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Autore: Athelye    22/04/2020    5 recensioni
Una voce sulla spalla del sovrano gli indicò la figura candida del sacerdote cultuale, posta in disparte in una posa composta, che osservava le danze con sguardo rapito dai movimenti veloci e dalla musica, ma allo stesso tempo indifferente e immobile.
“Sire, penso stia aspettando voi.” Mormorò la figura del suo più fidato consigliere.
“Sembra terribilmente fuori posto, non trovi?” Commentò l’uomo, appoggiando il mento al pugno chiuso.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Lan XiChen/Lan Huan, Meng Yao/Jin GuangYao, Nie MingJue
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Cadde a terra con un gemito, mentre l’elsa della spada gli veniva strappata dal torace con violenza. Il condottiero scrollò il sangue dalla lama con un gesto secco che affettò l’aria, schizzandolo su altri corpi esanimi lì intorno. Si guardò intorno con attenzione, osservando il suo esercito che raccoglieva vittorioso le proprie armi e sorreggeva i compagni feriti.
“Sire, oggi abbiamo vinto ancora.” Poco distante da lui, un giovane estrasse la propria arma da un cadavere a terra, poi si girò verso di lui con un sorriso e il volto che mostrava la fatica dello scontro.
“E continueremo a farlo, Meng Yao.” Disse quello, con profonda soddisfazione, mentre i soldati che aveva guidato iniziavano a chiamare il suo nome a gran voce, sollevando le armi con esultanza.
 
La guerra era finita. Un corteo fatto di uomini in armatura entrò nella capitale, accompagnato dalla gioia della folla, accorsa ad accogliere i propri cari tornati dallo scontro.
Ad attendere il comandante di quelle truppe, c’era un ragazzo dall’aria timida e tremula, che non appena riconobbe il suo volto così familiare in sella a un cavallo nero sospirò di gioia.
Le persone si inchinarono al passaggio del loro sovrano, man mano che questo procedeva, acclamandolo.
Un unico nome riecheggiava per le strade, facendo tremare persino la terra sotto i piedi. Nie MingJue, Nie MingJue!, il grido riempiva la bocca di tutti, vibrando fra le mura della città.
L’uomo che, con la sua scintillante armatura, mieteva vite umane allagando con il sangue nero le valli nemiche, che dal primo giorno in cui era salito al trono ormai due anni prima non aveva mai perso neppure una battaglia, che aveva portato onore e vittoria alla sua gente.
Nie MingJue era un sovrano orgoglioso che non aveva rivali in tutta la regione. Sembrava nato per ricoprire quella carica, con il giudizio responsabile giusto ad affrontare qualsiasi situazione, la forza e il coraggio di una bestia, simbolo stesso del suo Clan.
“Fratello. Bentornato.” Il ragazzo lo accolse con un inchino. “La tua gente ha preparato dei festeggiamenti in tuo onore.”
“Nie HuaiSang.” Scese dal destriero, affidando le briglie a un servitore comparso accanto a lui. Si avvicinò alla figura più minuta del fratello minore, posandogli una mano sulla spalla. “Stai parlando della nostra gente. I festeggiamenti saranno anche in tuo onore, per aver saputo amministrare abilmente il nostro popolo in mia assenza.”
Quello sollevò lo sguardo, trovando i lineamenti severi del fratello maggiore stranamente più addolciti mentre gli parlava, forse merito della recente vittoria. Gli sorrise e annuì, facendo qualche passo indietro, prima di ritirarsi per parlare e riferire ordini ad alcuni sottoposti.
In piedi alle sue spalle, un giovane vestito con una tunica bianca dall’espressione mite fece un lieve inchino. Aveva i capelli lunghi, raccolti con un sottile nastro bianco in una coda alta che lasciava libere solo due ciocche corvine ai lati del viso elegante. Due spessi tratti azzurro chiaro tingevano la sua pelle sotto gli occhi, mentre il labbro superiore e le palpebre erano dipinti con un pigmento più intenso di blu.
Nie MingJue gli si avvicinò con familiarità.
“Sire, siete stato lontano molto a lungo questa volta.” Disse il giovane, guardandolo con preoccupazione. “Vi sentite bene?”
“Sì, Lan XiChen.” Accompagnò con un cenno del capo. “La prossima volta, dovresti venire con me se il mio stato di salute ti preoccupa tanto.”
Quello gli sorrise, senza rispondere.
Nie MingJue annuì, capendo al volo lo sguardo castano ed eloquente dell’altro. “Non ti sto chiedendo di combattere al mio fianco. So bene che voi Lan non potete uccidere. Solo di accompagnarmi nella mia prossima campagna.”
“Ci penserò.” Approfondì l’inchino, come se si stesse scusando.
Il sovrano gli fece gesto di alzarsi. “Ora andrò a riposare. Vieni più tardi nelle mie stanze, ho finito la medicina.”
“Sì, signore.”
 
