da pesca che le era caduta addosso insieme ad un vaso, adesso in frantumi sul pavimento, e ad un paio di cesti di vimini.
“Leta!” Esclamò lui totalmente sconvolto dalla presenza dell’amica, il cuore che palpitava improvvisamente.
“Ti dispiacerebbe darmi una mano?” sibilò lei mentre cercava di liberare il fermaglio che aveva tra i capelli dalle maglie della rete in cui si era impigliato.
“Come hai fatto ad entrare?” domandò avvicinandosi con passo impacciato schivando con maestria tutti gli oggetti che ingombravano il pavimento.
“Seguendoti ovviamente”
Newt le si avvicinò titubante, il suo luogo più segreto e privato era appena stato scoperto, e il fatto che fosse stata proprio Leta a violarlo lo fece sentire tremendamente combattuto tra l’esserne arrabbiato e l’esserne felice. Afferrò i lembi della rete e le scoprì il capo come fosse la sua sposa e dopo averle sorriso timidamente l’aiutò a liberarsene del tutto.
“Sei ferita” le disse notando un taglio sulla fronte dove probabilmente il vaso l’aveva colpita.
“Che cos’è questo posto?” domandò lei ignorando le premure dell’amico e guardandosi intorno.
“Il luogo in cui accumulo tutto ciò che non posso tenere sotto al letto…” spiegò il ragazzo riponendo la rete con cura in una cassa di legno, “tranquilla, ho quello che ci serve” la rassicurò estraendo un piccolo kit di pronto soccorso da un armadio sgangherato.
“Questo lo vedo” mormorò Leta continuando a far vagare lo sguardo per la stanza che era talmente stipata di cose da rendere impossibile vederne i confini, “… intendevo che parte della scuola è? Com’è possibile che nessuno sappia di questo posto? Io stessa non credo di aver mai notato quella porta prima di oggi.”
“Oh, questo conferma che non siamo in molti a conoscere l’esistenza e le potenzialità della stanza va e vieni, adesso sta ferma” disse tamponandole la ferita con dell’ovatta imbevuta di qualche strano intruglio.
“La cosa?”
“La stanza va e vieni, ma alcuni la chiamano la stanza delle necessità, giuro di aver sentito qualcuno chiamarla anche occorristanza o qualcosa del genere.”
“Ma com’è possibile che gli studenti e i professori non l’abbiano mai scoperta?” Leta sembrava sempre più confusa e affascinata allo stesso tempo.
“E chi ha detto che non l’hanno scoperta?” Newt fece un sorriso sghembo gettando l’ovatta in un cestino.
“Veramente i professori sanno di questa stanza e ti lasciano tenere qui le tue bestie?”
“Preferisco il termine creature” puntualizzò lui “e no, certo che nessuno sa cosa c’è qui dentro… la stanza va e vieni appare diversa a chiunque la trovi e, per la cronaca, mi avrebbero espulso già al quarto anno se solo sapessero cosa faccio qui dentro, motivo per cui devo chiederti di non riferire quello che hai visto.”
“Quindi è dal quarto anno che sgattaioli qui dentro?” Leta era incredula “Perché non mi hai mai parlato di questo posto?”
“Ho pensato di farlo tante volte in realtà…” Newt abbandonò la frase a metà e un silenzio carico di parole non dette riempì la stanza.
“Non ti fidavi di me” mugugnò lei con la tristezza negli occhi, “dopo tutti questi anni…”
“Certo che mi fido di te, sai che sei l’unica…” ancora una volta Newt non riuscì a terminare la frase.
Leta prese a camminare nervosamente per la stanza, incuriosita da tutto quello che la circondava e improvvisamente, nel caos più totale di quel luogo giunse in un angolo accogliente, ordinato, quasi… romantico. C’era un meraviglioso camino in cui scoppiettava un fuoco caldo, dei pouf e dei tappeti che, visti i colori, probabilmente Newt aveva “preso in prestito” dalla sua sala comune. In cima al camino Leta notò un servizio da tè con tanto di zuccheriera coordinata, una clessidra e qualche strano aggeggio a cui non sapeva dare un nome. Lo sguardo di Leta si posò sulla trave di legno che sovrastava il camino dove Newt aveva inciso più volte i loro nomi, li sfiorò con le dita in un gesto delicato, poi la voce del ragazzo ruppe il silenzio.
