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Autore: Fragolina84    22/04/2020    0 recensioni
Sequel di Ombre nella nebbia, pubblicata in questa stessa sezione.
Steve e Nicole sono protagonisti di una nuova avventura che stavolta li porterà a dover fare i conti con una loro vecchia conoscenza. Nicole si troverà in grande pericolo e suo marito Steve farà di tutto per salvarla.
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Steve McGarrett
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I miei Five-0'
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Dopo anni di silenzio, torno a pubblicare su questo sito.

Questa fanfic è il seguito di Ombre nella nebbia:
in questa nuova avventura, i coniugi McGarrett dovranno fare i conti
con una loro vecchia conoscenza.
Nicole sarà in grave pericolo e Steve,
nel suo solito stile, farà di tutto per salvarla.
Buona lettura! 

 
Le acque del Pacifico sembravano di lava fusa, accese com’erano dei caldi bagliori del tramonto. Nicole adorava vivere in quel luogo: le Hawaii offrivano ogni giorno paesaggi da cartolina, ma era difficile riuscire ad abituarsi alla ricchezza di quei luoghi magici.
Era seduta in veranda e sorseggiava una bibita ghiacciata. Steve era rientrato in ritardo e stava aspettando che fosse pronto, dato che quella sera dovevano uscire a festeggiare il compleanno della madre di Nicole, Iolana, che compiva sessant’anni.
Nicole e Steve erano sposati da due anni. Con un passato da Navy Seal, Steve comandava la speciale task force anticrimine denominata Five-O, voluta personalmente dal Governatore. Nicole era stata aggregata circa otto mesi dopo che la squadra era stata formata con elementi che Steve aveva selezionato personalmente sul campo.
Lei era l’unica che gli fosse stata imposta dal Governatore che l’aveva tolta dal suo incarico a bordo della USS Lincoln e aggregata al team come esperta informatica. Steve ci aveva messo poco a capire che le sue mansioni non potevano esaurirsi lì. Era bravissima nelle operazioni sotto copertura pertanto i computer non erano il suo solo ambito di specializzazione nei Five-O.
Il comandante McGarrett ci aveva messo ancor meno ad innamorarsi di lei. Nicole era una bella ragazza con il fisico atletico, capelli castani con riflessi bordeaux e un paio di occhi dal taglio a mandorla di un inusuale e particolarissimo colore viola. Ma se in un primo momento era stato il suo aspetto fisico a colpirlo, in lei aveva trovato una donna capace di riempire un vuoto. Quello lasciato da una madre morta in un incidente d’auto quando aveva sedici anni, da un padre assassinato due anni prima, da una storia d’amore conclusasi con un abbandono da parte di Catherine. Nicole aveva preso tutti i cocci e li aveva incollati insieme, restituendogli un’integrità che aveva smarrito, problema che nascondeva a chiunque dietro una facciata da duro.
I passi sulle scale annunciarono l’arrivo di Steve.
«Eccomi, sono pronto» disse, affacciandosi sulla veranda.
L’appuntamento era presso un localino un po’ fuori Honolulu dove servivano tutti piatti tipici. Steve si era vestito in modo informale e indossava un paio di pantaloni neri di cotone leggero che mettevano in risalto le sue lunghe gambe e una camicia azzurra leggermente aperta sul petto.
Nicole si alzò. Lei indossava un vestito in fantasia con fiori azzurri su sfondo bianco. Aveva una profonda scollatura sulla schiena che metteva in risalto un’ampia porzione di pelle color miele e le arrivava al ginocchio. Portava un paio di sandali bianchi e piroettò davanti a Steve per fargli ammirare il proprio abbigliamento.
«Sei deliziosa» mormorò lui, abbassando la testa per baciarla.
Ci vollero venti minuti per raggiungere il ristorante e nel frattempo un violento acquazzone si abbatté sulla città. Non era inusuale, ma Nicole brontolò irritata: non voleva bagnarsi il vestito e i sandali.
Quando arrivarono nel parcheggio del ristorante, pioveva ancora.
«Resta in macchina» raccomandò Steve. Scese in fretta e aprì il baule, tirando fuori l’ombrello. Poi si avvicinò alla sua portiera e la fece scendere.
«Che galanteria» sussurrò ammirata lei e Steve ammiccò.
«Il meglio per la mia donna».
Si avviarono a braccetto sotto la pioggia scrosciante. Il locale era piccolo e l’esterno trascurato non rendeva giustizia a ciò che Nicole sapeva esserci all’interno né alla bontà della cucina. La facciata era di mattoni a vista, con crepe e incrostazioni, e la piccola veranda di legno era usurata e consunta. Proprio davanti all’ingresso c’era un’enorme pozzanghera e Steve bloccò la moglie. Le porse l’ombrello e lei lo prese, chiedendosi perplessa cos’avesse intenzione di fare.