I festeggiamenti di quella sera furono degni della vittoria conquistata. Le vivande non mancavano, c’erano vino e musica in abbondanza, le risate e la gioia sui volti di tutti. Dal suo posto, Nie MingJue partecipò attivamente alle celebrazioni, chiamando più volte dei brindisi ai compagni caduti e a quelli tornati, ai nemici sconfitti che si erano battuti lealmente e a chi aveva pregato per il ritorno dei propri cari.
Iniziarono le danze e Nie MingJue poté scorgere con divertimento il fratello, che cercava impacciatamente di tenere il ritmo con alcuni ragazzi e ragazze della sua età.
Esultando dalla sua posizione solitaria, incitò i musicisti ad aumentare la velocità solo per vederlo faticare ancora di più. Nie HuaiSang lo sapeva bene che il maggiore lo stava facendo apposta per metterlo in difficoltà, ma, anche incespicando, rideva ugualmente.
Una voce sulla spalla del sovrano gli indicò la figura candida del sacerdote cultuale, posta in disparte in una posa composta, che osservava le danze con sguardo rapito dai movimenti veloci e dalla musica, ma allo stesso tempo indifferente e immobile.
“Sire, penso stia aspettando voi.” Mormorò la figura del suo più fidato consigliere.
Meng Yao era un giovane dai tratti vivaci e i capelli castani, suo confidente da più tempo di quanto riuscisse a ricordare. Era la mente alle spalle di tutte le decisioni amministrative che Nie MingJue aveva preso in quegli anni, e per ora non si era mai pentito di avergli dato ascolto.
“Sembra terribilmente fuori posto, non trovi?” Commentò l’uomo, appoggiando il mento al pugno chiuso.
“Sbaglio, o non si è recato da voi oggi?” Chiese Meng Yao, con il suo solito sorriso statuario.
“Ha lasciato che riposassi tutto il giorno. Non ha voluto disturbarmi.”
“Premuroso.” Commentò, inarcando le sopracciglia con una nota sarcastica.
“Non dirlo con quel tono, Meng Yao. Dovresti parlarci, invece.” Disse Nie MingJue, senza staccare gli occhi dal soggetto dei loro discorsi.
“Temo non saremmo molto d’accordo su molte cose, signore.” Confessò lui, mentre Lan XiChen si voltava nella loro direzione. “Come sa, non vedo molto di buon occhio i seguaci del culto.”
“Però entrambi spiccate in queste occasioni, sempre così in disparte.”
In effetti era strano che Meng Yao gli fosse accanto in quell’occasione mondana, non era suo solito comparire in pubblico.
Il giovane stava per rispondere qualcosa, ma si ritrasse rapidamente, sparendo dal suo campo visivo, quando un servitore si avvicinò allo scranno da cui Nie MingJue osservava i festeggiamenti per portargli dell’altro vino.
 
La calma della notte regnava nei meandri della reggia, musiche e canti avevano lasciato il posto al frinire invadente delle cicale e all’ululato lontano di qualche cane randagio.
La fiamma ondeggiante della candela tingeva la sua stanza regale con note aranciate, gettando sulle pareti di pietra solo l’imponente ombra di Nie MingJue, intento a svestirsi.
Il suono cigolante della porta che veniva aperta e richiusa alle sue spalle colse la sua attenzione, nonostante avesse riconosciuto il passo leggero ed elegante.
Infatti, quando si voltò, la figura gentile del giovane sacerdote spiccava nell’oscurità proprio a pochi passi da lui.
“Non sei venuto, oggi.” Il suo non era un rimprovero, sebbene la sua voce naturalmente grave lo lasciasse pensare.
“Dormivate profondamente, ho preferito non svegliarvi.” Si scusò lui, abbassando leggermente la testa. “Vi ho portato la medicina.”
“Potevi lasciarmela, anche senza svegliarmi.” Disse, osservando la boccetta che Lan XiChen aveva appena posato sull’elegante scrivania della sua stanza. Era la solita, piccola ampolla che conteneva un liquido dall’intenso blu scuro. Poteva sembrare una sostanza densa a una prima occhiata, ma nella realtà era più sfuggente dell’acqua.
“Perdonatemi, mio signore, ma volevo accertarmi personalmente che la prendeste.” Il medico gli rivolse un sorriso colpevole.
Nie MingJue scosse la testa ridendo, mentre si avvicinava alla boccetta, stappandola e prendendone due sorsi come da regola. “Lan XiChen, se fai così inizierò a credere davvero che tu mi voglia avvelenare, come dice Meng Yao.”
Le labbra del giovane si incrinarono leggermente. “Gli avete parlato ancora?”
“Certo. È stato al mio fianco in ogni combattimento, con lui ho sempre le spalle coperte.”
“Avreste dovuto portare con voi più una quantità maggiore di medicine.” Disse con preoccupazione. “Non vi sono bastate per tutto l’assedio, sbaglio?”
L’iniziale silenzio di Nie MingJue rispose alla sua domanda. “Per questo dovresti venire con me la prossima volta.”
“Signore... Dovreste prendervi un periodo di tregua. Tutte queste guerre e questi scontri non aiutano di certo la...”
“Ho già i miei consiglieri militari, Lan XiChen. Inoltre so che il vostro è un culto di pace, non mi aspetto che tu capisca l’importanza di faccende così pratiche.”
Il sacerdote tacque, accettando l’avvertimento di quella nota velenosa.
“Avete ragione. Perdonatemi.” Chinò di nuovo la testa, mentre l’altro chiudeva e riponeva il suo medicinale.
Il sovrano si avvicinò a lui, sollevandogli il viso per guardarlo negli occhi. “Il mese prossimo, vieni con me. Ho sentito la tua mancanza.”
Nie MingJue sciolse il nastro bianco che gli legava i capelli corvini e slacciò le sue vesti candide, lasciandole cadere morbidamente a terra, scoprendo quel corpo nudo ed elegante, ornato interamente dai tatuaggi celesti che lo percorrevano mimando dei sinuosi rivoli di nuvola lungo le sue membra toniche.
Si perse a far viaggiare gli occhi scuri su quelle tracce, simboli tipici del Clan Lan diventati ormai così familiari ai suoi occhi in quasi due anni, prima di avventarsi a percorrerli in lungo e in largo con la propria bocca, ormai assuefatta al sapore dolcemente salato della sua pelle d’avorio.
 
