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Autore: breezeblock    22/04/2020    7 recensioni
Non sapeva dire con esattezza quando si era perso. Sta di fatto che adesso faticava a ritrovarsi, tra quei ricci ribelli e morbidi, tra i lembi di stoffa del suo vestito color indaco, nell’incavo del collo che il suo maglione largo lasciava scoperto, nella sua bocca che sapeva di tè al limone. Si era perso in quel labirinto che sapeva di lei, c’era scivolato dentro e adesso annaspava per trovare una via d’uscita. [...]
La Granger alimentava i suoi desideri con i fiammiferi e poi li estingueva con secchiate di acqua gelida, tutto con la stessa bocca carnosa maledetta. [...] Sarebbe finito al San Mungo entro la fine dell’anno, di questo era ormai certo.
IN REVISIONE
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Nuovo personaggio | Coppie: Draco/Hermione
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Muggle Studies - The Years '
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Muggle Studies 
 
 

1.
I DONT' KNOW WHY I DO IT
CAUSE IT MAKES ME FEEL ROUGH
BABY I AM JUST A RUIN 

AND I AM RUINOUS 
 


Se non fosse stato per Pozioni e il Quidditch, in cui persino le antichissime mura di Hogwarts avrebbero riconosciuto la sua incontrastata bravura, Draco Malfoy si sarebbe sentito uno studente qualunque, probabilmente coi riflessi lenti e senza senso della misura. Ciò nonostante gli era apparso sempre un po’ liberatorio constatare come di fronte all’eroe Grifondoro per eccellenza, il mancato erede di Serperverde fosse effettivamente uno studente qualunque. Non gli dispiaceva a volte starsene in disparte senza dare nell’occhio o senza essere incolpato per crimini che non sarebbe mai riuscito a commettere. 
Lui veniva sempre messo in mezzo al momento sbagliato; d’altronde, con un mangiamorte come padre non poteva aspettarsi trattamento diverso. 
 
Malfoy era tristemente famoso per i successi e i fallimenti a lui antecedenti, di cui però aveva ereditato le conseguenze come si eredita un vecchio libro di famiglia o un dipinto raro sopravvissuto agli eventi naturali e passato di generazione in generazione. Tutto in Draco Malfoy ricordava un sangue di cui le sue mani non si erano mai macchiate ma che comunque sporcava ad ogni passo, come una macchia indelebile sotto la suola delle scarpe.
Così, c’erano giorni in cui si allontanava dal chiacchiericcio indistinto degli studenti, e se ne andava a bighellonare per conto proprio senza che Blaise o Tiger gli facessero da ombra. Ultimamente avvertiva un desiderio crescente di agire, pensare, respirare, senza che ci fosse qualcun altro a scegliere e a respirare per lui.  Desiderava avere la possibilità di sbagliare, di disporre di tutte le eventualità possibili e poter decidere quale assecondare, pescare dal mazzo di carte ad occhi chiusi ma con la sua mano pronta ad estrarre quella desiderata. 
Si ritrovò a pensare a questo e ad altro, aspirando avidamente una sigaretta nel giardino interno di Hogwarts. I professori erano nella Sala Grande, attenti che nessuno oltrepassasse i limiti della decenza durante le danze del secondo Ballo del Ceppo. Una volta uscitone indenne al quarto anno credeva che non sarebbe stata un'esperienza che avrebbe ripetuto tanto presto, eppure, a guerra finita sembrava che ogni scusa fosse buona per riunire la comunità magica. 
Gazza e qualche altra guardia sguinzagliata da Karkaroff erano stati messi a sorvegliare le carrozze e la nave di Durmstrang attraccata al molo, perciò Draco poteva anche non preoccuparsi di venir colto in fragrante tra una boccata e l’altra.
La ragazza che sua madre le aveva scelto per farlo da accompagnatrice,  l’aveva lasciata a ballare in compagnia delle sue amiche francesi chissà dove, dileguandosi con una pessima scusa che tanto era sicuro la ragazza non avesse capito perché il suo francese era pessimo e l’inglese di lei ancora di più. Non gli dispiacque affatto, perché a differenza dei suoi compagni di dormitorio, soprattutto a differenza di Blaise, Draco non aveva intenzione di passare la sera a ballare e tentare invano di sedurre ragazze. La sigaretta era l’amante più soddisfacente che quella sera poteva soddisfarlo.
La sua verginità l’aveva persa in un modo squallido l’estate prima del suo quarto anno ad Hogwarts con una ragazzina sua coetanea, appartenente a una famiglia purosangue che a pensarci non ricordava neanche più il nome. Era venuta a far visita ai Malfoy dall’America, durante una delle ennesime feste tra famiglie Purosangue organizzate nelle ville più buie e oscure d’Inghilterra. Quell’anno era toccato alla Malfoy Manor. 
Non sapeva cosa fare la maggior parte del tempo, forse perché la serra era effettivamente un luogo un po’ scomodo per i dilettanti, quindi si era semplicemente limitato a baciare senza trasporto, a toccare con poca convinzione (non avrebbe mai ammesso si trattava di timore), a muoversi meccanico e impacciato, con nessun senso del ritmo e con nessuna vera consapevolezza della presenza dell’altra persona, che comunque era esperta la metà di lui, e per questo infine non fu un granché per nessuno dei due. Si congedarono alla fine dell’estate con un fulmineo bacio sulla guancia e un segno di assenso, segretamente trionfanti nel loro imbarazzante saluto, e soddisfatti di aver fatto un’esperienza in più rispetto a molti altri loro coetanei. Si sarebbero vantati in sere qualunque nei dormitori, arricchendo la storia di particolari sconci palesemente inventati per celare l’inesperienza.
Con Pansy Parkinson aveva avuto il modo di migliorare, a detta di lui. La piccola Serpeverde non gli parlò mai della sua prima volta, ma quando la conobbe carnalmente sembrava già abbastanza navigata. Dall’inizio del quarto anno Draco aveva imparato più cose sul piacere femminile di quante ne sapeva solo due mesi prima. Se c’era una cosa che aveva capito di Pansy era che conosceva bene sé stessa e sapeva quel che voleva. Il che gli semplificò molte cose. 
 
 
Ripensando meglio alla sua prima volta, Draco constatò che nemmeno in quel caso aveva tradito la fiducia di suo padre e l’immagine che Lucius aveva disegnato per lui: era andato con una purosangue, e per giunta membro di una famiglia vicina alla propria, un inizio perfetto per qualsiasi matrimonio tra maghi puri. 
Rabbrividì al solo pensiero, e poi rise di sé stesso, immaginandosi come quelle donne del Settecento costrette a sposarsi per volere di un padre padrone oppure chiuse in un convento. Avrebbe di gran lunga scelto un convento, disse tra sé e sé, ma poi osservando la Granger schizzare fuori dal portone principale singhiozzando, pensò che forse il convento non era proprio posto per lui.
In un momento di lucidità si chiese come mai la vista della Granger avesse indotto quel simile pensiero: da qualche tempo a quella parte, le domande che avevano la Granger come incognita non lo stupivano più, né lo facevano adirare poi così tanto con sé stesso. Questo accadeva già da un po’, fin da quando dal quarto anno cominciò ad osservarla più attentamente, mentre incedeva con passo fiero per i corridoi della scuola insieme a quei due mastini sbavanti.  