Con un movimento fluido e veloce la sollevò fra le braccia e si tese per scavalcare la pozza d’acqua. Nicole ridacchiò quando la mise giù all’asciutto sulla veranda. Chiuse l’ombrello e lo infilò nel contenitore accanto all’ingresso.
«Potevamo semplicemente aggirarla» fece notare lei.
«E perdere l’occasione di mettere le mani su di te?»
Nicole fece un passo verso di lui e, alzandosi in punta di piedi, lo baciò. Aderì a lui per un momento, schiacciando le sue forme contro il corpo solido di Steve. Quando si staccarono, lui sogghignò come un ragazzaccio.
«Se l’avessi fatto a casa, stasera non saremmo usciti» borbottò.
Lei lo colpì scherzosamente al petto, ridendo della sua espressione.
Entrarono nel locale, restando come sempre colpiti dalla differenza con l’esterno. Dentro, il ristorante era curatissimo con luci soffuse e colorate che creavano atmosfere eteree e sognanti che somigliavano molto ai quadri che dipingeva Nicole.
Davanti a loro c’era una giovane donna in costume tradizionale con il gonnellino di rafia e un tankini a fiori. Un enorme fiore di ibisco le tratteneva i capelli su un lato del capo. Sorrise e li salutò.
«Buonasera, signori McGarrett» disse con voce squillante. «Vi abbiamo riservato il solito tavolo».
Ci andavano abbastanza spesso da essere riconosciuti e avere un “solito” tavolo.
Steve ringraziò e porse il braccio a Nicole. Insieme scesero la scala ripida che portava alla sala sotterranea. In origine era una locale di contrabbandieri e il proprietario aveva cercato di mantenere lo stile buio e misterioso, con luci posizionate in posti strategici e i tavoli divisi da separé o sistemati in appositi spazi separati.
Non c’erano finestre, sostituite da numerosi acquari con pesci tropicali che davano l’impressione di trovarsi sul fondo dell’oceano.
Il loro era un tavolo d’angolo, su una pedana rialzata. Iolana era già lì, in compagnia di Alex, il fratello più piccolo di Nicole, e della compagna di lui, Lisa. Era una haole, una nativa del continente, con i boccoli biondi e gli occhi nerissimi. Convivevano da un anno e, sebbene prima di allora Alex avesse mostrato una certa promiscuità in fatto di donne, con Lisa stava dimostrando di sapersi impegnare in qualcosa di serio.
«Scusa il ritardo, Iolana» mormorò Steve, baciandole la guancia. «Ci sono stati problemi al lavoro, tanto per cambiare».
Lei sorrise. Era ancora una splendida donna, con la pelle liscia e vellutata. Somigliava tantissimo a Nicole, eccezion fatta per il colore degli occhi, e Steve sperava che anche sua moglie sarebbe invecchiata allo stesso modo.
«Tranquillo, siamo arrivati da poco anche noi» replicò lei.
«Buon compleanno, mamma» la salutò Nicole, porgendole un pacco incartato con un enorme fiocco dorato.
«Sei incantevole, bambina» disse Iolana, approvando la scelta del vestito. «Tu che ne pensi, Steve?»
«Penso che mia moglie abbia preso tutto da sua madre» rispose.
Iolana lo colpì scherzosamente sul bicipite, ma si vedeva che era lusingata dal complimento.
Fu una piacevole serata di risate e allegria. Alla fine Iolana aprì i regali. Nicole le aveva preso una borsa di Cavalli, mentre gli altri le avevano regalato un braccialetto d’argento.
«Allora, Steve: quand’è che tu e Nicole avete intenzione di farmi diventare nonna?»
L’uomo circondò le spalle di Nicole con il braccio, facendo tintinnare i cubetti di ghiaccio nel bicchiere di Jägermeister.
«Siamo sposati da due anni appena. Possiamo permetterci di pensarci ancora un po’» rispose.
«Non vorrai che ci pensiamo noi, vero?» intervenne Alex e sua madre gli lanciò un’occhiataccia.
«Tu intanto pensa a sposarti».
Nonostante ormai la convivenza fosse un dato di fatto e anche Nicole avesse condiviso la casa con Steve prima del matrimonio, Iolana restava del parere che fosse più opportuno sposarsi prima di vivere sotto lo stesso tetto.