 
 
 
 
Il Clan Lan era la setta erede di un culto ormai scomparso. I suoi componenti erano titolari di un sapere, tramandato da secoli di generazione in generazione, che andava dalla religione all’alchimia. Anche per questo a volte venivano considerati dei potenti stregoni dalle persone più comuni e semplici, sebbene fossero in realtà farmacisti dalla vastissima conoscenza.
A ogni appartenente al loro Clan, raggiunti i quindici anni, veniva tatuato su tutto il corpo quel motivo simile a un vortice, che partiva dalla base della nuca e proseguiva arrotolandosi con linee azzurre che si avvolgevano intorno alle braccia, al torso e alle gambe. Le uniche parti che venivano risparmiate erano il collo e il volto, che però veniva truccato in modo semplice ma tradizionale ogni giorno da quel momento.
Al compimento dei diciotto anni, ogni discepolo veniva assegnato alla famiglia reale di un determinato Clan, in modo che potesse affiancare il giovane erede al comando come medico e consigliere personale, oltre a quelli che spettavano già secondo le usanze dei singoli clan. Veniva presentato all’interessato, o interessata, durante una cerimonia particolare di cinque giorni, in cui i giovani erede e sacerdote avevano modo di venire a contatto e imparare come conoscersi l’uno dall’altro.
Poi, per i successivi due anni il ragazzo prescelto veniva formato in modo specifico dagli anziani Lan, prima dell’effettivo affidamento. I metodi di scelta erano ignoti e imperscrutabili per chiunque non fosse un anziano sacerdote Lan votato al rito da almeno quaranta anni.
Lan XiChen era il figlio maggiore del Capo Setta, e forse questo era uno dei motivi per cui era stato assegnato a lui, ma era solo una sua ipotesi.
L’aveva raccontato almeno mille volte a Meng Yao, Nie MingJue ricordava ancora chiaramente quei giorni.
 
Quando aveva posato gli occhi sulla figura esile ed elegante di Lan XiChen aveva pensato subito a quanto fosse sensuale.
La sua bellezza catturava gli sguardi anche degli altri ragazzi, rampolli di altri clan più o meno suoi coetanei. Nie MingJue aveva capito subito perché tutti si riferivano a lui come la Prima Giada.
I Meandri delle Nuvole, così si chiamava il luogo dove il Clan Lan educava i propri discepoli, era un luogo tranquillo immerso nella natura, così distante dei territori impervi del suo Regno Impuro. Nie MingJue aveva passato i primi due giorni a guardare il modo aggraziato in cui Lan XiChen si muoveva nei giardini fioriti, con la sua tunica leggera dalla linea mediterranea che lo avvolgeva come un velo, fasciando il suo corpo ma senza apparire volgare neanche a una mente perversa. 1 click
I ragazzi che dovevano essere assegnati stavano insieme, scherzavano in modo pacato fra loro, e se Nie MingJue non avesse saputo che erano tutti maschi, avrebbe certamente pensato che fossero un gruppo di giovani, bellissime ancelle. Forse anche per quello loro, Nie MingJue e gli altri giovani, non avevano il coraggio di avvicinarli, causando quindi gli sguardi divertiti e dolcemente frivoli dei giovanissimi sacerdoti.
Il terzo giorno avevano comunicato gli assegnamenti. Al giovane principe era saltato il cuore in gola quando gli era stato detto che il ragazzo che l’avrebbe affiancato dopo due anni sarebbe stato proprio Lan XiChen. Da quel momento, Nie MingJue aveva iniziato a svolazzare in modo più ravvicinato all’altro, ma senza invadere davvero il suo spazio: a volte gli lasciava un fiore dove sapeva che l’avrebbe trovato, poi si nascondeva per osservare la sua reazione. Lan XiChen, ovviamente, si accorgeva sempre di quando il ragazzo lo seguiva, magari nascondendosi dietro a una siepe o una colonna, e gli rivolgeva un enorme sorriso, infilando il fiore delicato fra i capelli corvini. Nie MingJue, d’altro canto, sentiva di poter iniziare a ringhiare a chiunque fra gli altri avesse osato posare lo sguardo su quel sacerdote che considerava già molto suo.
La mattina dell’ultimo giorno, a coronamento della cerimonia, con uno strumento di una lega particolare ai giovani Lan veniva inciso fra le scapole lo stemma del clan a cui sarebbero stati affidati. Quello era un passaggio a cui avrebbero dovuto assistere e di cui erano a conoscenza esclusivamente gli anziani, artefici stessi delle incisioni. Era una sorta di patto con le divinità a cui quel culto si rivolgeva e rappresentava un gesto di cui i ragazzi andavano profondamente orgogliosi.