Per molto tempo questo pensiero lo fece vergognare di sé stesso, incoraggiato com'era all’odio più puro e incondizionato, ma era arrivato a un punto in cui non poteva più fermarsi, e pensare a lei era fin troppo facile.
Era come soffermarsi a immaginare qualsiasi altra studentessa e inventare chissà quali scenari indecenti. Figurarsi se una ragazza di origine babbana e tutte le proibizioni del caso non erano un presupposto magnifico per le sue fantasie erotiche impossibili. E poi non poteva negare che la Granger fosse bella, insopportabile come le maledizioni senza perdono, certo, ma comunque bella. 
Le lezioni di Difesa contro le Arti Oscure erano diventate le sue preferite, perché il suo banco era proprio davanti a quello di Draco. Granger portava i capelli sempre sciolti il giovedì, e quei ricci indomabili finivano anche sul suo banco, la piuma d’oca vi si imbatteva di tanto in tanto nel prendere appunti e l'inchiostro finiva per sporcarle qualche ciuffo. E così, a circa metà lezione sprofondava sempre nello stesso sogno, immaginando come sarebbe stato sfiorarla, farle sollevare il collo quel tanto che bastasse per esporlo alla sua bocca, e con questa tracciare il contorno delle spalle. 
«Che ci fai tu qui?» 
«Cacchio Granger, non sai che è pericolosissimo sbucare all’improvviso vicino a una persona assorta nei suoi pensieri?» Draco sobbalzò un pochino e lasciò cadere a terra la sigaretta ormai arrivata al filtro. 
Incredibile come persino quando aveva i suoi problemi, il fiuto della ragazza nello scovare oggetti maledetti e persone colpevoli era infallibile. Doveva averlo intravisto la sua ombra appena uscita, ed essendo un’inguaribile ficca naso doveva aver seguito l’origine del fumo. 
La Grifondoro sorrise impercettibilmente per la reazione di Malfoy, una reazione che risultò strana a entrambi. Doveva aver preso un gran palo, si convinse il ragazzo, per avere avuto quella reazione così spontanea davanti a lui ed essersi dimenticata di sfoderare la solita maschera di gelo e indifferenza abitualmente riservatagli.
«Scusami, la prossima volta mi farò annunciare con le trombe» gli rispose vagamente divertita. La Granger che faceva una battuta e per giunta rivolta a lui! Forse aveva bevuto troppo. 
Più la osservava, più lo divertiva pensare che la Granger stesse concentrando tutti i suoi anni migliori dietro ai libri per sperare di eguagliare e superare quelli nati da famiglie di maghi, quelli come lui. Lo trovava divertente, si, ma anche tenero. No, non tenero, buffo! Lei era una ragazza buffa, e quel suo disperato tentativo di piacere, di sentirsi accettata in un mondo in cui non era nata lo faceva sentire speciale, uno di quelli da invidiare, di nuovo al centro di quei riflettori che non aveva mai desiderato. Nonostante la sua millantata bravura, Granger non era riuscita a nascondere la sua crepa più profonda a lui, che per arrivarci aveva solo dovuto osservarla parecchio, ai limiti dell’ossessione durante le ore perse in biblioteca nel corso degli anni. Alla fine però c'era arrivato e lei era diventata il suo puzzle preferito. 
Quello che comprese dopo attente e scrupolose osservazioni, era che  Granger non aveva molta autostima, al contrario, era una grande attrice, perché riusciva a darla da bere a tutti con quella sua finta aria da snob e da sottuttoio
«Noi maghi non diamo mai troppa importanza a babbanologia» finì poi per concludere.
«Scusa, come?» Hermione lo guardò visibilmente confusa.
«Niente, ragionavo ad alta voce»
«Quindi te ne stavi qui fuori a fumare e a pensare al mondo dei babbani?»
In un certo senso era la verità, ma si limitò a scrollare le spalle e ad accendersi un’altra sigaretta. Non le avrebbe dato la soddisfazione di aver centrato il punto ancora una volta. 
«Ne vuoi una?» 
La ragazza lo osservò accendersi la sigaretta con dei gesti che ormai gli venivano automatici. Quell’intrusa, calda e seducente se ne stava appollaiata in un angolo della sua bocca carnosa a farle gola.
Due eterni nemici in una sera in cui si respirava tregua.
Hermione pensò a lungo al modo accattivante in cui Malfoy compì quei gesti a lui così naturali, e rispose solo dopo che il Serpeverde fece due intense boccate. Si guardò intorno per assicurarsi non ci fosse nessuno, si sedette nello spazio di due colonne e infine assentì. 
Draco le offrì la sua sigaretta arrivata già a metà e poi ci fu silenzio, frammenti di tempo in cui nessuno disse nulla. Draco temeva le sue reazioni, in quel momento più incontrollate che mai a quanto pareva, e non voleva fare scenate. Perciò mise da parte le provocazioni, anche perché la ragazza gli sembrava già abbastanza messa male senza che lui ficcasse il naso nei suoi affari. Lo avrebbe volentieri messo nell’incavo del suo seno, straordinariamente visibile e stretto in quel vestito color indaco. Draco pensò alla parola straordinario perché effettivamente tutto di lei in quel momento, persino la loro conversazione, non aveva nulla delle ordinarie sembianze che avevano di solito. Scosse la testa a quel pensiero, sforzandosi di conservare quelle fantasie da adolescente infiammato a quando sarebbe stato nuovamente solo. Granger interpretò quel gesto come impazienza perciò nonostante fosse leggermente contrariata di dover condividere quella sigaretta mezza usata, la prese e se la portò alle labbra. Draco se ne riaccese un’altra in pochi secondi, ed entrambi rimasero assorti nei loro pensieri per qualche minuto. 
«Quindi me lo dici perché sei qui?» Hermione lo pressò di nuovo, e se Draco non avesse subito capito che lo aveva fatto soltanto per parlare e seppellire quel silenzio imbarazzante, probabilmente l’avrebbe spedita in infermeria con una fattura. Odiava essere incalzato, non sopportava doversi adeguare ai tempi degli altri.
«La festa è noiosa e dentro non si può fumare».
«Sei stato...scaricato?»
«No Granger, volevo solo fumare, e tu?» si pentì subito dopo aver pronunciato quelle parole. Evidentemente però il modo cauto in cui le aveva posto la domanda non la agitò come succedeva quando si scambiavano qualsiasi parola o sguardo truce. Quindi, dopo un colpo di tosse dovuto a quella che Draco aveva intuito fosse la prima volta in cui fumava (il pensiero lo fece inspiegabilmente sorridere), l’orgogliosa Grifondoro, dimentica del suo orgoglio, si decise a parlare. 
«Ho litigato con Ron e Krum preferisce bere e divertirsi con i suoi vecchi amici piuttosto che con me» 
Krum era un completo idiota; non solo era riuscito ad invitare Hermione Granger al Ballo del Ceppo, ma ci era riuscito per la seconda volta! E nonostante questo, preferiva divertirsi con i Serpeverde, come aveva lui stesso sperimentato una delle scorse sere in cui il bulgaro aveva fatto irruzione nel loro dormitorio e creato scompiglio tutta la notte.