“Ho pensato di portarti qui tante volte” ammise a capo chino.
“Avrei voluto che tu l’avessi fatto” sussurrò lei, gli occhi lucidi e un lieve carico di delusione nella voce.
Newt non ebbe la forza di alzare lo sguardo, il pavimento sembrava improvvisamente così interessante.
“Ho giocato male le mie carte” ammise lui con aria triste, “e suppongo che ora sia tardi” concluse cominciando a rimboccarsi le maniche della camicia mentre le immagini di Leta con il battitore di Serpeverde gli invadevano prepotentemente la mente.
“Scusa, ora ho da fare” e così dicendo sparì tra casse di legno e vecchie scaffalature.
“Newt!”
Ma lui non riapparve e Leta fu costretta ad andargli dietro. Lo trovò alle prese con dei secchi di alluminio impilati uno dentro l’altro.
“A cosa ti servono quelli?”
“Lascia stare” replicò lui tornando verso il camino e deponendo a terra i secchi che riempì d’acqua con un incantesimo, poi prese a scrivere freneticamente sul suo taccuino mentre riprendeva a camminare per la stanza.
Leta lo seguiva come un’ombra senza avere la minima idea di cosa stesse facendo.
“Newt!” gridò di nuovo pestando i piedi a terra nel tentativo disperato di ricevere attenzioni.
Lui si bloccò di scatto e si voltò a guardarla.
“Perché non me l’hai detto?” chiese accennando ai loro nomi incisi sul camino.
“Perché tu non sei una con cui funzionano le parole” si giustificò lui come se fosse la cosa più ovvia del mondo, “a te piacciono le persone che agiscono non quelle che parlano.”
Leta si rispecchiò perfettamente nelle parole del ragazzo e la cosa la fece arrabbiare ancora di più, la conosceva abbastanza bene da riassumerla con una frase eppure non aveva saputo lottare a sufficienza per conquistarla.
“Avresti dovuto agire allora”
“Credimi, a modo mio l’ho fatto” Newt sospirò, “semplicemente non l’hai colto”
“Certo che l’ho colto, credi che vada in giro a baciare tutti gli studenti di Hogwarts forse?” Adesso Leta aveva la voce spezzata e gli occhi lucidi.
“Ho sempre pensato che quei baci non significassero quello che speravo” ammise Newt in un sussurro. 
“Quindi è per questo che non li ricambiavi?”
Newt restò in silenzio, incapace di rispondere a quella domanda. La verità era che in presenza di Leta non sapeva spiegare la maggior parte delle sue azioni e delle sue emozioni. Erano anni che aveva quell’effetto su di lui, lo travolgeva e allo stesso tempo lo lasciava inerme, come una bufera che passava e di cui restava solo la conta dei danni.
“Almeno Matt mi bacia!” insisté lei con una punta di cattiveria nella voce.
Newt sentì un groppo in gola, una fitta al petto e il respiro che veniva a mancare.
“Colpito e affondato” dichiarò ponendo fine al discorso, il capo chino e gli occhi tristi nascosti dal ciuffo di capelli disordinati.
“Newt”
“Possiamo non parlarne più per favore?” la pregò, quella conversazione lo metteva tremendamente a disagio. Ma Leta non sembrava minimamente intenzionata ad andarsene.
In quel momento il fuoco emise un leggero sibilo e subito dopo una serie di fiammate poderose li colsero di sorpresa e costringendoli ad arretrare dal camino.
“Ci siamo” esclamò Newt con un fremito nella voce, gli occhi che brillavano per l’emozione. “Via, potrebbe essere pericoloso!” aggiunse afferrando Leta per un polso e costringendola a seguirlo dietro una serie di lamiere che, Leta lo capì solo in quel momento, Newt aveva messo lì apposta per fungere da riparo.