Come ho detto, doveva essere una cerimonia riservata ai soli anziani e aveva luogo in uno spazio fuori dai Meandri delle Nuvole, distante da occhi indiscreti.
Nie MingJue però quella mattina era uscito per una breve caccia e, per un’incredibile coincidenza astrale, si era ritrovato proprio nel pressi di quel cerchio di persone. O meglio, non esattamente per caso, dato che la curiosità l’aveva portato ad avvicinarsi.
Aveva sentito delle grida laceranti attraversare il silenzio della vegetazione, così era corso in quella direzione.
Poi aveva visto la schiera di sacerdoti, si era nascosto e aveva osservato la scena: due ragazzi erano inginocchiati da una parte, ansimanti, con alcuni anziani a prendersi cura di loro e medicargli la schiena, mentre gli altri aspettavano con trepidazione il proprio turno per quella che agli occhi di Nie MingJue appariva come una tortura. Una sensazione di sgomento l’aveva avvolto, quando aveva realizzato che in ginocchio al centro del cerchio in quel momento c’era Lan XiChen.
Il ragazzo teneva la schiena dritta e le braccia stese ai lati del corpo, guardando fisso davanti a sé con le mani strette a pugno. Una donna anziana gli era arrivata alle spalle con quello che sembrava un ago da lana e, dopo averlo intinto in un liquido color smeraldo, l’aveva passato velocemente su una fiamma. L’ago era diventato di un azzurro quasi fluorescente, e in quel momento l’anziana l’aveva avvicinato alla schiena di Lan XiChen, iniziando lentamente a disegnare qualcosa fra le sue scapole. Il giovane sacerdote aveva stretto di più i pugni, probabilmente conficcandosi le unghie nei palmi, e si era immediatamente irrigidito. Dopo poco, il suo viso dai lineamenti perfetti si era accartocciato in una smorfia, le labbra avevano scoperto i denti serrati, e qualche altro minuto dopo non era più riuscito a trattenere un grido di dolore. La sua voce squarciò l’aria come una lama affilata e dolorosa.
Nie MingJue aveva fissato in silenzio tutta la scena, osservando il disegno che veniva fuori dalla pelle del ragazzo lentamente insieme alle urla graffianti, finché la sua mente non aveva ricollegato con profondo sconcerto quell’immagine al proprio sigillo. Rimase a guardare fino alla fine, flagellandosi il cuore a ogni lamento straziato che usciva dalla giovane gola del sacerdote.
Era ormai calato il sole sull’ultima sera, quando Lan XiChen aveva aperto la porta della propria camera e l’aveva trovato lì, seduto ad aspettarlo.
“Dovreste essere nella vostra stanza, a riposare. Domani vi aspetta un lungo viaggio.”
Quelle erano in assoluto le prime parole che gli aveva rivolto dal suo arrivo.
Nie MingJue aveva alzato la testa e l’aveva guardato con una determinazione mai provata prima. Lan XiChen aveva ancora il torso nudo, e sapere che sulla sua schiena adesso c’era anche il simbolo che adornava ogni vessillo nella sua città gli faceva provare uno strano insieme di emozioni, ma principalmente senso di colpa. Nie MingJue era scattato in piedi, mentre quello si richiudeva la porta alle spalle, già intuendo che avesse assistito a qualcosa che non doveva vedere.
“Forse... Non sono bravo nelle parole come nei gesti, però... Però volevo dirti, per quello che ti hanno fatto, che mi dispiace.”
“Ciò che mi hanno fatto è per me motivo di orgoglio.” Lan XiChen gli aveva sorriso sinceramente.
Ma il principe aveva esclamato con risolutezza. “Mi prenderò cura di te e di quel sigillo, a costo di sacrificare la mia stessa vita.”
Il ragazzo era rimasto senza parole qualche istante, con un’espressione incredibilmente stupita sul viso. “Vostra signoria, io... Non merito tutta questa attenzione da parte vostra, quello che mi è successo è perfettamente...”
“Voltati.” L’aveva interrotto, lasciandolo a bocca aperta.
Nie MingJue l’aveva fissato con intensità e decisione.
“Ho detto voltati.”
Non erano molto distanti, e quello sguardo non ammetteva repliche, quindi Lan XiChen si era voltato senza ribattere. Un istante dopo, i polpastrelli duri e ruvidi del giovane sovrano gli stavano accarezzando un punto ancora sensibile fra le sue spalle. Un sospiro.
A quella debole carezza a malapena accennata si erano sostituite le labbra carnose di Nie MingJue. “Ti proteggerò.”
Poi l’aveva avvolto fra le proprie braccia, affondando nel suo collo. Quando aveva risollevato la testa, il meraviglioso viso di Lan XiChen era così vicino...
L’aveva baciato, continuando a stringerlo con possessività e passione a lungo. Per quell’ultima notte non era uscito da quella stanza, colmandola con i loro respiri dolci e caldi.
 