Terminata la cena, Iolana e le due coppie uscirono e si salutarono nel parcheggio. Alex avrebbe riportato a casa sua madre sicché Steve e Nicole salirono sulla Camaro e si avviarono verso casa. Erano appena partiti quando Nicole, nonostante la scomodità della consolle centrale, si appoggiò alla spalla del marito. Slacciò un bottone della camicia e infilò la mano, sfiorando con le dita i pettorali lisci di Steve.
«È stata una bella serata, vero?» disse, tendendosi per baciargli il collo.
«Piccola, stai cercando di farci finire fuori strada?»
«Ti sto distraendo?» sussurrò, sfiorandogli l’orecchio con la punta della lingua.
Lui rabbrividì. La strada era completamente deserta e Steve girò appena la testa per baciarla, ma lei si affrettò a tornare al proprio posto, allacciandosi la cintura.
«Non ci stiamo comportando da persone responsabili» disse. «Prometto di fare la brava» aggiunse, sollevando però la gonna e scoprendo un po’ le cosce.
Steve sogghignò e allungò una mano per posarla sulla sua gamba. La sollevò piano verso l’alto, ma la donna accavallò le gambe, intrappolandogli la mano fra le cosce. Steve non disse nulla, ritirando la mano solo quando si rese necessario cambiare marcia.
Giunti a casa, Steve parcheggiò nel vialetto d’ingresso ed entrambi scesero. Nicole rovistò nella borsa per prendere la chiave e, mentre la infilava nella serratura, Steve le arrivò alle spalle e la bloccò contro la porta, scostandole i capelli per baciarle il collo.
Lei reagì con un movimento velocissimo, voltandosi nel suo abbraccio e porgendogli la bocca. Steve si avventò su di lei in un frenetico mescolarsi di respiri. Si abbassò senza interrompere il contatto e le infilò una mano sotto il vestito, accarezzandole l’esterno coscia e risalendo fino a riempirsi la mano con la soda rotondità del gluteo.
«Tesoro, siamo sulla porta di casa» mormorò lei, inarcando la schiena per schiacciare il seno contro il suo petto.
L’uomo cercò a tentoni la chiave ancora nella toppa, la girò e sospinse Nicole all’interno. Chiuse la porta con il piede e Nicole lo spinse contro il battente.
«Che tipo di afrodisiaco c’era nel tuo piatto stasera?» chiese la donna, circondandogli la nuca con le braccia.
«Sei tu il mio afrodisiaco» mormorò in risposta, abbassando la testa per sfiorarle la spalla nuda con la bocca. Le circondò la vita sottile con il braccio e Nicole sentì i suoi muscoli tendersi e guizzare mentre la sollevava.
«Non chiedermi di portarti di sopra. Non ci arriverei» sussurrò, stringendola a sé tanto da farle percepire con chiarezza la sua eccitazione trattenuta dai pantaloni.
La fece sedere sul tavolo della sala, con la luminescenza della risacca che brillava fuori dalle vetrate.
«Ci tieni molto a questa camicia?» gli chiese lei e quando Steve scosse il capo ne afferrò lo scollo e la strappò. Infilò le mani nell’apertura, accarezzando le forme lisce e solide del suo corpo. Steve agganciò le mutandine di lei con gli indici e gliele tolse, facendole scivolare lungo le gambe.
Nicole lo attirò a sé afferrando la fibbia della cintura, muovendo febbrilmente le dita per scioglierla. Quando ci riuscì, aprì il bottone e abbassò la cerniera. Steve le allontanò bruscamente le mani quando lei scostò i boxer e lo circondò con le dita, consapevole che se solo avesse insistito un po’ sarebbe finito tutto ancor prima di cominciare.
Steve la spinse con delicatezza indietro e affondò in lei. Nicole agganciò le caviglie dietro la sua schiena, muovendosi per assecondare ogni spinta.
Fu tutto estremamente rapido per entrambi. Poi rimasero immobili, ansimando per riprendere fiato, storditi dalla potenza della passione che li aveva travolti.
Nicole lo attirò a sé per un bacio lungo e profondo.
«Hai preso subito in considerazione l’idea di accontentare mia madre con un nipotino, eh?» domandò.
Lui sogghignò: «Tesoro, per quanto io sia convinto che la meccanica sia la stessa, non credo che farlo sul tavolo del soggiorno sia il modo migliore per mettere al mondo una creatura».
L’aiutò ad alzarsi ed entrambi si rassettarono i vestiti.
«Ti rendi conto che non ti ho mai aggredito in questo modo nemmeno quando eravamo fidanzati?» domandò lui, mentre salivano al piano di sopra.
«Pensa a cosa ci siamo persi!» esclamò lei, facendogli la linguaccia. Si spogliarono e si misero a letto, e Steve la prese fra le braccia, coccolandola con delicatezza finché il sonno li prese entrambi e si addormentarono.
  
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