Ciò nonostante non credeva che una come Hermione Granger sentisse il bisogno di bere e divertirsti come ogni essere umano. Quelle erano due attività che fino a quel momento Draco non avrebbe di certo messo insieme ad Hermione Granger nella stessa frase.
Lo sguardo della Grifondoro lo incitava a dirle qualcosa perciò non divagò ulteriormente su quelle considerazioni e cercò di mettere in fila parole di senso compiuto. Non era bravo a sollevare il morale delle persone, primo perché non gliene era mai importato un fico secco e secondo perché era sicuro che se ci avesse provato avrebbe fallito miseramente. Non era bravo con le parole, era bravo solo a fare pozioni e a prendere boccini d’oro in assenza dello Sfregiato, che quando c’era si fregava tutta la gloria con quella sua fortuna innata del sopravvissuto.
«Chi ha detto che non puoi divertirti da sola? Cioè, non che devi farlo per forza da sola ma a volte è necessario sai quando non hai qualcuno per...cioè voglio dire...»
Ecco perché non era l’erede di Serpeverde.
«Ho capito Malfoy, grazie…credo». Gli rispose a bassa voce, spegnendo la sigaretta con il tacco della scarpa. Draco imitò quel gesto e poi si mise le mani in tasca, cercando di riacquistare quel briciolo di dignità che si era fumato insieme alla sigaretta. 
«Beh, per fortuna ho preso questa mentre uscivo, ma sembra che non debba scolarmela tutta da sola». 
Alla vista della bottiglia di Gin fino ad ora nascosta dietro il corpo della Grifondoro, Draco realizzò che c’erano ancora molte cose che delle ragazze gli rimanevano oscure. O meglio, c’erano ancora cose della Granger, a rimanergli oscure. 
La bottiglia di Gin era ancora piena, e Granger la stringeva nelle mani come se stesse proteggendo un tesoro, o forse quella sua apprensione era più dovuta al fatto che fosse consapevole di star trasgredendo tantissime regole. 
«Se mi stai offrendo un goccio lo bevo volentieri» a lui delle regole della scuola non era mai importato molto.
«Come mai non sei andata al ballo con il tuo…con Weasley?» ponendole quella domanda scomoda, Draco si accomodò per terra, nascondendosi così dietro il muretto su cui lei rimase seduta ancora pochi secondi prima di fare lo stesso. La sicurezza era la prima cosa, non avrebbe di certo rischiato di farsi beccare l’unica volta in cui prendeva decisioni senza usare la testa. 

A quanto ne sapeva, tramite voci di corridoio, Granger e Weasley si erano finalmente dichiarati amore reciproco all’inizio di quell’anno, dopo una vita passata ad offendersi l’un l’altro. Draco ancora non riusciva a capire come potesse nascere qualsiasi sentimento che si avvicinasse all'amore partendo da umiliazioni e fraintendimenti. Un ragazzino che fin dagli undici anni scherniva una ragazzina perché le piaceva parlare forse un po’ troppo, lo faceva perché in realtà l'amava? Non aveva il minimo senso.
I sentimenti di Draco verso di lei avevano sempre avuto una sola interpretazione. Perché di offese si che ce n’erano state, pugni in faccia anche, ma il loro significato non era mai stato travisato o abbellito di contorni fantasiosi. Così Malfoy e Granger passarono quei sei anni a dovuta distanza, tollerandosi a malapena, fino ad arrivare quasi a rispettarsi, da nobili nemici. 
Fu dopo la battaglia di Hogwarts, che il Serpeverde raggiunse questa consapevolezza. Per questo aveva iniziato una seconda, silenziosa e lenta battaglia contro sé stesso e contro ciò in cui la sua famiglia credeva. Da qui il suo desiderio di essere uno qualunque, che per i corridoi e le classi di Hogwarts si traduceva in un comportamento più civile nei confronti delle altre case (cosa che insospettì ancora di più il prescelto). Divenne sempre più silenzioso ma stavolta non per cercare di reggere un peso più grande di lui, non per delle schiaccianti, terribili responsabilità. Parlava poco perché aveva scoperto che gli piaceva osservare, meditare, persino studiare. E poi rideva di più, si ubriacava con i suoi amici, era felice, per quanto un mangiamorte riuscisse ad esserlo.
Non sapeva spiegarsi come, ma questo cambiamento fece un certo effetto sulle ragazze. Quella sua nuova, inspiegabile andatura sicura gli portava grandi soddisfazioni anche a letto. Tuttavia, ciò non gli montò del tutto la testa; da ragazzo ancora un po’ impacciato con le ragazze qual era, si dileguava dalle loro camere e non si faceva vedere fino a quando il messaggio non arrivava forte e chiaro anche alle orecchie della più ostinata. A sua difesa poteva testimoniare mettendo la mano sul fuoco che prima di fare qualunque cosa con loro specificava il più chiaramente possibile che non intendeva fare coppia fissa.
«Avevamo litigato e credevo che portando Krum al ballo si sarebbe ingelosito»
A quella risposta un po' mesta, Draco pensò subito che la Grifondoro avrebbe potuto sicuramente fare di meglio, di certo non riesumando il passato e spiattellarlo in faccia al suo ragazzo. Tuttavia, Malfoy in fatto di relazioni aveva meno esperienza di un criceto in gabbia con un altro criceto, sapeva solo che a furia di stare insieme si sarebbero divorati l’un l’altro. Ecco, in fatto di amore era l’ultimo a poter parlare, perciò nonostante avesse comunque delle opinioni sulla situazione scomoda della ragazza, non le disse nulla. Si limitò a rispondere un secco “capisco” e fece comparire due bicchierini di vetro davanti a loro così che la bottiglia cominciasse a versarvi il contenuto infuocato. Non capiva perché dopo una litigata uno avesse il bisogno di far ingelosire l’altro e quindi di provocare altre liti, ma non erano affari suoi. E d’altronde, l’insicurezza della Grifondoro gli era ormai nota, così come i suoi vani e ingenui tentativi per dissimularla. Se solo Weasley non avesse avuto gli occhi e le orecchie ricoperte da quei capelli rossi così folti avrebbe visto, avrebbe capito. Ma non intendeva svelare l’arcano al suo posto, si sarebbe goduto ancora un po’ la vista di quei due annegare nel loro stesso brodo. 
Cambiato si, ma restava pur sempre un Serpeverde.
«Questa situazione mi sa tanto di déjà-vu» sospirò lui, tentando invano di nascondere un sorriso sghembo che però la Granger colse immediatamente. Draco buttò giù il primo shot di Gin e diede un colpo di bacchetta ordinando alla bottiglia di versarne ancora. Poi guardò il bicchierino della Granger e fece capire alla ragazza che doveva mantenere il suo passo altrimenti l’unico ad ubriacarsi sarebbe stato lui e dopodiché chissà di che pessime figure la Grifondoro sarebbe stata spettatrice.
D'altrocanto, lei era così stanca e triste da non riuscire a ribattere piccata come avrebbe fatto in un’altra situazione, le sembrava che quello in cui si trovavano fosse uno spazio fuori dalle solite cornici che si erano creati fino ad allora, sembrava un posto in cui potevano per un momento abbandonare quell’insensata, antica ostilità da bambini. 