 
 
 
 
Quei giorni di quattro anni prima sarebbero rimasti impressi nella sua memoria fino all’ultimo dei suoi.
Strinse ancora a sé il corpo arrendevole del sacerdote, mentre lo sospingeva verso il proprio baldacchino.
 
Un mese dopo, Nie MingJue stava nuovamente guidando il suo esercito verso una nuova meta.
L’assedio era iniziato già da cinque giorni, le riunioni con i generali erano all’ordine del giorno, i fumi di guerra si sollevavano fuligginosi dall’accampamento, e lo stendardo di una bestia dorata in campo pece sventolava accanto a ogni tenda.
Già molto sangue aveva impregnato i prati davanti alle mura della città senza notte, irrigando quelle terre fertili.
Nie MingJue, in tutto quel trambusto, non aveva ancora visto Meng Yao. Era certo che ci fosse, ma forse per la fretta degli attacchi, il confidente non aveva ancora avuto modo di presentarsi ufficialmente a lui. Il terzo giorno di assedio, preso da un magone di sconforto, il sovrano l’aveva anche cercato fra i cadaveri rimasti sul campo di battaglia, senza trovarlo.
Per fortuna, lo vide quel pomeriggio, appena uscito dalla riunione con gli altri generali. Il re riuscì quindi a parlare con lui de nuovi piani di attacco, prendendo nota anche di ciò che l’amico aveva da dirgli a riguardo.
Calò la sera, dopo aver segnato un altro vantaggio sulle truppe nemiche. Nie MingJue entrò nella propria tenda, dove trovò Lan XiChen intento a meditare, percorso da un sudore freddo e con il viso pallido.
“Lan XiChen? Hai... Hai la febbre?”
Quello sollevò lo sguardo sul comandante e abbozzò un sorriso. Non aveva combattuto, eppure aveva l’aspetto di un soldato dopo almeno tre mesi di guerra.
“No, sto bene. È solo che... Sento ogni singola anima attraversarmi, prima di lasciare questo mondo. È... Molto stancante.”
Il giovane Lan era legato a filo doppio alla scienza della vita e alla vita stessa. Inizialmente, Nie MingJue pensava che il non poter uccidere fosse solo una legge del loro culto strano, poi, con le spiegazioni dello stesso Lan XiChen, aveva capito che era una legge superiore a impedirglielo. Ogni volta che qualcuno o qualcosa lasciava questo mondo, l’anima passava attraverso quei sacerdoti, colpiti da un dolore più o meno forte a seconda della distanza dall’anima che abbandonava il proprio corpo.
Potete solo immaginare quindi lo strazio che era stato costretto a subire Lan XiChen in quei primi cinque giorni di assedio.
Nie MingJue si sentì colpevole di quel malessere. Il medico in quei due anni aveva sempre rifiutato di accompagnarlo in battaglia, ma per quella campagna Nie MingJue aveva insistito particolarmente, dato che sapeva sarebbe stata più lunga delle precedenti.
Il Clan Wen era uno dei più imponenti e da mesi minacciava il confine del Regno Impuro. Nie MingJue non poteva più permettere che quei cani sconfinassero a loro piacimento, saccheggiando le cittadine limitrofe che vivevano sotto lo stendardo di Qinghe.
Al di là della mancanza emotiva di cui avrebbe sofferto il sovrano, c’era anche l’eventuale termine delle scorte di medicinali, e non solo quelli delle sue truppe, quindi Lan XiChen era necessario in quella missione.
La cura che il medico si premurava così tanto di preparargli era una soluzione che agiva sulla coscienza di Nie MingJue, controllando i suoi umori. Da quand’era piccolo, infatti, il sovrano aveva sempre sofferto di una strana forma di instabilità, che a volte, in casi di particolare collera, poteva addirittura causargli delle allucinazioni.
E beh, potrete ben immaginare che un campo di battaglia non sia esattamente il posto più tranquillo della terra.
“Non mi avevi detto che avresti sofferto così tanto.” Lo guardò con preoccupazione, mentre si avvicinava.
“Mio signore, non rifiutavo i vostri inviti per divertimento.”
Quella frase aveva una nota di allegro risentimento, che fece inarcare le sopracciglia all’altro.
“Tuttavia, sono... Contento di poter essere al vostro fianco. Ora potrò non soffrire più per l’ansia e la paura di vedervi tornare sullo scudo, accogliendovi invece tutti i giorni.” 2
Il maggiore sorrise a quella dichiarazione. Il giovane era sempre così formale anche nella loro intimità. Nie MingJue non poté fare a meno di chiedersi se anche quella di non esporre mai troppo apertamente i propri sentimenti fosse una regola con un contrappasso per il Clan Lan.
“Pensi forse che non tornerò sempre vittorioso?” Ribatté con un tono scherzoso, per provocarlo.
Lan XiChen gli indicò semplicemente una nuova boccetta di vetro con un liquido blu simile a inchiostro, appoggiata accanto al letto del sovrano.
“Prendetela, è fresca.” Gli disse con un sorriso stanco.
Nie MingJue eseguì il suo ordine, sentendo già il sapore metallico del farmaco attraversargli graffiante la gola, anche se l’ampolla andava ancora stappata. Suggestione data dall’abitudine, forse?
“Sono sollevato. Oggi siamo riusciti ad avanzare più del previsto. Domani discuterò una nuova strategia con i generali, Meng Yao mi ha dato delle idee interessanti.”
A sentire quel nome, Lan XiChen trasalì. “L’avete rivisto?!”
“Sì! Iniziavo a temere che potesse essergli successo qualcosa, invece sta bene. Penso di non averlo mai visto meglio, in effetti!”
Il sacerdote si guardò le mani, mormorando. “Devo aumentare..
“Come?” Nie MingJue aggrottò le sopracciglia, non molto sicuro di aver sentito bene.
“Signore, dovete prenderne di più. Da domani, vi chiedo di aumentare di un sorso la vostra dose di medicina, o tutti questi scontri finiranno per destabilizzarvi.” Lo avvertì in modo concitato. “Anzi, forse è meglio che ne prendiate almeno due sorsi la mattina, anziché la sera.”
Nie MingJue si rigirò la boccetta fra le mani. “Preferisci quindi che io ne prenda solo un sorso adesso e due domattina?”
Lan XiChen annuì rapidamente.
“Aumentare la dose.. Pensavo fosse dannoso, non me l’hai detto anche tu?” Il giovane condottiero emise uno sbuffo divertito, poi continuò con tono scettico. “A volte ci penso. Tu sei comunque un estraneo nella mia famiglia, di un altro Clan persino. Inoltre ti occupi personalmente delle mie medicine, non sarebbe per niente difficile per te trovare il modo per uccidermi...”
Quello sgranò gli occhi, con un sudore freddo a velargli la pelle. Scattò in piedi senza pensare, profondamente ferito nei sentimenti, chiamandolo con rabbia. “Nie MingJue!
Tuttavia, per la debolezza perse l’equilibrio, quasi ricadendo in ginocchio se non fosse stato per l’altro, che, scosso da quel richiamo, aveva immediatamente posato la boccetta e si era lanciato a sostenerlo, appena in tempo.
Si aggrappò al corpo possente di Nie MingJue, che lo stringeva come se fosse qualcosa di incredibilmente fragile.
“...Però ricordo anche che hai sofferto per ore e ore solo per il mio sigillo.” Sussurrò, sorreggendolo e aiutandolo a ritrovare la forza nelle gambe.
L’espressione dolente di Lan XiChen si ammorbidì appena. “Lo spero bene...
“Vieni, andiamo a letto. Sei stanco.”
Nie MingJue lo aiutò a togliersi la semplice veste e sistemarsi a letto. Se non fosse stato quasi freddo, il guerriero avrebbe pensato a dei sintomi di febbre. Forse stare lì lo faceva stare molto peggio di quanto non desse a vedere.
Durante tutta la notte, Lan XiChen si strinse tremando al suo corpo, serrando i denti come se fosse in preda a degli incubi terrificanti.
 