“Ok, ti avviso, questa è la fase del piano che non ho minimamente sotto controllo”
“Quando mai hai avuto qualcosa sotto controllo?” lo schernì lei felice di essere nuovamente al suo fianco.
Newt non rispose, era troppo concentrato sul fuoco magico che continuava ad ardere gettando lapilli che brillavano come lucciole e poi si spegnevano sul pavimento.
“Tieniti pronta” le disse Newt assestandole una gomitata. “Non appena l’ashwinder si sarà generato, dobbiamo essere bravi a seguirlo per vedere dove deporrà le uova.”
“Ti rendi conto che in un luogo incasinato come questo sarà come cercare un ago in un pagliaio?”
“Lo sarebbe se io non avessi saltato la cena per tre giorni consecutivi in cerca di più informazioni possibile su questa creatura” spiegò lui cedendo a Leta il suo prezioso taccuino senza mai staccare gli occhi dal fuoco.
Leta lo sfogliò rapidamente; quando aveva tante cose per la testa e cercava di appuntarsele tutte Newt scriveva peggio di un troll, la sua calligrafia era a tratti illeggibile. In quel delirio di scarabocchi, frecce e pseudo disegni Leta riuscì ad individuare qualcosa che Newt aveva elencato per punti. 
Accucciata dietro la lamiera si sforzò di leggere il primo.
“Secondo alcune antiche credenze la nascita di un ashwinder è in realtà una fuga dal fuoco degli inferi, per questa ragione si pensa che la creatura tenda ad allontanarsi il più possibile dalle fonti di calore e cerchi riparo in luoghi più freschi e umidi.”
“Aguamenti” Esclamò Newt puntando la bacchetta verso il tappeto le cui frange avevano appena preso fuoco a causa dell’ennesimo lapillo che era sfuggito alla bocca del camino.
Leta abbassò nuovamente il capo e continuo a leggere.
“Un magizoologo di origine asiatica che ha studiato e tentato di allevare gli ashwinder nella Cina sudorientale sostiene che essi siano in grado di fiutare le correnti d’aria e di sfruttarle per abbassare la loro temperatura corporea che appena generati dalle fiamme sfiora gli ottanta gradi centigradi.”
“Cosa diavolo hai scritto al punto tre?” domandò Leta che non riusciva più ad interpretare la grafia del ragazzo.
“Tre diverse fonti riportano che l’ashwinder sembra essere attratto dal veleno di billywig, pare che contenga una sostanza in grado di fortificare il guscio delle loro uova.” Recitò il tassorosso a memoria.
“Ecco, ecco, ci siamo!” Con quelle parole Newt strattonò l’amica in preda all’eccitazione e la costrinse a guardare in direzione del camino, dove una creatura verde pallido stava strisciando fuori dalle fiamme che sembravano ormai sul punto di esaurirsi.
“Guarda, guarda, procede per torsione laterale, ci avrei scommesso!”
“Che cosa?” Nonostante avrebbe dovuto concentrare la sua attenzione sull’ashwinder, Leta non poté fare a meno di spostare lo sguardo su Newt, lo fissava come se fosse completamente matto.
“Che c’è?” borbottò lui dedicandole un’occhiata che durò meno di una frazione di secondo.
“Cosa stai dicendo?”
“Sto osservando il modo in cui si sposta” spiegò Newt come se fosse più che evidente, “esistono quattro modi differenti secondo cui le creature con l’aspetto di un serpente tendono a spostarsi, in modo rettilineo, a fisarmonica, per torsione laterale e…” Newt stava contando sulla punta delle dita.
“Ok, ok, ma adesso cosa facciamo?”
“Controlliamo se i miei studi sono serviti a qualcosa… vieni!” E così dicendo prese Leta per mano e con lei al suo fianco sgattaiolò furtivo dietro le scaffalature vicine e poi dietro ad una pila di vecchie casse.
Leta aveva rinunciato a capire cosa passava per la testa di Newt e si limitava a seguire ogni suo movimento senza porre domande.