«E tu come fai a saperlo?»  gli domandò curiosa lei, poi imitò il suo gesto di poco prima e ingoiò il gin a fatica.  
Draco la osservò curioso ancora più di lei, se questo potesse mai essere possibile; la goffaggine di quella ragazza non aveva proprio limiti. Riusciva a sembrare una gazzella elegantissima sfoggiando autorità e mistero per i corridoi, ma era un vero e proprio casino nelle situazioni più comuni. 
La domanda della Granger lo riportò a qualche anno prima, quando durante il loro primo Ballo del Ceppo lei e Weasley litigarono così platealmente che pur non volendo lo notò. Ricordò di come la osservò alquanto disinteressato piangere sulle scale che portavano alle sale comuni, di come passò accanto a lei tenendo per mano l’ennesima ragazza di Beauxbatons con cui rimase sveglio tutta la notte ad esplorarsi nei vicoli cieci della scuola. Una cosa però la ricordava bene, ed era la sua schiena nuda e il ricciolo di capelli che ben curato gliela sfiorava, assecondando i suoi movimenti. 
Il ragazzo cercò di non far trapelare quel ricordo nella sua voce, perciò se la schiarì e buttò giù il secondo bicchiere.
«Beh, diciamo che non avete proprio discusso a bassa voce, hai pianto seduta sulle scale e il giorno dopo sei entrata in Sala Grande con delle occhiaie enormi».
Draco parlò con un tono il più piatto possibile, senza nessuna vena derisoria, senza nessuna intenzione di ferirla. Semplicemente stava riportando i fatti così come li ricordava, così come erano accaduti. Hermione rimase colpita da quanto lo ricordasse bene, e in ogni caso, aveva ragione quando diceva che lei e Ron litigassero troppo ad alta voce. 
«Non ti sfugge niente eh» gli rispose sarcasticamente, buttando giù il secondo bicchiere e versando il terzo a entrambi. Draco sorrise, cercando di frenare tutto sé stesso e non risponderle come avrebbe tanto voluto. 
Si osservavo molto, come faccio adesso, come faccio con te dal quarto anno e la guancia mi brucia ancora dal giorno del tuo schiaffo.
Sarebbe stata un’uscita da maniaco, o peggio, lei magari gli avrebbe fatto altre domande poco innocenti chiedendogli dei momenti in cui l’aveva osservata e da lì non ne sarebbero più usciti.
«No» si morse il labbro inferiore. Prese un’altra sigaretta, stavolta le porse direttamente il pacchetto e lasciò che lei ne sfilasse una. Se l’accese con la sua bacchetta e poi, in un gesto del tutto straordinario per la Granger, lo invitò ad accendere la sua sporgendo la bacchetta illuminata nella sua direzione. Draco per un millesimo di secondo ne rimase sorpreso, e poi si inclinò verso di lei per raggiungere la bacchetta tesa. Per un momento la guardò tra la cenere e il fumo, dando un tiro alla sigaretta per accenderla. La Granger sostenne il suo sguardo e non lo mollò per un attimo, finché Draco non fece un sorriso lascivo e non espirò il primo fumo inondandole il viso. Hermione lo fece dileguare con la mano e sorrise lievemente.
«Hey!» 
Draco non rispose, ritornò al suo posto e fece un’intensa boccata. Ci fu silenzio per qualche minuto, la Granger si asciugò definitamente il viso e si grattò gli occhi, ricordandosi solo dopo di essere ancora truccata. 
«Oh no!»  esclamò lei.
Draco allora si voltò verso di lei dapprima preoccupato che qualcuno li avesse scoperti a bere alcolici di nascosto, ma poi la guardò meglio e sogghignò.
«Così lo farai scappare definitivamente» scherzò, ridacchiando ancora. 
La Granger fece eco alla sua risata sommessa e poi tossì per via di tutto quel fuoco che stavano ingerendo. Sentiva le guance più rosse, simili a quelle del suo improbabile compagno di bevute. Draco la guardava con gli occhi lucidi, sembrava stessero per sciogliersi. 
«Sono un disastro» ammise poi alla fine, scuotendo la testa come per allontanare quel sorriso che non si decideva ad andarsene e bevendo il quarto, forse il quinto bicchiere. Il Serpeverde la imitò stavolta mandando giù un gin doppio, e finì per tossire anche lui per l’eccessiva irruenza con cui alzò il bicchiere.
«Evidentemente lo sono anche io» e continuò a ridere di sé stesso perché non la finiva di tossire. Allora si accasciò facendo finta di star morendo per soffocamento e la Granger fece per seguirlo ma la testa le girava vorticosamente e temette sul serio di rigettare tutto quanto davanti a lui, se avesse anche solo provato a starsene sdraiata. Allora si accasciò con la schiena al muretto, allungò le gambe dopo essersi tolta i tacchi.
Draco era sdraiato con le gambe verso il muretto, che giacevano a peso morto accanto a lei. Mise le braccia sotto la testa e maledisse il soffitto che copriva la vista del cielo.
Quel dettaglio, insieme alle voci indistinte che udì in lontananza, lo fecero sollevare di scatto, la Granger nel frattempo stava cercando di ricordare quale incantesimo facesse ritornare la bottiglia piena ma non appena avvertì il movimento di Malfoy, distolse lo sguardo dal gin.
«Ti va di andartene da qui?»

Era come se fossero tornati bambini, come quando da piccoli si invita a giocare qualcuno per la prima volta e poi si diventa inseparabili. La sua compagna di giochi non ci pensò un secondo, annuì velocemente e fece per alzarsi. Arrancarono entrambi mentre cercavano di rimettersi in piedi, non facevano che ridere della goffaggine che stavolta avevano in comune; una volta stabilita una parvenza di equilibrio, si allontanarono da lì.
La Granger continuava a tenere la bottiglia in mano ma dimenticò le scarpe. Ci pensò Draco, che mossosi dopo di lei, si accorse di quella dimenticanza e le prese, convinto che prima o poi la Grifondoro le avrebbe ritenute indispensabili. Era accaldato, la giacca ormai era di intralcio, perciò mentre percorrevano il ponte, la lanciò via, suscitando le risate scomposte di Hermione. Lui mimò un ciao con la mano rivolto alla giacca che lentamente spariva nella nebbia. 
Draco le fece eco e bisbigliò qualcosa su quanto avesse caldo e la Granger non poté che dargli ragione, lei che dopotutto non aveva nemmeno le scarpe ai piedi o uno scialle. Solo allora il Serpeverde fece caso a cosa indossava.
La ragazza continuava a camminare davanti a lui, o meglio, cercava di camminare, più che altro faceva piccoli saltelli a destra e sinistra, seguendo un ritmo di una canzone che canticchiava fra sé e sé e che Draco in quel momento stentava a riconoscere. Il vestito che indossava terminava alle ginocchia, e svolazzava leggero seguendo le pieghe del vento. I capelli che fino a poco tempo fa erano raccolti in una coda leggera si erano completamente sciolti perciò nascondevano la schiena nuda, mentre lo spacco sulla gamba destra si fermava proprio sulla parte alta della coscia. Le braccia erano libere da qualsiasi vincolo, le maniche corte in seta leggera si muovevano sinuose assecondando i movimenti della padrona, che seppur ubriaca a Draco le sembrò la ragazza più elegante e per niente goffa che avesse mai visto. Doveva essere ubriaco forte.