Quando arrivò la mattina, il medico sembrava essersi finalmente calmato. Ora dormiva sereno, con il respiro regolare che stuzzicava dolcemente il collo dell’altro con il suo tepore.
Nie MingJue comunque era riuscito a riposare a sufficienza, quando arrivò a chiamarlo Meng Yao.
Il giovane dai capelli castani si affacciò all’interno della tenda dopo aver ricevuto il permesso a entrare.
Meng Yao non sembrò affatto stupito di trovarli nello stesso letto, né infastidito da quella vista. Forse era il fatto che Nie MingJue non aveva mai avuto segreti con lui, quindi non gli aveva nascosto il tipo di relazione, ben oltre il vincolo medico o cultuale, che lo legava al giovane, assopito placidamente al suo fianco.
“Sire, deve organizzare le azioni militari e le tattiche di oggi.” Gli comunicò formalmente Meng Yao. Poi, prendendosi quella confidenza su cui sapeva di poter contare dopo anni, aggiunse. “Potrebbe essere spiacevole se dovessero sollevarsi pettegolezzi fra i soldati, essendo a conoscenza della persona con cui condividete la tenda. Non si attardi troppo...”
Non era un segreto, infatti, che Lan XiChen avrebbe dormito nella sua stessa tenda, solo che la ragione ufficiale era quella medica. Sì, solo quella, perché se qualcuno avesse azzardato una ‘ragione religiosa’ si sarebbe levata una risata generale che avrebbe fatto tremare anche la terra.
Nie MingJue annuì, congedandolo con un gesto, poi si alzò facendo attenzione a non svegliare l’altro. Si vestì rapidamente e uscì, lasciando che Lan XiChen si svegliasse da solo.
 
Anche quel giorno i soldati di QingheNie si distinsero per valorosità sul campo di battaglia, guadagnando terreno e sconfiggendo decine di nemici. Le perdite erano state poche, il successo tanto. L’umore di Nie MingJue era decisamente alle stelle.
Salutò Meng Yao davanti alla propria tenda. L’amico gli era stato utile almeno un paio di volte sul campo, quel giorno.
Quando varcò la soglia, Lan XiChen non era nella sua solita posizione per meditare, ma piuttosto sembrava un rigido manichino vestito di bianco. Lo sguardo che aveva era terribilmente triste.
“Con chi stavi parlando, qui fuori?”
Nie MingJue si stupì di quell’insolita informalità, ma non riuscì davvero a rispondere, perché quello gli fece un’altra domanda.
“Non l’hai presa stamani, vero?”
Quello aprì di più gli occhi, non appena realizzò a cosa l’altro si stesse riferendo. In effetti era vero, aveva dimenticato di prendere la propria medicina.
“Hai ragione, sì. Non riaccadrà, ma per una volta cosa vuo...”
Non. Dirlo come se non fosse niente.” Disse tremando, come se facesse una gran fatica a parlare. Strizzò gli occhi, con il respiro pesante, poi sembrò rinvenire leggermente, correggendosi. “Dovete berla. Specialmente adesso, in queste occasioni, è più importante che mai. Non l’hai presa nemmeno ieri sera.”
“Ne berrò una intera più tardi allora, dov’è il problema?” Commentò con sarcasmo.
“Non scherzate! Una boccetta intera vi ucciderebbe!” Alzò la voce lui, ma si ritrovò a tossire violentemente.
Nie MingJue, già pronto ad alterarsi, tornò in sé. Gli andò subito vicino, tenendolo stretto in un abbraccio, e gli posò un bacio sui capelli.
“Va bene, va bene. Tranquillo, ora la prendo. Tu però devi riposare, mh?”
“Mh-mh.. Nie MingJue, ricordala... Anche ieri sera non...” La voce si affievolì, la sua gola era secca e dolorante.
“Sì, sì. Ora però non sforzarti, ho capito...”
 
 
 