“Ho creato il nido perfetto” si vantò Newt spiando il serpente strisciare sul pavimento su cui lasciava una marcatissima scia di cenere.
“Wow, se fossi un ashwinder ti sposerei” lo canzonò la serpeverde strappandogli un sorriso.
“Sì, sì, prendimi pure in giro intanto guarda un po’ lì!” fece il ragazzo tirando ancora più a sé l’amica per mostrarle che la creatura stava andando esattamente dove lui l’aspettava.
Leta osservò l’ashwinder precedere oltre il loro nascondiglio e strisciare fino ad un ammasso di terra umida che Newt aveva posizionato stile vulcano all’estremità opposta della stanza, quella più lontana dal fuoco, poco più in alto un vecchio ventilatore creava una leggera brezza.
“Nella terra ho aggiunto un concime particolare che ho creato tritando i pungiglioni secchi di billywig” spiegò Newt orgoglioso.
“E dove hai preso dei pungiglioni di billywig?”
“Meglio che tu non lo sappia”
“Il nido perfetto eh?” fece Leta osservando la creatura acciambellarsi in cima alla montagna di terra e godersi l’aria del ventilatore.
“Nessuna creatura può resistere ai miei nidi” scherzò Newt passandosi una mano tra i capelli arruffati.
“A proposito di nidi… mi piace quello che hai creato per noi” ammise Leta, le gote leggermente arrossate.
Newt si sentì avvampare.
“Non credi che ora abbia bisogno di un po’ di privacy?” domandò lei cingendogli un braccio e posandogli la testa sulla spalla.
“Ma sta deponendo le uova…” replicò lui con il cuore che martellava nel petto e la salivazione completamente azzerata.
“Appunto”
“Io, io devo…” balbettò il ragazzo incerto, “…segnare quanto tempo… e se il corpo dovesse mutare colore come alcuni sostengono allora…”
“Newt” l’azzittì lei premendogli un dito sulle labbra, “gradirei una tazza di tè”
“tè” fece Newt un po’ sconvolto, “non è l’ora del tè” protestò lui voltandosi ancora una volta a guardare l’ashwinder mentre Leta lo trascinava verso il camino.
“Solo le persone ordinarie bevono il tè alle cinque, e fidati che qui non c’è niente e nessuno di ordinario.”
“Le persone ordinarie e gli inglesi” si affrettò a correggerla Newt.
“Dimentichi che io ho origini francesi” 
“Ma io non voglio il tè” si lagnò Newt che sembrava ancora troppo concentrato sull’ashwinder per prestare la giusta attenzione a Leta.
“Io lo desidero tanto invece” continuò lei trascinandolo davanti al camino e accendendo nuovamente il fuoco con la bacchetta.
“Quindi devo fare il tè?” chiese Newt confuso e un po’ affannato.
Lei non riuscì a trattenere una risata, la confusione di Newt era pari solo alla sua tenerezza.
“Perché ridi adesso? Mi stai prendendo in giro?”
“Mi stai facendo diventare matta” sorrise lei sedendosi a terra e appoggiandosi ad un pouf color senape, “sei incredibilmente bravo a farti desiderare Newt Scamander”
“Io… cosa, non mi sto facendo desiderare… e comunque dovrei andare a controllare se l’ashwinder ha fatto le…” così dicendo Newt fece per andarsene ma Leta fu più veloce; strattonò il tappeto sotto ai suoi piedi facendo franare l’amico a terra, lui si mise a sedere massaggiandosi la testa che aveva cozzato sonoramente contro il pavimento e senza che avesse il tempo di rendersene conto si trovò faccia a faccia con Leta che lo fissava ad un palmo dal suo naso.
Gli si avvicinò quanto bastava perché i loro nasi si toccassero, avvertì le sue gote colorarsi di un rosso vivace e soddisfatta di quel risultato sorrise a pochi centimetri dalle sue labbra.
Lui la guardava, finalmente concentrato al cento per cento su di lei, l’ashwinder e le sue uova sembravano ormai un lontano ricordo. Lo vide chiudere gli occhi in attesa di un bacio e quando si rese conto che non arrivava li riaprì e vide Leta che gli sorrideva.