Solo allora si rese conto che avevano dimenticato i bicchieri.
Superato il ponte Draco la raggiunse velocemente e le prese la bottiglia dalle mani.
«Non vorrai lasciarmi a secco» la provocò. 
Stava forse flirtando? Con la Granger? Anni orsono avrebbe pensato di aver toccato il fondo, invece, stranamente, Draco sapeva di trovarsi esattamente dove doveva essere, e più che in basso si sentiva librare nell’aria.
«Le mie scarpe!» esclamò Hermione con il tono di chi non aveva mai visto un paio di scarpe.
«Le mie scarpe!» la imitò ridacchiando, e si portò le scarpe dietro la schiena. Ormai non c’era proprio più con la testa, quindi perché non divertirsi un po’? D’altronde aveva sempre amato provocarla e scatenare in lei una qualsiasi reazione. Si sarebbe ripreso un pugno in faccia se avesse significato ristabilire un minimo di sobrietà in quella conversazione. 
La Grifondoro però era forse più andata di lui, tanto che stette al gioco e lo seguì cercando di recuperare quelle amatissime scarpe di cui si era totalmente dimenticata fino a qualche momento prima. Draco camminava all’indietro con poco equilibrio, con una mano nascondendo le scarpe, con l’altra alzando la bottiglia di gin dove Hermione non avrebbe potuto raggiungerla. 
In lontananza una coppia del terzo anno li guardava divertiti, senza però riuscire a intravedere a chi corrispondessero le voci. I due del settimo anno fecero subito terra bruciata intorno, come due uragani che avevano disturbato tanti posticini romantici in cui le coppie erano andate rifugiandosi per sfuggire ai professori. 
C’erano solo loro. 
Il ragazzo avrebbe volentieri fumato una sigaretta ma per come stava messo non riusciva a prenderla e non l’avrebbe mai data vinta alla Granger, che intanto gli si stava avvicinando con finto fare di sfida. Era poco credibile, visto il modo in cui barcollava. Si sbilanciò infatti verso di lui, cercando di raggiungere prima la bottiglia di gin appendendosi alla sua camicia, poi si ricordò delle scarpe, perciò avvolse entrambe le braccia intorno alla sua vita dandogli poche possibilità di aggiudicarsi la vittoria. 
Draco non si scompose nemmeno per un secondo, vedere il suo seno appoggiato totalmente sul petto avrebbe potuto ubriacarlo ancora di più di qualche bicchiere di gin liscio. Era più bassa di quello che ricordava, di certo più bassa di quello che aveva immaginato tante volte distraendosi dalla lezione di Difesa Contro Le Arti Oscure. 
«Facciamo un patto» propose. La Granger non ribatté, sorrise flebilmente restando in attesa che lui continuasse a parlare, osservandolo dal basso verso l'alto, pericolosamente vicina. 
«Tu mi accendi una sigaretta e io ti rido le scarpe»
«E il gin»
«Quello lo dividiamo»
«Andata»
La ragazza iniziò a tastare le gambe del Serpeverde con totale innocenza alla ricerca delle sigarette e Draco buttò la testa indietro ridendo, perché per poco non impazziva.
«Sono in quella posteriore, a destra»
«E perché non lo hai detto subito?» rispose lei piccata, ma con un velo di malizia. 
Draco le sorrise di sbieco e finse di gemere mormorando un «oh, si!« divertito nel momento in cui Hermione mise la mano nella tasca giusta per estrarre il pacchetto.
«Scemo» commentò lei abbassando il tono della voce, visibilmente imbarazzata. Scosse la testa e si staccò dal suo corpo per aprire il pacchetto. Sembrava una battaglia impossibile, quasi ci vedeva doppio. 

Uscita vittoriosa dalla terribile impresa, la Granger ne estrasse una e la prese con due dita, se la mise alla bocca e l’accese.
«Hey!» esclamò Draco divertito. Non smetteva di essere divertito più o meno da mezz’ora. Dopo il primo tiro, che Hermione gustò a fondo solo per farlo indispettire, la ragazza prese nuovamente la sigaretta con due dita e le avvicinò alla bocca di lui, che vi lasciò sopra un breve bacio come per ringraziarla, seguitando un occhiolino e un sorriso sornione.
Le consegnò le scarpe simulando un mezzo inchino con ancora la sigaretta in bocca e il gin nella mano destra. Hermione le prese e le buttò per terra, riuscendo velocemente a sottrargli il gin dalle mani, dopodiché ricambiò l’inchino e rise.
Le sue dita scottavano ancora per quel tocco a sorpresa; senza nemmeno accorgersene, Hermione le distese e contrasse un paio di volte come per appurare che fosse realmente successo, imprimendo quel tocco nella sua memoria muscolare. Draco invece, appariva del tutto rilassato; dopo una finta smorfia di sorpresa nel constatare quanto lestamente la Granger gli aveva sottratto il gin, si era messo a sedere perché la testa girava troppo. Aspirava quella sigaretta in modo così sensuale, che Hermione si sentì quasi di troppo. Le maniche della camicia erano sollevate su entrambi gli avanbracci, lasciando così scoperto il marchio nero, il cui inchiostro sembrava ancora fresco.
«Allora…» riprese poco dopo lui, lasciando andare in avanti le gambe e appoggiando i gomiti a terra così da rimanere un po’ sollevato ed evitare di vomitare l’anima davanti a lei.
«Non è che il tuo ragazzo si è messo a cercarti?» 
«Ne dubito» Hermione si mise a sedere alla sua destra nell’erba fresca, sostenendosi con il braccio sinistro e piegando le gambe una sopra all’altra, lasciando esposto lo spacco vertiginoso senza nemmeno farlo apposta.
In ogni caso, Draco aveva intenzione di godersela tutta, quella vista, non fece nemmeno finta di far cadere l’occhio per sbaglio. 
Il loro rapporto era sempre stato cristallino.
«Come vuoi, ma ti avverto, ci tengo al mio naso, non voglio altri pugni in faccia dai Grifondoro» prese la bottiglia dalle mani della ragazza colta alla sprovvista, e diede un sorso. 
Hermione lo osservò inclinare leggermente il collo verso l’alto, nell’accogliere quel liquido trasparente, e sorrise lievemente nel notare come una goccia gli scivolò dalla bocca, ritornando però più seria quando la stessa goccia seguì il contorno del pomo d’Adamo. Il Serpeverde raggiunse la scia infuocata sul collo e la pulì con il dorso della mano, con fare distratto. 
«Scusami per quella volta»  Hermione riprese la bottiglia in mano e continuò a bere. 
«Ah, figurati, è il passato, come lo sono molte cose» e mentre parlò, Draco sfiorò innocentemente la cicatrice sul suo braccio. La Grifondoro rabbrividì per un momento, seguendo il movimento ipnotico del Serpeverde.