“Dovreste allontanarlo, sire..” Gli disse Meng Yao, quando Nie MingJue gli riferì le condizioni in continuo peggioramento di Lan XiChen. “Ve lo dico da giorni.”
“Lo so, è quello che ho intenzione di fare.” Affermò, congedandosi dall’amico.
Dopo ogni giorno di battaglia, al suo ritorno, trovava il giovane Lan sempre peggio. Erano passati dieci giorni dall’inizio degli scontri, e il medico sembrava sull’orlo del collasso.
Entrando, vide il giovane sacerdote sfibrato. Sembrava stare sveglio per miracolo, come se avesse affrontato da solo un esercito intero. Non era riuscito neppure a mettere il solito trucco rituale né a legarsi i capelli, stringendo debolmente il nastro bianco fra le mani. Sembrava anche respirare a fatica.
“Lan XiChen..”
Quello abbozzò un sorriso stanco, la fatica ben evidente sui tratti del suo viso. “Come... Come è andata oggi?”
“Bene, sta andando tutto bene.” Si sfilò l’armatura, sistemandola con cura. Si specchiò su quelle placche metalliche macchiate di sangue e il senso di colpa lo colpì. “Sta andando molto meglio di quanto pensassimo. Finirà prima del previsto, quindi molto presto potrai tornare a Qinghe.”
“Aspettate... Intendete dire da solo?” Quello lo seguì con gli occhi, prima di scattare in piedi con enorme sforzo. “No! Non senza di voi!”
“Ti rimanderò a casa. Non puoi rimanere qui senza rischiare di morire!” Tuonò Nie MingJue, con severità.
“E le medicine? No, no, devo... Devo rimanere, sono l’unico... Che può farle...” Ansimò mentre parlava.
“Fra tre giorni partirà un gruppo diretto a Qinghe. In questo tempo, fanne il più possibile e poi vai via con loro.”
“Non. Posso.” Disse fra i denti, con gli occhi lucidi. “Non ho energia sufficiente a farne in grande quantità. Riesco a fare solo un piccolo estratto al giorno, e tu devi aumentare... Con tutto quel sangue, e quella morte... La… La tua mente...”
Al giovane tremavano mani e la voce mentre parlava. Le pupille dilatate sembravano quasi assenti, perse nei pensieri di un altro mondo.
Con un singhiozzo, crollò a terra stringendosi il petto, preda di una scarica di dolore che gli aveva attraversato le ossa.
“Lan XiChen!”
Nie MingJue si gettò accanto a lui, mentre quello boccheggiava a quella sensazione lacerante, cercando in qualche modo di sostenerlo.
“Ne prenderò meno, me la farò bastare! Ma tu non puoi restare qui!!” Gridò quello. “Manderò Meng Yao, gli farò preparare subito un trasporto e andrai via oggi stesso.”
Lan XiChen sembrò infuriarsi di più, nei limiti in cui la sua situazione permetteva. “Smettila! Non capisci che non puoi farlo fare a lui?!
Nie MingJue aggrottò le sopracciglia. “Ti sembra il momento per un attacco di gelosia?! È l’uomo più fidato che ho, è l’unico a cui potrei affidarti!”
Gelosia?” Il giovane fra le sue braccia emise una leggera risata che di divertito non aveva nulla. Anzi, sembrava pronto a scoppiare a piangere da un momento all’altro per la disperazione. “Non è lui l’uomo più fidato che hai. Sono io. Nie MingJue, io sono il tuo unico confidente!”
Il sovrano era senza parole. In un momento del genere, come poteva Lan XiChen fare una scenata simile?!
La sua voce grave tornò a rimproverarlo, finché un attimo dopo il medico non perse i sensi fra le sue braccia, troppo provato per riuscire a rimanere cosciente. Nie MingJue sbiancò, realizzando solo in quel momento che la situazione era molto più grave di quanto avesse pensato.
Stese il corpo del giovane sul letto, poi corse fuori dalla tenda e aggredì con una serie di ordini il primo soldato che trovò, intimandogli di preparare immediatamente un trasporto d’urgenza.
Pochi minuti dopo, Lan XiChen era a bordo di una carrozza diretta a Qinghe, e man mano che questa si allontanava i suoi tremori diminuivano e il respiro si regolarizzava, mentre le energie tornavano a scorrere rapide e calde nel suo corpo, facendolo risvegliare.
 
Nie MingJue crollò a sedere sul letto. Affondò il viso fra le mani, colpevolizzandosi di aver quasi fatto morire Lan XiChen e insultandosi per la propria sconsideratezza.
“Ve l’avevo detto che avreste dovuto allontanarlo prima, o non farlo proprio venire.”
Il sovrano sollevò di scatto la testa, trovandosi davanti la figura amica di Meng Yao.
“Avrei dovuto darti ascolto prima, come sempre. Maledizione.”
“E dire che lui continua anche a dire che non dovresti parlarmi.”
Nie MingJue gli scoccò un’occhiataccia omicida.
“Non ti ci vorrai mettere anche tu, adesso?! Come vedi, non è il momento di fare il geloso.”
“Non sto facendo il geloso. Nie MingJue, guardati. Sei a pezzi, con il tuo stato emotivo attuale, quale esercito saresti in grado di guidare?”
Stato emotivo?
Come risvegliandosi da una trance, Nie MingJue si allungò verso la boccetta e ne prese tre sorsi. Non la beveva da almeno tre giorni, non poteva rischiare che gli sforzi di Lan XiChen andassero perduti, dato che aveva rischiato la vita per lui.
“Inoltre, il fatto che non sia qui non potrà che giovare alla tua immagine.”
“Cosa intendi?”
“Hai visto come alcuni comandanti vi guardano con spregio, ogni volta che ti siede vicino. Alcuni dicono che stia solo aspettando il momento giusto per...”
“Cosa stai cercando di dire?!” Scattò in piedi, guardandolo irato. “Lan XiChen non lo farebbe mai!”
“Solo quello che anche voi avete intuito, sire. Che pensano sia una mezza manica con dei doppi fini.” Il giovane inclinò la testa con un’espressione affilata e la voce melliflua. “Non do loro torto. Dorme con te ogni notte, quanto ci impiegherebbe a tagliarti la gola?”
“Osi per caso contraddirmi?!”
Era la prima volta che Meng Yao lo contraddiceva in quel modo. Prima di rendersene conto, Nie MingJue aveva sfoderato la spada.
Una voce gli riecheggiò nelle orecchie. No! Nie MingJue, no! No! Fermati, ti prego!
Meng Yao gli sorrideva, pur sapendo di non poterlo battere in un combattimento. Era un ottimo commilitone, poteva coprirgli le spalle, ma batterlo? No, quello mai.
Neppure in un’altra vita avrebbe potuto.
“Non attaccherai mica un uomo disarmato?”
“Sfodera la spada, cane vigliacco!”
Nie MingJue! Non è..!
“Non è carino insultare chi ti è sempre stato vicino, da una vita. Solo perché non sai accettare un’opinione diversa.”
“Bastardo, tu..!” Si lanciò in avanti in un affondo, accecato dalla collera. Reale...
 