“Non mi baci ma pretendi di essere baciato” scherzò lei felice di averlo finalmente messo davanti all’evidenza.
“Cosa?” prese tempo Newt.
“Non sarò io a baciarti questa volta”
Newt trattenne una risata nervosa e spostò lo sguardo di lato passandosi una mano tra i capelli, il cuore che martellava nel petto totalmente fuori controllo. Guardò nuovamente Leta e si fece più vicino, i suoi occhi scuri e profondi che brillavano alla luce del fuoco riflettendone ogni fiamma. Profumava di rosa. I loro nasi si toccarono di nuovo e in uno slancio d’audacia Newt colmò anche lo spazio che separava le loro labbra, al diavolo il battitore di serpeverde. Contrariamente a quanto aveva sempre fatto lui, Leta rispose immediatamente al suo bacio e poco dopo si abbandonò al suo abbraccio. Nel silenzio della stanza si udiva soltanto la legna che ardeva nel camino e di tanto in tanto il verso di qualche misteriosa creatura.
Passarono parecchi minuti prima che i due riprendessero rispettivamente possesso delle proprie labbra. Newt aveva i capelli più arruffati di prima, il fiato corto e il rossore delle gote che si estendeva fino alle orecchie. Dall’altra parte Leta non riusciva a smettere di sorridere. Vederlo così era impagabile, per certi versi quasi un privilegio e Merlino solo sapeva quanta fatica le era costata condurlo fino a quel momento.
“Leta uno, ashwinder zero” decretò la ragazza spazzando via l’imbarazzo con una risata.
Newt trasalì improvvisamente “le uova!” esclamò come se ricordasse solo in quel momento quale fosse il suo obiettivo iniziale.
Mentre correvano verso il nido una fiammata si alzò improvvisamente dal lato opposto della stanza e quando arrivarono trovarono solo una montagna di cenere.
“Cos’è stato?” fece Leta spaventata.
“L’ashwinder vive solo un’ora, si è appena incenerito… e io me lo sono perso” spiegò Newt con una punta di tristezza nella voce. 
Leta sospirò mentre il ragazzo, ora accucciato a fianco al nido, spostava delicatamente la cenere con la punta delle dita nella speranza di trovare almeno le uova.
“Ok, prometto di recuperare un’altra manciata di polvere volante se adesso lasci perdere quelle uova e torniamo di là” propose Leta mentre Newt portava alla luce due uova e le guardava come se fossero la cosa più preziosa del mondo.
Leta si schiarì la voce. “Hai sentito cosa ho detto?”
“Ma devo congelarle” si giustificò Newt come se ne andasse della sua stessa vita.
In risposta a quell’affermazione Leta lanciò un incantesimo che avvolse le uova in un fitto strato di ghiaccio. “Questo dovrebbe tenerle al fresco per un po’” dichiarò guardando soddisfatta il risultato del suo incantesimo.
Newt guardò compiaciuto le sue uova racchiuse nel guscio di ghiaccio e Leta ne approfitto per gettargli le braccia al collo e baciarlo di nuovo.
“Non mi è ancora chiara una cosa…” fece Newt tra un bacio e l’altro, “il tè lo volevi veramente oppure no?”
Leta diede un’occhiata all’orologio: erano le cinque in punto.



Angolo dell'autrice: grazie infinite a tutti voi che avete speso il vostro tempo per leggere fino a qui. Scrivere questa storia è stato per me molto divertente e stimolante. Tornare ad Hogwarts è sempre magico ma farlo con dei personaggi che non siano quelli della saga di Harry Potter (o per lo meno la maggior parte) è  stata una nuova sfida. Sono felice di aver dato spazio ad una ship che è stata finora poco sfruttata, io ci ho vistro grosse potenzialità e forse è stata in primis la mia curiosità e la mia voglia di saperne di più che ha originato questa FF. Grazie ancora a chiunque sia incappato in questa storia e un enorme grazie a chi vorrà farmi sapere la sua personale opinione con un commento o un messaggio privato. Vi abbraccio.
  
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