Forse quello era il suo modo per scusarsi. Hermione sapeva che Malfoy era un tipo di poche parole, nonostante quello strano exploit che stavano vivendo grazie all’alcool, pertanto accettò le sue scuse altrettanto silenziosamente.

La Grifondoro ricordò poi l’incantesimo che prima aveva sulla punta della lingua e riempì la bottiglia con del nuovo gin.
«Sembri diverso» Hermione ruppe nuovamente il silenzio. 
«Spero in senso cattivo» le rispose malizioso lui. La mano nel frattempo era tornata al suo posto a torturare qualche ciuffo d’erba. La Granger non rispose, scosse lievemente la testa e sorrise, poi spostò lo sguardo sul ciuffo d’erba venire torturato.
«Forse hai bevuto un po’ troppo e ti sembro un’altra persona, ti prego non scambiarmi per Weasley però» la punzecchiò.
«Sarebbe così male?» rispose allora lei con un tono che Draco non riuscì a decifrare. La Granger lo guardava dritto negli occhi, e lui non voleva sostenerla perciò vagò prima dalle sue mani alla coscia esposta, soffermandocisi forse più del dovuto, poi spostò lo sguardo sui suoi capelli e per finire sul suo viso. Non capiva proprio il perché di quella domanda e se non fosse stata la Granger avrebbe giurato ci stesse provando con lui. Ma era la Granger, appunto, perciò continuava a non capire.
«Si, lo sarebbe» concluse lui con una serietà che la fece desistere dal chiedergli altro. Hermione interpretò la sua risposta come se non volesse in alcun modo essere paragonato ad un Weasley, il che coincideva con la l’eterna antipatia dell’uno verso l’altro. Eppure, non poté fare a meno di pensare che la sua risposta riguardasse anche lei, in qualche modo. 
Draco prese di nuovo la bottiglia, questa volta toccandole la mano. La presa di Hermione si allentò subito, spostò la mano casualmente dalla bottiglia ai suoi capelli, mettendoseli di lato e lasciando che l’aria fresca le refrigerasse il collo accaldato.
«Sa essere davvero seccante a volte», riprese lei, iniziando a raccontargli quanto accaduto tra loro senza che Draco glielo chiedesse.
Il Serpeverde le offrì un'altra sigaretta, risparmiandola dall’incombenza di accenderla. Hermione lo ringraziò sorridendo con gli occhi, per poi prendere la sigaretta con l’indice e il pollice e portarsela alla bocca. Draco registrava quei suoi piccoli movimenti attentamente, soffocando i galoppi agitati del suo cuore con delle grandi inalazioni e delle altrettanto lunghe esalazioni di fumo. 
«Dovevamo andare al ballo insieme, finalmente come una coppia, non che il Ballo avrebbe reso la cosa ufficiale, persino i muri della nostra relazione, solo che quando gli ho fatto vedere il vestito in anteprima qualche giorno fa, sperando sortisse altri effetti..»
«Ti prego, risparmiami almeno questi particolari, Granger» la interruppe lui buttando il collo indietro in modo plateale soffocando il suo nervosismo in una grossa risata. Sarebbe morto prima della fine della serata, ormai se lo sentiva.
«Si, certo, scusami!» La Granger soffocò una risata e poi continuò: «Insomma, indosso questo vestito e l’unica cosa che riesce a dirmi è – iniziò ad imitare la voce di Weasley- “ma cosa ti sei messa addosso? Non pensi sia un po’ troppo per te?»
Draco si stizzì improvvisamente, il gin gli andò di traverso e dovette sollevare il busto per tossire e riprendersi. 
«Troppo per te in che senso?» le chiese poi, aspettando la sua risposta prima di saltare a conclusioni affrettate, come sicuramente avrebbe fatto in un altro momento, in un altro tempo.
«Gli ho fatto la stessa domanda e mi ha risposto che secondo lui questo vestito tradiva un po’ la mia essenza, che non mi rispecchiava ecco, che lasciava poco all’immaginazione. Poi ha continuato dicendo che mi conosceva in un modo diverso, che in questo vestito non sembravo io. E lo so che ha detto queste cose perché lui è un tipo timido e cercava di farmi capire che anche solo l’idea che qualcun altro mi vedesse con questo vestito lo avrebbe fatto morire di gelosia, ma il fatto è che lui, come Harry, hanno questa idea di me come di una ragazza perfetta, brillante, certo, ma che proprio per questo è completamente immune agli sbagli e anche incapace di osare, di provocare un po’, di avere diritto di badare anche a qualche “sciocchezza”, (così la chiamano) come farsi bella ogni tanto. Sono dei ragazzini e alla fine il vestito l’ho messo lo stesso e al ballo sono venuta con qualcun altro»
«E hai avuto anche il coraggio di chiedermi se sarebbe così male scambiarmi per Weasley?» Draco tracannò altro gin ed Hermione rise di gusto, con qualche lacrima che, incontrollata, fece capolino agli angoli degli occhi. La questione con Ron l'aveva ferita più di quanto avesse creduto. 
«Scusami»
«Smettila di scusarti, Hermione» Draco si attaccò alla bottiglia, sperando con tutto sé stesso che lei non avesse notato quel piccolo particolare scomodo che era stato il chiamarla per nome. Speranza inutile, perché Hermione lo aveva notato eccome e poteva leggerglielo chiaramente su quelle guance arrossate, certo che non solo il gin fosse il responsabile. 
La ragazza però non accennò minimamente al fatto, anzi lo lasciò cadere.
«Adesso dacci un taglio però» lo intimò bonariamente, cercando di sottrargli la bottiglia dalle mani. Draco glielo acconsentì senza fare resistenza, e continuò a fissare l’erba in mezzo ai suoi pantaloni. Hermione mandò giù qualche sorso.
«A volte vorrei poter fare le mie scelte senza che nessuno rimanga sorpreso, senza che dicano “oh, Hermione, da te non me lo aspettavo”, a volte si comportano più da genitori che da amici, persino a letto non mi spingo mai troppo in là per paura di venir giudicata male, o di essere giudicata e basta, di fare qualche passo falso. Ad Hermione Granger non è consentito vivere, a quanto pare»
Draco si portò la mano sul viso ed emise un “Dio mio” soffocato che Hermione parve non sentire. Non sapeva cosa le fosse preso, il perché parlasse liberamente di cose così intime con lui, con cui non aveva mai intrattenuto una conversazione così lunga in sette anni di conoscenza e di precaria tolleranza. 
«Okay, frena un secondo» Draco si voltò verso di lei con poca grazia, rischiando più volte di cadere di lato. Hermione rimase nella posizione di prima, stavolta guardandolo attentamente. Il ragazzo portò le mani congiunte sul petto, e riprese a parlare.