Un rivolo di sangue raggiunse la sua mano, per poi cadere a terra con qualche goccia cremisi.
Un’altra mano, pallida ed elegante, era appoggiata con dolcezza sulla sua. Qualche attimo, e la lucidità tornò nei suoi occhi, mentre la nebbia che prima gli offuscava la mente si dissipava in un soffio. La medicina doveva aver fatto finalmente effetto, liberando la sua psiche dai fumi della rabbia.
Da un lato, scaraventato a terra, c’era un ragazzo, uno dei suoi soldati più giovani. Aveva uno sguardo terrorizzato negli occhi, come se nei suoi quindici anni non avesse mai visto un mostro più feroce.
E Meng Yao dov’era? Dov’era finito quel vigliacco?
Sollevò gli occhi seguendo la scia di sangue che portava alla sua elsa, risalendo poi il braccio del proprietario di quella mano, e un sorriso così familiare si stagliò davanti ai suoi occhi, facendoglieli sgranare.
L’ha... L’hai presa...
Nie MingJue iniziò a tremare e perse la presa sulla spada, lasciandola cadere a terra.
Un alone iniziò a diffondersi rapidamente sulla stoffa bianca, macchiandola irrimediabilmente.
Sostenne il corpo debole che gli cadde fra le braccia, sporcando così anche i suoi vestiti. Si inginocchiò, non riuscendo a sostenersi. Spostò con le dita che tremavano senza sosta una ciocca di capelli corvini dagli occhi castani che continuavano a sorridergli con le labbra macchiate di sangue.
La voce gli uscì incredula. “No... No, Lan XiChen...”
Una lacrima cadde sul suo viso sereno e pallido, presto seguita da un’altra.
Va... Va tutto bene... Nie... Nie MingJue... Non piangere...” Lan XiChen sollevò debolmente una mano, per accarezzargli una guancia. “MingJue... Ricordati... Di berla...
Mentre il giovane parlava, il ragazzino salvatosi per un pelo, sotto shock, era corso fuori a chiamare aiuto.
Promettimi... Promettimi che... La prenderai...”
“La prenderò, sì, la prenderò. Te lo prometto!”
Bravo... bravo...” Le sue labbra si mossero per un’altra parola che poté solo intuire, mentre le sue palpebre si abbandonavano con tranquillità a un sonno più profondo.
Fra le lacrime, Nie MingJue si gettò a stringere di più il corpo esanime del giovane, continuando a mormorare. “Ti prego, devi rimanere qui, per ricordarmelo...”
Cercò con gli occhi la boccetta con la sua medicina, allungandosi per prenderla non appena l’ebbe trovata. La stappò velocemente, prima di berla tutta d’un fiato; dopodiché, scaraventò l’ampolla vuota lontano, frantumandola in mille scintille vitree da qualche parte.
Si chinò ancora, piangendo, sul suo petto intriso di sangue, piegandosi su di lui con un dolore che gli stava divorando l’anima. Dopo qualche istante, iniziò a sentire una sensazione ovattata invadergli il sangue, appesantendo e rallentando sempre di più il suo respiro.
L’ho presa, Lan XiChen... Ora non la dimenticherò più...
 
 



 
 
1 Per darvi un’idea (click me!), ma immaginandola con le decorazioni azzurre, l’avevo pensata come quella di destra.
2 Tornare con lo scudo o sullo scudo è un'espressione che io trovo particolarmente grafica dell’Antica Grecia per indicare l’esito di una battaglia per un soldato: se torna con lo scudo, sta tornando vittorioso; se torna sullo scudo, beh, potete intuirlo.










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Note dell’Autrice
Buon salve!
Dunque! Questa AU la volevo fare in salsa vagamente medievale, spero che come ambientazione lo ricordi un po', anche se non è ubicata in nessun luogo specifico del mondo. Per Lan XiChen, e il Clan Lan in generale, ho pensato a un culto in stile druido-celtico, ma anche con elementi più "mediterranei". E tutto ciò perché quella mattina mio padre aveva messo un CD di Enya (lei più di altri, ma è un tipo di musica che io AMO, btw), quindi mi andava di buttarmi su un genere così, un po' fantasy e un po' no.
Per Nie MingJue, invece, ho puntato tutto su una specie di schizofrenia, per quanto riguarda la presenza di Meng Yao. Non so se avete mai visto "A Beautiful Mind", ma il mio intento era di emulare (in modo orrendamente goffo, lo so) quel meccanismo. La medicina che gli prepara Lan XiChen serve appunto a quello, ma "a sua insaputa", perché beh, avete visto come reagiva Nie MingJue. Non so se sono riuscita a farlo notare, ma la situazione peggiora proprio perché, se ci fate caso, smette di prenderla.
Che altro dire.. Questa mi ha fatta piangere mentre scrivevo, soprattutto verso la chiusura, sapendo cosa stava per succedere. Però mi sono divertita un sacco a immaginare i giorni della cerimonia, e in generale una loro brevissima gioventù spensierata.

Siccome a me piace avere sempre un colpo in canna, questa era già pronta dopo la scorsa NieLan. Avendo lanciato il guanto di sfida, Lilith, questa sarà una battaglia all'ultimo sangue in cui l'unica a morire sarà probabilmente Deb, AHAHAH.
Comunque, passando ai saluti, ringrazio vivamente la mia immancabile beta, per la pazienza; Evelyn, per sopportare i quintali di conigli, le mie due bimbe preferite che ho citato sopra, Deb e Lilith, e chiunque altro leggerà e deciderà di commentare qui sotto rendendomi la persona più felice della Terra.

Via, un abbraccio forte a tutti, ci si legge presto!

Athelyè ~ 
   
 
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