«Hai tutto il diritto di sbagliare, non sei perfetta nonostante ti piaccia fare un po’ la so tutto io e magari questo a Weasley piace, non lo so e non ci tengo a saperlo, però non puoi di certo soffocare i tuoi…istinti (provò ad immaginare gli istinti della Granger), per paura che questi vengano capiti male o peggio giudicati. Se stai insieme ad una persona si presuppone che tu possa essere te stessa senza briglie o vincoli di nessun genere. È chiaro che Weasel è ancora in fasce e si aspetta di trovare a letto sua madre»
Hermione sogghignò, pose a terra il gin, perché osservandolo parlare si era resa conto di quanto fossero entrambi ubriachi fradici, e che forse era meglio fermarsi. Draco a stento riusciva a guardarla negli occhi. «Detto questo, e credimi mi sto sforzando davvero tanto nel fare questo discorso -che stavo dicendo?- Ah, si, detto questo, non permettere a sfregiato e a lenticchia o a qualsiasi altra persona di decidere chi sei. Smettiamola di vivere per gli altri Granger, abbiamo diciassette anni, a quest’età si deve rischiare, farsi un’idea e poi cambiarla e ricambiarla di nuovo, si deve…»

La Granger lo stava baciando.
Gli si era letteralmente lanciata addosso, facendogli perdere rovinosamente l’equilibrio. Finì a terra ma nonostante il gemito di dolore causatogli da una pietra conficcatasi dietro alla schiena, non staccò nemmeno per un secondo le labbra da lei, che si rispalmò su di lui come aveva fatto durante i preliminari di quel gioco che solo in quel momento sembrava essere arrivato al culmine. 
Le labbra e la lingua della Granger sapevano di alcool e fumo, i suoi capelli erano morbidi come li aveva immaginati. Le gambe riposavano accanto ai suoi fianchi, Draco spostò una mano dalla sua schiena alla gamba scoperta, che strinse vigorosamente. Lo spacco si era ulteriormente allargato per via della posizione a cavallo del suo corpo. Le mani della Granger si alternavano toccando prima la camicia dopo averla sbottonata un po’, poi stringendo i capelli dorati e poi di nuovo la camicia, da dove si insinuarono per toccare il petto e sentirlo più vicino.
Draco era però arrivato al limite della sopportazione, perciò senza allontanare la ragazza si sollevò rimettendosi a sedere e ricominciò a respirare senza che quella pietra lo tenesse in ostaggio. Il Serpeverde sembrava non rispondere più di sé stesso, perché in un momento di mancata lucidità (e ce n’erano stati molti durante la serata), lasciò solo per un breve istante le labbra della ragazza per svicolare lungo il suo collo e arrivare a sfiorare con la lingua l’incavo del seno. La Granger rimase seduta su di lui, la gamba destra ormai totalmente nuda. I capelli selvaggi sulla schiena si intrecciavano intorno alle mani di lui, che presero a scendere fino a posarsi sui suoi glutei. Hermione colse quel gesto come un invito a muoversi e così cominciò ad ondeggiare su e giù sull’intimità di lui, che nonostante fosse inibita per via di tutto quell’alcool non ci mise molto a risvegliarsi dal dolce torpore. Sospirarono entrambi pesantemente avvertendo quel cambiamento repentino, ed Hermione iniziò ad avvertire un dolore piacevolissimo partire dal basso ventre ed echeggiare in ogni restante fibra del suo corpo. 
«No..ferma...Herm..»
La ragazza lo interruppe riprendendo a baciarlo con foga, la lingua trovò la sua e cominciò a danzare con lei come se non avessero mai fatto altro e non si stessero conoscendo lì, per la prima volta.
Solo dopo averlo nuovamente ammansito con quel bacio Hermione si spostò sul suo collo, cercando di aprire del tutto la camicia con le mani tremanti.
«Hermione» ripeté lui, stavolta più chiaramente con la bocca libera dal dolce assalto di poco prima. 
«Draco» sorrise lei, sussurrando il suo nome all’orecchio e ancorandosi ancora più saldamente alle sue spalle. Il Serpeverde dovette chiudere gli occhi e adoperare tutte le forze che possedeva per non cedere. Mancava davvero poco che soccombesse del tutto e non avrebbe più risposto di sé. Fermò quell’ondeggiare di fianchi bloccandole il movimento con forza, e il fastidio che lei sentì gli arrivò chiaro e tondo con un gemito soffocato nell’orecchio, dove le sue labbra si erano posate per succhiargli il lobo. Poi cambiarono di nuovo rotta e ritornarono sul collo dove cominciarono a lasciargli dei baci umidi. Draco la forzò a guardarlo inclinando il viso laddove sentiva le sue labbra, costringendola così a sollevare lo sguardo verso il suo. 
«Non puoi»
«Posso»
«Potremmo, ma te ne pentiresti» insistette, che comunque era in collera con sé stesso per essersi fermato per primo e sorpreso per quel suo scoperto comportamento da cavaliere da romanzo che pensava di non possedere. 

La verità era che non intendeva prendere e lasciarsi prendere da Hermione lì, al buio e al freddo, buttati nell’erba, ubriachi e con il continuo timore di essere scoperti. Non che non avesse mai fatto bravate di quel genere ma solitamente le ragazze in questione erano libere da qualsiasi rapporto o si trovavano in relazioni aperte in cui era facile e lecito mettersi in mezzo a scombinare un po’ le carte. Quella situazione invece era completamente diversa. Primo perché la Grifondoro era fidanzata, e di questa colpa Draco non poteva farsene un peso, le scelte della Granger appartenevano alla Granger. Secondo perché erano ubriachi, e probabilmente se lo sarebbero dimenticato o peggio, conoscendola lei lo avrebbe negato fino alla morte oppure se ne sarebbe pentita. Draco al contrario, aveva immaginato così tante volte quello e diversi altri scenari, che avere la Grifondoro spalmata sui suoi pantaloni in quel momento sembrava quasi un sogno. Di certo non se ne sarebbe pentito, ma non voleva rischiare di esporsi e vedere dispiegarsi davanti ai suoi occhi una delle reazioni che pensava sarebbero scaturite dalla Granger il giorno dopo.
Non intendeva vederla ignorarlo per i corridoi come sempre, non dopo essersi perso dentro di lei ed essere sopravvissuto per raccontarlo, o meglio, riviverlo. Perché raccontarlo no, quello non lo avrebbe fatto mai, e non perché avrebbe voluto rimanesse un segreto, ma perché in cuor suo sapeva che fare sesso con la Grifondoro non sarebbe stato uguale a tutte le altre volte. Si era abituato a questa differenza, l’aveva accolta ancora prima che l’evento si verificasse, fin da quando si convinse che non era un male pensare più del dovuto alla sua gonna e ai suoi capelli, alla faccia delle lezioni impartitagli sul Sanguepuro e a tutte quelle marinate di Babbanologia. Era così e basta.
«Te ne pentiresti» le ripeté questa volta più dolcemente. Si preoccupò di toglierle dei ciuffi ribelli dal viso e sistemarli dietro le orecchie. La mano indugiò sul viso, andando a ripulirle quei solchi neri che si era creata da sola strofinandosi gli occhi. Doveva essere passato molto più tempo, pensandoci, perché la musica che prima udiva distrattamente provenire dalla Sala Grande era scomparsa del tutto. 
Hermione gli prese la mano che se ne stava ancora sul suo viso e la allontanò lentamente. Non lo guardò negli occhi, ma si limitò a sorridere debolmente e a sollevarsi, allontanandosi dal suo corpo. 
«Hai ragione»
Forse non se ne sarebbe pentita, ma era vero che non riusciva a pensare lucidamente per capirlo. 
Draco si tirò più, dimentico della camicia sgualcita e sbottonata. Hermione cercava invano di coprire lo spacco sulla gamba, ma era diventato un vero e proprio squarcio per via dell’accaduto, perciò si diede per vinta quasi subito.
Scese un silenzio imbarazzante che nessuno dei due sapeva come colmare. Il ragazzo si accese una sigaretta e le offrì il pacchetto per incoraggiarla a prenderne un’altra. Era quasi finito. 
«No, ti ringrazio» Draco la osservò mordersi un labbro e a strofinarsi le braccia.
«Ti avrei offerto la mia giacca, ma…»
Entrambi risero al ricordo di quanto accaduto poco prima; forse quella giacca non l’avrebbe trovata più nessuno, sarebbe diventata uno dei tanti oggetti persi ad Hogwarts e mai ritrovati.
«È meglio rientrare, non credo ci sia più qualcuno in giro» Draco guardò in lontananza espellendo il fumo dalla bocca. Avevano il via libera per rientrare e non essere visti, il che gli avrebbe risparmiato tante domande inquisitorie e i gossip del giorno dopo a colazione.
«Si» La ragazza si era fatta di poche parole e Draco poteva immaginare il perché. Questo significava che lo voleva? Che non era stato un semplice errore dovuto al troppo alcool? Non glielo avrebbe chiesto, almeno non quella sera.
Camminavano l’una a fianco all’altro, Draco si era concesso di portarle le scarpe visto che la Granger se le stava quasi per dimenticare di nuovo, però aveva recuperato la bottiglia di Gin ormai vuota, così da sgomberare il prato da qualsiasi prova li avrebbe vincolati il giorno dopo.
Di tanto in tanto le braccia nude di lei sfioravano la camicia ancora male arrotolata di lui ma nessuno dei due sembrava volersi allontanare e interrompere quel contatto.
Arrivarono alla soglia del portone d’ingresso e in silenzio si mossero verso le scale che li avrebbero separati. 
«Ti accompagno, non sia mai le scale dovessero cambiare e ti perderesti per sempre visto quanto sei ubriaca»
Hermione rise sguaiatamente, per poi tapparsi la bocca in men che non si dica timorosa di venir scoperta. Annuì in risposta, effettivamente lui non aveva tutti i torti. 
Accompagnare le ragazze al dormitorio era un lusso che non concedeva mai a nessuna e che non concedeva nemmeno a sé stesso, specie perché le ragazze in questione si trovavano già nel loro dormitorio e questo gli dava un vantaggio non indifferente sulla fuga del giorno dopo, potendo alzarsi e dileguarsi come se nulla fosse successo senza aspettare che  si svegliassero e ragionassero sul da farsi con cui Draco non aveva la minima intenzione di avere a che fare. Quell’evento era come ciò che li aveva riguardati durante tutta la sera, totalmente fuori dall’ordinario.
Salirono le scale stando attenti ai loro cambiamenti repentini e facendo attenzione a non creare eccessivo disturbo ai personaggi dei quadri beatamente ronfanti. 
Come qualche ora prima, la Granger camminava di fronte a lui, Draco qualche gradino indietro con in mano ancora le sue scarpe.
Arrivarono al ritratto della Signora Grassa prima di quanto la Grifondoro avesse previsto. Sperò vivamente che non ci fosse Ronald ad aspettarla nella Sala Comune. Non aveva alcuna voglia di discutere, non dopo la notte inaspettatamente più bella della sua vita.
«È ora di rientrare, Cenerentola»
«Conosci la fiaba?» le chiese sorpresa. 
«L’unica cosa che ho memorizzato durante le poche lezioni di Babbanologia che ho frequentato: le fiabe del mondo babbano. Non è stata così male, per certi versi sono simili alle nostre» rispose sincero lui. Mentre parlava, come se fosse del tutto normale, si inchinò di fronte a lei e le mise le scarpe ai piedi. Le sollevò un piede alla volta e nel farlo si soffermò forse più del dovuto a toccarle le caviglie. Ma erano ancora ubriachi, probabilmente si sarebbero dimenticati questo particolare già alle luci del primo mattino.
Hermione arrossì violentemente, ancora poco lucida per via della colossale sbornia presa. Draco Malfoy aveva questa naturalezza innata nei modi e nei suoi motivi, che faceva sembrare ogni minuscolo movimento una cosa normale, familiare, registrata nella sua memoria muscolare. Persino parlare con lei, sembrava gli venisse facile. E dopo sette anni di scuola uno penserebbe che sarebbe anche normale e giusto, ma giusto lo sarebbe stato se si fosse trattato di due amici. La Granger e Malfoy non erano mai stati amici, impegnati com’erano a seguire i copioni di qualcun’altro. Hermione non gli rispose, concentrata a catturare anche l’ultimo insignificante dettaglio dei suoi movimenti e di quel momento.
Quando Draco si sollevò, le era molto più vicino di quanto fosse prima. 
«Allora buonanotte» 
Con i tacchi indosso, la fronte della Granger poteva sfiorargli il mento. Sorrise. 
«Buonanotte e…Malfoy? Scusami per prima, io…non so cosa mi sia preso» Hermione inclinò lievemente la testa e spostò lo sguardo ai loro piedi, mentre si giustificava. Erano talmente vicini che i suoi ricci si erano posati sul suo petto appena appena in vista per via di quei bottoni che proprio lei gli aveva aperto con foga qualche momento prima. 
«Smettila di scusarti, Granger, non mi è dispiaciuto affatto» le confessò. La sua espressione era neutra.
«Sul serio?» alzò lo sguardo e gli sfiorò il mento.
Draco realizzò che forse la Granger non se l’era mai sentito dire abbastanza. 
«Lo sai che mi è piaciuto» continuò lui, che nel pronunciare quelle parole si leccò veloce le labbra ma non abbastanza velocemente perché Hermione non lo notasse. Il riferimento poco velato alla reazione che la ragazza gli aveva scatenato standosene appollaiata su di lui fu il colpo di grazia.
La Grifondoro, rossissima in volto, distolse lo sguardo, solo per poi allontanarsi da lui, ancora, e guardarlo di nuovo.
«Allora buonanotte”» ripeté.
«Notte” le rispose, poi cominciò a scendere in fretta le scale un po’ per timore che queste cambiassero un po’ perché non sopportava più il suo sguardo. 
Prima di rientrare Hermione si affacciò nuovamente sulla tromba delle scale, e intravide il corpo snello e agile di lui che faceva i gradini a due a due per evitare che cambiassero strada e gli impedissero di raggiungere il suo dormitorio. Arrivato alla fine, poco prima di prendere la strada per il sotterraneo, Draco si sporse imitandola e sorrisero nell’incontrarsi nuovamente in quel modo bizzarro, consapevoli di essersi appena smascherati. 
Il ragazzo sorrise di un sorriso che forse Hermione non sarebbe riuscita a intravedere, e infine sparì nel sotterraneo buio. 
Draco Malfoy ci mise il tempo di raggiungere il suo dormitorio a capire che si era appena trovato la sua maledizione personale. E aveva tutta l’intenzione di rimanerne vittima ancora per un po’.
  
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